I need you

By eleonore_hensley

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Dopo l'arresto del padre, Isabel sembrava aver finalmente ritrovato la sua pace interiore. Dedicò tutta la su... More

Avvertenza
Dedica
Prologo
Isabel (1)
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Isabel (3)
Isabel (4)
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Logan (23)
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Isabel (25)
Epilogo
Ringraziamenti
CAPITOLO BONUS

Isabel (8)

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By eleonore_hensley

"Solo una testa di cazzo ha una risposta per ogni domanda e una sporta di consigli"                     
                                       Charles Bukowski

Mi affrettai a tornare nella mia stanza, non volevo per alcun motivo che mia madre scoprisse il rapporto che stavo instaurando con il figlio del suo compagno. Sarebbe stato davvero molto imbarazzante. 

In più, aveva dei principi ben precisi e mi sarei dovuta subire una dettagliata ramanzina. 

Chiusi a chiave la porta alle mie spalle e piegai le ginocchia sulla fredda superficie del pavimento per poter prendere la valigia, posizionata sotto al letto. La tirai fuori e presi una pezza per pulirla, a causa dei vari granellini di polvere aveva cambiato colore.

Solo dopo la aprii, svuotando tutte le varie tasche. Era di quando ero molto più piccolina, ricordo che l'avevo utilizzata per una sola occasione: il viaggio di famiglia a Washington. 

L'aveva organizzato mamma e anche se la mia mente aveva dimenticato un po' di aneddoti, non sapevo come, conservavo ancora un bellissimo ricordo. 

I miei genitori non discutevano e James era un padre perfetto davanti ai miei occhi. 

Un fantastico supereroe.
Una persona da ammirare.

Una persona dalla quale prendere esempio.
Ero fermamente convinta che fosse un grande gigante gentile. 

Amava sollevarmi e stringermi fra le sue braccia, le uniche due che erano in grado di farmi sentire protetta, al sicuro.

Ricordo ancora che gli chiedevo in continuazione di farmi toccare, anche solo per un attimo, le nuvole presenti in cielo. E poi, di punto in bianco, capii che le sue intenzioni erano spedirmi proprio lì.

Mi voleva morta.

Iniziai ad inserire nella valigia tutto ciò che mi sarebbe servito per sopravvivere in casa Smith. I miei vestiti, i trucchi e le varie cartoline che mi erano state regalate. 

Ispezionai la stanza centimetro per centimetro; non volevo per nessun motivo rischiare di lasciare i miei oggetti personali nella casa che sarebbe stata venduta a completi sconosciuti.

I miei occhi si posizionarono sull'enorme libreria, che ne sarebbe stato di lei?           
                               
Non potevo lasciarla lì.
Era il mio unico e solo posto sicuro.

E mentre la mia mente era impegnata a cercare di trovare una soluzione, sentii bussare alla porta.

«Isabel tesoro, a che punto sei?» Domandò mia madre, rimanendo fuori. Aprii la porta e notai che al suo fianco c'era già tutto il kit di sopravvivenza, ciò stava a significare che aveva finito di prepararsi.

Il tempo stava scorrendo troppo in fretta. 

«Mamma, come porterò la mia libreria a casa di quello?» Chiesi, quasi sul punto di aggredirla verbalmente. «' Quello' , è il mio compagno, Isabel. E devi imparare a portargli rispetto» esclamò lei, con sicurezza. 

Continuava a ripetermi che non sapeva per quanto tempo sarebbe ancora riuscita a sopportare la mia disobbedienza. Tuttavia, non mi sarei arresa. L'avrei convinta a rimanere nella nostra casa e ad allontanarsi da quell'uomo. Erano esseri maschili, capaci di compiere qualsiasi gesto.

«In questo caso, ' il tuo compagno ' deve dirmi come cazzo portare la mia libreria in casa sua» affermai, con l'intento di non dargliela vinta. Un uomo non meritava il mio rispetto.

Se aveva pensato anche solo per un momento che mi sarei separata dai miei libri, si sbagliava di grosso. Non l'avrei mai fatto. Ogni libro aveva un pezzo speciale del mio cuore, uno che mi teneva fortemente stretta a lui. Era inspiegabile il legame emotivo che provavo attraverso un 'ammasso di pagine', come mi sentivo sempre dire.

E se vogliamo dirla tutta, questa passione l'avevo ereditata proprio da lei che, quando non era impegnata nei suoi viaggi di lavoro, si sedeva accanto a me sul letto e iniziava a leggermi la favola della buonanotte. Per me era un momento magico nel quale sognare. La sua presenza mi permetteva di potermi distrarre da ciò che succedeva in casa.

Più crescevo, più la lettura diventava parte di me.                                                        E finii per accumulare libri a dismisura.

«Isabel» sospirò, quasi sul punto di perdere la pazienza. «Grace» dissi a mia volta, posizionando i palmi delle mani sui fianchi. «Sono cerca che Noah assumerà qualcuno per portare tutti gli oggetti più pesanti in villa» affermò, lasciandomi sorpresa.

Spero proprio che sia così, o potrei non rispondere delle mie azioni.

«Sei pronta?»         

Ero pronta? Non lo sapevo.
Fisicamente sì, al livello psicologico no.

Ero a pezzi. 

«Credo di sì» risposi, con la voce che tremava. La vidi sorridere in modo rassicurante e poi avvertii la sua mano posizionarsi sopra la mia spalla, per poterla accarezzare. 

Esattamente come si fa con i bambini, in un gesto di conforto.

«Mangiamo qualcosa al volo e poi partiamo», comunicò. «In realtà non ho molta fame adesso, vorrei andare a salutare Allison» dissi, cercando di mascherare il mio stomaco vuoto e brontolante. «Sicura di non avere fame?» Domandò lei, sospettosa ed io annuii. 

«Quanto tempo ci vorrà per arrivare a casa di quelli?» 

«In macchina molto poco, circa una ventina di minuti», rispose. Di solito impiegavo quindici minuti a piedi per raggiungere casa di Allison; quindi, se mi fossi fatta accompagnare in macchina non sarebbe stato neanche troppo lontano. «E a piedi invece?» Chiesi, pensando al fatto che odiavo non avere il pieno controllo della situazione, soprattutto in macchina.

Avevo paura che sterzasse e proseguisse per un oscuro vicolo che mi avrebbe condotta al macello. 

«Penso non più di tre quarti d'ora» rispose. «Santo cielo», dissi, portando le mani sul volto. In pochi secondi, la rabbia si fece spazio nel mio corpo e trovai sollievo solo quando realizzai che avrei potuto cogliere l'occasione per fare esercizio fisico. Con questa scusa, nessuno avrebbe dubitato della mia sincerità e avrei avuto un corpo molto più bello.

«Tutto okay, tesoro?», domandò, osservando i miei lineamenti facciali.  «Tutto okay» dissi, non riuscendo a credere alle mie stesse parole. 

«A dopo mamma.» Le posai un bacio sulla guancia e la sorpassai, percorrendo tutta la lunga scalinata. E grazie a Dio, non mi imbattei né in Noah, né in Logan. Non volevo che mi dessero a parlare, non ero dell'umore giusto. 

«Allison!» A mia sorpresa la trovai già fuori. In un rapido movimento, mi gettai fra le sue braccia, stringendola forte. «Ma ciao, hermanita» mi salutò, con il nostro soprannome preferito. Era una parola spagnola che significava 'sorellina'.

Ciò perché, nonostante non ci fossero legami di sangue, per me lei era una sorella. C'era sempre stata nel momento del bisogno e soprattutto, quando neanche io credevo in me stessa. Era parte di me.

Ma adesso, mi toccava darle la brutta notizia. 

Avrei dovuto dirle che ci saremmo separate, che non saremmo più state vicine di casa. 

«Allison, devo dirti una cosa» dissi, poggiando le mani sulle sue spalle per potermi allontanare da lei. Dopo essermi specchiata nei suoi occhi, venni travolta da un forte dolore addominale: era la paura.

Non sapevo come l'avrebbe presa. 

Le parole mi si bloccarono in gola, sapevo che aveva captato le mie emozioni. Tuttavia, mi sorrise. «Andrai a vivere in una villa da urlo, con i tuoi cinque fratellastri e il compagno di tua madre» parlò al mio posto, lasciandomi completamente a bocca aperta. Come diamine faceva a saperlo? Non le avevo detto nulla.

«Oh e la casa sarà a trenta minuti da me, sarebbe potuta andare peggio» continuò, lasciandomi ancora più perplessa. Poi, qualcosa in me si accese.

Chi avrebbe potuto dirglielo se non mia madre?

«Mia madre?» domandai, per avere ulteriori certezze. «Sì» rispose, spiegandomi che l'aveva chiamata proprio mentre stavo finendo di prepararmi. Mancava poco alla mia partenza e nonostante sapessi che saremmo state a pochi chilometri di distanza, sentivo che stavo lasciando un qualcosa di profondo in quel posto.

Stavo lasciando il mio vissuto.

E proprio nel momento meno opportuno, un languorino pervase il mio stomaco. Poggiai subito una mano su di esso, come se volessi zittirlo. Non poteva permettersi di fare questi rumorini in presenza di qualcuno. Avrebbero potuto dubitare di me e della mia relazione con il cibo, specialmente quella ragazza. Mi conosceva più di chiunque altro.

«Hai fame?» ecco, appunto. «No no, ho solo mangiato troppo a colazione» dissi, cercando di risultare il più credibile possibile. «Ne sei sicura?» chiese lei, con fare investigativo. «Ti ho mai mentito?» le risposi, con un'altra domanda. «No» affermò dopo un po', scuotendo la testa. 

E proprio in quel momento, il mondò mi crollò addosso perché realizzai di starle dicendo una bugia, proprio come avevano fatto i miei genitori con me per una vita intera.

Stavo diventando tutto ciò che avevo sempre odiato.

«D'accordo, mi fido di te»  disse, mostrandomi un sorriso. 

Stavo tradendo la sua fiducia.

«Allora, come ti senti?» domandò, cambiando discorso. «Sono agitata, Ally» risposi, con sincerità. Stavo per andare in un posto che non conoscevo, con delle persone che non avevo mai visto. Avrei dovuto condividere i miei spazi, cosa che essendo figlia unica, non avevo mai imparato a fare. Ed ero più che certa che sarebbe stato un inferno.

«Hermanita, lo immagino. Sono sicura che andrà tutto per il verso giusto» disse lei, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Sei una ragazza forte, questa cosa in confronto a tutto ciò che hai passato è una cavolata» esclamò ed effettivamente non aveva tutti i torti. Ero sopravvissuta ai costanti abusi psicologici di mio padre e alle sue viscide mani.

«Papà... ti prego» urlai, con la consapevolezza che nessuno mi avrebbe mai sentita. La sua frusta di cuoio continuava a schiantarsi contro la mia pelle delicata e i segni iniziavano a diventare evidenti. Le emozioni che provavo in quel momento erano un qualcosa di inspiegabile; sentivo un forte dolore non appena l'oggetto si scaraventava su di me e un forte senso di ansia quando sembrava aver finito perché sapevo che lo faceva solo per riprendere a colpirmi ancora più forte.

«Sei stata una bambina cattiva, Isabel. Oltre il mio disprezzo, meriti una severa punizione» affermò, continuando a lasciarmi segni indelebili in tutto il corpo. Ed io urlai disperata, sperando che la smettesse.

Nessuno veniva in mio soccorso ed il motivo era evidente: non meritavo di essere salvata.

Prima di poterle rispondere, una lussuosa macchina sfrecciò a tutta velocità davanti casa nostra, suonando per tre volte consecutive il clacson. Un rumore che attirò l'attenzione di mia madre e Noah, facendoli uscire con una velocità impressionante di casa. 

«Tesoro, è ora di andare!» Esclamò lei, afferrando le valige. In quel momento dal veicolo uscì un signore che a vista d'occhio poteva avere una sessantina d'anni, con capelli biondi e sguardo magnetico. «Buon pomeriggio signora Wilson, lasci che l'aiuti» esclamò, aiutandola ad inserire il tutto. In quel momento, ci raggiunse anche il suo compagno che aveva con sé le mie valigie.

«Molla subito le mie cose!» Urlai, correndo verso la sua direzione. Non doveva permettersi di toccare i miei oggetti, specialmente perché lì dentro erano conservati i miei più profondi segreti.

«Isabel, voglio solo aiutarti» si difese, abbassando il tono di voce. «Ho detto di no» continuai, facendolo arrendere. Indietreggiò, alzando le mani verso l'alto ed approfittai dell'occasione per afferrare i miei bagagli. 

Non ero una persona debole, potevo benissimo farlo da sola.

Non avevo bisogno di aiuto.

«Signorina, posso aiutarla?» Chiese l'uomo e con la coda dell'occhio intravidi l'avvocato fare cenno di no con la testa. A quanto pare, aveva capito la lezione. «Non voglio che i leccapiedi di Noah mi aiutino, posso fare benissimo tutto in autonomia» esclamai, sapendo che mia madre era impegnata ad ascoltare la colonna sonora dell'auto e che, di conseguenza, non avrebbe potuto né sentirmi, né redarguirmi. 

Allison capii la situazione e corse subito in mio soccorso. «Fai la brava» sussurrò lei, mentre mi stringeva in un caloroso abbraccio. «Sono sempre brava» risposi, strappando un sorriso ad entrambe. Dopo averla salutata, aprii lo sportello e mi accomodai sui soffici sedili. 

Ero sempre più convinta di star andando in un vicolo buio.

Partimmo e non voglio neanche sapere chi, ebbe la fantastica idea di mettere della musica classica. Potevo esprimere l'emozione che provavo in sole tre parole:

Palle.
A.
Terra.

I fidanzatini, seduti accanto a me, si stringevano la mano. Erano contenti per il trasferimento, emozione che non era per nulla ricambiata.

Il viaggio sembrava essere interminabile, a mio avviso erano passati più di venti minuti. Spinsi il bottoncino posizionato vicino al sedile e il finestrino si aprì, permettendomi di respirare aria pulita. E poi, finalmente, notai che l'auto aveva iniziato a rallentare e venni colpita dal grande cancello rosso davanti a noi. Si stava aprendo pian piano e potei subito notare l'enorme spazio verde che possedevano i fratelli Smith. Pensai subito che mi sarebbe stato utilissimo per scrivere.

Proseguimmo e grazie a Dio intravidi la villa, qualcosa di unico e gigantesco. Quando arrivammo a destinazione scesi, ammirando il verde da cui ero circondata. 

Però, di tutto questo panorama, venni colpita solo da una cosa: la quindicina di persone posizionate davanti al suo ingresso, tutte vestite con rigorosi abiti.

C'erano tutti i fratelli Smith e persone sconosciute, con le mani posizionate dietro la schiena. Logan era davanti, a capo di tutti.

Si affrettarono a raggiungermi sia mamma, che il proprietario di casa. «Ragazzi» disse lui, chinando il capo dall'alto verso il basso, azione che spinse il mio fratellastro preferito a scendere i gradini per raggiungermi.

«Ti do ufficialmente il benvenuto in casa Smith, Isabel» annunciò lui e io annuii, facendo un finto sorriso. Ero in ansia perché realizzai che mi stavano guardando tutti. 

Chissà cosa stavano pensando di me.
E se fossi inadatta?

E se mi stessero giudicando per la mia forma fisica?

E se parlassero male di me?

I brividi mi pervasero.

«E anche a te, Grace» aggiunse, porgendogli la mano. Mia madre rifiutò quel gesto di formalità per poterlo andare ad abbracciare. Sembrava essere una bambina, perché sprizzava felicità da tutti i pori.

Beata lei.

«Justin, preoccupati di presentare alle nostre ragazze i nostri aiutanti» ordinò. «Brevemente, per cortesia» aggiunse lui, trattenendo un sorriso. Avevo avuto la possibilità di parlare con quel trentenne una volta sola e mi era bastata per capire quanto si dilungasse nei discorsi.

«Certo, papà» sorrise, fiero dell'incarico che il compagno di mamma gli aveva appena conferito. «I miei fratelli li hai già conosciuti, quindi evito di presentarteli di nuovo» disse e si voltò verso di me per avere la mia approvazione. Annuii e iniziò a presentarmi tutti i leccapiedi che lavoravano per loro.

«Loro sono le nostre tre domestiche; Scarlett, Victoria e Samantha» ognuna di loro possedeva uno chignon, cosa che invidiavo parecchio. Avevo provato molte volte a realizzarne uno, ma con scarsi risultati. Tra le tre, trovavo più simpatica Victoria. Le altre, mi sembravano delle troie.

«A destra William, il nostro maggiordomo» spostò la mano verso un signore che mi sorrise.

«E poi, i nostri magnifici chef, Evelyn e Richard» esclamò, indicando una ragazza che sembrava essere una mia coetanea e il signore dai capelli ricci, fottutamente sexy. «Preparano delle pietanze squisite» aggiunse, leccandosi il labbro.

«Esagerato, come sempre» rispose la ragazza, in evidente imbarazzo. «Io invece dico che hanno ragione» disse, strappando un fugace sorriso a tutti.

«Quello che vedi laggiù è Anthony, il nostro giardiniere» mi spiegò, non capendo il motivo per il quale non fosse schierato insieme agli altri. 

«Sono certa che ti troverai benissimo qui Isabel, non preoccuparti» commentò Logan che, giustamente, doveva sempre dire la sua. «Ne sono certa» disse mia madre, poggiando una mano sulla spalla e facendo segno a Noah di entrare.

Varcammo la soglia di ingresso e iniziai a guardarmi attorno, notai subito che non rientrava per niente nei miei gusti. Era tutto troppo vistoso. A quanto pare, alla famiglia Smith, piaceva ostentare la loro ricchezza. Un qualcosa che era in grado di farmi cadere i coglioni a terra, non riuscivo proprio a capirne l'esigenza.

Siamo già partiti male.

«Allora, chi si offre di mostrare la casa ad Isabel?» 

Ti prego, tutti ma non lui.
Tutti, ma non lui.

«Logan, ti andrebbe?» domandò, sapendo che fra tutti quanti, era il più responsabile.

Porca puttana.

La fortuna è sempre dalla tua parte, Isabel.

«Certo» rispose e si voltò verso di me, lanciandomi un'occhiata fuggitiva. «Venga pure, principessa» esclamò con fare ironico, davanti a tutti quanti.

Il disagio piombò in me, schiacciandomi e facendo infuocare le parti del mio corpo. La prima cosa che osservai con attenzione fu la lunga scalinata con a fianco l'ascensore. 

Sì, avete capito bene.

Possedevano un ascensore personale perché la loro casa aveva la bellezza di ben otto piani. E grazie al cielo, sarebbe stato davvero molto scomodo percorrere ogni volta tutta quella scalinata.

Nel primo piano trovavamo un'ampia cucina, una stanza a parte per la dispensa, quattro bagni, una sala relax dove erano presenti cinque poltroncine e vari divanetti, ideale per un party. In questa sala erano presenti anche la televisione e vari giochi di società.

«Prendiamo l'ascensore, Cenerentola?» domandò. Non sarei mai andata in ascensore con lui, avevo paura che potesse fare qualche cazzata, una cazzata della quale ci saremmo pentiti entrambi.

«No» risposi, disposta a salire tutte quelle scale.

«Paura di rimanere bloccata, o di non saper resistere al mio fascino?» disse, facendo lo splendido. Sospirai, infastidita dall'atteggiamento che stava avendo nei miei confronti ed entrai con lui nell'ascensore. 

«Il tuo carattere mi stupisce sempre di più» affermò, facendomi sorridere soddisfatta. 

La porta si aprì e notai subito un lunghissimo corridoio. Qui c'erano sei stanze per gli ospiti, due bagni, una dispensa, in modo da non far mancare nulla agli invitati e una sala piena di tavolini dove poter mangiare il proprio cibo. Quelle due in realtà erano presenti in ogni stanza. A quanto avevo capito, era stata proprio mia madre ad avere l'idea. Giustamente, il coglione del suo compagno, dopo aver avuto una frequentazione di circa sei mesi, aveva deciso di assecondarla in tutto.

"Agli ospiti non deve mai mancare nulla", era una frase che ripeteva continuamente, persino a casa nostra.

Nel terzo piano invece, c'erano le varie stanze con otto bagni, uno per ognuno di noi. E più avanti c'erano altre stanze, uno studio per Grace, uno per mio padre e due stanze silenziate per permettere a Logan e a Justin di lavorare in tranquillità. Poi, come in ogni stanza, c'era la sala relax con dispensa e la sala con i tavolini per poter mangiare.

Arrivati nel quarto piano, potevamo trovare cinque stanze. Era tutto dedicato al cinema. In ogni stanza c'erano dei maxischermi insieme a dei proiettori per poter vedere i film. Erano cinque perché, secondo i fratelli Smith, nel caso in cui nessuno di loro riuscisse ad accordarsi nella scelta del film, avrebbe potuto vederselo da solo. La cosa che mi piaceva di più erano i divanetti.

Procedendo, nel quinto piano potevamo trovare la palestra, un posto enorme che sicuramente avrei avuto l'onore di conoscere. Avrei avuto la possibilità di allenarmi a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Essa si suddivideva in nove stanze. Nella prima c'erano i tapis roulant, le cyclette e le macchine per fare lo stretching. Nella seconda invece, c'erano dei tappetini che Grace avrebbe utilizzato per fare yoga, nella stanza era presente anche un maxischermo, per seguire le lezioni online insieme alle sue amiche. La terza invece, era la sala pesi, il posto preferito di Logan. La quarta, dove c'erano i sacchi da boxe che utilizzava Noah. 

Era un amante di questo sport, suo figlio mi ha raccontato che verso i quindici anni ha vinto varie medaglie. Continuò fino ai diciotto anni, poi però per dedicarsi al massimo nello studio, la lasciò. Tuttavia, ancora oggi, rimane la sua valvola di sfogo. 

Andando ancora più avanti si trovavano altre tre stanze. Una per giocare a pallavolo, una per giocare a tennis e un'altra ancora per il calcio. Sarebbe stato molto divertente invitare alcuni amici a casa, avevamo la grande fortuna di poter offrire di tutto.

Infine, due stanze dedicate alla danza aerea, uno degli sport che volevo fare da ragazza. Nella prima c'erano i tessuti, di tutti i colori appesi al muro, nella seconda invece c'erano i pali per la pole dance. Wow.

Infine, l'ultimo piano, quello che preferivo di più in assoluto. Qui non c'erano stanze. Non appena si entrava si potevano vedere tre enormi piscine e due vasche ad idromassaggio. Le piscine erano di diversa altezza, perché nel caso in cui qualcuno non fosse in grado di nuotare, avrebbe potuto comunque godersi la giornata immerso nell'acqua. In più questo piano si affacciava nel giardino, una visione molto piacevole che trasmetteva tranquillità.

«Ho tralasciato una cosa del terzo piano, Isabel» disse, attirando la mia attenzione. «Non ti ho mostrato la tua stanza» affermò, aveva ragione. Mi ero dimenticata persino di chiederglielo. Tornammo al terzo piano, dedicato all'ala notturna. Logan mi accompagnò fino alla stanza e non appena aprì la porta, rimasi incantata. 

C'erano i miei libri, quelli che poco fa erano a casa mia.

Portai una mano sulle labbra, sorpresa e subito dopo mi guardai attorno. C'era tutto ciò che mi faceva sentire al sicuro.

«E questo?» Mi voltai verso il ragazzo. «Avevo intuito che i libri ti facessero sentire al sicuro e ho pensato che averli qui ti potesse aiutare in qualche modo» esclamò, lasciandomi sorpresa. «E quando l'hai fatto?» domandai, confusa. 

E subito dopo ebbi la mia spiegazione, poco dopo essere partiti mia madre gli aveva inviato un messaggio, per avvisarlo. L'autista prese il percorso più lungo, permettendo così a Logan di arrivare in tempo.

«Sono senza parole» ammisi, non sapendo cosa dire. Nessuno si era mai preoccupato in questo modo per me. «Non so come ringraziarti», confessai.

«Io un modo lo avrei» rispose, cercando il mio contatto visivo. «Spero non nulla di sconcio» affermai, in modo ironico. «Fra mezz'ora ti vengo a prendere, fatti trovare pronta» comunicò. «Ti voglio portare in un posto» disse ed io annuii, accettando con piacere l'invito.

/Spazio autrice/

Buon pomeriggio piccole pesti, come state?🦋

Vi è piaciuto il capitolo o c'è qualcosa che dovrei migliorare?

Domandina del giorno: su instagram recentemente ho anticipato che in questa storia ci sarà un triangolo amoroso. Secondo voi, con chi sarà?
Con qualche fratello o con un altro personaggio che apparirà nei prossimi capitoli?

C'è una scena in particolare/un'idea che vorreste condividere con me sulla storia? Mi fa sempre piacere ascoltarvi 💙

Ah e miraccomando, ricordatevi di lasciare una stellina⭐

Instagram: _eleonore_hensley_autrice
Per qualsiasi cosa, anche solo per conoscerci meglio, mi trovate lì.

E noi ci vediamo mercoledì (se Dio vuole) con il capitolo nove, vi voglio cariche🔥

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