Midnight

By evie_stories_

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«Cosa stai nascondendo al mondo intero, Travis?» «Perché non vieni a scoprirlo?» Jade, ragazza di diciannove... More

Prologo + booktrailer
cast
Capitolo 1
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5

Capitolo 2

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By evie_stories_

Arriviamo a destinazione dopo non so quante ore di viaggio e il fatto di doversi abituare al fuso orario dell'Illinois non aiuta. Mi sento in hangover, come se avessi bevuto tre litri di vodka liscia tutti d'un fiato e dovessi affrontare adesso i postumi dopo la sbornia; Queste "trasferte di volo" sembrano non finire mai.

Inizio a sentire le famosissime basse temperature dell'Illinois e forse rimpiango quelle della Florida, ma è stata una mia scelta venire qui. E sicuramente non sarà un po' di freddo a farmi cambiare idea. Sto ancora vagando per l'aeroporto in cerca dell'uscita, con mio fratello che si lamenta della mia valigia che pesa troppo e per cui è stato "gentilmente corrotto" a trainare al mio posto, insieme ai suoi bagagli ovviamente.

«Ti prego dimmi che almeno mi hai trovato una sistemazione temporanea e non dovrò dormire sotto a un ponte come i barboni.» dice con il fiato corto mentre imbocchiamo l'ennesimo corridoio che indica l'uscita. Cavolo, questo aeroporto è enorme, sembra un labirinto.

«Se ti dicessi di no cambieresti idea di avermi seguito in questa follia?» dico con tono ironico e lo sento arrestarsi di colpo dietro di me, e per poco non mi finisce addosso con tutta la roba.

«Dimmi che stai scherzando ti prego, non ho attraversato mezzo continente per seguirti in una follia di cui neanche sei certa di un passo che fai.» si sta alterando, perfetto.

«Si, sto scherzando tranquillo. A dire il vero devo dirti una cosa.» annuncio mentre usciamo finalmente dall'aeroporto e tento di richiamare l'attenzione di un taxi che ci porti in centro città.

«Ti ascolto.» dice mentre si accende la sua Chesterfield e mi passa il pacchetto, che gentilmente rifiuto e tiro fuori dal mio una Winston blue.

«Ti ricordi due mesi fa, quando ho ricevuto la lettera di ammissione alla Columbia University di Chicago?» soffoca una risata nel palmo della mano prima di rispondermi: «come dimenticarla, sembravi una bambina che aveva appena ricevuto un peluche enorme come regalo di Natale. Avevi gridato il mio nome a pieni polmoni e per lo spavento sono pure caduto dal divano mentre dormivo tranquillo e sono corso in camera tua per capire cosa fosse successo di così inaspettato. Appena sono entrato mi sei saltata addosso e ti sei attaccata al mio collo urlando euforicamente "ce l'ho fatta, mi hanno presa! Andrò a Chicago!" Quindi sì, direi che quella scena me la ricorderò a vita.» conclude aspirando dalla sigaretta e indicandomi con un sorriso a trentadue denti.

«Ecco, esattamente. Dopo averti fatto prendere un infarto non richiesto ho iniziato a guardare qualche alloggio poco distante dal campus, in caso in cui non sarebbe uscita la lista delle camere al dormitorio per tempo e ne avevo trovato uno abbastanza buono. A sole dieci miglia dal campus.» faccio un altro tiro prima di proseguire e fisso mio fratello che sembra abbastanza perplesso. «Qualche settimana dopo però mi è arrivata una mail dalla segreteria del campus, contenete gli orari dei corsi e l'assegnazione delle stanze, a quanto pare avrò una compagna più grande di un anno, che proviene dal Messico e se non ricordo male si chiama Sophie Cruz o Carrera. Il cognome non sono certa di quale sia esattamente.»

«continua.»

«Solo che in quel lasso di tempo tra l'ammissione e quella e-mail avevo già contattato il proprietario della casa per informarmi sulla pozione dell'alloggio, i prezzi e le diverse spese. Così al posto di dare il mio nominativo come possibile acquirente per l'acquisto, ho dato il tuo. Ho chiesto al proprietario un incontro di persona oggi stesso, per vedere se la casa ti potrebbe interessare o meno. Ha accettato e so che è completamente folle questa cosa, però ciò lo puoi considerare un mio regalo di benvenuto a Chicago.» Appena finisco di parlare, mio fratello rimane con la sigaretta tra le labbra e lo sguardo sorpreso. Tentando di capire esattamente cosa dire in questa situazione o come formulare una frase di senso compiuto.

Mentre lui biascica qualche parola incomprensibile, io faccio fermare un taxi davanti a noi e appena l'autista scende, mi faccio aiutare per caricare tutta la roba nel bagagliaio.

«Tu sei completamente pazza. Come ti è saltata in mente una cosa del genere? Tu non solo mi hai trascinato fin qui e mi hai convinto in questa follia che ci porterà alla deriva, ma hai anche acquistato un appartamento per me. -A mia insaputa tra l'altro. - Senza sapere se avrei accettato il tutto o no?»

«Sapevo che avresti accettato, in un modo o nell'altro. Quindi ho deciso di fare di testa mia, come al solito. Ah, e non è tutto.» dico mentre entriamo nel taxi e indico all'autista l'indirizzo da raggiungere per arrivare all'appartamento.

«Non mi sorprendo più ormai, che cazzo hai combinato ancora?» dice mentre torna in sé e tenta di mantenere la calma.

«Mi sono fatta aiutare da Logan per riuscire in quest'impresa, lo ammeto. Ma sappi solo che frequenterai l'ultimo anno di liceo alla Chicago high school. Logan tramite diversi programmi di informatica è riuscito ad inserirti nell'appello del nuovo anno scolastico, senza che nessuno si insospettisse della cosa. E per di più la tua scuola dista circa cinque fermate della metro dal campus, puoi venire a trovarmi quando ti pare. Oppure decidere di riprendere un aereo, tornare a Miami e spifferare ogni cosa ai nostri genitori, a te la scelta.» dico con tono severo ma deciso e attendo una sua risposta, che seppur con i nervi a fior di pelle di Alec non tarda ad arrivare.

«Tu. Tu. Tu. Sei...»

«La tua magnifica sorella maggiore, che farebbe di tutto per te, persino queste cazzate. Morirebbe per te e che adori tanto.» lo incalzo con un pizzico di ironia.

«Sei davvero irrecuperabile, vediamo questo fottuto appartamento e poi ti dirò se resterò qui o me ne tornerò a Miami. Io mi arrendo, non so più come faccio a sopportarti dopo tutto.»

Lancio un piccolo gridolino di gioia mentre lui si arrende alla sua sorte accanto a me, segnata da sempre. Siamo come cane e gatto, ma quando vogliamo possiamo essere tutto, fratelli e migliori amici, che separati sono deboli, ma uniti sono una cosa sola.

Fisso il mio polso destro e dopo aver spostato l'orologio ammiro ancor di più il tatuaggio che gli ho dedicato. È una A scritta in corsivo e con a fianco una radice di una piccola rosa che sta sbocciando, la quale simboleggia ciò che entrambi abbiamo passato è ciò che affronteremo in futuro. È come se indicasse che "una rosa appassita e senza spine ormai ha smesso di lottare, ma perché smettere se può rinascere dalle sue ceneri come una fenice?" Ho deciso di dedicagli questo regalo per il suo diciottesimo compleanno, il quale è stato celebrato alcuni mesi fa.

Lui ha lo stesso tatuaggio, nello stesso punto, con l'unica differenza che ha una J come lettera. È uno dei pochissimi veri regali che gli ho fatto, oltre ovviamente a questi di Chicago. Il giorno del suo compleanno sono entrata in camera sua mentre dormiva, e tramite una specie di caccia al tesoro con delle buste che avevo sparso per la villa, l'ho fatto arrivare al traguardo. Un bigliettino con sopra disegnati i due tatuaggi e il giorno dell'appuntamento per andargli a fare. Insieme a una lettera a lui dedicata. Grazie a questo tatuaggio sono riuscita ad esprimere tutto insieme, tutte le parole o i fatti che non gli ho mai dimostrato realmente. Sono semplicemente incisi sulla nostra pelle.

***

Quando l'autista si ferma davanti a un palazzo alto e vertiginoso capisco che siamo arrivati a destinazione, dopo averlo pagato scendiamo e ci dirigiamo all'ingresso.

La hall del palazzo ricorda un locale di Miami in cui vado spesso. Ha le pareti bianche di marmo, alcune poltrone di velluto rosso messe vicino a dei tavolini con delle riviste sopra. Un bancone enorme con una parte placcata in oro e il resto è di un marmo scuro, quasi nero. Sulla destra ci sono le scale che conducono ai piani superiori, anch'esse di marmo e con il corrimano in legno scuro. Delle piante finte costeggiano le poltrone e quello che suppongo essere l'angolo bar dietro esse.

«Buon pomeriggio.» Sento una voce alle mie spalle e quando mi volto vedo un uomo che si dirige verso me e mio fratello. «Deduco che lei sia la ragazza che doveva venire oggi a vedere l'attico.»

«Si sono io, Jade Miller, molto piacere. Lui è mio fratello Alexander, ma lo può semplicemente chiamare Alec.» dico porgendo la mano all'uomo per presentarmi e dopo mio fratello fa la stessa cosa.

«Molto piacere, io sono Robert Smith, il proprietario di questo palazzo.» dopo essersi presentato ricomincia a parlare: «La casa ha già gli immobili, però se qualcosa non è di vostro gradimento può essere cambiato in ogni occasione. Si trova al terzo piano e vi potete arrivare usando le scale o l'ascensore.» dice mentre cammina davanti a noi e ci porta davanti all'appartamento.

«Queste sono le chiavi. Inoltre, al piano di sotto abbiamo anche l'angolo bar e a pochi metri da qui c'è la stazione dei treni.» apre la porta e quando entriamo restiamo senza fiato, altro che attico, questa è una villa in miniatura.

All'ingresso si trova un attaccapanni e un piccolo mobiletto bianco dove poter appoggiare le chiavi. Successivamente ci conduce nel bagno e alla camera da letto. Entrambi con pareti di marmo chiaro, con qualche dettaglio in oro e sono abbastanza spaziosi. Il letto è matrimoniale ed è piazzato sotto ad un quadro che raffigura la città di Chicago in bianco e nero. Il bagno ha una doccia spaziosa e con i vetri oscurati. Dalla stanza da letto si accede a un balcone ampio che dà la vista sul lago dell'Illinois affiancato da alcuni palazzi. Oltre alla camera e il bagno c'è anche un salotto con tanto di televisore al plasma di ultima generazione attaccato al muro, divano ad angolo nero molto spazioso e diversi quadri sul muro. Una cucina con tanto di angolo bar fatto a pensile. Per concludere c'è anche una piccola biblioteca vicino al letto.

«Wow, non so cosa dire. È bellissimo, non ho parole.» esclama mio fratello alle mie spalle, come un bambino incredulo e io senza darlo a vedere sorrido. Sono felice per tutto ciò, se lo merita questo posto. Credo che stia pensando a perché ha accettato di seguirmi in questa follia, però non lo dà a vedere.

«È davvero un bell'appartamento. Forse uno dei migliori del palazzo. Sua sorella lo ha scelto davvero bene, ha buon gusto e deve volerle molto bene per acquistare un intero attico solo per lei.» dice l'uomo riferendosi a Alec, come se io non fossi dietro di lui.

«Può portare le carte da firmare per l'appartamento? Lo prendo.» annuncia Alec all'improvviso.

«Benissimo, torno subito.»

«Ed io che pensavo di aver scelto uno sgabuzzino come alloggio.» dico con una punta di ironia rivolgendomi a mio fratello. Lui non risponde, mi abbraccia solamente e mi ringrazia.

Dopo che le carte sono state firmate, aver salutato Alec e Robert, io esco dall'appartamento e mi dirigo a prendere un altro taxi per arrivare finalmente all'università.

***
Un'ora dopo mi trovo davanti al campus con i bagagli poggiati a terra vicino a me, ed una cartina per capire dove si trovino i dormitori e la segreteria, questo posto è enorme. Più grande di quanto pensassi.

Mentre mi guardo intorno sento qualcosa, o meglio qualcuno che senza volere mi finisce addosso. «Oddio scusami, non ti avevo vista.» dice la ragazza che è inciampata inizialmente sulla mia valigia e poi mi è finita addosso.

«Non ti preoccupare. Neanche io stavo guardando dove mettere i piedi, ero troppo impegnata a tentare di capire qualcosa da questa maledetta cartina.» dico mentre la aiuto a rialzarsi da terra.

«Forse se non la tenessi al contrario riusciresti anche ad orientarti.» enuncia trattenendo una risata.

«Forse sì.» non riesco a nascondere un velo di imbarazzo che mi è spuntato sul volto.

«Dove sei diretta? Magari ti posso indicare la strada per arrivarci, o accompagnarti. Sempre che non ti dia noia essere accompagnata da una che ti ha impolverato un paio di jeans che da bianchi sono passati a marrone chiaro.» scoppio a ridere e accetto di farmi accompagnare da lei, magari riuscirò a farmi anche un'amica sin dal primo giorno.

«Comunque sono Jade, Jade Miller.» mi presento porgendole la mano e iniziando a camminare verso il giardino del campus.

«Meredith Harrison, molto Piacere. Ma puoi semplicemente chiamarmi Mer.» si presenta a sua volta e solo adesso noto quanto è bella questa ragazza. Poco più bassa di me, capelli castani scuri e tagliati poco sopra le spalle, occhi verdi come due smeraldi al sole, qualche lentiggine sparsa sul viso ed un anellino al lato sinistro del naso. Pelle ambrata e liscia. Ciò che mi colpisce di più è un tatuaggio sull'avambraccio destro, una frase di Avicii che personalmente amo "Live a life you will remember". Vivi una vita che ricorderai. È scritta in un corsivo talmente tanto fine da vedersi a malapena. Indossa un top rosso con dei leans a zampa neri e leggermente strappati sulle ginocchia, un paio di converse nere e un giacchetto di jeans corto, bianco e con delle borchie sulle spalle.

«Sei al primo anno?» domanda mentre attraversiamo un piccolo ponte sopra un ruscello poco distante da noi.

«No, sono al secondo. Però il primo l'ho fatto a Boston in un'università che odiavo e non mi piacevano i corsi. Ho deciso di cambiare per inseguire i miei sogni, sai, vorrei diventare architetta e qui so che c'è uno dei migliori campus per specializzarsi in ciò. Ed eccomi qui a tentare di realizzarli» confesso e lei mi ascolta.

Quando sta per ribattere sento una voce maschile in lontananza: «Guarda che culo ha quella rossa, e poi che tette.» a dirlo è stato un ragazzo che sta seduto su una moto non tanto distante da me e Meredith. È ricoperto di tatuaggi, dalla testa ai piedi. Ha i capelli castani pieni di gel per tenere fermo il ciuffo, due occhi talmente tanto verdi da sembrare due calamite. In mano ha una sigaretta e mi fissa come a capire se avrà una mia reazione o meno. Indossa un paio di jeans neri e strappati, un chiodo nero sopra una maglia bianca e le air force one bianche ai piedi. La frase che ha appena detto mi fa venire voglia di andare lì e tirargli uno schiaffo, a lui e ai suoi amici che gli stanno intorno e ridono per le sue parole.

Decido di avvicinarmi a lui e tutta quella sotto specie di banda che lo circonda, anche se non conosco nessuno di loro, decido comunque di rispondergli a tono: «Che c'è tesoro, mmh? Non hai mai visto un culo o delle tette? Sai, deduco che tu sei il classico cattivo ragazzo da cui tutte sono attratte per non si sa quale preciso motivo, ma se credi che sarò la tua prossima vittima ti sbagli di grosso. Che c'è? Vuoi per caso una foto del mio culo per poterci fare chissà quali sogni erotici durante la notte? Se la risposta è sì, beh ti consiglio di guardarmi mentre vado via e ricordarti di questo culo a vita. Altrimenti, se la risposta è no, smetti di fissarmi, fare commenti del cazzo su di me o addirittura su altre ragazze, sai è abbastanza fastidioso. Perché se non la smetti, caro mio, ti potrei ficcare negli occhi un paio di tacchi a spillo che ho in valigia, poi chissà come ti divertirai a non vedere più nulla.» 

Meredith vicino a me soffoca una risata appena finisco di parlare e lui mi incenerisce con lo sguardo per avergli tenuto testa. Sbruffone del cazzo, crede di poterle avere tutte solo schioccando le dita o guardandole passare. Che gran testa di cazzo.

«Amico ne hai trovata una che non ti cada ai piedi, ci scommetto cento dollari che ti farà innamorare come un pesce lesso o sarà la tua peggior condanna.» sento dire da uno dei suoi amici mentre giro i tacchi e mi avvio verso l'interno dell'edificio insieme a Meredith.

«Travis è proprio un coglione quando vuole. Ama stuzzicare le ragazze finché non gli cadono ai piedi, ma odia quando riescono a tenergli testa come hai appena fatto tu.» esordisce Meredith mentre varchiamo l'entrata del campus.

«Lo conosci?»

«Purtroppo, sì, è mio fratello. Per la precisione siamo fratelli gemelli, ma lui è più grande di circa mezz'ora. Per questo motivo crede di essere il grande Dio in persona con chiunque» ecco perché hanno gli occhi identici.

«Mi sono bastati circa dieci minuti per capire che siete l'uno l'opposto dell'altro.» non risponde, però mi chiede nuovamente il numero della mia stanza e ci dirigiamo verso gli ascensori.

«Abbiamo la stanza sullo stesso piano, solo che la tua si trova poco distante dall'ascensore. La mia invece è infondo al corridoio.»

«Saprò a chi rivolgermi per indicazioni e per lo studio, allora.» parlando ho scoperto che abbiamo le stesse passioni e entrambe sogniamo di diventare architette; quindi, deduco che da lunedì seguiremo gli stessi corsi.

«Con chi sei in stanza? Forse me lo hai accennato e non ti ho sentita.» afferma agitandosi leggermente davanti all'ascensore, il quale ancora non ha aperto le porte al nostro piano.

«Con una ragazza che frequenta anche lei il secondo anno, si chiama Sophie. Perché?» domando incuriosita mentre le mie dieci mila valigie entrano nell'ascensore insieme a noi.

«No nulla di importante, solo semplice curiosità.» non è sincera, lo vedo da come si è agitata sentendo il nome della mia compagna, però non voglio indagare troppo sulla sua vita. Quindi forse me lo dirà lei col tempo. Altrimenti rimarrò col dubbio a vita.

***

Arriviamo al primo piano e inizio a fissare i numeri sulle porte cercando la mia stanza, mentre Meredith si dirige nella sua e mi saluta.

«trentadue... mmh la trentadue, oh eccola qua.» mormoro a bassa voce, e l'unica cosa che voglio attualmente è entrare, buttarmi sul letto e dormire. Domani penserò a disfare le valigie, ho fatto anche troppe cose per oggi. Quando sto per mettere la mano sulla maniglia, la porta si apre all'improvviso e sulla soglia appare un ragazzo biondo, che credo di aver visto prima in cortile.

Un po' perplesso mi fissa, tentando di capire chi io sia e appena gli faccio cenno di dover entrare nella stanza lui si scansa di lato e mi lascia passare, non prima di aver annunciato della mia presenza a chiunque ci sia dentro: «Amore, credo tu abbia visite.» Dopo aver detto ciò si dirige agli ascensori come un fuggitivo. Credo per non farsi vedere dal custode che prima stava lavando il pavimento, con tanto di auricolari alle orecchie e balletti piuttosto discutibili.

Io sono ancora sulla soglia della porta, quando sento la voce di una ragazza provenire da dentro e in men che non si dica la vedo alzarsi in direzione della porta. «In che senso visite? Io non aspetto nessuno.» Appena mi vede si acciglia tentando di capire chi io sia.

«Oh ehm, scusami. Sono Jade, credo tu sia la mia compagna di stanza.» dico trattenendo una risata.

Lei inizialmente sembra persa nel vuoto, poi si ricorda che oggi dovevano arrivare le persone per l'assegnazione dei dormitori e si presenta a sua volta: «Scusami tu, non mi ricordavo minimamente che oggi doveva arrivare la mia nuova compagna di stanza. Comunque, molto piacere, sono Sophie Carrera-Jones, ma puoi chiamarmi solo Sop o Sophie. Prego, entra pure. Non stare lì sulla soglia come un palo della luce.» dice ridendo ed io faccio come ha detto, dopo averle stretto la mano. Mentre entro osservo prima lei e dopo l'arredamento della camera. 

Lei è leggermente più alta di me, ha la pelle ambrata e dei ricci scuri che le arrivano fino al fondo schiena, occhi color nocciola e qualche lentiggine sul viso, un corpo da far invidia persino a Belen Rodríguez e per concludere il piercing all'ombelico. Indossa una maglia corta a fascia, dei jeans schinny scuri e anfibi neri.

La stanza invece è più ampia di quanto la immaginassi, al lato destro si trova un letto a una piazza e mezzo tutto disfatto, con a fianco una finestra e la scrivania. Mentre a sinistra un letto uguale ma senza lenzuola o niente sopra, con la stessa scrivania e nel centro della stanza ci sono due puff con tanto di tavolino in vetro e televisore a muro. Due armadi e due specchi costeggiano i lati delle scrivanie, per concludere vicino al letto tutto disfatto si trova una porta bianca. Che deduco sia il bagno.

«Posso accompagnarti a fare un giro per il campus, almeno ti ambienti entro l'inizio del semestre.» si offre Sophie, mentre continuo a fissare il letto vuoto. 

«Si certo, non mi dispiacerebbe vedere meglio questo posto e conoscere un po' di gente.» mentre dico ciò sento il telefono nella mia tasca che vibra e annuncia l'arrivo di un messaggio.

«Beh, il mio ragazzo lo hai visto prima mente sgattaiolava via e tentava di non farsi vedere da Carl, il custode.» dice tentando di trattenere una risata, che però le sfugge a stento.

«sì, l'ho notato, è stata abbastanza bella come scena.» ammetto mentre estraggo il telefono e lo sblocco per leggere il messaggio che è arrivato.

"Com'è la Spagna? Logan mi ha scritto prima per dire che siete arrivati e vi state godendo il sole." il messaggio -fin troppo falso- di mia madre mi lascia di spiazzo, si mamma la Spagna è splendida. Peccato che sono da tutt'altra parte. Sono abbastanza tentata di dirle la verità, ma forse è più bello l'effetto sorpresa. Specialmente sarà bellissimo il casino che succederà dopo che scopriranno tutto, non vedo l'ora.

«Usciamo a fare un giro?» domando a Sophie.

«Pensavo volessi disfare i bagagli prima.»

«Per farlo ho tempo, adesso voglio vedere questo posto.»

«Allora andiamo.»

***
Spazio autrice

Ahi ahi, Jade non ha neanche messo bene piede al campus che ha già individuato il suo nuovo nemico, lo spavaldo cattivo ragazzo, Travis Harrison. Ma chi lo dice che per forza questi due si odieranno? Magari nasce qualcosa, chi lo sa? Si vedrà solo col tempo e con lo scorrere della storia. Come sempre spero vi stia piacendo e se è cosi, se avete voglia, potete lasciare un commento o una stellina per supporto.

Inoltre, se vi possono interessare questi sono i miei profili social, dove posto regolarmente contenuti e nuovi aggiornamenti riguardo la storia:

Instagram: evie_stories_

Tiktok: evie_stories_

Per concludere vi lascio sotto anche gli orari in cui aggiorno la storia:

durante l'inverno -> martedì alle 19 e domenica alle 20.

durante l'estate ->lunedì alle 15, mercoledì alle 16 e venerdì alle 17.

Ci vediamo al prossimo capitolo, un saluto e un abbraccio!

Evie!

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