I need you

By eleonore_hensley

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Dopo l'arresto del padre, Isabel sembrava aver finalmente ritrovato la sua pace interiore. Dedicò tutta la su... More

Avvertenza
Dedica
Prologo
Isabel (1)
Logan (2)
Isabel (3)
Isabel (4)
Isabel (5)
Logan (6)
Isabel (7)
Isabel (8)
Isabel (9)
Logan (11)
Isabel (12)
Isabel (13)
Isabel (14)
Isabel (15)
Isabel (16)
Isabel (17)
Logan (18)
Isabel (19)
Isabel (20)
Logan (21)
Isabel (22)
Logan (23)
Isabel (24)
Isabel (25)
Epilogo
Ringraziamenti
CAPITOLO BONUS

Isabel (10)

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By eleonore_hensley

"Il pensiero della morte è come uno specchio, in cui la vita è apparenza, breve come un sospiro. Fidarsene è errore."
                      William Shakespeare

Era la signora Walker, disperatamente in lacrime. E poi realizzai...

«Allison», urlai, in preda alla paura. La mia migliore amica, distesa a terra con una marea di sangue sotto di lei. Io e Logan ci affrettammo a correre verso la sua direzione. Il suo corpo, coperto solo dal tessuto dell'intimo, non sembrava compiere alcun tipo di movimento.

Presentava vari lividi, eccessivamente rossi. Impallidii quando toccai la sua pelle gelata. Un'ondata di panico mi travolse, non riuscivo a capire se fosse reale o meno. 

Mi sporsi in avanti e mi parve avere un mancamento: aveva un proiettile conficcato nella pancia. Ed è proprio in quel momento che urlai, urlai con una forza innata che non sapevo neanche di avere.

«Che le è successo?» Domandai, mantenendo un tono di voce alto mentre le mie mani tremanti strinsero i capelli. Avevo il cuore in gola, poca aria nei polmoni e le gambe che a breve avrebbero ceduto, facendomi scaraventare sul suolo.

Mi sentivo morire. 

«Un... Un ladro è... È entr.. Entrato in casa e...» La signora Walker non riuscì a finire la frase a causa dello straziante pianto che l'aveva travolta.

Nonostante non mi avesse spiegato l'accaduto in modo chiaro, la mia mente sembrava aver vissuto quel momento. In una rapida frazione di secondo compresi qualcosa che non avrei mai voluto capire: la cattiveria dell'essere umano.

«E l'ambulanza? Qualcuno chiami subito la cazzo dell'ambulanza» esclamai, gridando. Esercitai una forte pressione sull'evidente emorragia della ragazza che consideravo una sorella. Provavo in tutti i modi a fermare la fuoriuscita di sangue, ma niente. Il flusso era incontrollabile.

«L'ho chiamata... Saranno qui a momenti», sussurrò lei, con la voce spezzata dal pianto. Il suo sguardo vagò per tutta la casa mentre le mie corde vocali mi pregavano di smettere di urlare. 

«Allison ti prego, resta con me.» La pregai nella speranza che, in qualche modo, potesse sentirmi. «Non lasciarmi anche tu» dissi, tra i vari singhiozzi. «Non posso perdere anche te» ammisi, facendo atterrare una lacrima sul suo dolce viso. 

Il mio pianto divenne sempre più disperato perché in cuor mio sapevo che, se non fossero arrivati subito i soccorsi, l'avrei persa per sempre. 

Avrei perso il mio rifugio, il mio punto di riferimento, la sorella che non avevo mai avuto. Era l'unica goccia di speranza che avevo, vivere senza di lei non avrebbe più avuto un senso.

Non poteva morire.
Non poteva.

Allison era una ragazza che brillava di luce propria ed aveva la grande capacità di trasmettere le sue emozioni anche con un semplice abbraccio. In poche parole, era una persona straordinaria. Non si meritava tutto ciò che le stava accadendo.

Sentivo di avere tante piccole schegge dentro il cuore e dentro i fianchi. Il mio corpo emetteva un sussulto ogni volta che la osservavo. Ero agitata, angosciata ed arrabbiata.

Logan, oltre ad allontanare la mamma della vittima, mi aiutò a tenere sotto controllo l'emorragia. E finalmente, dopo minuti sembrati interminabili, udimmo il forte suono della sirena dell'ambulanza.

Erano arrivati i soccorsi.

Gli infermieri, o chiunque loro fossero, entrarono a passo svelto in casa e senza privarsi di alcuna delicatezza, staccarono le mie mani dalla sua pancia. Lo fecero con così forza che sentii un forte ed incolmabile vuoto nel petto.

La caricarono sul lettino per poi portarla all'interno del veicolo. Era incredibile la loro apparente calma, riuscivano a lasciar fuori le emozioni per potersi concentrare sulle loro future azioni. Avevano una lucidità sorprendente. Con loro salì anche la signora Walker e prima che potessi farlo anche io, un signore dal camice bianco mi bloccò.

«Non può stare qui, signorina.» Esclamò con tono severo, facendomi sgretolare il cuore in mille pezzi. «La prego, devo stare con lei» sussurrai, poggiando un palmo contro l'altro, a forma di preghiera. Lui però non si smosse dalla sua posizione, il mio gesto non sembrava averlo minimamente toccato.

«Ha bisogno di me» continuai, alzando di poco il tono di voce. Scandì lentamente le parole, nella speranza che potesse cambiare idea, ma ottenni solo una forte spinta. Caddi sull'asfalto e vidi davanti ai miei occhi lo sportello dell'ambulanza chiudersi.

E poi, le sirene ripresero ad emettere quel terribile suono, il colore delle lucine si alternò e sfrecciò a tutta velocità.

«Allison» gridai, ancora una volta. Dentro di me avevo la consapevolezza che, ora più che mai, era lontana da me. L'avevano strappata via dalle mie braccia senza neanche lasciarmi fiatare.

Ancora una volta, quella terribile sensazione di impotenza piombò dentro di me, facendomi sentire una nullità.

«Isabel» una voce familiare mi richiamò, facendomi voltare nell'apposita direzione. Era lui, aveva assistito a tutta la scena.

«Logan» singhiozzai, fiondandomi tra sue braccia. La sua presa mi avvolse i fianchi mentre la mia, avvolse le braccia intorno al suo collo. Bagnai la sua maglietta a causa delle lacrime che continuavano a scendere come pioggia in pieno inverno. 

Le sue labbra si posarono sulla mia fronte facendomi rabbrividire.

«Io devo vederla, non posso stare senza di lei.» Confessai, sperando che ciò che stavo vivendo fosse soltanto un brutto incubo. Avrei solo voluto chiudere gli occhi e tornare al suo sorriso, alle nostre cazzate, ai nostri abbracci.

Volevo risvegliarmi al suo fianco ed essere io la persona ferita. Dovevo essere io la vittima. Ero io ad avere l'anima sporca, non lei. Sarebbe dovuto succedere a me. 

«Perché proprio a lei?» domandai, mentre le mie braccia si staccarono dalle sue. Portai una mano al petto, provando ad ascoltare il battito cardiaco. Sembrava essere impazzito.

«Perché il mondo è troppo cattivo, principessa», spiegò, con voce cauta. Mi aggrappai al suo gomito per evitare di cadere nuovamente sul suolo. 

«Ehi, ehi, guardami» disse, alzando con due dita il mio volto. In momenti come quelli, ero in grado di compiere qualsiasi gesto.

«Prendo la macchina e andiamo da lei, okay?» Domandò e grazie a Dio il mio cuore riprese a battere. Annuii alla sua proposta ed insieme corremmo a più non posso verso la villa.

Il rumore delle scarpe che batteva sull'asfalto mi rimbombò sia nei timpani, sia nelle tempie. Correvo talmente veloce da sentirmi svenire.

Le gambe chiedevano pietà, ma il cuore diceva di aumentare il ritmo. Non potevo rischiare di perderla senza neanche salutarla, non volevo ripetere di nuovo lo stesso errore. Avevo fatto una promessa.

«Non abbatterti Isabel, non ora. Siamo quasi arrivati» disse, riprendendo fiato. Così, continuai a correre come se al mio arrivo mi aspettasse un sorprendente trofeo.

Corsi come se al mio arrivo mi aspettasse una macchina del tempo, in grado di farmi tornare indietro. 

Corsi come se al mio arrivo, l'avessi trovata lì, pronta ad annientare ogni mio pensiero negativo.

La macchina era parcheggiata subito dopo l'enorme cancello e il ragazzo accanto a me, con un semplice "clic" sbloccò la sicura, permettendo ad entrambi di entrare. Venni immediatamente travolta dal suo profumo ed in fretta e furia, allacciai la cintura.

«Logan, stammi a sentire. Corri come se dovessi vincere una cazzo di maratona» ordinai, non avrei accettato alcun tipo di obiezioni. Pagare la multa non sarebbe stato un mio problema, ma di coloro che mi avevano costretta a stare qui, lontana da lei. Forse, se non ci fossimo trasferiti, ciò non sarebbe successo. Avrei avuto modo di proteggerla.

Stranamente, abbandonò tutti i suoi principi morali e fece come gli avevo imposto. Corse a tutta velocità, facendoci arrivare nel giro di sei minuti davanti all'ospedale. Spalancai la porta e cercai l'ascensore più vicino. Quel ragazzo stava provando in tutti modi a stare al mio passo ma, era visibilmente distrutto. 

Ed io ero più che certa che per quanto potesse aver studiato, non avesse la minima idea di ciò che stavo provando. Le sensazioni dentro di me sarebbero state in grado di uccidermi, di farmi a pezzi senza alcuna pietà. Volevano divorarmi l'anima.

Entrai all'interno dell'ascensore e prima che le porte potessero chiudersi, il mio fratellastro mi raggiunse. Eravamo diretti all'ottavo piano, lì ricoveravano tutti i pazienti che avevano appena subito un intervento. Guardai a destra e a sinistra, alla ricerca di qualche infermiera. Avevo bisogno di sapere che diamine le stessero facendo e come stesse. 

E finalmente, ne vidi una girata di spalle. 

«Scusi» cercai di richiamare la sua attenzione, facendola voltare verso la mia direzione. Il suo camice era tutto pieno di sangue, esattamente come il suo cartellino. Sopra di esso c'era scritto "Elisabeth B.- infermiera di pronto soccorso".

«Mi dica» rispose, con un sorriso cordiale. Anche se, dal suo sguardo, sembrava essere molto stanca. Immagino solo come stia dopo quei turni insostenibili.

«Sto cercando una ragazza, Allison Walker» dissi, nella speranza che sapesse in quali condizioni si trovasse.

«Intendi l'urgenza che è arrivata qui mezz'ora fa con un proiettile nella pancia?» domandò lei. E nonostante trovai delicatezza nelle sue parole, nel sentire la verità sbattuta in faccia, mi si restrinse lo stomaco.

Feci segno di sì con la testa.

«È ancora in sala operatoria, è un intervento abbastanza delicato» ci spiegò lei, con un tono di voce calmo. Sembrava quasi che avesse captato tutta la mia sofferenza.

«Se volete, potete aspettare qui» propose, indicandoci i divanetti. «Più in là ci sono anche le macchinette, in caso aveste bisogno di mangiare qualcosa» ci informò.

«Grazie mille» rispose Logan, prendendo il mio posto. Ero troppo presa dalla stanza con la porta blu, sembrava essere la sala operatoria. Sospirai in preda al panico e mi accomodai su quegli orribili divanetti. Era un'ascia nel fianco ammetterlo, ma non potevo fare niente. Dovevo solo attendere.

L'attesa, in momenti come quelli, ti distrugge interiormente. Ti afferra l'anima e l'accartoccia. 

Anche il mio fratellastro, dopo aver dialogato con l'infermiera, mi raggiunse. Divaricò le gambe e ci poggiò sopra i gomiti.

«I parenti di Walker, giusto?» poco dopo ci raggiunse un uomo di mezza età, appena uscito dalla sala operatoria. Mi alzai velocemente e mi diressi verso la sua direzione. Nel frattempo, abbassò la mascherina e gettò i guanti, completamente sporchi di sangue, nel cestino. 

«Sono la sua migliore amica. La prego mi dica che sta bene» pregai, iniziando a sventolare le mani verso il mio volto. Necessitavo di aria, stavo sudando a freddo.

«Abbiamo fatto il possibile, è molto debole» disse lui e avvertii il braccio di Logan circondare la mia vita. Il solo pensiero che fosse viva mi trasmise tranquillità. Ce l'aveva fatta, come sempre si era dimostrata una donna forte. 

«Adesso deve riposare, l'intervento che ha subito è stato molto pesante» spiegò, elencandoci anche i vari rischi che avrebbe percorso in quei giorni di osservazione. Erano riusciti a bloccare gran parte dell'emorragia, ma i suoi organi avrebbero potuto cedere da un momento all'altro. 

Ci aveva fatto solo una raccomandazione: non farla agitare.

«Possiamo entrare?» chiesi di getto, nonostante sapessi che sarebbe stato molto complicato convincerlo. Gli uomini come lui in questo campo sono degli stronzi. Dovevo entrare.

Scrutò con attenzione prima il ragazzo che avevo accanto e poi la mia persona. Un sospiro rumoroso fuoriuscì dalle sue labbra, sembrava essere indeciso sul da farsi. Ed ero più che certa che in quel momento avesse intravisto la mia fragilità.

«Solo uno di voi, massimo cinque minuti» ci graziò e mi dovetti trattenere dall'abbracciarlo per la felicità che mi aveva causato la sua risposta. L'adrenalina iniziò a scorrermi nel sangue.

«Grazie mille» risposi per poi correre nel corridoio e cercare la stanza in cui fosse. Dopo esser entrata in parecchie stanze e aver disturbato quasi tutti i pazienti, la trovai. 

Per un attimo, ebbi anche il dubbio che non fosse lei. Era distesa sul letto con numerosi monitor attaccati al suo corpo e gli occhi chiusi. La maschera dell'ossigeno le copriva gran parte del viso ed il suo braccio sinistro era pieno di flebo.

Cercai in tutti i modi di trattenere le lacrime e con estrema delicatezza, avvicinai una sedia al lettino in cui riposava. E con la stessa delicatezza, accarezzai la sua mano.

«Ciao amore» il mio tono di voce era così basso da non permettermi neanche di capire cosa le stessi dicendo. Sapevo che non mi avrebbe sentita, ma il mio cuore aveva preso il sopravvento, dovevo rivelarle tutto ciò che non le avevo mai detto.

«L'intervento è andato bene, hai dimostrato ancora una volta di essere forte forte, esattamente come una roccia» dissi, accennando un sorriso.

«Sai alle volte rifletto su quanto sia fortunata ad averti al mio fianco» confessai, con lo sguardo rivolto verso il vuoto. «Non sono una persona che ama queste smancerie, lo sai. Però, dovevo ringraziarti. Sin da bambina, specialmente nei momenti più difficili, ci sei sempre stata. Nonostante tutte le mille difficoltà a cui andavamo incontro, non mi hai mai abbandonata. Non mi sono mai sentita sbagliata con te. La verità è che sei il mio posto sicuro, Allison. E porca puttana, sono terrorizzata dall'idea di perderti» sforzai un sorriso e le lacrime che avevo cercato di trattenere per tutto quel tempo, iniziarono a scendere.

«Devi restare con me, okay? Devi continuare a sgridarmi quando fumo troppo, quando mi butto nelle vare dipendenze. Devi continuare a prenderti senza permesso i miei vestiti. Dobbiamo continuare ad organizzare festini all'insaputa dei nostri genitori. Devi continuare a splendere, hermanita» continuai, mentre il mio respiro si fece sempre più pesante.

«Perché anche quando il mondo sembra crollarmi addosso, ci sei tu. Non sai quante volte ho pensato di farla finita, non sai quante volte ho pensato che il mondo fosse troppo ingiusto per me e che non avessi altra scelta. Ma le tue parole, i tuoi sorrisi, le tue rassicurazioni, mi hanno dato la forza necessaria per continuare ad affrontare le difficoltà della vita. Con te, riesco ad osservare il mondo da una prospettiva diversa. Sei la mia speranza, Allison. Ti prego, non lasciarmi» sussurrai.

«Isabel...» sussurrò lei con voce debole mentre i suoi occhi pian piano si aprivano. «Allison» esclamai singhiozzando, mentre per la felicità le posai degli umidi baci su tutto il viso.

«Mi sono spaventata da morire» confessai, ancora tutta tremolante ed agitata per la situazione. Osservandola più da vicino, notai che era tutta stordita, probabilmente per l'effetto della morfina.

«Isabel... mia madre-» la interruppi, avendo dato per scontata la sua domanda. «Ad essere sincera non ne ho idea, è venuta in ambulanza con te» dissi, confusa.

«Lei... lei...» le sue palpebre si socchiusero. «Ehi, ehi Ally rimani sveglia» esclamai, allarmata. Poi sentii uno strano rumore, accompagnato dalla chiusura totale delle sue palpebre. Il suo battito cardiaco crollò drasticamente con una velocità disumana.

Novantadue.
Ottantasei.
Settantatré.
Sessantanove.
Cinquantaquattro. 

«Aiuto» mi misi ad urlare e tre infermieri, allarmati dal mio grido, corsero nella stanza. Uno di loro mi accompagnò bruscamente fuori, facendo chiudere la porta alle sue spalle. Ed io urlai, urlai per tutto il pronto soccorso. Logan non perse tempo e corse verso di me, stringendomi forte tra le sue braccia. Aveva capito cosa stesse succedendo all'interno della stanza. 

Abbandonai ogni ragione, piangendo disperatamente con la faccia rivolta verso il suo petto. La mia testa lo sapeva, lo sapeva perfettamente, ma il mio cuore trovava quell'ipotesi talmente assurda da non riuscire a metabolizzarla.

Non poteva andare via, non poteva.

Avevamo in programma di andare a vivere insieme perché certe di non trovare qualcuno con il quale condividere la nostra vita.

Avevamo in programma le vacanze a Los Angeles.

Non ne posso più.

Mi sento scoppiare.

Ho bisogno di sfogarmi.

Ho bisogno di infilzare le unghie nella pelle.

Ho bisogno di sentire quell'incantevole sensazione di bruciore.

Il battito era ormai irregolare e sembrava che la Terra girasse intorno a me, come se stesse ballando una frastornata melodia. C'era un'altra persona che amava tantissimo ballare, e quella purtroppo, rischiava di non esserci più.

D'un tratto, la porta si aprì e gli infermieri uscirono. Dalla loro espressione, non sembravano maturare buone notizie. Guardai uno ad uno con gli occhi pieni di lacrime, pensando a lei... La mia piccola Ally. La mia protetta.

«Abbiamo fatto tutto il possibile, ma l'emorragia l'ha devastata» mi comunicò, dirigendosi verso l'uscita. E dopo quelle parole, la mia mente entrò nel caos più totale e i miei occhi smisero di vedere qualsiasi tipo di colore. Intorno a me era tutto buio.

/Spazio autrice/

Buon pomeriggio principesse, come state?❤

Per coloro che sono di Palermo/Milano, state bene? Vi esprimo la mia più sincera vicinanza🙏🏻❤

So già che dopo questo capitolo, la mia pagina instagram sarà piena di minacce di qualsiasi tipo.

Preparatevi perché ora più che mai, siamo entrati nella parte centrale della storia. Aspettatevi di tutto.

Sono pronta a tenervi la mano in questo viaggio che, avrà delle belle turbolenze. In tutti i sensi 🤭

Vi ringrazio per il vostro grandissimo supporto, ci vediamo mercoledì con il nuovo capitolo ❤

Sempre vostra,
Eleonore

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