what the fuck is going on...

By two_players

219 20 2

"La porta a due battenti in legno massiccio era già aperta in modo da far vedere le persone al suo interno. S... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4.0

Capitolo 4.1

21 4 0
By two_players

Run, run and run… the more your body cries out as a sweat, more physically and mentally fit you are.

Dopo aver recuperato Hikaru iniziarono a camminare in cerca di un Game arena. L'albina e Usagi stavano davanti mentre dietro di loro Sasha e il ragazzo. Questa si accorse di non sapere come si chiamasse quindi si girò verso di lui.
«Come ti chiami?»
Lui la guardò qualche secondo e si accorse che non glielo aveva mai detto.
«Arisu Ryohei» Rispose lui sorridendole, poi rivolse lo sguardo verso Hikaru, continuando a parlare con Sasha.
«Lei invece, come si chiama?» Era l'unica di cui non sapeva il nome visto che non l'avevano ancora nominato. Sasha non fece in tempo a rispondergli, che la diretta interessata prese parola.
«Hikaru Masumi, piacere» Disse voltandosi leggermente verso di lui, facendogli un leggero sorriso seguito da un piccolo inchino con la testa, tornando poi a guardare avanti.
Arisu si limitò a fare un cenno con la testa e continuarono a camminare.
«Come te la sei fatta?» Chiese rivolgendosi nuovamente a Sasha indicando la cicatrice che aveva sulla guancia.
«Mi hanno quasi colpito all'oni» Rispose con leggerezza portandosi una mano alla guancia.

Dopo mezz'ora di camminata si ritrovarono di fronte ad un tunnel autostradale, al di sopra era posizionato un cartello con recitate le parole "game arena". Hikaru e Usagi si fermarono ed aspettarono i due che erano rimasti un po' indietro, quando le raggiunsero ripresero a camminare, entrando nel tunnel. Dopo diversi metri videro in lontananza un bus, probabilmente bianco, ma coperto interamente di graffiti di vari colori. I quattro salirono sul veicolo e in parte al posto dell'autista si trovava un tavolino con appoggiati i soliti telefoni cosí ne presero uno a testa. Alzarono lo sguardo dopo il riconoscimento facciale e notarono altri tre ragazzi già seduti negli ultimi sedili, uno di questi prese parola.
«Avete già giocato?» Il modo in cui l'aveva chiesto l'aveva fatta sembrare un'affermazione e l'unica che rispose fu Sasha, che annuí, mentre Usagi gli rigirò la domanda.
«E voi tre invece?»
«Abbiamo superato quattro game insieme, ci siamo conosciuti durante il primo e non ci siamo più separati» Rispose il ragazzo al centro, aveva la caviglia fasciata e Usagi, accorgendosene, riprese parola.
«La tua caviglia, sei ferito?» Hikaru e Sasha si guardarono con un'espressione divertita, e alzarono leggermente la testa, ma rimasero in silenzio.
«Si, devo essermela slogata»
«Durante un game?» Riprese Arisu con un tono di voce quasi teatrale, al che Hikaru guardò nuovamente Sasha aspettandosi una delle sue uscite.
«Li chiamavano Sherlock e Watson» Commentò per sbaglio ad alta voce, quando tutti si girarono verso di lei era ormai troppo tardi. Hikaru d'altro canto si era messa a ridere perché il suo commento uscì in modo così spontaneo e improvviso che non riuscì a trattenersi. Arisu e Usagi si guardarono, sentirono un calore avvolgere le guance. Il loro viso era rosso per l'imbarazzo: effettivamente erano delle domande abbastanza scontate che avrebbero potuto evitare.
A questo punto i telefoni annunciarono l'inizio del game.

«Le iscrizioni sono ufficialmente chiuse, il game sta per cominciare. Grado di difficoltà: 4 di fiori. Game: distanza. Regole: superate le prove del game e raggiungete il traguardo entro il tempo limite. Obiettivo del game: raggiungere il traguardo sani e salvi. Game Start! Tempo rimanente: 120 minuti»

«Non ho capito, dobbiamo correre?» Chiese preoccupato uno dei ragazzi, voltandosi verso l'amico infortunato, si girò poi a guardare uno dei suoi amici
«Che ne pensi, Seizan?» Ma questo non rispose, rimanendo a guardare il timer sul telefono e, al posto suo, prese parola Arisu.
«Dobbiamo correre in autostrada?»
«Come correre?» Il ferito provò ad alzarsi in piedi, ma la caviglia non lo resse e cadde, facendo preoccupare entrambi i suoi amici e uno di questi provò a rassicurarlo. Mentre Hikaru si morse il labbro mettendosi una mano sulla bocca per non farsi vedere ridere.
«Takuma, andrà tutto bene -si alzò in piedi e andò verso il posto dell'autista- guideremo questo, quest'autobus è stato costruito negli anni '70, se solo riuscissi a farlo partire»
«Dubito che tu ci riesca dato che non c'è carburante» Rispose Sasha non sopportando piú le stronzate degli altri giocatori.
«Lasciatemi qui, non sto dicendo che rimarrò qui ad aspettare di morire, state tranquilli, io troverò da solo un modo per cavarmela, perciò andate avanti -I suoi due amici non avevano intenzione di lasciarlo lì, ma solo uno di questi lo interruppe dicendogli che non se ne sarebbero andati senza lui- Yamane, devi superare questo game, non hai scelta, vuoi rivedere tua moglie, non è vero? Vuoi veder nascere tuo figlio, giusto? Che cosa succederà alla tua famiglia se morirai. Non ti devi preoccupare per me, mi inventerò qualcosa» Per sua fortuna riuscì a convincere entrambi, si scambiarono qualche sguardo e decisero finalmente di uscire dal bus, seguiti poi dalle tre ragazze, l'ultimo a scendere fu Arisu, che rimase a guardare Takuma per poi spostare lo sguardo sul telefono.
«Tempo rimanente: 110 minuti»

«Se voi volete partire fate pure, io e Sasha facciamo un breve riscaldamento e vi raggiungiamo» Disse Hikaru guardando Arisu e Usagi, questi annuirono e iniziarono a correre insieme agli altri due. Iniziarono così il loro riscaldamento. Si allungarono per rilassare i muscoli e aumentare la flessibilità. Fecero una serie di esercizi di stretching per i muscoli delle gambe e dei fianchi. Per poi continuate con del cardio leggero per aumentare la frequenza cardiaca e la temperatura corporea. Finendo con degli esercizi di resistenza per rafforzare i muscoli delle gambe e della schiena. Finito il riscaldamento erano pronte a correre se non che Hikaru si soffermò a guardare il lato del bus con sguardo pensoso corrugando la fronte, La sua bocca si piegò in una linea sottile inclinando leggermente la testa.
«Cosa c'è?» Chiese confusa Sasha avvicinandosi all'albina, notò che stava guardando la fiancata dell'autobus così lei si apprestò a fare lo stesso.
«C'è scritto "Goal"» Si apprestò a rispondere Hikaru mentre toccava con la mano il lato del furgone.
«Pensi che sia questo il traguardo?» Le chiese appoggiandosi alla fiancata del bus con la schiena.
«Non è che lo penso, c'è letteralmente scritto» Rispose con tono ovvio dando una pacca al bus producendo un suono metallico.
«Questo coso è pieno di graffiti, sarà uno come un'altro» Rispose Sasha staccandosi dal veicolo e tornando dov'era prima. Prese in mano il telefono per controllare il tempo, ma finí invece per notare il numero della distanza che segnava zero. Rimase a guardarlo per qualche secondo, un po' confusa, ma poi rivolse lo sguardo verso l'amica e le venne in mente che forse aveva ragione, fece quindi una prova: iniziò a correre nella stessa direzione degli altri e si fermò dopo qualche metro, controllò il telefono e questo aveva aumentato il numero. Non ancora convinta, pensando fosse solo un conta passi, tornò al punto di partenza e lo controllò nuovamente notando che si era azzerato. Per quanto odiasse ammetterlo, Hikaru aveva ragione.
«Quindi cosa facciamo?» Chiese lei all'albina che intanto si era seduta sugli scalini del bus.
«Niente, aspettiamo lo scadere del tempo»
«E gli altri?» Domandò indicando la strada dietro di lei.
«Si arrangiano» Rispose Hikaru con voce fredda e noncurante. Sasha sbuffò, alzando la testa verso l'alto. Guardò il telefono per controllare il tempo rimanente, secondo la corvina era sufficiente per avvertirli ed aiutarli. 
«Vado a recuperarli, gli spiego la situazione e torniamo indietro» Non poteva semplicemente lasciarli morire quando c'era una possibilità di salvarli.
«Non farai in tempo» Ribatté Hikaru, il suo tono rimase come al solito calmo ma nonostante si aspettava una reazione del genere dall'amica, stava comunque iniziando ad innervosirsi. Sasha continuava ad insistere, sicura che ce l'avrebbe fatta, l'albina a questo punto si alzò in piedi e le si avvicinò.
«Smettila, lasciali perdere» Disse con tono deciso guardando Sasha negli occhi. Un conto era stato il cinque di picche, un altro era questo, non sapevano quanti chilometri avrebbe dovuto fare prima di raggiungere gli altri e se il tempo fosse scaduto non potevano immaginare come sarebbero morte. Questa volta avrebbe cercato di impedirle di andare. Sasha non poteva semplicemente "lasciarli perdere", non avrebbe chiuso un occhio nemmeno se fossero stati tutti e quattro degli sconosciuti, ma a rischiare di morire c'erano anche due persone con cui aveva iniziato a legare.
Sasha fece per andare, prima che potesse iniziare a correre sentí un dolore martellante alla guancia e realizzò solo dopo pochi secondi quello che era successo; di norma avrebbe reagito istintivamente ma essendo stata presa alla sprovvista riuscì solo a stare ferma a cercare di metabolizzare il tutto. Si irrigidì, aggrottando le sopracciglia e stringendo i pugni, venne colpita da una vampata di calore e senza rendersene conto, iniziò una lite tra lei e l'albina. Hikaru strattonò Sasha e la spinse contro il veicolo, la corvina rispose ridando all'albina un pugno sul naso. Non sembrava esserci modo di interrompere la lite. Hikaru non mollò la presa nonostante il viso dolorante e il sangue che le colava fino al mento, anzi, la intensificò, non l'avrebbe lasciata andare. Il divario di altezza tra le due era tale che Sasha finì per non toccare terra, non riuscendo a colpirla con le mani usò la testa e grazie a questo le due si separarono, permettendo a Takuma di mettersi in mezzo e fermarle.
«Che vi è preso? Che sta succedendo?» Fu un misto di preoccupazione e sorpresa.  Aveva un espressione confusa mentre cercava di capire cosa stesse succedendo.
«Il traguardo è il bus, c'è scritto sulla fiancata -Disse indicando con la testa il veicolo, guardò Sasha per un attimo ma spostò poi lo sguardo sul ragazzo, continuando a spiegargli la situazione- Sasha vuole andare a dirlo anche agli altri, ma non farà in tempo, finirà per morire anche lei» Takuma rimase in silenzio spostando lo sguardo sulla corvina trovandosi d'accordo con lei.
«Se c'è un modo, anche solo una possibilità di salvarli dobbiamo provare»
«Dobbiamo? Facile dirlo, tu terrai il tuo culo comodo sul bus perché poverino ti sei fatto male alla gamba mentre sarà Sasha a rischiare la vita» Disse con tono sarcastico e alterato puntando il dito verso l'uomo.
«Smettila» Disse Sasha, ancora irritata. Si allontanò e si mise in posizione per correre. Hikaru, invece, senza speranze e consapevole del fatto che Sasha non l’avrebbe mai ascoltata, prese parola.
«Non morire o trovo un modo per ucciderti io» Non dovette neanche aspettare una risposta dato che la corvina iniziò a correre, ignorando completamente il suo commento. Nel mentre Hikaru rientrò nel bus e si sedette, potendo solo sperare che l’amica tornasse sana e salva.

Mentre correva non poteva fare altro che pensare e distrarsi da quello che stava succedendo. Doveva salvarli a tutti i costi, non poteva permettersi di lasciarli morire e non poteva morire lei.
Il comportamento di Hikaru le aveva dato particolarmente fastidio, all'oni se l'era fatto andare bene, ma questa volta, secondo Sasha, aveva esagerato.
Inizialmente le aveva dato l'impressione che non si fidasse, ma solo dopo, mentre ci rifletteva, si era resa conto che aveva solo paura per lei; anche da bambine sembrava quella che si preoccupava di più per l'altra.
Alle elementari avevano entrambe dei motivi per essere prese di mira dagli altri studenti. Hikaru era più alta della norma e il suo aspetto era insolito per gli altri bambini. Anche la corvina si differenziava dagli altri come caratteristiche fisiche, avendo tratti differenti, ma quello per cui veniva a volte derisa, erano i frequenti sbagli di pronuncia e l'accento marcato che aveva poi aggiustato col tempo. Le prese in giro verso di lei erano davvero rare in realtà, rispetto a quelle che riceveva Hikaru, evidentemente per via dei due caratteri opposti. Era ovvio che fosse più facile bullizzare qualcuno che non reagiva, con un carattere più mite e tranquillo, rispetto a chi aveva una personalità più audace ed esuberante, e da quando la corvina si era messa in mezzo quella volta, le prese in giro verso Hikaru erano diminuite. Sasha si preoccupava per lei e il sentimento era sempre stato ricambiato.

Era distesa supina, a braccia aperte, sul prato del parco giochi, sapendo che tanto la madre non si sarebbe arrabbiata se fosse tornata con la maglia piena di terra. Rimase sdraiata ad occhi chiusi quanto bastava per riprendere fiato, noncurante degli sguardi degli adulti che passavano di lì per chiamare i propri figli e fargli sapere che era ora di tornare a casa. Sentiva il viso caldo e le ciocche di capelli attaccate alla fronte per via del sudore.
Non voleva far preoccupare i genitori che, dopo averla accompagnata, si erano fidati a lasciarla lì con gli altri bambini, quindi allungò il braccio e diede un'occhiata all'orologio digitale che teneva al polso, ormai si era fatto tardi e, per quanto avesse voluto rimanere lì e giocare ancora, si rese conto che era l'ora di tornare a casa e avrebbe potuto benissimo andare da sola. Dopotutto, la distanza tra casa sua e il parco dov'era rimasta a giocare fino ad adesso era poca, uscendo da lì poteva benissimo vedere la sua abitazione e, in caso di necessità, i suoi genitori avrebbero potuto affacciarsi dalla finestra e sarebbero stati in grado di vedere che non le succedesse niente durante il tragitto.
Fece un respiro profondo e si mise seduta con le gambe distese, il parco si stava svuotando ormai, mancavano solo pochi bambini: alcuni che ancora si divertivano e altri che si lamentavano con le madri perché avrebbero voluto rimanere lì di più. La corvina si alzò in piedi e si passò il dorso della mano sulla fronte, prima di andare verso il cancello si soffermò di fronte ad una fontanella per rinfrescarsi. Dopo aver bevuto si asciugò mani e bocca con l'orlo della maglia e nel mentre iniziò a camminare sul sentiero del parco che conduceva al cancello.
Aveva le mani dietro la schiena ed una camminata saltellante mentre guardava gli alberi intorno a sé, canticchiando una melodia che le era rimasta in testa. Le risate degli ultimi bambini rimasti a giocare si attenuarono e lasciarono posto al fruscio delle foglie mosse dal vento, al canto dei grilli e al cinguettare degli uccelli.
La corvina si bloccò di colpo e si zittí quando notò un uccellino appena nato in mezzo al prato, che tentava di volare; Sasha spostò lo sguardo sull'albero più vicino all'animale e si avvicinò osservando ogni ramo alla ricerca di un nido. Appena lo trovò si rese conto che avrebbe dovuto arrampicarsi sull'albero per rimettere l'animale lì da dov'era caduto. Prese il volatile con delicatezza e si avvicinò alla pianta, sarebbe stato difficile salire con una mano sola, ma era disposta a farlo per aiutarlo. Guardò l'albero per qualche secondo, poi si decise a salire e, mentre procedeva, pensava progressivamente a dove mettere i piedi.
Con calma arrivò finalmente all'altezza del nido e per sua fortuna non soffriva di vertigini, dato che guardando in basso si rese conto di quando distasse da terra. Teneva un piede poggiato su un ramoscello poco robusto, mentre l'altro era saldo su un altro ramo, che stava sorreggendo il peso di tutto il corpo.
Gentilmente, mise l'uccellino nel nido, dove erano già presenti altri due cuccioli. Rimase qualche secondo incantata a guardarli e, quando si decise finalmente di scendere, sentí uno scricchiolio provenire da sotto di lei; non ebbe neanche il tempo di abbassare lo sguardo che il ramo che la sosteneva si spezzò improvvisamente, facendola cadere rovinosamente a terra. Strinse gli occhi e serrò i denti gemendo dal dolore, inspirò lentamente mentre decise di aiutarsi con le braccia per alzarsi un po' da terra.
Ancora frastornata, si passò la mano sulla parte superiore della testa e sospirò. Dopo pochi secondi provò ad alzarsi, ma quando fece leva sulla gamba sinistra sentí un dolore penetrante alla caviglia, che la obbligò a rimettersi seduta a terra facendola sbuffare rumorosamente.
Non sarebbe riuscita a tornare da sola, o almeno, ce l'avrebbe fatta se avesse strisciato, ma non aveva intenzione di trascinarsi fino a casa.
Si guardò in giro ma non c'era anima viva, persino gli ultimi bambini ormai erano andati via.

Rimase lì per almeno cinque minuti, con la testa tra le mani, nonostante a lei sembrava passata un'eternità. Si girò di scatto quando sentì dei passi provenire da dietro di lei.
«Hikaru!» Esclamò la corvina con un sorriso sollevato in volto mentre l'albina si avvicinò a lei con uno sguardo preoccupato e confuso per poi chinarsi alla sua altezza.
«Cosa ti sei fatta?»
«Sono caduta da un albero -Rispose con una risatina nervosa- mi sono fatta male alla caviglia, non riesco a camminare» Concluse lei passandosi una mano sulla nuca, un po' in imbarazzo.
A questo punto lo sguardo di Hikaru si spostò sull'albero in questione e pensò per un attimo a cosa fare. Dopo qualche secondo di silenzio decise di parlare.
«Posso portarti a casa se vuoi, basta che mi indichi la strada» Sasha rimase in silenzio per un attimo, come se avesse avuto altra scelta. Dopotutto la strada non era tanta e l'albina non avrebbe dovuto fare troppa fatica, quindi decise di accettare, facendosi trasportare sulle spalle e ringraziandola, sorridendole gentilmente. Dopo essere uscite dal parco, Sasha le indicò la casa, la strada era abbastanza corta, solo un po' ripida, ma Hikaru annuí, riprendendo a camminare.

«La prima volta che ci siamo incontrate mi sono dimenticata di chiederti di dove sei, non sembri giapponese» Domandò l'albina con un tono calmo e tranquillo, rompendo il silenzio.
«Italia» Rispose con un sorriso allegro e vivace. Non le diede neanche il tempo di fare altre domande, che subito la corvina iniziò a spiegare il perché si trovasse in un altro paese.
«I miei genitori sono stati promossi e lavorando in una multinazionale, avevano la possibilità di scegliere dove andare tra vari paesi. Per fortuna hanno deciso di crescere me e i miei fratelli parlando anche in inglese, così non abbiamo mai avuto grossi problemi a comunicare qua in Giappone anche senza sapere la lingua. Tutto quello che sappiamo l'abbiamo imparato qui a forza di sentire gli altri parlare» Concluse lei con un grosso sorriso in volto.
Hikaru rimase ad ascoltarla, sorpresa, trovava davvero affascinante la sua storia.
«Che figo, poi penso che la tua pronuncia non sia brutta come dicono, è particolare, mi piace!» Affermò con un sorriso a trentadue denti che venne immediatamente ricambiato.

Erano finalmente arrivate e dal cancello di casa uscì una ragazzina, anch'essa dai capelli corvini, solo più lunghi e lisci rispetto a quelli di Sasha. Appena incontrò il suo sguardo fece un sospiro di sollievo e si avvicinò alle due bambine.
«Ester? Che fai qui fuori?» Domandò Sasha abbastanza confusa.
«Stavo venendo a cercarti. Perché hai fatto così tardi? Ci stavamo preoccupando, ma poi che ti sei fatta?» Rispose seccata la ragazza facendo sbuffare la bambina.
«Mi sono fatta male alla caviglia e Hikaru mi ha portato qua a casa» Rispose infastidita dalla predica della sorella, consapevole che non sarebbe stata l'ultima. Ester sospirò passandosi una mano sulla fronte.
«Beh, grazie mille, Hikaru» Disse prendendo in braccio la sorella minore e sorridendo gentilmente all'albina. Hikaru fece un leggero inchino e si alzò subito dopo.
«Non c'è di che, è stato in piacere, a domani Sasha» Sorrise gentilmente e dopo aver salutato con la mano l'amica si diresse verso casa.

I pensieri di Sasha vennero interrotti quando si accorse di aver corso per venti minuti buoni e decise di controllare quanti metri avesse fatto: senza fermarsi prese in mano il telefono vide che aveva percorso 5 km, ma degli altri ancora nessuna traccia, così aumentò il passo sperando di raggiungerli in prima possibile. Passò davanti ad un tavolo con appoggiate delle borracce e per quanto in quel momento avesse voluto bere, non poteva perdere tempo e soprattutto, non si fidava molto.

Da quando era partita, si fermò solo una volta: la galleria era più buia rispetto a prima e piena di auto, ma quello che la fece fermare fu una pozza di sangue sulla strada. Rimase immobile per qualche secondo, ma decise poi di avvicinarsi. Riconobbe Seizan, uno degli amici di Takuma; rimase sconcertata, più che altro, per un puma disteso in parte all’uomo, ma Sasha non si preoccupó troppo, dato che l’animale era ormai morente per colpa di tutte quelle che le sembravano delle pugnalate e, in più, guardandosi intorno, non vide gli altri, per questo pensò che fossero andati avanti. Diede un’ultima un’occhiata ai due per poi ricominciare a correre.
Aveva corso per chilometri ormai e non aveva ancora trovato nessuno, di vivo almeno, ma l’idea di arrendersi non le aveva minimamente sfiorato la mente, doveva e voleva aiutarli. Aveva il cuore a mille e le gambe che sembravano andare a fuoco, ma aumentò comunque la velocità quando vide in lontananza la figura di un ragazzo che sembrava spingere una moto; fece un "ultimo" sforzo e, finalmente, lo raggiunse.
Appoggiò le braccia sul manubrio della moto e cercò di riprendere fiato ma, dopo poco, si accorse che mancavano gli altri due. Alzarono lo sguardo all'unisono e si guardarono negli occhi.
«Dove sono gli altri?» Chiese lei esasperata, respirando affannosamente con la bocca cercando di prendere più fiato possibile.
«Sono andati avanti, durante il tragitto abbiamo trovato questa moto con dentro il carburante, la sto portando al bus per salvare anche Takuma -Rimase zitto per qualche secondo  soffermandosi sul suo viso- che cosa è successo?» Chiese preoccupato riferendosi agli ematomi che aveva sul viso mentre la guardava riprendere fiato piegata sulla moto. La ragazza tenne lo sguardo puntato su Arisu, gli occhi sbarrati dall’esasperazione. Strinse i manubri con tutta la forza che aveva. Non ce la faceva più.
«Te lo spiego mentre andiamo» Non potevano perdere altro tempo a chiacchierare, si mise dalla parte opposta in cui si trovava Arisu e prese un manubrio per aiutarlo e iniziarono a portare la moto verso il bus.
«Il traguardo è il bus, è sempre stato scritto sulla fiancata. La distanza segnata sul telefono, è quella che manca per arrivare al traguardo» Rispose senza piú fiato, le gambe ormai stavano cedendo e ogni tanto barcollava, non aveva mai corso così velocemente e per così tanto tempo in tutta la sua vita. Il ragazzo annuì, capendo la situazione, ma Sasha non aveva risposto a tutto, per questo le richiese cosa fosse successo, in modo più specifico questa volta.
«Cos’hai fatto alla faccia?»
«Io e Hikaru abbiamo litigato. Non voleva che venissi a spiegarvi la situazione, pensava che il tempo non sarebbe bastato» Rispose distogliendo lo sguardo verso il basso aumentando il passo. Arisu si limitò ad annuire e aumentó anche per starle dietro, aveva capito che non voleva parlarne.

Quando arrivarono finalmente al bus, nessuno controlló nemmeno il tempo rimasto, mentre Arisu si affrettò a mettere la benzina. Takuma non perse tempo e, appena il ragazzo entrò, accese il veicolo e partì.
Sasha invece, esausta, si apprestò a salire lasciandosi cadere sul primo sedile che c’era. Le gambe le bruciavano e tremavano, iniziò a massaggiarle gemendo leggermente dal dolore. Hikaru che si era seduta in fondo si alzò raggiungendo gli altri tre rimanendo in silenzio. Sospirò, sollevata del fatto che Sasha fosse sopravvissuta al tentato suicidio e fu lí che capì che era inutile farle da mamma chioccia dato che, per prima cosa, Sasha avrebbe continuato a non ascoltarla e, seconda cosa, nonostante fosse una cogliona, sapeva quel che faceva. Si rese conto che era inutile prendersela con quelli che le “facevano rischiare la vita”.

Hikaru si alzò mettendosi vicino al posto del guidatore, vicino a Sasha e all’uomo che guidava, rimase anche lei a guardare cosa stesse succedendo dal vetro davanti,  mise una mano sulla spalla a Sasha, non era molto espansiva quando c’erano persone che non conosceva, e quindi quello fu una specie di abbraccio nonostante sapesse che non avrebbe ricambiato perché ancora offesa, non disse niente, sapeva che le sarebbe passata.
Dall’altra parte, Sasha si spostò, le dava fastidio come l’albina le stesse sempre attaccata, capiva che si preoccupava ma alla fine non era un suo problema.
Dopo un po’ di strada notarono Usagi correre verso di loro, e dietro di lei delle onde d’acqua; Arisu si sporse dal veicolo ma con le mani sudate non riusciva bene a reggersi, con lo stupore del ragazzo e di Sasha, Hikaru gli si mise dietro e gli afferrò saldamente la mano per far sì che non cadesse, da parte sua Arisu ricambó la stretta. Allungò un braccio verso Usagi con l’intento di aiutarla a salire. Chiuse le porte appena in tempo, ci fu un forte impatto e passarono vari minuti quando il gruppo decise di uscire dal bus e, quando lo fece, gli occhi di tutti si posarono sul veicolo, più precisamente sulla fiancata. L’unica che non sapeva ancora niente era Usagi, che guardò gli altri e prese parola.
«È sempre stato il traguardo?» Aveva il fiatone, il respiro corto e come Sasha le gambe indolenzite, e fu lì che notò l’enorme graffito che c’era sulla fiancata.
«Già» Si limitò a rispondere Hikaru mentre rimase a guardare la fiancata.
«E allora, cosa misurava il telefono?» Continuó Usagi guardando lo schermo.
«La distanza dal traguardo, doveva sempre essere zero» Concluse Sasha iniziando a scendere dal bus.

«Game Clear, congratulations»

Sasha rimase lì vicino nel caso avesse dovuto dare una mano a qualcuno a scendere, ma l’unico che ebbe bisogno di aiuto fu Takuma che, con la caviglia slogata, ebbe piú difficoltà. Quest’ultimo si allontanó e Arisu prese parola.
«Dove vai?»
«Chi lo sa? Non lo so neanche io. Se saremo ancora vivi, vediamoci da qualche parte, ok?» Disse lui per poi zoppicare via.
Uscirono dal tunnel e tornarono al rifugio. I tre erano talmente stremati che, non appena videro i materassi, ci crollarono sopra. Hikaru, anche se meno degli altri, era comunque stanca quindi si mise sul materasso, non prima però di aver coperto tutti e tre con le coperte.

La prima a svegliarsi fu Hikaru, che decise di andare fuori e appoggiarsi ad una ringhiera a guardare il panorama. L’albina prese dalla tasca un pacchetto di sigarette ancora praticamente pieno. Ne prese una e iniziò a fissare il filtro con uno sguardo assente. La fiamma tremolante dell'accendino illuminò per un attimo il suo viso, facendo scintillare i suoi occhi ambrati. Una volta accesa, se la  mise in bocca, inspirando profondamente. Sfrigolava sulla punta della lingua e il fumo le riempì i polmoni. Chiuse gli occhi, lasciando che la calma soffocasse la sua ansia. Una spirale di fumo sottile uscì dalle sue labbra, disperdendosi nell'aria. Si appoggiò con tutto il peso alla ringhiera con un sospiro, fissando il vuoto.

Dopo qualche minuto la seconda persona che si svegliò fu Usagi, preparò la colazione per tutti e tre visto che non vide l'albina e quando fu pronta andò da Sasha e Arisu che stavano ancora dormendo, scuotendoli leggermente.
«Ho preparato la colazione, forza alzatevi» Disse mettendogliele accanto. Il volto di Sasha era teso e scuro come una nuvola temporalesca. Le sue labbra erano tese, contorte in una smorfia di rancore e la sua espressione era carica di rabbia. I suoi occhi erano due fessure scure che brillavano di una furia contenuta pronta ad esplodere. I suoi lineamenti erano come scolpiti nella pietra, senza alcuna traccia di emozione o gentilezza. Arisu e Usagi si scambiarono uno sguardo complice, qualcosa diceva loro che in quel momento era meglio non parlare alla corvina, né di Hikaru né di nient'altro. Si mangiò in religioso silenzio, la tensione era talmente palpabile che si poteva tagliare con un coltello. Non vollero nemmeno parlare tra loro due, non trovando la cosa corretta nei confronti di Sasha.

Finito di mangiare uscirono dove c'era anche Hikaru che si era accesa la seconda sigaretta, quando sentì il rumore di una porta aprirsi, si girò verso di loro, la raggiunsero e si appoggiarono tutti alla ringhiera. Dopo qualche minuto di contemplazione del panorama, Usagi prese parola.
«La spiaggia…» Disse con tono pensoso e prese subito parola Arisu.
«Forse le persone scomparse sono li»
«Che sia un rifugio d'emergenza?» Il suo tono era dubbioso, con una sfumatura di incertezza che induceva a pensare che lei non fosse sicura delle sue parole. La sua voce era leggera e tremante, come se stesse cercando le parole giuste da dire, ma non riuscisse a trovarle. La sua parlata era lenta.
«Non lo so…ma di sicuro li troveremo delle risposte. Voglio credere alle parole di Karube. Voglio vendicare tutti loro, fermare la mente che si nasconde dietro questa follia e far tornare tutto com'era prima. Voglio sopravvivere… -Disse girandosi verso le tre ragazze- e per farlo -Si voltò nuovamente verso l'acqua- devo raggiungere la spiaggia» Disse con un tono teatrale, come se stesse girando una scena drammatica, Hikaru e Sasha, senza saperlo, pensarono la stessa cosa: mancava solo una musica di sottofondo e una luce diffusa a rendere la scena piú misteriosa.
Dopo qualche minuto a contemplare il paesaggio decisero che era ora di andare. Mentre camminavano trovarono due biciclette e decisero che avrebbero usato quelle per viaggiare, ma essendo solo due avrebbero dovuto utilizzarle in coppia, Usagi e Arisu andarono avanti lasciando sole le due ragazze per dar loro modo di chiarire, sperando che non picchiassero nuovamente.
Hikaru si chinò a raccogliere la bici e rimase con le mani sui manubri, si fermò a guardare Sasha che faceva finta di trovare interessanti i fili d’erba per terra. Prima o poi quel momento sarebbe dovuto arrivare, appoggiò la bici ad un albero lì vicino.
«Ti chiedo scusa, in questi giorni mi sono comportata in modo esageratamente protettivo, e ho finito per superare il limite, ma non voglio perderti, sei la mia migliore amica, e il solo pensiero che tu possa rischiare la vita mi fa perdere il controllo. Quindi ti chiedo nuovamente scusa e ti prometto che ti lascerò fare quello che pensi sia più giusto, nel limite del necessario, per esempio, se inizi a tirare la corda con qualcuno ho il diritto di zittirti. Però comunque se ne avrò la possibilità oltre a lasciarti fare quello che pensi sia più giusto proverò ad aiutarti»
Sasha rimase a guardare l’albina mentre si scusava, quando finì, distolse lo sguardo e sospiró. Ripose lo sguardo su Hikaru.
«Ok, ora prendi la bici e raggiungiamo altri, a meno che tu non voglia farla a corse»
Hikaru sorrise e prese la bici mettendosi davanti, aspettò che Sasha si sedette, sorrise anche lei e si apprestò a tenersi a lei per non cadere, rimase in silenzio e le tirò una sberla sulla schiena seguita da un testata e iniziò a pedalare raggiungendo gli altri.
Arisu e Usagi furono felici di vederle nuovamente unite come al solito.

Continue Reading

You'll Also Like

8.9K 732 44
Ilaria è una ragazza di 20 anni che non aveva mai pensato di poter trasformare la sua passione per la musica in un lavoro finché non è entrata ad Ami...
incontri By mad

Fanfiction

21.9K 1.4K 15
raccolta di os della socmed twitter (simone modello e manuel giornalista)
8.9K 1.9K 38
Can e Demet sono due agenti speciali,che si ritroveranno a risolvere insieme il caso del dipinto rubato durante una notte, al Museo di Atatürk della...
1.6M 50.3K 72
"Moriremo tutti prima o poi, indipendentemente dalla malattia" La mia poteva sembrare una semplice scusa. Ma la verità era che non ero pronta per d...