CRUEL

By sanguinofavole

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Arya Donovan è cresciuta con i fratelli Mackenzie. Loro le hanno insegnato a stare nel mondo, a camminare a t... More

info (+ Cast AI)
𝐂𝐚𝐬𝐭
01-I'm paralyzed
02-with your feet on the air and your head on the ground
03- Good girls go to heaven, bad girls go everywhere
04-we're building this up... to burn it down
05- The hottest guy I've ever hated
06-Love the way you hate me
07- Just another pit stop
08-I'm lost and it kills me inside
09- Bad boy, Good lips
10-The girl with the broken smile
11-You can take my flesh if you want girl
12- I'll never let anything bad happen to you again
13- I'll be fine without you
14- Crudelia De Mon
15- Can't be your Superman (I)
16-Can't be your Superman (II)
17- Stop crying your heart out
18-Hell is empty...
19-...'Cause all Demons are at this party!
20-Loving you is a losing game
21- Half a Man
22-Look after you
23- darling, I fall to pieces
24- Something 'bout you makes me feel...
25- Like a Dangerous Woman
26-Fire on Fire
27- running from the daylight
28-But now the day bleeds into nighfalls
29-Dear Lord
30-When I get to Heaven
31-Please, let me bring my man
32-Burn for you
33- I choose you, to fill the void.
35. I said I didn't feel nothing
36. There's another side that you don't know
37. I can hear the sound of breaking down...
38. You found me, lost and insecure
39.✨A Christmas Trouble✨
40. I'm never gonna dance again, the way I danced with you
41.1 Bucky Barnes
41.2 End of Beginning
42. Too sweet for me.
𝓒𝓪𝓻𝓽𝓪𝓬𝓮𝓸❤️
RIMOZIONE CAPITOLI

34. I'm about to take you back to church

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By sanguinofavole



Tell me your confessions baby what's the worst?
🎵

🤍

Capitolo Trentaquattro





Arya

Mio padre, Frank Donovan, lava a mano i piatti incrostati di sporco, mentre fissa Ryan seduto a disegnare qui dentro, il suo locale.

Mio padre non accetta che Ryan entri in questo posto, che invada il territorio dei Donovan.

Assottiglia lo sguardo carico di odio.

«Quel ragazzo è tornato.», sibila. «Credevo che ce ne fossimo liberati!»

Cerco di sciogliermi il nodo che mi ha attorcigliato la gola.

«Non essere scortese, papà.»

«Scortese?», ringhia, poggiando un piatto sullo scolatoio e stringe i pugni. «Quel ragazzo è il figlio di Jack Mackenzie. Cattivo sangue non mente mai.»

«Papà

«Ora gli dico di andarsene, di tornarsene a quella sotto specie di pub che ha aperto insieme ai suoi fratelli!»

«Papà!», lo riprendo, e mi guarda.

Mi metto i capelli dietro l'orecchio, e cerco di ragionare con lucidità. L'odio che mio padre cova nei confronti di Ryan è più difficile delle erbacce da estirpare. 

«Va bene, vado a prendere le ordinazioni.», dico afferrando il taccuino. «Ti prego di mantenere la calma davanti ai tuoi clienti.»

Cammino tra i tavoli, chiedendo ai clienti se va tutto bene o se hanno bisogno di qualcos'altro.

Poi, quando mio padre non mi guarda, mi incammino verso Ryan.

C'è stato un periodo in cui io e lui ci siamo sentiti entrambi soli e persi, in cui le nostre vite erano vuote: vagavamo senza scopo, senza una meta precisa, credendo di essere soli al mondo, i figli di nessuno.

Ma non siamo mai stati soli.

Io ci sono stata per lui, e lui per me.

Nei momenti difficili, mi aggrappavo saldamente a quei ricordi che avevo di lui.

Avevo bisogno che fossero il più possibile vividi e accesi, per tenere a bada la paura di essere abbandonata di nuovo.

Guardo Ryan.

Indossa una giacca di pelle, la sua corporatura robusta occupa due divanetti e i suoi capelli castani gli ricadono davanti agli occhi.

Dopo la nostra disastrosa quasi prima volta, con lui mi sento sempre un po' in imbarazzo.

Ryan solleva gli occhi per analizzarmi.

Scruta il mio grembiulino da cameriera e un sorriso sardonico gli muore sulle labbra.

«Ti ha dato finalmente il permesso di parlarmi?», chiede Ryan, sollevando le sopracciglia verso l'uomo scorbutico alle mie spalle.

«Mio padre non ce l'ha con te. Lui è diffidente di natura.», spiego, facendo ticchettare la penna sul foglio vuoto del mio taccuino.

Lo sguardo di Ryan mi trapassa da parte a parte.

«Forse volevi dire... Stronzo di natura.», mi corregge.

Allungo lo sguardo verso il suo quaderno di pelle in cui disegna, ignorando la sua frecciatina su mio papà.

«Che stai disegnando?», gli domando.

Lui chiude immediatamente il quaderno.

«Nulla.», replica asciutto, poi posa la matita sul tavolo e si passa una mano in faccia.

C'è un momento lungo e intenso in cui ci guardiamo: ieri sera lui avrebbe dovuto lasciarmi 30mila dollari nella buca delle lettere... Ma questi soldi questa mattina non li ho trovati.

«È successo qualcosa ieri notte, Ryan?», mi azzardo a chiedergli. «È tutto a posto?»

«Arya.», dice. «Non ti ho ancora portato quei soldi, come ti avevo promesso, hai ragione, ma ti giuro che...»

«Non devi.», dico categoricamente, scuotendo la testa. 

«Voglio.», rimarca, sbirciando nella direzione di Franck, che ora ha cominciato a fissarci. «C'è un altro lavoro che devo portare a termine e poi potrò ridare i soldi a tuo padre...»

Scommetto che mio padre farà i salti di gioia a sapere che il suo benefattore, colui che lo salverà del fallimento della sua attività, altri non è che Ryan Mackenzie.

«No, davvero, Ryan. Qualsiasi cosa sia... Probabilmente è meglio se lasci perdere.»

Mi mordo l'angolo del labbro inferiore, incapace di lascar andare questa conversazione, incapace di non preoccuparmi per lui.

«Per chi lavori?», gli domando.

«Arya

«Per conto di chi è questo lavoro che devi fare?»

Espira pesantemente. Le sue ciglia nere si assottigliano sulle iridi verde prato, maculati dalla luce. «Tony.»

«Cosa?», esclamo. «Sei il suo scagnozzo adesso Ryan?»

«È soltanto un lavoro, Arya.»

«Quindi sei il suo scagnozzo.», concludo. «E di che tipo di lavoro stiamo parlando? Cosa ti ha chiesto di fare, questa volta, Tony Lombardo?»

La sua mascella squadrata e contratta si indurisce, masticando parole che hanno il sapore velenoso di un'accusa. «Ti avevo avvertita, Arya, che non ti sarebbe piaciuto affatto come avrei ottenuto questi soldi...»

I suoi occhi sugellano una promessa silenziosa: come se lui d'ora in avanti fosse pronto a diventare il peggio che sia mai stato in vita sua.

Raddrizzo la schiena, deglutendo, fingendo che non mi importi della sua anima e di come la sta vendendo solo per aiutarmi.

«Cosa ti ha chiesto di fare?», insisto.

Sospira.

«Derubare il parroco, Padre Sumpter.»

Ah.

«O santo cielo!»

«Devo prendere solo un cofanetto, Arya. Niente di così terribile...»

«Se lo fai sei uno stronzo.», dichiaro senza troppi giri di parole.

Aggrotta le sopracciglia, con aria perfida. «Diretta quanto un calcio in faccia.»

«Be'... Ha celebrato i funerali di mia madre...», spiego, anche se il punto non è questo. No, infatti non si tratta di questo.

«Con tutto il rispetto possibile che ho per i morti.», dice Ryan. «La questione non ha niente a che fare con tua madre.»

«Non vuoi ammetterlo, ma ti piace... Dì la verità.», lo incito. «Ti piace la sensazione di possedere tutto l'universo sulla punta del tuo indice...», deglutisco, mentre lui mi brucia con un'occhiata.

«Sì mi piace.», ammette. «Mi fa sentire potente, invincibile, e di nuovo potente e di nuovo invincibile. Qualche problema, Arya?» 

«Senti. A me sta bene tutto di ciò che fai, veramente...», incomincio. «Ma... Diventare lo scagnozzo di Tony? Ti ricordi che...», abbasso la voce di molto. «Ti ricordi che hai ucciso suo padre? E se lo venisse a sapere? E poi... Derubare un parroco, Ryan? Così ti vendi l'anima!»

Si alza e raduna il materiale da disegno, da un'ultima sorsata al liquore che aveva ordinato e poi mi scocca un'occhiata amara.

«Non ce l'ho un'anima.», replica asciutto, andandosene.

2 ore più tardi (8 di sera)
Paxton

Sto guardando Gossip Girl.

Sdraiato sul divano dei Mackenzie

e depauperato dai cazzotti che ho preso.

Sulla t-shirt bordeaux e logora che indosso, all'altezza delle costole, premo una busta di piselli surgelati: dovrebbe aiutarmi ad alleviare il dolore...

O per lo meno è quello che sostiene la signora Mackenzie che mi accudisce con amabile premura da ieri pomeriggio.

Perfino Killian, vedendomi ridotto in questo stato, si è intenerito e si è trattenuto dall'insultarmi.

Se avessi saputo che per ricevere un po' di affetto da parte sua avrei dovuto farmi prendere a calci, di sicuro l'avrei fatto prima...

A proposito di Killian.

«Mi fai un po' di spazio?», chiede una voce fredda accanto al bracciolo del divano.

Sollevo gli occhi per guardarlo.

Indossa una camicia bianca con uno scollo a V, sul petto brilla il solito crocifisso di diamanti, che indossa sempre, nonostante dio sia l'ultima cosa in cui crede. 

La sua protesi meccanica, nera e dagli ingranaggi ben in vista, riluce alla vista, e poi volta lo sguardo verso la televisione.

«Che cos'è questa treshata?», chiede schifato.

«Non osare dire una parola contro Gossip Girl.», lo riprendo, sollevandomi appena e mettendomi seduto come un normale cristiano.

«Cazzo.», sbuffo. «Dovrei andare a pisciare, ma non ho alcuna intenzione di alzarmi.»

«La soglia di sopportazione del tuo dolore è piuttosto bassa.», dice Killian. «In questo caso, ti consiglio di andare al bagno delle donne. Oppure, quello dei disabili mi sa ti si addice ancora di più.»

«Fantastico, così ci possiamo andare insieme.» ribatto senza batter ciglio, e poi gli lancio un'occhiata per capire se ho esagerato o no...

Ma lui è rimasto impassibile.

Premo la busta di piselli surgelati sulla costola destra, e trattengo il respiro per il dolore: non voglio dare a vedere quanto soffro...

«Bravo. Non fare la femminuccia.», mi ammonisce Killian, notando le smorfie di sofferenza che sto reprimendo.

«Grazie.», gli concedo. «Alle volte un po' di mascolinità tossica fa bene alla salute.»

Killian ruota lo sguardo verso la tele.

«Mi sembra solo tivù spazzatura.», ribatte Killian. «E poi chi sono questi due idioti?»

«Ei.», lo riprendo. «Non insultare Chuck e Blair. Sono la coppia migliore di Gossip Girl.»

Sento dei passi alle nostre spalle.

Tyler sta scendendo le scale, e mi volto:

indossa dei jeans larghi e una felpa nera oversize con una scritta al centro verde fosforescente e sembra piuttosto, ehm...fatto.

Fino a qualche minuto fa era rinchiuso in camera sua a strimpellare con la chitarra elettrica.

Stava suonando Friends dei Chase Atlantic, e poi si è messo a strimpellare nuovi accordi.

Credo che stia scrivendo una nuova canzone.

Tyler, di solito, non scrive mai i testi delle canzoni, ma solo le melodie.

La sua dislessia, infatti, gli rende molto difficile scrivere dei veri e propri testi su carta, e io non gliel'ho mai visto fare.

Se non per qualche eccezione, ovvero per i testi dedicati a una ragazza che Tyler descrive come la ragazza dal sorriso spezzato, che con la sua danza, gli ha permesso di vedere il paradiso.

«Mitico, come andiamo?», mi chiede Ty quando mi vede, con uno dei suoi soliti sorrisi che illuminano il pianeta.

«Una volta tanto che prendo io le botte anziché tu?», ribatto inarcando le sopracciglia. «Non c'è male...»

Tyler ride, e tira fuori dalla tasca uno spinello che si accende. «È così che succede quando fai a pugni. A volte li dai, a volte li prendi.»

«Stai cercando di dirmi che la prossima volta sarò più fortunato?», ipotizzo.

«Sì.» Tyler mi strizza l'occhio. «Fortunato quanto me

La signora Mackenzie, che nel frattempo è indaffarata tra i fornelli, ci assesta un'aria cupa.

In particolare, guarda in malo modo Killian e Tyler.

«Dove sono i vostri fratelli?», chiede loro, in tono brusco, e poi si sofferma su Tyler. «Per favore, metti via quella sigaretta.»

E come per magia Ryan e Clayton scendono le scale uno dietro l'altro, con aria molto seriosa.

Ryan ha la mascella contratta, e Clayton gli occhi ancora più duri e vuoti del solito.

Quei due stanno tramando qualcosa.

Il bagliore tiepido che si accende dentro di me ogni volta che vedo i miei migliori amici mi riscalda anche questa volta.

La signora Mackenzie osserva di traverso Tyler, ormai avvolto in una grigia nube di fumo.

«Per l'ultima volta, vuoi smetterla di fumare quella roba in cucina, soprattutto quando stiamo per cenare?!», sbraita.

Dopodiché si passa una mano sulla fronte, afferra l'aspirapolvere, che poi passa lungo il pavimento.

«Cercare di rendere questa casa un posto adatto a ospitare gli esseri umani sembra un'impresa impossibile.», sbuffa.

Ryan comincia ad apparecchiare.

Clayton raggiunge il divano, e mi da un ceffone sulla nuca.

«Ahi.», mormoro.

Killian accanto a me ride sotto i baffi.

«Come stai?», mi chiede Clayton duro, con velato tono apprensivo.

«Ho passato giorni migliori.», farfuglio amareggiato, e una fitta alla costola mi percuote dall'interno, fino a farmi gemere dal dolore.

«Tutto bene, Mitico?», chiede Clay.

«Lascialo perdere. Non sta male sul serio... Soffre di manie di protagonismo.», si intromette Killian.

«Mmm.», dice Clayton e volta lo sguardo anche verso Killian. «Più tardi che fate?»

«Guarderemo questa merda di serie tv.», dice Killian, mentre lo schermo riproduce l'ennesima lite tra Blair Waldorf e Serena Van der Woodsen.

Clayton piega le labbra in un sorriso gommoso e le sue iridi rimbalzano come palline da tennis da me a suo fratello.

«Una serata solo voi due?», chiede.

«Credo proprio che mi toccherà badare a questo buono a nulla.», Killian mi indica e poi aggiunge verso suo fratello: «Così adesso capisci quanto è terribile la mia esistenza. Tu che fai?»

«Io e Ryan abbiamo un altro lavoro da fare.»

Killian aggrotta la fronte.

«Per conto di Tony.», aggiunge Clayton.

Killian aggrotta la fronte ancora di più.

«Sempre per quella storia dei soldi del bar dei Donovan.»

A questo punto non so più dove siano arrivate le sopracciglia di Killian.

«Ancora che state dietro a quella... sgualdrina?», chiede sottovoce.

Tyler si fa incuriosire dalla conversazione e si avvicina, pronto a scagliare ceffoni alla nuca di Killian se necessario, proprio come Clayton ha fatto con me poco fa.

Clayton si schiarisce la voce e incrocia le braccia.

«Lui l'ha già persa una volta.», dice severamente a suo fratello. «Ed è un errore che non può permettersi di rifare.»

Le parole di Clayton sortiscono un effetto.

C'è qualcosa dentro Killian che si accende.

Un rancore inspiegabile, e una fame di vendetta.

Lui ha giurato che avrebbe impedito a suo fratello di ottenere la felicità, che per Ryan si è sempre configurata in Arya, e ha intenzione di andare fino in fondo.

Ma forse per questa sera si può concedere una breve pausa dalla vendetta... 

La signora Mackenzie irritata ci richiama dalla cucina.

«Voi, laggiù!», strilla. «Se volete cenare prima di mezzanotte mi serve una mano. No, tu resta dove sei Paxton, ci pensano quegli sfaticati dei miei figli.»

La signora Mackenzie posa gli occhi sul suo primogenito. «Killian! Sto dicendo a te!»

Killian si alza a malincuore dal divano.

Trascina i piedi, ingobbito lento e risoluto, e comincia ad apparecchiare la tavola insieme ai suoi fratelli.



Tyler e Killian giocano a far finta di infilzarsi le mani con una forchetta, mentre la signora Mackenzie serve della zuppa di farro ai piatti.

Poi arriva il mio turno.

«Ecco, caro.», mi dice la signora Mackenzie esasperata dai suoi figli, porgendomi il piatto davanti: la signora Mackenzie mi ama.

«Come ti senti?», mi chiede.

Dopodiché si siede.

«Bene, Helen, grazie.», dico sfoggiando la mia piuttosto discutibile capacità di sopportare il dolore con orgoglio.

«Sì, sì mamma.», ribatte Killian velocemente. «Paxtonuccio tuo sta bene.»

«Quando ti hanno portato qui svenuto...», mi dice la signora Mackenzie.

«Mi sono preoccupata da morire. Sei come un figlio per me. E se sei finito in quello stato, è solo per colpa loro.», indica con il mestolo i 4 Mackenzie seduti a tavola.

«Ho un obiezione in proposito.», dice Killian.

La madre lo ignora.

Si guarda attorno con aria lugubre verso Clay e Ryan. «E voi due? Perché quelle espressioni?», chiede «Vi è morto il gatto?»

Pur di impegnare la bocca in qualcosa che non sia spifferare i loro piani, porto un cucchiaio di zuppa e lo ingurgito, bruciandomi sul palato.

Tracanno un bicchiere d'acqua per placare le fiamme che ho in bocca.

Killian mi guarda male.

«Nessuna espressione.», dice Ryan.

Ryan comincia a farmi paura...

Fino a che punto è disposto a spingersi Ryan Mackenzie per coprire tutte le sue bugie?

«Sono molto in apprensione, Ryan. Ti prego rassicurami e dimmi che...», comincia Helen.

«Ma'.», la apostrofa Clayton. «È tutto okay.»

«E perché siete vestiti come se doveste uscire, stasera?», chiede la signora Mackenzie osservando la giacca di pelle di Ryan.

«Perché stasera usciremo.», ribatte Ryan.

Ragionamento che non fa una piega devo dire.

«E dove andrete?», chiede sua madre, che negli ultimi tempi sta diventando sempre più apprensiva nei confronti dei suoi figli.

Sua madre lo sa.

Lo sa che questa notte, Clayton e Ryan hanno in mente qualcosa.

È una cosa che le madri percepiscono.

Per esempio, non sottovaluta la compostezza di Ryan.

È troppo rigido e inquieto, per essere uno che non sta nascondendo qualcosa.

E sa anche molto che non bisognerebbe mai fare l'errore di scambiare il silenzio di Clayton per debolezza: dopotutto, nessuno pianifica un omicidio ad alta voce.

«Okay, okay.», dice la signora Mackenzie in tono spazientito. «Qualsiasi cosa state architettando non la voglio sapere. Fate solo in modo di non coinvolgere i vostri fratelli e Paxton. Tyler! Leva quella dannata sigaretta, siamo a tavola!»

Cassie

Arya impugna una spazzola e comincia a cantare, come se dietro lo specchio ci fosse il suo pubblico, la sua platea.

Ha dei fuseaux fucsia che si allargano in uno spacco e dei tacchi argentati, e un top con gli strass. 

Beatrix si passa un rossetto mat nero sulle labbra e alza il volume del cellulare:

Ha messo "Blank Space" di Taylor Swift su Spotify.

E mentre osservo il suo fisico perfetto provo una fitta di invidia, anche se la amo e so che non sarebbe giusto e, soprattutto non da me, provare questo sentimento.

È bellissima e magra come un manichino.

Indossa dei Cargo viola classici, un body nero con una profonda scollatura che le esalta il seno piccolo e le af1.

Torno a guardare Arya.

«Nice to meet you, where you been?», mima Arya, come se lei fosse la protagonista di un video musicale e Bea comincia a muoversi a ritmo.

Ci stiamo preparando per uscire: ci siamo ritagliate una serata da dedicare solo a noi tre, senza ragazzi, come non succedeva da troppo da tempo. 

«I could show you incredible things...», le rubo la spazzola e mi metto a cantare con lei.

Faccio ondeggiare il fianco, fino a farlo scontrare contro quello di Arya ed entrambe ridiamo.

«Magic, madness, heaven, sin.», canticchia Arya in tono teatrale e allunga le braccia nella mia direzione.

Bea si si sta passando il mascara: ha un sopracciglio inarcato, e si ammira soddisfatta.

«Saw you there and I thought "Oh my God, look that face!», mi premo una mano sul cuore e recito di rimanere senza fiato. «You look like my next mistake"...»

Mi scompiglio i capelli e mi accuccio sulle cosce per simulare un mezzo svenimento.

Poi mi rialzo.

Tutte e tre alziamo le braccia e saltelliamo dentro il piccolo bagno del locale dei Donovan.

Un tempo, in questo bagno ci muovevamo molto più facilmente, ma siamo tutte e tre cresciute ora.

Il mio corpo, poi, negli ultimi anni, si è un po' appesantito, e mi ha resa leggiadra come un ippopotamo.

Ma quando sono insieme alle mie amiche posso essere me stessa e cerco di non pensarci: voglio solo vivermi un momento spensierato.

«Love's a game, wanna play

Lancio un'occhiata al mio riflesso allo specchio: la gonna di jeans mi stringe i fianchi, facendoli sembrare delle salsicce e la mia camicetta color cachi mi va stretta sul seno.

Per fortuna, i miei stivali da cowboy nascondono le mie gambe grosse. per lo meno, in parte.

Arya ci abbraccia e Beatrix mi arruffai capelli.

Mi ritrovo schiacciata tra le mie amiche ed è sconfortante il pensiero che, loro due messe insieme, non arrivano alla mia corporatura.

«I can make the bad guys good for a weekend.», cantiamo.

«So it's gonna be forever, or it's gonna go down in flames.», urlo a squarciagola.

Beatrix salta nella vasca da bagno e afferra il soffione, che utilizza come microfono.

«You can tell me when it's over, mm.», Beatrix fa una piroetta.

«If the high was worth the pain.

Got a long list of ex-lovers they'll tell you I'm insane...»

E niente... Taylor Swift mi rappresenta. Se avessi degli ex ragazzi, anche loro confermerebbero che sono una dolce psicopatica sotto mentite spoglie.

«'Cause you know I love the players and

YOU love THE game!»

Paxton

Dopo questa bella mangiata mi ributto sul divano.

Killian mi segue, sbuffando.

Accendo la televisione e rimetto Gossip Girl.

«Non possiamo cambiare programma, Gossip Boy?», mi chiede, sedendosi al mio fianco.

«Perché?»

«Perché questa serie è una cazzata. Su, cambia

«E tu cambia faccia. Che ce l'hai come il culo.»

Boom.
Fine della discussione.

Semplice ma d'effetto.

Ora mi uccide.

«Leva i tuoi sudici calzini puzzolenti dal mio cazzo di divano!», esclama irritato. 

«Passami quella copertina.», gli chiedo.

Killian fa come gli dico e mi passa la copertina sottile di lana, che fino a un attimo fa si trovava per terra insieme a Mustafa.

«Paxtonuccio ha fredduccio?», dice imitando la voce della signora Mackenzie.

«Grazie.», dico senza staccare gli occhi dalla tivù.

«Lo sai che succede se guardi serie tv come questa?!»

«Andrò all'inferno?», ipotizzo.

«Naaaah nemmeno Satana vorrebbe condividere l'inferno con te... gli romperesti troppo i coglioni.»

«E allora che succederà?»

«Diventi una checca isterica.»

E trattiene una risata che altrimenti sarebbe stata davvero fragorosa e intensa.

Lo guardo serio.

«Siamo nel 2023 e ancora ti fanno ridere queste cazzate omofobe?», chiedo alzando il volume della televisione.

«No, ma...»

«Ti garantisco Killian che ... Se essere gay fosse davvero una scelta... sceglierei di essere ancora più gay.», concludo.

«Più gay di così?»

Gli tiro un piccolo cazzotto sulla spalla.

«Non mi toccare.», dice.

«Perché sei di cattivo umore? Hai finito la cioccolata nella dispensa?»

«E anche se fosse?»

«In quel caso ci sarebbe il gelato in freezer, o almeno così ha detto tua madre.», spiego velocemente, perché vengo catturato da una scena iconica.

«A te va il gelato?»

«Sì, quello alla stracciatella, grazie Killian.»

Si alza borbottando, e poi torna con una vaschetta e due cucchiai. Mi da una cucchiaiata in testa.

«Ahi.»

Rido a crepapelle per uno scambio di battute memorabile tra Nate Archibald e Dan Humphrey.

«Ma come cazzo ridi?», chiede Killian, passandomi il cucchiaio.

Che affondo nella vaschetta senza fare complimenti

«Senti. Non ho scelto io di nascere così. Sono solo stato fortunato.», replico.

«Feroce, stasera, il ragazzino.», sogghigna, dice con un sorriso obliquo tra le labbra, e poi lecca il gelato e mi tira la coperta, scoprendomi i calzini.

«Ma che fai?»

«Non puoi avere la coperta tutta per te.», spiega.

Ne tiro un lembo verso di me, per coprire di nuovo i piedi, i cui alluci sono già congelati. «Sì, invece.»

«E invece no!», e ne tira un altro po' verso di sé.

«Può coprirci tutti e due se ti avvicini...», gli suggerisco.

Killian punta gli occhi nei miei e accorcia lentamente le distanze tra di noi.

Il suo viso si avvicina al mio e percepisco il suo respiro ansante.

Si allontana i ciuffi di capelli platino dagli occhi.

«Ei.», la sua voce calda e roca assume tonalità cupe e nostalgiche. «Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Stavamo rubando l'auto a tua nonna, ma il tuo gatto dagli occhi gialli si era appisolato sui motori e tu sei venuto a riprendertelo.»

Mi ricordo, eccome.

Mr. Ripley era ancora piccolissimo ma già aveva due brillanti e inquietanti occhi color topazio.

Mia nonna era disperata perché non lo trovava più.

«Ci hai aiutato a fregare la macchina a tua nonna...», ridacchia. «Ho capito che saresti stato uno di noi, quando ti sei precipitato a darci una mano. Nonostante fossi un ragazzino magrolino e spastico, ti ci vedevo bene con noi...»

Ho come la sensazione che le mie viscere si stiano sciogliendo.

Ricordo benissimo il giorno in cui ho incontrato i Mackenzie.

Mi è stato chiaro fin da subito che tutti loro, tutti e 4 nessuno escluso, sarebbero stati la mia famiglia.

E la prima volta che ho visto Killian... Inconsciamente già lo avevo capito che sarei stato troppo impegnato a essere suo per interessarmi a qualche altro essere umano.

«Hai presente quella volta in cui stavamo giocando a baseball?», gli dico sull'onda dell'entusiasmo.

«La palla ha colpito la vetrata di quel tizio che poi è uscito con il fucile e la divisa da poliziotto! Stava quasi per spararci ma il fucile ha fatto cilecca, gli si è slacciata la cintura, gli si sono calati i pantaloni ed è rimasto con i mutandoni rosa.»

Killian ride genuinamente, e si piega verso la mia spalla, fino a poggiarvisi con la fronte. «Cazzo, quante ne abbiamo combinate.»

«Siamo dei miracolati io e te.», gli faccio notare. «Il destino ci ha risparmiato la vita innumerevoli volte.»

«Non mi ci far pensare.», dice e il suo naso si scontra con il mio, mentre la signora Mackenzie è ancora di là in cucina, e quando fa rumore con le stoviglie Killian si ridesta e volta lo sguardo verso la tivù.

Trattengo un sorriso e continuo a guardare Gossip Girl con Killian al mio fianco.


Clayton

4 mesi prima.
*Inizio Flashback*

Infilo i guantoni di pelle, neri e lucidi da boxe dentro l'armadietto della palestra e chiudo l'anta di metallo.

Le luci degli spogliatoi sono di un bianco freddo e incolore.
Alcune lampadine sono perfino fulminate.

Mi passo un asciugamano di spugna lungo tutto l'addome, madido di sudore.

Mi sono rinchiuso in questa cazzo di palestra per ore.

Non ho mai passato così tanto tempo in una palestra, finché non ho abbandonato il basket.

Il basket mi piaceva. Adoravo le pacche sulla spalla, il tifo, la voglia di vincere, la fama e la popolarità che ne derivava dall'essere il capitano.

Ma ho smesso quando ho realizzato che non sarei mai andato da nessuna parte con il basket, e mi sono iscritto in palestra.

Ho preso a pugni il sacco tutto il pomeriggio, ho saltato la corda e mi sono spaccato di pesi.

Ogni cosa, pur di togliermi dalla testa il pensiero che lei mi avesse visto dare fuoco a quell'officina.

Ho ancora i suoi occhi azzurri puntati contro, li sento infilzarmi la nuca quando cammino: ovunque io vada...

lei è lì, pronta a cogliermi sul fatto e a rovinarmi.

Pronta a ficcanasare ovunque.

Cassie non è una minaccia, continuo a ripetermi: quella ragazza è debole e inconcludente.

Non è una minaccia reale.
Non andrebbe mai dalla polizia...

Afferro il mio telefono, che ho lasciato sulla panchina e lo sblocco.

L'ultimo messaggio che ho mandato a Cassie è stato:

"Mi piacerebbe vedere qualcosa del tuo corpo che solo in pochi hanno visto. O, almeno, spero siano stati pochi."

Sono bravo a usare la manipolazione. Sono bravo a persuadere. Sono bravo con i giochini mentali.

E so di poter ottenere da lei ogni cosa che voglio.

Come, per esempio, una cartella intera di sue foto oscene da caricare su una cartella drive protetta da una password, alla quale posso accedere solo io, nel caso le venisse voglia di aprire la boccuccia sui fatti che ha visto quella notte.

Non mi fido di lei.

Non mi fido di una così a pezzi.

Parlandole, ho capito che è così a pezzi, cazzo, che è un pericolo anche per sé stessa.

Figuriamoci per me.2

"Perché dovrei fidarmi di te?", mi scrive.

Perché non dovresti.

Scrivo qualche cazzata sdolcinata che piace alle ragazze.

"Negli ultimi tempi, ho passato ogni secondo di ogni giorno con te e solo con te. La sera mi addormento con te, e il giorno mi sveglio con te... Conosci parti di me a cui nessun altro ha avuto accesso. Mi sento più vicino a te che a qualsiasi altro essere umano"

Tutto così fottutamente finto e vuoto.
Vuoto come me.

Le foto non tardano ad arrivare.
Sorrido debolmente.

La raffigurazione di una ragazza bionda, dal seno perfetto e sodo, con i bottoni rosa dei capezzoli al centro, inginocchiata per terra a gambe lievemente divaricate, che si scatta una foto allo specchio.

La faccia è tagliata per metà, ma si vede un occhio e la lingua che si lecca il labbro superiore; si capisce che è Cassie Young.

Mi manda un'altra foto.

Ha le gambe spalancate e i denti che succhiano forte il labbro inferiore.

La sua posa volutamente maliziosa la fa sembra una foto scattata su un set pornografico amatoriale molto scadente.

Rimango impassibile.

Ho visto così tante ragazze nude che non riesco a contarle, e l'immagine di un seno grosso o di un culo sodo quasi non mi fa più effetto.

Probabilmente ho qualche problema...

A otto anni, dopo aver visto le azioni depravate di mio padre, è come se avessi interiorizzato dei meccanismi strani.

Dopo aver visto per ore mio padre scopare, anzi meglio, abusare sessualmente di prostitute, ho contratto una dipendenza dalla pornografia.

Quelle immagini crude che mi scorrevano davanti agli occhi, e che mi procuravano stimoli corporei riuscivano a smuovermi qualcosa, le ultime briciole di nulla che mi rimanevano.

Ma dopo anni a farne uso in maniera smodata, dopo anni in cui la pornografia è stata l'anestetico più forte della mia vita, guardare dei semplici nudi sul telefono non mi basta più.

Ho bisogno di qualcosa di più per eccitarmi.  

Ho bisogno di spingermi oltre.

La porta degli spogliatoi si apre, e una ragazza bionda con un golfino rosa che sbrilluccica, un paio di fuseaux di pelle e dei tacchi, si avvicina.

Ha delle mollette blu tra i capelli.

Metto via il telefono, che ripongo nel mio borsone.

«Ciao Meredith.», dico asciutto.

Lei sorride, e tasta il mio bicipite con molta devozione.

«Ciao, Clay. Ti ho portato quello che mi hai chiesto...», dice candidamente, mordendosi il labbro con fare eccessivo.

Sorride esplicitamente.

Sorrido a mia volta, pensando a quanto mi dia fastidio essere toccato.

Lei estrae dal suo zainetto un fascicolo, e io lo afferro.

«Eccolo qui.», dice porgendomelo, come una brava dipendente.

Lo afferro e inizio a sfogliarlo, partendo dai dati anagrafici.

Nome, indirizzo, codice fiscale, a quanto pare c'è tutto.

«Ma a che ti serve il fascicolo scolastico di Cassie Young?», chiede.

Chiudo il fascicolo, lo poggio sulla panchina e la fisso eloquente.

«Avevamo detto non una parola.»

«Ho fotocopiato un documento riservato al personale scolastico, solo perché serve a te.», dice. «Me la merito una spiegazione.»

«Non avrai mai niente da me e lo sai.»

«Chi è questa ragazza di cui tanto ti interessi?»

Mi pulsano le tempie.
Più cerco di rimanere calmo, più mi sento comprimere da una folle collera.

«Puoi stare zitta?»

«Che ha di così tanto speciale?», insiste.

«Dimentica il suo nome.»

«Ti ho appena fatto un cazzo di favore!», strilla.

«Puoi farmene ancora un altro, stando zitta, per cortesia?»

I suoi occhi si allargano e si riempiono di allarme. «Vuoi sostituirmi con un'altra ragazza?»

«Non posso sostituire una che già non esiste...», ribatto.

«Non ti importa proprio niente di me?», dice.

Sento nascere in me una strana forma di frenesia.

Le afferro i capelli con nessuna traccia di delicatezza, e la sbatto contro l'armadietto

«Cosa credevi, eh? Che se avessi aperto il tuo culo anziché un porno sarebbe stato diverso? Che avrei provato qualcosa?»

«

«E che sapore ha questa stronzata?», dico.

Passa qualche secondo, in cui lei sembra confusa.

«Non ci credo che fai così schifo.», dice.

Prima o poi, più o meno stupide che siano, ci arrivano tutte a questa conclusione.

«Che ti eri messa in testa, eh, Meredith?», dico. «Che ti aspettavi? Cosa pretendevi da me? Ti avevo avvertita

Le strattono i capelli con ancora più forza, fino a che non ho la certezza di farle male sul serio.

E lei comincia a piagnucolare.

La stupidità di questa ragazza mi fa parecchio incazzare.

O forse non si tratta della sua stupidità.

Sono io.

A volte, ho degli attacchi d'ira.

E i miei attacchi di ira non riesco a ricollegarli a niente in particolare, a nessun evento della mia vita: credo di essere semplicemente fatto così.

A volte, mi sento così dannatamente incazzato con il mondo...
Senza motivo.

«Clayton, calmati.», esala, implorante. «Calmati, cazzo

Ed è a questo punto che la lascio andare.

«Tu sei da ricovero cazzo.», dice sull'orlo di una crisi di pianto, mentre io prendo il mio borsone, il fascicolo di Young e me ne vado.

*Fine Flashback*


Cassie

Infilo l'anello di Clayton, tozzo e con la croce al mio anulare, e la morsa fredda dell'acciaio, per un attimo, mi toglie il respiro...

Non mi calza proprio perfettamente.

Mi va molto largo, e al dito risulta perfino pesante.

«Cassie?», mi richiama Beatrix, vicino al gazebo dei popcorn. «Per te, cosa prendo?»

Mi tolgo l'anello e lo infilo nella tasca.

«Ehm...niente grazie.», rispondo.

«Ma come niente!?», protesta la mia amica.

«Ho già cenato.», ed è una bugia.

Infatti, un crampo alla pancia mi colpisce dolorosamente: sono a digiuno da quasi 24 ore.

«Dai, prendo una coca cola zero.», aggiungo, e Beatrix fa una smorfia strana. 

Allunga dieci dollari al venditore e ordina due hot dog con cheddar e due birre per lei e Arya, e e una coca cola zero per me, che mi passa schifata.

Oggi è la nostra serata tra ragazze e abbiamo deciso di passarla al Luna Park: c'è una specie di evento, che ricorre ogni anno, per il quale vengono allestiti dei chioschi culinari e il vincitore riceve in palio un premio da mille dollari.

C'è il chiosco con i popcorn al caramello, quello con le alette di pollo in salsa piccante, e perfino uno con i marshmallow.

Già a vedere tutto questo cibo mi sembra di scoppiare.

Ho smesso di pesarmi.

Era diventata un'ossessione.

I ricordi che ho degli eventi più importanti della vita non sono come dovrebbero essere:

Non li associo a delle vere emozioni, non mi ricordo più se fossi triste o felice.

Di contro, rammento il numero preciso che in quel periodo segnava la bilancia.

Come se fosse un numero a dover decretare le emozioni di un essere umano. 

Non mi sono mai sentita una persona, ma solo un numero.

E so che dimagrire non mi aiuterebbe: ma non conosco altri modi per sentirmi più vicina a quell'idea malata che ho di felicità...

Arya e Bea tornano verso di me...

La scollatura del body di Bea è così profonda che le arriva alla pancia...

«Una serata senza guai e senza ragazzi era proprio quello che ci voleva.», dice lei, addentando il suo panino.

«Assolutamente quello che ci voleva.», dice Arya.

«Già.», mi aggiungo.

«Siete le mie stronzette preferite.», ci dice Bea in tono affettuoso...

«Solo noi tre come un tempo! Però non potrò fare troppo tardi! Peccato, ma mio padre vuole che io rispetti il coprifuoco.», le fa eco Arya. «Cassie sicura che non ti va neanche un morso del mio panino?»

Scuoto lentamente la testa e apro la lattina di coca cola.

«Perché tuo padre ti ha imposto il coprifuoco?», chiede stizzita Bea.

«Ha paura che io esca con Ryan.», dice Arya. «Ma non c'è da preoccuparsi. Ryan non mi chiederebbe mai di uscire.»

«Perché?», intervengo.

«La sua vita è complicata.», dice lei, ma arrossisce violentemente. «E comunque la nostra quasi-prima volta è stata un mezzo disastro.»

E poi Arya aggiunge, come colta da un'illuminazione: «Ah, lo sapete che mi ha ridato la pistola? Quella che era scomparsa?»

«Si è capito chi l'aveva presa?», chiede Bea.

Alzo gli occhi al cielo e faccio la vaga, sperando che mi colpisca al volo un'idea per creare l'occasione di cambiare discorso.

«CASSIEEEE.», urlano in coro le mie amiche. «Sei stata tu?», chiede Beatrix indignata.

«Ehm... No?», domando in preda all'imbarazzo più totale, e poi volto lo sguardo in direzione di quello algido della mia amica.

«Scusami Arya, odio mentire! Avrei dovuto dirtelo! Scusami, scusami, scusami....»

«Tranquilla.», mi rassicura lei, passandomi una mano sulla schiena.

«Mi sento un'amica terribile.», spiego.

«Ma prima o poi dovrai spiegarmi a cosa ti serviva una pistola!» dice lei sospettosa.

Beatrix si è immobilizzata: fissa in direzione delle macchinine a scontro e assottiglia lo sguardo, preoccupata.

Cerco di mettere a fuoco il gruppo di ragazzi che si trova in fila proprio per quella giostra e mi sembra di individuare Tyler e i suoi 3 amici!

Tiro un sorso forte di coca cola dalla cannuccia.

«Dicevamo? Senza ragazzi, B?»

«A chi diavolo è venuta in mente questo stupida idea del luna park... Cassie!

«Mi sento un attimo giudicata.», confesso brevemente.

«E fai bene!», dice Bea. «Questo posto sembra la succursale del nostro liceo! Diamine

Parli del diavolo...

«Guarda, guarda chi si rivede...» Dice una voce acuta alle nostre spalle.

«Donovan!», cinguetta Meredith studiando la figura alta e slanciata di Arya.

«Se vuoi comprare delle droghe, si trovano laggiù, al chiosco vicino al parcheggio dei tossici... Qui ci sono gli stand dedicati alle persone sane di mente. Categoria che non include nessuna di voi tre.»

Beatrix incrocia le braccia, senza però dire una parola, così Meredith continua: «E per quanto riguarda te, Evans... Sei una sfigata lo sai?», insiste Meredith.

«Senti chi parla.», intervengo.

«Continuate pure a chiacchierare di quanto siete felici senza i ragazzi... io vado a divertirmi.», dice Meredith e si incammina lontano da noi.

Beatrix è su tutte le furie. «Non può dirci e farci ogni cosa che le pare e passarla liscia sempre!»

«Sì. Dovremmo fare qualcosa.», dice Arya.

«Io suggerisco il veleno.», dice Beatrix.

«Intendevo dire qualcosa che non comprenda il commettere un omicidio...», puntualizza Arya.

«Va bene. La trascinerò per i capelli per tutto il Luna park.», dice Bea.

«Non ti sembra di esagerare?», domanda Arya.

«Se sapeste ciò che ha fatto non la pensereste così...», dice Bea.

«Cosa ha fatto?», chiedo.

«Vi ricordate la sera prima di Halloween, la sera della partita di basket?», chiede Bea. «Vi avevo detto che avrei fatto delle ricerche su chi avesse diffuso il video di Cassie perché avevo i miei sospetti e avevo voglia di avere ragione. E infatti ho ragione. È stata Meredith Keller.»

«Allora, è lei allora ad aver girato e diffuso quel video di Cassie?», riassume Arya pensierosa. «Ma perché

È stata Meredith?

Davvero?

Sento uno strano rumore sordo che mi stordisce le orecchie.

Ripenso a quel video, alle risa dei miei compagni di scuola, al modo strano in cui la gente ha iniziato a guardarmi da quel giorno...

Tutte noi ci giriamo nella sua direzione, la sua figura longilinea e perfetta di Meredith che si dirige verso lo stand del tiro a segno.

Un elemento sullo sfondo mi colpisce in particolar modo: una moto nera, parcheggiata con il cavalletto dietro una staccionata. 

E poi l'immagine si materializza davanti ai miei occhi come un'esplosione.

Meredith sta parlando con un ragazzo robusto, alto e dai capelli neri, che non mi degna neanche di un'occhiata.

Temo che mi stia per scoppiare la testa.

«E Clayton Mackenzie la conosce?!», esclama Beatrix.

Clayton incrocia le braccia e continua a parlare con Meredith.

Non è che si scambino discorsi chissà quanto articolati, Clayton storce le labbra appena, però Meredith sembra molto impegnata nel voler catturare la sua attenzione.

«Sembra siano molto in confidenza.», osserva Arya.

«Che tipo di rapporto hanno?», dice Bea, inclinando la testa per osservare meglio la scena, magari da un'inclinazione diversa.

«Spazzamicizia?», soffoco una risatina disperata e infelice.

«Ew.», emette Arya schifata.

«Puoi usare il termine "scopare" paperella, lo sai?», dice Bea. «Non è ancora diventato illegale nel nostro paese.»

«Quindi dite che ehm... ci danno dentro?», chiedo un parere spassionato, senza dar a vedere che questa cosa mi faccia in qualche modo soffrire.

«Ma certo che sì.», dice Bea. «La vita non è una cazzo di canzone di Taylor Swift, paperella. La gente nel mondo reale scopa.»

Fisso Clayton fumare avidamente e parlare ancora con Meredith.

Chissà se lei la bacia.

Mi ritrovo a pensare.

Ormai ho finito pure la mia misera coca cola.
Che vita triste.

Osservo la lattina che stringo tra le mani, sentendomi improvvisamente ispirata.

Non qui, mi dico, con un groppo alla gola.

«Sentite.», incomincio. «Io vado un attimo al bagno. Voi intanto andate a provare qualche giostra...»

E scappo, prima che possano anche soltanto replicare.

Beatrix

Io e Arya ci lanciamo occhiate perplesse, visto e considerato come se n'è andata Cassie, in tutta fretta.

«Toglimi una curiosità.», dice Arya. «Come hai fatto, operativamente parlando, a scoprire chi ha diffuso quel video?»

«Hai mai sentito parlare di una cosa che si chiama indirizzo IP?»

«Non credevo fossi brava in informatica...», dice sospettosa.

«Voglio andare a giocare al Punch Ball.», dichiaro, liquidando il discorso. «Ho bisogno di sfogarmi. Vieni anche tu?», propongo.

Arya mi segue.

Ci mettiamo in fila.

«Ei!», mi richiama una voce alle mie spalle e mi volto.

Lucas Brenson è ancora più biondo del suo solito...

Si è messo una polo rossa e un paio di jeans di marca.

Non gli rispondo più al telefono dalla sera di Halloween.

Da quando lui e Tyler si sono picchiati perché ha scoperto che eravamo andati a teatro senza di lui....

Da quando ho baciato Tyler.

Dovrei rompere con Brenson, ma non so come dirglielo soprattutto perché ora mi sta cingendo i fianchi, mi sta stampando un bacio a fior di labbra e mi sta sussurrando all'orecchio...

«Quanto mi sei mancata, ciliegina

«Ciao.», ribatto secca.

Spero che percepisca il mio distacco.

«Scusami per la scenata dell'altra volta.», mi dice contro l'orecchio. «Non volevo assolutamente dirti che non mi fido di te. Sono davvero un cretino. Mi perdoni? Per favore?»

Ehm...

Dietro di lui ci sono i suoi amici: Mathias Samuel e... Tyler.

Che mi rivolge un lieve cenno del capo, da sotto il cappuccio.

Le sue dita macchiate di inchiostro si stanno accendendo una canna, e la fiamma illumina i suoi vibranti occhi color cioccolato.

Alle sue spalle sbuca Meredith Keller... che cammina, facendo ondeggiare i fianchi come se si trovasse in una passerella.

O no, di nuovo questa.

Tyler non appena la vede le mette un braccio sulla spalla e continua a fumare.

Clayton a qualche passo da lei, dice qualcosa all'orecchio di Tyler, il quale scrolla le spalle. «Non lo so, non l'ho vista.», dice Tyler.

Clayton sonda la folla, e poi gli da una pacca sulla spalla. «D'accordo.», dice osservando la figura di Meredith. «Goditi i miei avanzi.»

L'ultima volta che ho visto Tyler ero a cavalcioni sopra di lui, ci baciavamo sul dondolo della sua veranda, e ci stavamo congelando per il freddo e la pioggia...

Il ricordo della sua voce roca che mi sussurrava "scegli me." ce l'ho ancora addosso.

È stata la cosa in assoluto più dolce e intensa che io abbia vissuto, ma...

Be' lui era leggermente ubriaco, quindi chissà se addirittura se lo ricorda, visto e considerato come sta lasciando che Meredith si accoccoli su di lui...

Come se la preferisse a me di gran lunga. 

Ma non sarò di certo io a fargli tornare la memoria.

Non ci tengo a ricevere l'ennesimo schiaffo in faccio dalla vita.

Deglutisco, mentre Tyler continua a fissarmi.

Non so se sia il caso di distogliere lo sguardo o meno, ma poi per fortuna Mackenzie si accorge della presenza di Arya.

Tyler le si avvicina e la abbraccia.

Nel frattempo, la fila si sfoltisce.

Non riesco a capire cosa si dicono...Lucas mi tira a sé e parla ai suoi amici:

«Ei. È il nostro turno! Vogliamo giocare a Punch Ball, allora? Chi comincia?»

Mathias si scrocchia le nocche e si offre volontario. «Provate a battermi!», sfida i suoi amici.

Ridacchia e colpisce il punching-ball.

«790 punti!», esclama Lucas entusiasta. «Non male!»

«Provo io.», dice Tyler, facendosi largo, con un tono ombroso.

Scaglia il primo pugno con una rabbia abbastanza evidente, violenta e repressa...

E poi mi assesta un'occhiataccia.

Il display segna un punteggio di 850.

Be' notevole

Arya gli da una piccola pacca sulla schiena.

«Batti questo, Luke.», dice continuando a fumare il suo spinello e punta lo sguardo verso il suo amico.

Lucas la prende sul personale e non se lo fa ripetere due volte.

Si avvicina all'attrezzo si scioglie le spalle un paio di volte, pianta i piedi a terra e colpisce l'aggeggio più forte che può, al punto da diventare rosso.

Aspettiamo tutti il risultato con trepidazione...

«860 punti.», leggo... e Tyler getta la sigaretta per terra e tira un altro cazzotto, con molta più concentrazione di prima.

910 punti.

Mi pare di vedere un'ombra di irritazione negli occhi di Lucas, il quale tira il suo prossimo cazzotto senza neanche rifiatare.

920 punti.

Tyler sfodera un sorriso primordiale, le sue iridi brillano di rabbia e spavalderia.

Ecco un altro gancio sferrato da Mackenzie con molta scioltezza e facilità.

990 punti.

Cazzo. 

«990? Diavolo! È quasi imbattibile.», sussurra Samuel a Mathias.

«Ok. Hai vinto tu.» dice Lucas con una lieve aria afflitta. «Io mi arrendo.»

«Vuoi lasciarmi vincere, senza neanche combattere?», ridacchia Tyler, schernendolo.

«No. Non mi slogherò una spalla per questa cacchiata.»

«Eddai, Luchino.», lo provoca Tyler. «Sei davvero un pappamolle.»

«Lui ha detto che non combatte.», mi intrometto, avanzando di un passo. «Ma io accetto volentieri la sfida al suo posto.»

Ci sono dei risolini diffusi tra Mathias e Samuel.

E perfino Luke sbianca.

«Ma, Bea, sei impazzita?», dice strabuzzando gli occhi.

«Così potresti farti male alle...», analizza la mia figura gracile da cima a fondo. «Mani?», ipotizza.

Sento Meredith scompisciarsi dalle risate.

«Togliti, Lucas.», dico brevemente, raggiungendo la base del punching-ball.

Sento di avere addosso gli occhi di tutti, ma non me ne preoccupo, cerco solo di focalizzare il mio obiettivo... 

Tyler torreggia su di me, con aria elegantemente intimidatoria e si piega per parlarmi.

«Se speri di ricevere un trattamento preferenziale da me, gnometta, ti consiglio di arrenderti già da ora.»

Ruoto leggermente lo sguardo verso di lui... «Il primo tiro è di prova.», dice.

Anche solo guardarlo mi provoca una confusione dolce e un intontimento inspiegabile... «Non ho bisogno di alcun tiro di prova.», ribatto.

Fisso l'attrezzo, che immagino abbia esattamente le sembianze della faccia di Meredith e sgancio il pugno più forte che io abbia mai dato in vita mia.

Si sente un tonfo e poi seguo i numeri del punteggio che salgono, salgono, salgono fino ad arrivare a...

«999 punti.», legge Lucas stampandomi un bacio sulla guancia.

«Mackenzie si è appena fatto battere da una ragazza.», dice Mathias, che, come al solito, non perde occasione per sottolineare e ironizzare che io sia effettivamente una ragazza.

Tyler da una spallata a Mathias e raggiunge Meredith che tenta di risollevargli il morale con qualche grattino sull'avambraccio.

Cassie

A volte mi sembra di trovarmi in un bivio.

La vita è una questione di scelte, giuste o sbagliate che possano essere. Tuttavia, non è sempre facile riconoscere quella giusta.

Osservo la lattina di coca cola che stringo ancora tra le mani, mentre il cuore mi pulsa forte nel petto e mi ricorda che sono viva, che dentro di me scorre del sangue...

E io credo di aver sbagliato tutto nella vita.

A volte faccio cose davvero stupide.

Apro la lattina di coca cola con le dita, e avvicino la parte tagliente al braccio

Ogni mia scelta mi ha causato solo sofferenza...

Mi guardo allo specchio della toilette e mi sento, per un attimo, come se questo fosse il periodo più buio della mia esistenza...

Nella vita puoi provare vari vuoti, e tutti diversi tra loro...

Anzi, possiamo dire che la nostra vita è già un vuoto, e tutte le azioni che compiamo sono volte a cercare di colmarlo o di schivarlo, come fa Bea.

Ci illudiamo spesso che vada tutto bene, per non soffermarci su quella sensazione che ci opprime il petto... Come spesso succede ad Arya.

Ci sono dei vuoti che sono un po' delle mancanze.

Ti puoi sentire incompleto perché hai perso una persona a cui vuoi bene, come Arya ha perso sua madre.

E in quel caso cerchi di colmare il vuoto che senti distraendoti, mettendoci una toppa, anche se sai che è una toppa che non reggerà per molto.

Credo che la maggior parte dei vuoti che sento, invece, io me li crei da sola.

Sì, voglio dire, quei vuoti credo che siano i più difficili da colmare.

Porto la lattina sulla pelle e comincio a incidere una linea precisa, da cui fuoriesce del sangue.

Provo nello stomaco un misto tra dolore e piacere.

Ripenso alla scena a cui ho assistito poco fa: Clayton insieme a Meredith.

Cosa diavolo c'è tra loro?

È già brutto dover accettare il fatto che lui non abbia voglia di baciarmi e né mai l'ha avuta, ma perfino assistere al suo flirt con la vipera della scuola che ha diffuso l'umiliante video in cui ero ubriaca ...?

Ma la parte peggiore di tutta questa faccenda è che non dovrebbe fare male vedere Clayton insieme a qualcuna, eppure lo fa.

E tanto.

Mi srotolo le mani fino a coprire i tagli ed esco dalla toilette.

Prendo un respiro profondo e cammino, in mezzo alle luci e alle giostre, alla ricerca delle mie amiche.

Bea

Per una buona mezz'ora successiva, Mathias e Samuel non fanno altro che analizzare da un punto di vista fisico la questione della mia vittoria al Punch Ball, mentre tutti sono radunati ad ascoltarli:

C'è molta probabilità che un dilettante come me superi al punching-ball un maestro di boxe come Tyler perché ciò che conta per la macchina, in fin dei conti, è solo la componente verticale della forza.

È solo la componente verticale della forza, sottolinea Mathias mentre Meredith annuisce vigorosamente, che determina il punteggio finale...

E io, avendo colpito più in alto, ho chiaramente sollecitato quella forza verticale, a differenza di Tyler che, proprio come un pugile professionista, ha colpito in basso.

«Sì però adesso basta chiacchiere.», dice Luke. «Scegliamo la prossima giostra, ho dei gettoni da usare stasera e non ho intenzione di sprecarli!»

«Che ne dite di entrare nella casa degli orrori?», dice Arya.

«Donovan, sei noiosa.», dice Mathias.

«E allora perché non proponi qualcosa tu, invece di teorizzare stupide leggi fisiche a un parco di divertimenti?!», dice Arya, camminando insieme agli altri, in direzione della ruota panoramica...

«Sbem.», esclama Samuel.

Mi appoggio alla cabina delle fototessere, e sorridendo teneramente alla vista della mia migliore amica che cerca di educare un essere senza cervello come Mathias.

Dopodiché un paio di braccia mi tirano indietro.

Attraverso le tende rosse della cabina delle fototessere. Mi sento sballottata.

«Luke?», dico senza fiato

«Meglio.»

Dice una voce roca alle mie spalle, che mi fa completamente sciogliere.

«Io.»

Ruoto la testa.

Tyler indossa ancora il cappuccio di una felpa scura.

Le labbra rosa e molto carnose schiuse in un molle sorriso.

Non credo di sentirmi bene.

«Sembri...», incomincio.

«Affascinante? Stupendo? Irresistibile?»

«Stavo per dire fatto

Ridacchia.
In effetti, sembra molto fatto.

«Come ti sei permessa?», mi chiede, prendendomi in braccio e afferrandomi le cosce.

«A batterti nel tuo sport preferito?», domando per provocarlo, e lui accetta la sfida con un altro sorriso.

«A farmi incazzare.», puntualizza.

«E perché ti avrei fatto incazzare...?»

Deglutisce e la sua mano mi stringe la coscia interna con presa ferra. «Sei vestita come se dovessi andare a ballare...»

«E quindi...?»

«Nessuno qui è disposto a comprarti. Non c'è bisogno di mettersi in mostra come nello squallido posto in cui lavori tu.»

Brutto stronzo presuntuoso!

«In cui lavoravo. Quel lavoro che tu...», gli punto il dito contro il petto. «Che tu mi hai tolto Tyler. Come hai fatto a convincere il proprietario a...?»

Fa incollare l'indice e medio tra di loro, e con il pollice simula il grilletto di una pistola.

Punta i polpastrelli contro la mia tempia. «Boom.», sussurra contro il mio orecchio. «Ora comunque hai un nuovo lavoro.», dice lui.

«E quale sarebbe?»

«Ti assumo come insegnate.», dice Tyler. «Mi devi aiutare con i compiti, altrimenti il mio posto nella squadra di basket durerà quanto la tua relazione con Luchino. Però dovrai impegnarti di più Evans. Le volte scorse non ho imparato molto...»

«Sei povero in canna.», gli ricordo. «Come farai a permetterti un insegnante privato?»

«Tu non ti preoccupare.», dice.

«Andrai da Peter, Tyler...», gli dico, ignorando i suoi progetti campati in aria. «Lo convincerai a farmi riassumere.»

«Mettere in vendita il culo...», aggiunge sussurrando contro il mio orecchio. «Non fa per te.»

«Mi dai della puttana?»

«Tutti noi lo siamo, solo che vendiamo parti del corpo diverse.», ribatte.

«Non sai cosa è meglio per me e per la mia vita, quindi ti consiglio di starne fuori, Tyler...», lo avviso. «O la prossima volta che proverai a intrometterti, il mio nuovo record al punching-ball lo farò sulla tua faccia.»

«Piano Beatrix, perché la tua aggressività mi fa solo eccitare.», dice strattonandomi e incastrando il mio sedere sulla durezza del suo cazzo, all'altezza della patta dei suoi jeans.

«Sei leggermente masochista.»

«Quando lo lasci, Beatrix?», mi chiede, infilando una mano dentro i miei cargo e sfiora l'orlo del mio tanga nero di pizzo.

«Non appena avrò modo di restare da sola con lui...», rispondo, gemendo perché la sua mano si sta insinuando in posti pericolosi.

Eppure, sento anche la mia cassa toracica stringersi, dalla paura...

«E cazzo, se sono una frana con i discorsi.», dico, ignorando quella sensazione. «Ma devo assolutamente fargliene uno.»

La sua mano mi immobilizza la mascella e mi guarda dritto negli occhi. «Se non glielo dici tu, lo farò io.»

«Ti ho detto che lo farò.», mormoro.

Le sue labbra sfiorano le mie. «Stasera, comunque...», dice. «Hai fatto una scoperta scientifica.»

«Che?»

«Hai sentito cosa ha detto Mathias? Sulla componente verticale della forza e altre cose che francamente non ho capito...?»

Deglutisco, con un groppo alla gola e sgrano gli occhi. Ripenso alla lista delle nove cose che ho stilato da fare prima dei miei 18 anni.
In mezzo c'era anche il fare una scoperta scientifica...

Anche se non tutte le scoperte sono esattamente come le immaginiamo...

«Meno uno.», mormoro.

«Cosa?», dice Tyler, con un sorriso che non riesce a reprimere.

Sorrido. «M-E-N-O-U-N-O.»

Tyler mi afferra il viso, le sue mani mi stringono le guance e i suoi occhi stravolti dalle sostanze stupefacenti si imprimono nei miei, e poggia la sua fronte contro la mia: delle luci improvvise mi accecano.

Credo proprio che avremo delle fototessere che immortalano questo momento.

Infatti, quando usciamo dalla cabina, Tyler afferra le foto e se le infila nella tasca della felpa, poi se ne va.

Prendo un lungo respiro e raggiungo gli altri.

«Ei ma dov'eri?», chiede Arya. «E Cassie? Dov'è?»

«Ah, boh. Non l'ho vista. Tu l'hai vista?!»

«No.»

E mi guardo intorno, ma per poco, perché i miei occhi restano intrappolati sulla figura di Tyler Mackenzie, che è in disparte a fumare.

10 minuti dopo
Cassie

Vago per il Luna Park, cercando facce conosciute tra la folla ma non vedo nessuno, fino a quando non individuo la figura di Arya.

È con Bea, Lucas, Tyler, Samuel Mathias e Meredith, che stanno facendo la fila per la ruota panoramica...

Okay, non è cosa per me

Allora mi piazzo davanti un chiosco a cui si gioca al tiro a segno.

Rimango in disparte, imbambolata a guardarlo per un po'.

Chiunque centri il bersaglio con tre colpi di pistola a disposizione può vincere il gigantesco orsacchiotto in esposizione...

Avevo un orsacchiotto simile, quando ero piccola.

«Lo vuoi?» Dice una voce fredda, inquietante e sottile, alle mie spalle.

Mi volto all'istante

Clayton

«Mio dio.», professo premendomi una mano sul cuore.

«Ti ho spaventata?»

«Tu sbuchi sempre fuori dal nulla.», lo accuso, senza fiato, ma non smetto di analizzarlo.

Ridacchia sommessamente, tra il divertito e l'annoiato.

Indossa una giacca di pelle slacciata, un paio di jeans neri e una maglietta bianca con lo scollo a V e le sneakers.

Lancia uno sguardo eloquente al signore calvo e dall'addome pronunciato che ci sta guardando per capire cosa vogliamo fare.

«Quanto costa quell'orsacchiotto?», gli chiede Clayton.

«Non è in vendita.», dice l'uomo. «Devi centrare il bersaglio.», gli rammenta, indicendo le proprie spalle e gli passa la pistola. «Sono dieci dollari, per tre tiri.»

Clayton estrae il portafoglio e una banconota che poggia sul bancone e reprime un sospiro di bruta irritazione.

Deglutisco pesantemente.

Clayton afferra la pistola e la punta di fronte a sé.

Il muscolo del braccio teso.

Lo sguardo dritto, preciso.

Le vene pulsanti sottopelle, ma una calma terribile che gli immobilizza il corpo.

Al polso... ha il mio elastico.

Provo un'ondata di strane sensazioni, come se delle farfalle mi invadessero lo stomaco.

Ma presto le farfalle vengono uccise.

Clayton spara il primo colpo e centra in pieno il bersaglio, sebbene sia molto distante da noi.

Spara il secondo colpo, con una precisione disumana.

E poi il terzo e il quarto.

Con violenza fredda.

Colpendo sempre il medesimo punto.

Sobbalzo e avverto un brivido gelato corrermi sottopelle.

Sento i ricordi di quella notte strisciarmi e imprimersi addosso, sudici e indelebili, come una macchia di inchiostro.

Sento il bruciore delle fiamme nell'officina di McLean sulla pelle, e ricordo nitidamente il terrore di quell'uomo in fin di vita.

Quest'immagine rievoca in me perfino l'acre e nauseante odore di fumo e cenere che ho avuto addosso nei giorni successivi al nostro primo incontro.

Non riesco a dimenticare il proiettile fuoriuscito dalla sua pistola che stava per colpirmi, e che invece mi ha schivata...

La gola mi si stringe...

Il panico si diffonde dentro di me e circola più veloce del sangue.

Quella notte ho visto la parte peggiore di lui...

Una parte che Clayton successivamente non ha affatto distrutto, ma ha solo sotterrato sotto strati e strati di pacatezza...

E ora, a guardarlo di nuovo con una pistola in mano che punta nella direzione di un bersaglio ho paura...

Però, dio, se è bello.

Scuoto la testa, per scacciare via i ricordi, e il freddo pungente di questa serata mi percuote.  

Il signore del chiosco si congratula con il vincitore, senza la minima ombra di allegria.

Gli porge un peluche a forma di orsacchiotto, che a sua volta Clayton passa a me.

I suoi gesti sono così freddi e perfino le sue movenze sembrano meccaniche e disumane, quasi mettono paura.

Mi stringo il pupazzo al petto, cerco di nascondermi invano dietro di esso, e iniziamo a camminare.

«Quindi, ehm, conosci Meredith?», mi impiccio, e lui si acciglia all'istante.

«Sì.»

«Cioè voglio dire, avete confidenza?», dico.

«Io non ho confidenza con nessuna.»

«Sì, ma hai capito che intendo.»

«Vuoi sapere se scopiamo?»

Arrossisco. «No!»

Clayton scrolla le spalle. «Ok.»

Ma perché sono così stupida e non glielo chiedo?
Sono soltanto amici o c'è qualcosa di più sotto?

«Ti va dello zucchero filato?», chiede.

«No

Ho il cuore che batte a mille, a stare vicina a lui, e non so dire se è per la paura o per altro.

Mi sento ancora a disagio per via della situazione che si è creata ieri notte, con Roman.

E per la sincerità con cui ho comunicato a Clayton i miei sentimenti, quando gli ho confessato di pensare di non piacergli.

Non so perché l'ho detto.

Sono patetica, cazzo.

Osservo i suoi ciuffi dritti e neri cadergli sugli occhi, la mascella ben delineata del suo volto pallido e la pelle d'oca si impossessa del mio corpo.

«Lo sai... Me ne accorgo quando mi guardi, Cenerentola.», dice duramente.

Mando giù un groppo in gola, sentendo il suo sguardo persistente addosso.

Devo solo ignorarlo

«Non ti sto guardando.», mento e reprimo un brivido.

Eppure, un freddo intenso si impossessa di me.

Gli lancio un'occhiata fugace.

La sua espressione è tra il divertito e l'infastidito.

Sono una stupida.

Perché gli ho detto che ho paura di non piacergli?

Mi vergogno davvero di me stessa.

Io non dovrei volergli piacere... 

Lui è l'inferno fatto persona.

«Ma dimmi un po'. Da quando in qua, Clayton Mackenzie si mette a regalare orsacchiotti alle ragazze?», dico cercando di fingermi indignata. «A scuola, avevi tutta un'altra reputazione.», aggiungo.

«Un regalo è gratis.», puntualizza. «E questo non è gratis.»

«Che stai cercando di dir...?»

«Voglio farmi perdonare da te.», replica asciutto. «Ma lo stai rendendo piuttosto difficile.»

«E credi che, per ottenere il mio perdono, ti basta un peluche?», ribatto piccata.

«Gradivi qualcos'altro?», replica senza alcun tipo di emozione. «Un mazzo di fiori, o qualche altra cazzata sdolcinata? Se il peluche non ti piace me lo riprendo.»

«No.», mi affretto a dire, stringendomi forte al mio nuovo migliore amico. «Come regalo, Teddy va bene.»

Lui sa benissimo quali sono i miei punti deboli, e in effetti sono proprio quelli che va a colpire...

«Teddy? Gli hai dato perfino un nome?»

Emetto una risatina isterica, che purtroppo non riesco a controllare. E arrossisco.

«Senti.», inizio decisa. «Non voglio che tu sia carino con me, solo per qualche stupido debito che senti di avere nei miei confronti!»

«Non sto cercando di essere carino con te.», precisa.

«E, giusto per sapere... Per quale delle tante cose che hai fatto, stai cercando di farti perdonare, eh? Per l'incendio? Per Paul? O per...», arrossisco. «Ieri

«Tu per cosa continui a incolparmi?», chiede aggrottando la fronte.

«Non ti incolpo più per nulla...», ribatto. «Ormai l'ho capito che sei uno psicopatico senza più via di redenzione.»

Stranamente, la mia confessione lo fa sorridere, ma le sue iridi sono ancora vuote, sono due burroni nei quali cadere.

«Molto gentile da parte tua, Cassie.», dice.

«Non c'è di che.», ribatto.

Provo con tutta la mia buona volontà di non guardarlo, intenta a osservare un punto fisso: la giostra con i cavalli di Mary Poppins, e il chiosco dello zucchero filato.

Di punto in bianco, notando che evito il suo sguardo, Clayton si piazza di fronte a me coprendo completamente la mia figura e la mia visuale, ora rimpiazzata dalla sua camicia

Lui è maledettamente più alto e più grosso di me: al suo cospetto mi sento così piccola. Rabbrividisco.

Punta i suoi occhi magnetici nei miei: mi è davvero difficile ignorarlo. «Anche tu.», mi accusa. «Hai qualcosa di cui farti perdonare.»

La sua mano grande e calda scivola sulla mia schiena e la distanza tra noi due si accorcia.

Continuiamo a camminare, e io lo seguo anche se mi ritrovo a percorrere un percorso di spalle, senza poter vedere dove sto andando.

Il suo profumo stanotte è più intenso del solito, è come se odorasse anche di una fragranza di bosco.

«Mi spiace per essermi tirata indietro a casa di Roman.», deglutisco. «Non capiterà più che ti farò perdere tempo.»

Clayton ha la mascella squadrata e contratta, come se volesse infilzarmi i denti nella carne e scuoiarmi a pelle viva come farebbe un lupo.

«Puoi giurarci.», dice.

«Però puoi darmi qualche risposta? Cioè intendo...»

«So quali risposte vuoi da me.»

Indietreggiamo sempre di più, le luci gialle, blu e viola del Luna Park mi scorrono accanto, i rumori, le risate e le urla si attutiscono sempre di più... 

Clayton accosta le labbra al mio orecchio e percepisco la melodia intensa della sua voce.

«Mi hai chiesto perché non ti avessi baciata, Cassie. E il motivo è che baciare è una cosa che non faccio.»

«Che non fai... Mai?», chioso.

Ci pensa. «Che non faccio... di solito

È tutto così criptico, maledizione...

Ci stiamo dirigendo fuori dal Luna Park.

In una zona riservata a dei camper o roulotte posteggiati lì

«Perché?», chiedo.

Clayton ride sommessamente, mentre indietreggiamo, finché le mie spalle non si scontrano con le pareti di un camper e sobbalzo.

L'aria pungente della sera mi avvolge.

Respira forte dal naso e digrigna i denti. «Detesto quella sensazione.»

«Quale sensazione?», chiedo senza neanche più respirare, visto che i nostri visi sono a una illecita distanza.

«Di sentirmi così vicino a qualcuno.», spiega gelido. «Odio il contatto.»

«Dovrei fidarmi

«Pensi che io ti nasconda qualcosa?», chiede.

«No.»

«Bene.», dice duro.

«Penso che tu mi nasconda tante cose.», preciso. «E io voglio scoprirle tutte

Nel buio è difficile definire i contorni del suo viso, ma sulle guance gli spuntano un paio di profonde fossette.

«Per scoprirle, dovresti passare un po' di tempo insieme a me.», suggerisce.

Le sue dita mi sollevano il mento e non c'è niente di vago o confuso nello sguardo indagatore che punta su di me, che punta dritto nel mio come una lama.

Stende le labbra. «Ora ti farò una domanda.», dice severamente. «E dovrai essere sincera.»

Deglutisco. «Va bene.»

«Ci credi in Dio, Cassie?»

Ehm... che?

Comunque, credo di avergli fatto una domanda simile una volta:

eravamo fuori da Villa Lancaster e io tentavo di incastrarlo, convincendolo a farmi dare la sua giacca. 

La sua richiesta bizzarra non mi impedisce di rispondere con una certa schiettezza e diplomazia.

Quando sono in imbarazzo prendo le domande sempre un po' troppo sul serio.

«Credo nell'onestà e nella generosità a prescindere dall'esistenza di Dio.», spiego, come se la sua domanda sia da prendere seriamente.

«Credo che si possa essere brave persone e compiere buone azioni anche in modo laico, cioè senza battersi le mani al petto davanti al Signore, non so se mi spiego... Perché?», aggiungo.

Sfodera il peggiore sorriso che io gli abbia visto stasera.

«Perché ti sto per portare in chiesa.», ghigna.

«In che senso?», domando, come se la sua fosse un'affermazione metaforica.

Una Chevrolet Camaro, che sosta non poco lontana dallo squallido parcheggio dei camper, ha i fari accesi puntati su di noi.

«È mio fratello.», dice Clayton assestando un'occhiata torva alla carrozzeria.

«Ah, e perché è qui?»

Clayton ruota lentamente la testa verso di me e sorride. «Dobbiamo derubare un parroco.»

«Oddio! Non me lo aspettavo ...», replico, e lui ghigna. «Quindi andrete in chiesa veramente.»

«Già.»

«E tu pensi che verrò con te?», chiedo intuendo sempre di più dove il discorso va a parare.

Fa schioccare la lingua al palato. «Già.», ribatte di nuovo, asciutto.

«Ma è assurdo! Non ti farei mai da complice!»

«Sai, mio fratello, quel tizio seduto nell'auto che sta mi sta maledicendo per essere in ritardo... sostiene che io sia venuto fin quaggiù per rapirti e portarti con noi...»

«Molto maleducato da parte sua insinuare ciò.»

Mi afferra i polsi con una mano e con l'altra sfila dalla tasca un bavaglio bianco con cui mi tappa la bocca, e mi conduce verso l'auto.

«Be' ha ragione.»

Clayton apre la portiera del passeggero, e mi lancia sui sedili posteriori, chiude la porta e si siede accanto a Ryan, che è al volante.

«Siamo pronti ora?», chiede Ryan, scocciato a suo fratello.

«Ora sì.», dice Clayton.

Ruoto la testa.

Accanto a me, legato con la cintura e con un bavaglio sul muso come il mio, c'è il mio orsacchiotto Teddy.

Mio dio.
Questo è un vero e proprio sequestro di persone!

Clayton

La guardo attraverso lo specchietto retrovisore, e trattengo un sorriso. Sta molto bene con quel bavaglio alla bocca, dovrei metterglielo più spesso.

Abbasso il finestrino e metto un gomito fuori. Ryan è super concentrato nella guida.

«C'era davvero bisogno di rapirla?», sussurra Ryan con il volto contratto.

«

«Non mettermi in mezzo, Clayton.», dice Ryan. «Con Arya... Per favore. O mi odierebbe.»

«L'odio e l'amore sono lo stesso sentimento, vissuto in circostanze diverse.», gli dico, anche se lo dico quasi più a me stesso che a lui.

«La passione è la stessa, Il dolore è lo stesso. Se non c'è l'odio non c'è l'amore, e viceversa. Non esiste amore senza un po' di distruzione.»

«Sembri parecchio informato sull'argomento.», dice Ryan e io contraggo i denti.

Questo non è vero.
Non conosco niente dell'amore.

Non credo neanche di essere capace di provarlo per qualcuno.
Riesco solo ad amare me stesso.

O forse neanche quello.

Quando avevo otto anni e mi sono portato una pistola alla tempia ero così curioso di incontrare la morte faccia a faccia...

La immaginavo come se fosse un'ombra terrificante, dall'alito cattivo, e con una falce dalla lama spessa e scintillante in mano.

Quando non sono morto una parte di me, quella più coscienziosa, ha tirato un sospiro di sollievo...

Ma in realtà io, invece, sono morto quel giorno.

E non mi sono salvato. La mia sofferenza si è semplicemente prolungata. Prima o poi sarei dovuto morire, comunque: la vita non è altro che una lunga condanna a morte, ma non avevo nessuna intenzione di piegarmi.

Come disse Churchill una volta se stai attraversando l'inferno fallo a testa alta.

Cassie

Clayton mi fa scendere dall'auto, mentre io ho i polsi ancora legati e una benda sulla bocca.

«Cammina.», mi ordina, avanzando su un terreno fangoso. «Non ho tutta la cazzo di serata.»

Ryan è davanti a noi di qualche metro, e Clayton è dietro di me: si assicura che io non scappi via, o che non resti ferma a fare da palo.

Clayton, oltre a un disturbante fascino, ha anche un evidente tratto da psicopatico.

Non so perché, però gli psicopatici soffrono, tra le varie cose, anche di megalomania.

Gli psicopatici, sono quella strana specie di persone che, mentre dio distribuiva un po' di senso della misura ai comuni mortali...

Be' loro invece partecipavano a un convegno su come conquistare il mondo.

Quando entriamo dentro a una grande porta di legno, e avverto subito un improvviso gelo sulla pelle...

Non sono mai stata in una chiesa, prima d'ora.

Ne ho vista qualcuna giusto sui libri di storia dell'arte, e perciò quello che mi circonda mi sembra una catapecchia gotica.

Non ho mai davvero messo piede in un luogo consacrato, e mi sembra una vera stranezza per me.

Non sono credente: il raziocinio, radicato dentro di me, me lo ha sempre impedito.

Eppure, sebbene io non sia credente né altro, questo posto sembra avere un'anima...

A differenza dei due ragazzi con cui mi trovo.

Le panchine di legno cigolano, il tetto a tratti sgocciola, l'umidità penetra nei muri e ci sono infinite correnti d'aria provenienti dalle finestre in vetro piombato.

Accanto all'altare e il leggio... c'è un confessionale.

Ryan lo raggiunge.

Clayton mi leva il bavaglio dalla bocca e sono quasi tentata di urlare: ma se lo facessi, non ci sarebbe nessuno che verrebbe a soccorrermi.

Invece, rimango catturata dall'immagine di suo fratello, che apre e chiude la porta del confessionale ripetutamente...

«Che cosa sta facendo Ryan?», chiedo.

«Sta formulando una specie di rituale per scacciare via i demoni da queste mura...», mormora Clayton contro il mio orecchio.

«Davvero?»

«No

Mi lega i polsi dietro la schiena e mi strattona, facendomi dirigere verso le panchine in legno cigolanti.

«Ora fai silenzio.», mi intima Clay, stringendomi i polsi e strattonandomi. «O il bavaglio te lo rimetto.»

Sono così arrabbiata con lui che potrei mozzicargli una mano se solo si azzarda.

Tento di dimenarmi, ma lui è troppo forte e mi conduce verso le panchine.

«Cerca di fare la brava.», ripete, sghignazzando divertito, di fronte ai miei tentativi di vana ribellione

Clayton si siede e mi posiziona su di lui, sebbene io sia abbastanza restia e cerchi ancora di ribellarmi.

Il suo mento si conficca nella mia clavicola, mentre le sue labbra bruciano roventi contro il mio orecchio.

Tira fuori la pistola e il metallo freddo della canna della pistola aderisce contro la mia coscia nuda, e sussulto.

«Una pistola in chiesa?», mormoro, mentre il freddo del metallo preme sulle mie mutandine. «E mi metti la pistola tra le gambe perché non hai niente di meglio con cui farlo, non è così?»

«Ti conviene cominciare a pregare.», dice sul mio collo.

«Sei proprio...»

«Sono proprio una persona orribile.», dice lui di rimando, beffardo, e la pistola cade per terra con un tonfo.

«Anch'io.», ribatto con sicurezza e i nostri occhi si incrociano. «Perché ti spezzerò il cuore.»

Ride, e fa schioccare la lingua al palato con ammonizione. Poi il suo sguardo diventa di nuovo glaciale e replica asciutto: «Già spezzato.»

«Che problema hai Clayton?»

«Non sei pronta a saperlo.»

«Sì. Sono pronta.»

«Non lo sei.», rimarca, con dardi di acciaio al posto degli occhi, e la sua mascella si fa ancora più appuntita. «Tu hai paura.»

Deglutisco. «Sì.», ammetto. «Sono una fifona. Ho paura di tutto. È vero. Ma non esiste il coraggio senza un po' di paura... giusto?»

«Mmm.»

«Cosa c'è di così spaventoso in te che io non potrei capire?», chiedo. «In fondo, anche io so bene cosa si prova a rimanere nascosta nella mia oscurità... Mi sento, delle volte così sola e silenziosa

Mi schiaffeggio da sola mentalmente per averlo detto.

«Nella tua oscurità, potrai anche essere sola e silenziosa.», mormora in tono quasi sofferente. «Ma nella mia Cassie urleresti.»

Cosa hai passato Clayton?
Cosa ti ha reso così?

«Io non...»

«Tu cosa

«Mettimi alla prova allora, Clayton.»

«Hai presente quella sensazione di vuoto pesante che mi opprime il petto?», dice. «Immaginati vivere con quella sensazione e poi moltiplicala per cento. Otterrai una mia giornata tipo.»

«Ti capisco.», gli dico.

«Lo so.», dice. «Anche tu conosci questa sensazione... Non possiamo colmare il vuoto che sentiamo. Possiamo solo impedire che non si allarghi ancora di più.»

«Sì, ma...»

«Non percepisco nulla di me stesso: né dolore né tristezza né altro, io sono solo carne vivente, organi che producono reazioni chimiche, sono sospeso nel vuoto.»

«Capita anche a me.», dico cercando di rassicurarlo, anche se so che sarà inutile.

«Ciò che riesco a provare è solo...La rabbia. Che insorge ogni tanto.», dice scrollando i capelli neri dagli occhi.

«Un'irritazione violenta, spesso incontrollata: un'ondata di insofferenza che cresce nel nulla, ma che poi svanisce e si disperde come se non fosse mai esistita.

Non provo niente, e quando mi sembra il contrario, è tutta una fottuta illusione.»

«Non provi niente neanche con me?», mi azzardo a chiedergli. «Allora perché mi hai portata qui?»

«Voglio solo sdebitarmi Cenerentola.», dice. «Non renderlo complicato per favore...»

Disse Mr. Semplicità

«Sdebitarti per...?»

«Per non averti scopato ieri, come mi hai chiesto.», confessa normalmente.

«Per non averti fatto provare il vero dolore.», aggiunge con tagliente perfidia.

«Per non averti fatta piangere e disperare per tutta la notte, mentre ogni cellula del tuo corpo rimpiangeva di avermi fatto entrare dentro di te.»

«O magari mi sarebbe piaciuto da morire.», lo provoco. «Ma questo tu, in ogni caso, non lo saprai mai.» E mi spunta un sorrisetto soddisfatto, che lo fa incazzare ancora di più.

La sua mano calda mi afferra il collo, stringendo e racchiudendo ogni battito del mio cuore. Il mio cuore che si è dilatato fino ad arrivare a dimensione innaturali batte sulle costole.

«C'è una cosa di te che non sopporto Cassie.» dice con l'aria minacciosa di chi sta facendo uno sforzo immane, anche solo per respirare la mia stessa aria.

«E sarebbe?», chiedo quasi senza voce.

«Tu non distingui mai quando stiamo giocando o quando facciamo sul serio...», dice. «E ora stiamo facendo sul serio

«Lasciami, per favore.»

«Mi hai preso in giro.», sentenzia.

«Ti sei preso in giro da solo.», sputo con disprezzo. «Hai creduto a quello che volevi. Io non c'entro.»

«Pensavi di poter giocare con me e poi tirarti indietro.», dice. «Pensavi di potermi lanciare una sfida e poi ritirarti. Be'... Cenerentola ha fatto male i suoi calcoli

«E cosa hai intenzione di fare?», rido di rimando, mentre la sua mano scivola lungo la mia gola per afferrarla ancora meglio.

«Devo davvero dirtelo?»

Avverto le sue labbra morbide cadermi sulla spalla, le sento aderire contro la mia pelle, come se volesse lasciarmi un bacio lì, ma invece lo sento succhiarmi la pelle come se volesse infettarmela.

«In chiesa? Vuoi sul serio...?», dico senza voce.

«Una delle prime cose che ho imparato a catechismo Cassie è che... La carne può essere tanto sacra quanto profana. Dio non si offenderà.»

Le sue braccia di ferro fanno aderire il mio gluteo al suo inguine, e avverto una protuberanza piuttosto dura.

«Clayton...»

«Sì?»

«Questo è un sequestro di persona.», deglutisco. «Una delle prime cose che ho imparato in diritto, alle elementari, è che il sequestro è illegale.»

«Se non te ne sei già accorta, io tendo a infischiarmene della legge.»

«L'ho notato.»

«Ragazza sveglia.», sorride maliziosamente.

«Lasciami andare, per favore...»

«Sei così carina quando implori.», emette la sua voce graffiante. Mi alzo, ma lui mi afferra i fianchi e mi rimette seduta.

«Riportami indietro!»

«Hai sempre ficcanasato dappertutto, qual è adesso, il tuo problema?»

«Voglio andare via, fammi alzare!»

«Tu scendi dal mio cazzo quando lo dico io.»

La brama nera che brilla nei suoi occhi mi cattura, e lo fisso per qualche secondo.

«Mi prenderesti davvero contro la mia volontà?»

«Farò molto di più.», sostiene.

«Ti terrò sveglia con me per tutta la notte, affronterai i miei demoni al mio fianco.», le sue mani mi liberano il collo e mi afferrano le cosce, aprendomele.

«Ti farò inginocchiare fino a che le ginocchia non ti faranno male... pregherai con le labbra congiunte sulla mia cappella Ti confesserai a me, e io ti assolverò facendoti compiere i tuoi peccati peggiori... Cose che la tua testolina non ha immaginato neanche nelle sue fantasie più perverse.»

«Sei così irrimediabilmente stronzo, Clayton.»

«E tu sei così irrimediabilmente stupida.», dice, però con un curioso tono vellutato, e la sua mano mi afferra il ventre, scivolando sempre più in basso.

Il mio corpo mi sta tradendo, poiché un flusso caldo e bagnato mi inonda le cosce, e il suo palmo mi accarezza e poi preme contro la curva gibbosa del pube, ma non va oltre. 

Si ferma là dove le mie viscere pulsano e io vorrei solo non provare tutto il piacere che sto provando.

«Ora dimmi perché mi dovrei fermare.», sussurra contro il mio orecchio.

«Perché non mi meriti.», dico contro le sue labbra.

E lui ha un'espressione sorpresa.

«Mi hai portato via contro il mio volere, ti rifiuti di baciarmi, e vuoi scoparmi soltanto perché hai non hai altri modi, se non la violenza, per dimostrare a te stesso di essere uomo.», dico.

«Sei un'ingrata del cazzo, Cassie.», dice lui, afferrandomi la mandibola e costringendomi a guardarlo.

Il suo tono roco, profondo è graffiato di buio.

«Sono io quello che ti ha dimostrato di essere disposto a condividerti con un altro, sono io quello che stasera ti riporterà da lui.
E tu invece che cosa sei disposta a fare

Ryan cammina sulla navata centrale e ci lancia un'occhiata.

«Qui abbiamo finito.», dice e tra le mani stringe una cassetta di legno. «Torniamo alla macchina e poi andremo al Luna Park.»

«Cosa?», dice Clayton. «Perché dobbiamo tornare là, avevamo detto...»

«Dobbiamo riportare Cassie dalle sue amiche.», dice brevemente Ryan. «E tu devi riprenderti la tua moto.»

Esulto mentalmente, mentre Clayton indurisce la mascella e si alza.

«Cammina.», mi incita.





Spazio autrice

Era uno degli ultimi residui di enemies tra C&C, tornato alla carica perché Clayton non ha preso di buon grado i giochini di Cassie...
Ma... Ma... vabbè sto zitta. (👀)

Se vi va di parlare del capitolo vi aspetto su insta: scarlettxstories 🕺

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