I need you

By eleonore_hensley

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Dopo l'arresto del padre, Isabel sembrava aver finalmente ritrovato la sua pace interiore. Dedicò tutta la su... More

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Dedica
Prologo
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Epilogo
Ringraziamenti
CAPITOLO BONUS
! RIMOZIONE CAPITOLI !

Isabel (5)

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By eleonore_hensley

"La gente non ha bisogno di affetto. Quello di cui ha bisogno è il successo, in una forma o nell'altra. Magari successo in amore, ma non necessariamente."                                                                                      Charles Bukowski

Era Mason, l'unico dei suoi fratelli che sembrava avere la mia stessa età. Ci guardò con attenzione mentre eravamo lì, distesi sul pavimento, l'uno sopra il corpo dell'altro. E dovetti riconoscere che ebbe una reazione abbastanza diversa da quella che entrambi ci saremmo aspettati. Si limitò a rivolgerci un sorrisino per poi recarsi nuovamente al piano di sopra. In un rapido movimento mi alzai e con i palmi delle mani mi ripulii i pantaloni dai vari granelli di polvere.

«Anche tuo fratello è qui?» domandai, anche se la risposta era abbastanza ovvia. «Sì Isabel, penso che tu l'abbia potuto constatare con i tuoi stessi occhi» rispose, facendo l'antipatico. «Io, lui e mio padre stavamo alternando i turni, nell'attesa che tu tornassi» continuò, mostrandomi a trecentosessanta gradi ciò che stava succedendo. «Suppongo che dormirai in casa mia, giusto?» marcai con la voce la parola mia e aspettai una sua reazione. «Non sei contenta?» rispose a sua volta con una domanda, facendomi roteare gli occhi.

«Avrai l'opportunità di fare questo movimento anche in altri contesti» affermò, con un sorrisetto spiaccicato sul volto. «Adesso è meglio che vada, devo fare la doccia» dissi, ignorando la sua battutina, per niente gradita. E nonostante cercai di nascondere l'evidente imbarazzo che la situazione mi aveva procurato, ero più che certa che l'avesse intuito, d'altronde era uno strizzacervelli.

Senza esitare, gli diedi le spalle e iniziai a percorrere la lunga scalinata, sperando di non imbattermi nel fratello che ci aveva visto beccato in una situazione alquanto scomoda poco prima.

Che figura di merda.

 «Ah Logan» richiamai la sua attenzione, voltandomi verso di lui. «Grazie» mimai fra le labbra e in risposta, chinò il volto dall'alto verso il basso, sorridendo.

Entrai nella mia stanza e presi tutto ciò che mi sarebbe servito per un breve momento di relax, solo dopo mi diressi in bagno. Mi privai dei vestiti e aprii il getto d'acqua calda, facendola scivolare su tutto quanto il mio corpo. Una sensazione alquanto magnifica, era incredibile quanto mi rilassasse. Già da tempo, avevo deciso di mettere al primo posto me stessa.

Ogni qualvolta che ricavavo un po' di tempo libero, lo impiegavo facendo allenamento, anche se riconoscevo che nell'ultimo periodo stavo esagerando. Per me erano diventati un'ossessione, un qualcosa che dovevo per forza compiere almeno tre volte al giorno. Non potevo stare senza, sarei impazzita.

Avevo molta paura che criticassero il mio aspetto fisico, di conseguenza, mi impegnavo al massimo nei vari esercizi. Non volevo più ricevere prese in giro. Avrei solo voluto essere bella come tutte le altre ragazze della mia età. 

E in quel momento, tornarono a galla tutti i ricordi della mia infanzia. La piccola Isabel, di soli nove anni, che voleva fare amicizia con le sue compagne di classe, per poterci giocare insieme. Invece no, ero costretta a stare chiusa nella mia cameretta, perché nessuno mi apprezzava per quello che ero. Si soffermavano solo sull'aspetto fisico, senza neanche darmi l'opportunità di farmi conoscere. Per loro non esistevo, ero l'emarginata.

Ricordo ancora quando, presa dall'esasperazione, afferrai il cellullare di mia madre e cercai su internet alcuni tutorial che mi avrebbero aiutata a dimagrire velocemente.

Avevo solo sette anni e la mia preoccupazione era questa.

Speravo che, perdendo peso, sarei stata bella come tutte le altre.

Ero davvero troppo piccola per capire il livello di crudeltà che possono avere gli esseri umani e in generale, il mondo intero. Non nego di aver avuto qualche chiletto in più, ma ciò non giustificava l'atteggiamento che per cinque lunghi anni avevano avuto nei miei confronti.

Le loro parole mi tormentavano giorno dopo giorno. Nonostante fosse passato tantissimo tempo, le avvertivo ancora dentro la mia testa. Sembrava che fossero state scritte con un inchiostro indelebile.

Era ricreazione ed io come sempre, ero sola. Stavo finendo di mangiare il panino che mamma mi aveva amorevolmente messo nello zaino quando mi arrivò una forte spallata. Di conseguenza, il mio cibo cadde sul grembiule, macchiandolo del tutto. Fortunatamente, riuscii a salvarlo dal pavimento.

«Scusami» disse il ragazzo con un sorriso sulle labbra, dietro di lui c'erano due ragazze, Milly e Katherine che ridevano, ridevano di me. Non ero ingenua, avevo solo un'anima troppo buona per pensare che l'avessero fatto apposta. Rivolsi loro un sorriso e gli rassicurai dicendogli che non c'era nulla di cui preoccuparsi. Subito dopo, andai dalla maestra per chiederle se potessi togliermi l'abito macchiato e lei acconsentì.

Tornai al mio posto e lo sbottonai, subito dopo lo accartocciai nello zaino.

«Oh... ma quanto sei grassa?» chiese un mio compagno di classe dai lunghi e magnifici capelli ricci. Abbassai lo sguardo, avevo una maglia a righe molto stretta che effettivamente permetteva di osservare la forma della mia pancia. 

«Allora Julie aveva ragione» esclamò Milly con un'aria antipatica. Julie? Cosa c'entrava la mia migliore amica in quel momento lì?

«Per non parlare di quelle cosce che sembrano due prosciutti» rise Katherine ed io mi sentii sull'orlo di un pianto. Julie aveva parlato in quel modo di me? No, era impossibile. Era l'amica più fidata che avevo. Passavo la maggior parte del mio tempo con lei, non avrebbe mai potuto farmi una cosa del genere.

Questo era ciò che pensavo, ma la realtà era un'altra.

«Se rimarrai così, nessuno ti vorrà mai, mettitelo in testa» mi disse con cattiveria mentre rideva con i suoi amici. Subito dopo, andò via seguita da Milly e il ragazzo.

Da lì iniziò tutto...

Afferrai il bagnoschiuma e spargere sapone su tutto il corpo, questa volta però lo feci con molta delicatezza ed attenzione, soprattutto sul braccio, dove avevo le cicatrici. Per me sono delle opere d'arte senza voce, rappresentano un episodio che vuoi o no, ricorderai per tutta la vita. Le mie erano ben visibili, inoltre i graffi che mi ero procurata la sera precedente bruciavano come non mai.

Non appena finii di sciacquarmi, agguantai l'accappatoio e lo indossai, uscendo fuori dalla doccia. Mi spaventai quando, guardandomi allo specchio, notai tutto il trucco colato. Sembravo un mostro. Presi un dischetto di cotone in microfibra e lo bagnai con l'acqua micellare, subito dopo lo spalmai su tutto il viso. Tolsi in modo definitivo i residui di trucco e solo dopo, applicai una crema idratante.

Indossai il mio fantastico pigiamino verde seguito da delle pantofole del medesimo colore. Subito dopo, inserii il vestito in lavatrice. Adesso mancavano solo i capelli, grazie a Dio erano già liscissimi di loro, di conseguenza l'utilizzo della piastra non era necessario. Amavo prendermi cura di essi, erano la parte più bella del mio corpo, inoltre mi consentivano di avere maggiore autostima.

Dopo quasi una mezz'oretta passata con i phon in mano, mi diressi in camera. Avevo bisogno di stendermi sul letto ed affondare tra le soffici lenzuola. «E tu che cazzo ci fai qui?» sbottai non appena entrai in stanza. 

C'era un ospite indesiderato seduto sul bordo del mio letto!

Se ne stava lì tranquillo a leggere la rivista di moda che avevo sul comodino. Chiusi subito la porta per evitare che Mason venisse di nuovo a farci visita. Prima era stato decisamente imbarazzante e non vorrei per alcun motivo che si ripresentasse questa vicenda.

«Non riuscivo a dormire» rispose con molta tranquillità, come se per lui fosse normale intrufolarsi nella camera di persone che non conosce. «Okay, questo è davvero troppo!» esclamai e finalmente tolse la sua attenzione da quella ridicola rivista di moda per potersi concentrare su di me.

«Non sono qui per infastidirti, vorrei solo ricordarti che io e te abbiamo lasciato un conto in sospeso» mi ricordò, anche se sinceramente non riuscivo a comprendere a che cosa si stesse riferendo.

«Il nostro bacio, Isabel» affermò, trattenendo una risata. Finalmente capii e scossi la testa. Non concedevo quest'opportunità a nessuno, figuriamoci a lui. Sarebbe stato sbagliatissimo, ormai era il mio fratellastro.

«Scordatelo, Logan». Risposi con fermezza, puntualizzando il suo nome a fine frase, esattamente come aveva fatto lui con me. Non avrebbe dovuto insistere. Inoltre, si stava mettendo nei casini. Non penso che il signor Smith accetterebbe che suo figlio si frequenti con la figlia della sua compagna.

«Dai Cenerentola, non farti desiderare così tanto» continuò la frase, quasi seccato dal mio istantaneo rifiuto.

Cenerentola? Ma che cosa stava a significare?         
Era la seconda volta che mi chiamava così ed era estremamente fastidioso.

«Il mio nome è Isabel, non capisco perché ti piaccia così tanto paragonarmi a un personaggio che non nemmeno esiste» confessai, confusa ed irritata.

«Perché anziché affrontare le situazioni scappi. Ti ricordi in discoteca?» domandò, avanzando verso di me. «E poi, non prendiamoci in giro, sappiamo entrambi che cosa sarebbe successo poco fa se quel rompicoglioni di mio fratello non ci avesse interrotto» disse ed aveva perfettamente ragione. Non sapeva il reale motivo per il quale ero scappata dalla discoteca la sera precedente e avrei tanto voluto che non lo venisse mai a scoprire.

Fa sempre male riaccendere le fiamme del passato. 

Rimasi in silenzio.

«Quindi Isabel, posso avere l'onore di baciarti?» mi chiese e in quel momento mi resi conto che la situazione stava diventando davvero ridicola. Sembrava un bimbo che chiedeva alla mamma il permesso per poter mangiare l'ennesimo cioccolatino. Osservai l'orologio e notai che erano già arrivate le tre e mezza.

«Mi dispiace tanto Logan, ma devo comunicarti che la mezzanotte è scoccata già da tempo, di conseguenza Cenerentola non può baciarti» affermai, stando al suo stesso gioco. Nel frattempo, levai i braccialetti dai polsi e nel mentre, mi si alzò leggermente la manica, facendo fuoriuscire una piccola linea rossa. 

Non appena mi resi conto della cazzata che avevo appena commesso, la riabbassai velocemente sperando vivamente che non se ne fosse accorto, ma appena alzai lo sguardo verso di lui constatai che era un noto osservatore.

«Vieni qui» mi sussurrò, incitandomi ad andare accanto a lui. Un rumoroso sospiro uscì dalle mie labbra e la mia mente si preparò al peggio. Manica traditrice.

Mi appoggiai sul letto, mettendomi in una posizione tale da averlo di fronte a me. «Tua madre lo sa?» mi chiese, studiando i movimenti del mio corpo con attenzione. Feci segno di no con la testa. «D'accordo» sussurrò per poi sospirare subito dopo. «E da quanto tempo va avanti questa cosa?» domandò, ma forse non aveva ancora ben capito che ero una persona riservata e che raramente mi confidavo con qualcuno.

Non avrei parlato con lui dei miei problemi. Tuttavia, dopo alcuni interminabili secondi di silenzio, pensai al fatto che avrebbe potuto tradire la mia fiducia da un momento all'altro e che di conseguenza, non avevo molte alternative.

Sto davvero per parlare con uno strizzacervelli?

«Mia madre pensa che sono pulita da un anno» confessai e mi sentii profondamente in colpa al solo pensiero di averle mentito. Alcune volte però, non c'è altra soluzione. Temevo che mi giudicasse per questo, o che ancora peggio, mi prendesse per una bugiarda.

Anche se, sono dell'opinione che ci si debba trovare nell'apposita situazione per poter giudicare un determinato comportamento. La mia era una situazione abbastanza complicata e pur di non far soffrire ancora mia madre, mi trovai costretta a dirle questa piccolissima bugia. Il problema è che dopo un po', la menzogna si ingigantì sempre di più.

Non avevo vie di fuga.

«Cosa ti spinge a compiere questo gesto?» domandò, con lo stesso tono di voce che mi aveva trasmesso tranquillità quando ebbi l'attacco di panico davanti a lui. 

Non potevo dirgli di mio padre.

«Il dolore» balbettai, in preda all'ansia. «C'è qualcosa in particolare che ti turba?» chiese e il suo viso si addolcì, proprio come se si stesse rapportando con una bambina. Abbassai lo sguardo, non me la sentivo di parlare di temi così delicati con lui. «Uhm» mormorai a disagio, non sapendo cosa dire. «Va bene, va bene» disse, ma ero sicura che non avesse intenzione di mollare la corda. «Posso chiederti il motivo per il quale non ne parli con tua madre?» ecco, infatti.

«Non dirle niente, ti prego» trovai la forza di rialzare lo sguardo e i suoi occhi mi catturarono insieme alla paura di poter essere un'enorme delusione per mia madre. Non volevo farla soffrire ancora una volta, non se lo meritava. Aveva soltanto bisogno di pace.

«Posso dare un'occhiata?» domandò, intenzionato a vedere le mie ferite. Lo guardai sconvolta, come se mi avesse appena chiesto un pezzo di luna. «Prometti di tenere la bocca chiusa?» Dovevamo trovare un accordo, gli stavo per mostrare una parte importantissima di me, una parte che solo pochi avevano avuto la sfortuna di conoscere. «Non preoccuparti», disse soltanto. Ciò stava a significare che non mi aveva detto né si, né no. Tuttavia, non potevo rischiare.

Mi munii di un grosso coraggio e dopo numerosi sospiri, tirai su la manica, esponendo il mio vissuto. «Isabel...» sussurrò e i suoi occhi si riempirono di tristezza. Le cicatrici erano molto profonde e al livello estetico erano brutte da vedere. In quel momento, mentre io speravo che potesse finire tutto il prima possibile, sentii le sue dita accarezzarmi con delicatezza.

Non disse nulla, era impegnato a studiare con attenzione il mio braccio. Sussultai quando avvertii le sue labbra posizionarsi su di esse e baciarne il contorno, un contatto che inizialmente trovai davvero dolce ma che poi respinsi in modo brusco perché lo consideravo davvero troppo intimo.

Tolsi il braccio dalla sua presa e riabbassai la manica della maglietta.

«Adesso dirai tutto a mia madre, vero?» chiesi, anche se mi sembrava di aver già intuito la risposta. L'avrebbe detto. Sicuramente.

«No» disse dopo qualche minuto di totale silenzio. «Ma ad una condizione» continuò lui, guardandomi in modo intenso negli occhi. E credetemi se vi dico che avrei fatto davvero qualsiasi cosa purché mia mamma non lo venisse a sapere. Annuii, entusiasta mentre attendevo la sua condizione.

«Ogni volta che ti viene voglia di compiere questo gesto, devi chiamarmi» concluse. 

Davvero?
Solo questo?
Era solamente quella la sua condizione?

«Va bene» risposi, cercando di tenere a freno le emozioni che in quel momento stavano scorrendo dentro di me. 

Sarei riuscita a proteggere mia mamma.

«Adesso è meglio che vada, domani ho dei colloqui di lavoro molto importanti e non vorrei presentarmi con le occhiaie» sorrise, alzandosi dal letto. Solo in quel momento notai la particolarità del suo abbigliamento. 

Aveva una felpa bianca con sopra topolino. 

Mi morsi il labbro per trattenere una risata, era davvero adorabile. Ricordo che ne avevo comprato uno identico circa due anni fa, ma a differenza del suo, c'era Minnie sopra. Lo custodivo ancora gelosamente.

«Io invece dovrei studiare per gli esami» affermai, pensierosa.  «Quanti te ne mancano?» chiese, interessandosi al mio discorso.

«Spagnolo, francese, tedesco, letteratura inglese, storia della lingua inglese e filosofia» dissi con la consapevolezza di essermi dimenticata qualcosa. Erano davvero tante materie ed era difficile ricordarle tutte. «Tutte, quindi» affermò lui. «Sì, visto quanto sto messa bene?» ci scherzai sopra, anche se stavo pensando davvero di abbandonare gli studi. 

«Benissimo direi» rispose, ironicamente. «Io non te l'ho chiesto, che corso frequenti?» domandò e realizzai che gli stavo concedendo davvero troppe informazioni personali. «Lettere» risposi, cambiando atteggiamento.

«Che cosa stupenda e poi, cosa vorresti fare?» chiese, cercando di avere una conversazione normale. «Domani non hai dei colloqui?» cercai di fargli capire che ormai si era fatto tardi e che doveva togliersi dalle palle. Accennò un lieve sorriso ed aprii la porta. «Buonanotte, Cenerentola» disse per poi uscire fuori dalla mia stanza.

«Buonanotte, Logan» dissi a mia volta prima di infilarmi sotto le coperte e stringere Lilly, il mio orsacchiotto. Chiusi gli occhi e pian piano mi abbandonai ad un sonno profondo. Era stata una giornata davvero pesante per me, ma dovevo ammettere che si era conclusa nel migliore dei modi. Ero riuscita a parlare dei miei problemi, un qualcosa che non mi sarei mai aspettata di fare. E adesso mi sentivo molto più leggera, incredibilmente leggera.

/Spazio autrice/

Buongiorno principesse, come state?
Spero tutto bene ❤

Oggi una parte molto importante del passato di Isabel. Il bullismo purtroppo è sempre più diffuso, nonostante se ne parli. Sono vicina a chiunque abbia passato esperienze del genere 🙏🏻❤

Vi lascio i miei profili social nel quale potete contattarmi per qualsiasi cosa, anche solo per fare amicizia.

Instagram: eleonore.hensley

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