Carnivorous

Von Mari_Blackstar

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[COMPLETA] La vita è fragile quanto la morte è tenace. Maeriyel impara questa lezione da bambina, quando mani... Mehr

EXTRA - Premesse & Moodboard
Prologo
Capitolo 1 - Mietitura
Capitolo 2 - Un cadavere tra i cadaveri
Capitolo 3 - Per il bene di Hedea
Capitolo 4 - Uccidere o essere uccisi
Capitolo 5 - Macabri trofei
Capitolo 6 - Il suo fiato sul collo
Capitolo 7 - Mostro senza cuore
Capitolo 8 - Come il fuoco
Capitolo 10 - L'hai voluto tu
Capitolo 11 - Lacrime, dolore e sangue
Capitolo 12 - Paradiso
Capitolo 13 - Pianta carnivora
Capitolo 14 - Morte e vita
EXTRA - Ringraziamenti & Curiosità
Capitolo Extra - Fare la differenza

Capitolo 9 - Ane, urisma

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Von Mari_Blackstar

Aneurisma. Maeriyel non conosceva quella parola, ma l'aveva ripetuta così tante volte nella sua mente che adesso le sembrava piatta e vuota, priva di significato più di quando non le avevano ancora spiegato cosa volesse dire.

Non l'aveva capito. Non aveva davvero ascoltato, in realtà, perché le parole sfuggivano alla presa delle sue mani e non riusciva a trattenerle, tutte tranne quella, così difficile e aliena, che non ne voleva sapere di abbandonarla.

Aneurisma. Aneurisma. No, non era corretto. Ane e solo dopo urisma, perché tutto ciò che aveva capito era che quello nella mente di suo padre si era rotto.

Ane, urisma. Se l'era portato via senza preavviso, senza che Jérôme potesse fare nulla per salvarlo. L'aveva stroncato così rapidamente che era morto prima che la fisarmonica smettesse di suonare.

Solo pochi minuti prima era in piedi, con un bicchiere di birra in mano e il più dolce dei sorrisi sul viso segnato dall'età.

Sei stupenda, Mae-mae. L'abito nuovo ti sta benissimo.

La sua voce sembrava così distante, eppure nei ricordi di Maeriyel qualunque altro suono era assente. Non c'era musica, non c'era vociare di folla, non c'era sfrigolio di olio in ebollizione. Non c'era sua madre, non c'era Boyaque, non c'erano i suoi amici.

Solo lei ed Eumeric, l'unico che la guardava ancora con affetto, l'unico che le avesse offerto comprensione e gentilezza.

Grazie, papà.

Ane, urisma. Aveva un suono così bizzarro. Disarmonico. Ingiusto. Ogni morte lo era, ma quella era stata troppo improvvisa, insensata. Maeriyel sapeva dare una spiegazione alla morte di Hervé, aveva ripercorso quei passi così tante volte da saperli a memoria. Erano rami che si dipanavano in una moltitudine di se e ma, rimorsi e rimpianti, eppure cose che quantomeno riusciva ad afferrare e comprendere.

Sapeva dare una spiegazione anche alla morte di Trudault, ma cosa poteva dire di Eumeric? Cosa poteva dire lei, se persino Jérôme non aveva saputo dire con esattezza a cosa fosse dovuto?

A volte succede, Mae-mae. La vita è fragile, ecco perché è così preziosa. Bisogna proteggerla.

Erano le sole parole che ricordava. Così vecchie, eppure così assordanti nel suo cuore. Semi piantati che avevano dato frutti o terra bruciata su cui non cresceva più nulla?

Maeriyel era vuota, arida, assente. Non aveva versato una lacrima, come non ne aveva piante per Hervé; persino quelle sembravano mancare.

Il giorno in cui era morto il suo amico - d'estate, se ne andavano tutti d'estate, il periodo migliore per morire - il dolore era confuso e distante, una realtà che non sembrava appartenerle, Si era addormentato nei meandri del suo stomaco e riecheggiava solo nei suoi ricordi. Hervé era morto, però Maeriyel sentiva ancora la sua voce, la sua presenza; sarebbe rimasto sempre con lei e l'avrebbe osservata dal sole, dove sarebbe stato in pace e non avrebbe più sofferto. Era stato suo padre a dirglielo, e lei si fidava di suo padre.

Ma chi avrebbe assicurato lo stesso per lui, ora che Eumeric non c'era? Voci confuse le ripetevano le stesse cose, ma erano frasi che aveva sentito a ogni funerale, come messaggi scritti su un biglietto che tutti leggevano senza capire, preghiere scritte da chissà chi e pronunciate senza cuore.

False, erano tutte false. Come poteva capire a cosa credere senza la mano di Eumeric sulla spalla, senza la sua presenza a guidarla? Come poteva sopportare quel vuoto, il silenzio della sua assenza?

Persino il fuoco sembrava non emettere alcun suono. Non c'erano cadaveri, attorno a Eumeric: la riserva di legna che Maeriyel aveva creato tempo addietro era stata sufficiente per la pira, e ne fu sollevata. Non sarebbe stata in grado di creare alcunché, ma non sarebbe stata in grado neanche di sopportare altre morti.

Non era neppure certa di essere lì, non sapeva dire se quella ragazza vestita di nero con una candela in mano fosse davvero lei. La folla attorno a lei stava davvero cantando? Dov'erano l'odore di bruciato, il fumo che le solleticava le narici e le faceva bruciare gli occhi?

Sua madre le era di fianco, o da qualche altra parte, non ne era sicura. Piangeva e gemeva, sorretta dalle donne che prima l'avevano denigrata alle sue spalle e che ora le offrivano il loro conforto.

Falso, falso come tutto il resto, però Maeriyel non aveva neppure quello. Hervé non c'era, Eumeric non c'era, Lisaëlle si ricordava di essere sua madre solo quando doveva rimproverarla. Sua zia era troppo impegnata a piangere suo fratello e la sua famiglia si stringeva attorno a lei, non a Maeriyel.

Nemmeno i suoi amici erano rimasti al suo fianco. Si erano avvicinati con le famiglie a porgere le condoglianze e poi se n'erano andati. Suo padre era morto e loro l'avevano lasciata sola, abbandonata a causa di un litigio che non esisteva davvero.

Com'erano arrivati a questo punto? Erano mai davvero stati amici? Maeriyel avrebbe voluto chiederglielo, ma non aveva voce. Non aveva neanche pensieri, che arrivavano e si disperdevano come foglie secche al vento.

Poi una mano avvolse la sua, accarezzandole piano le dita.

«Te l'avevo detto, Mae-mae» sussurrò Boyaque, e la realtà tornò insieme a lui. «Siamo rimasti solo io e te.»

Maeriyel non lo guardò, ma neanche si ritrasse. Non ne aveva le forze. Quel giorno la sua anima era troppo vuota per angosce e ricordi, e persino la sua avversione a quel tocco era assente.

Distese la mano e intrecciò le dita con quelle di Boyaque, stringendosi al suo fianco. Non le sembrò di cadere; forse, al contrario, era l'unica cosa che la teneva ancora in piedi.



Maeriyel si rigirò nel letto quando sentì bussare alla porta. Erano trascorsi cinque giorni dal funerale di Eumeric, ma ancora non aveva voglia di uscire di casa né di vedere o parlare con qualcuno. Le altre famiglie si sarebbero prese cura di lei e Lisaëlle per una settimana, com'era tradizione: avrebbero preparato per loro i pasti a turno, si sarebbero occupati di pulire casa e di provvedere alla compagnia per tenere distratta la loro mente, in un continuo via vai che Maeriyel aveva evitato rintanandosi in camera.

Bussarono di nuovo. Chiunque fosse non si annunciò, ma di certo non era sua madre: Lisaëlle non si era presentata alla sua soglia neanche una volta. I suoi amici neppure, anche se Maeriyel aveva riconosciuto la voce di Talullah, che era ormai una seconda madre per Soleil.

Boyaque l'aveva cercata, ma lei non aveva mai risposto. La sua presenza la confondeva e non sapeva più cosa pensare di lui dopo il funerale. La loro relazione era sempre stata una linea retta, puro disprezzo avvolto da una patina sottile di malcelata tolleranza: anche se lui sembrava aver cambiato idea, lei lo odiava ancora.

Eppure sembrava essere l'unico rimasto al suo fianco. L'unico che l'aveva sostenuta quando tutto era crollato. L'unico che si fosse preoccupato quand'era lei ad avere bisogno di aiuto. Sembrava assurdo, ma l'ultimo da cui si sarebbe aspettata premura era anche l'unico disposto a dargliela.

E non le piaceva il groviglio ingarbugliato in cui si era trasformata quella linea.

Smisero di bussare. Maeryel rilassò i muscoli in un sospiro e chiuse gli occhi, coprendo le gambe piegate al petto con la lunga gonna dell'abito nero. Aveva solo voglia di dormire, rigirarsi e dormire ancora, fino a perdere il conto dei giorni.

L'anta a scorrimento della finestra si aprì in uno schianto secco, spezzandole il fiato in gola. Maeriyel trasalì e alzò di scatto il busto dal letto, sgranando gli occhi verso l'unica apertura nella parete di foglie e fiori: Boyaque si assicurò che l'anta restasse aperta e si insinuò all'interno della stanza, scavalcando agilmente il cornicione.

«T'as rien dans le crâne!» urlò Maeriyel, spingendosi indietro fino a toccare la parete con la schiena. «Che stai facendo?!»

«Entro in camera» disse lui, sollevando le spalle. Si mise in piedi e abbassò di nuovo l'anta, lasciando la finestra aperta solo per un terzo, come l'aveva trovata. «Continui a non rispondere alla porta.»

«Perché voglio restare da sola

«No, non vuoi.»

Maeriyel si accigliò. «Vuoi saperlo tu meglio di me?»

«Ci sono passato, Mae-mae.» Boyaque sbuffò, passandosi la mano tra i capelli. Teneva lo sguardo basso, così come il suo tono di voce. «Credimi: non vuoi.»

Lei arricciò il naso, ma non disse nulla. Serrò le labbra e si abbracciò le ginocchia piegate al petto, volgendo lo sguardo altrove. Boyaque aveva quattordici anni quando sua madre era morta, stroncata dal tifo. La malattia l'aveva logorata lentamente, ma per quanto preavviso si potesse avere, la morte non era qualcosa a cui ci si poteva abituare.

Maeriyel seguì la figura del ragazzo con la coda dell'occhio, guardinga, lasciando che si sedesse al suo fianco sul letto. Era così strano: nessuno dei suoi amici era mai entrato in camera sua e mai avrebbe immaginato che il primo sarebbe stato proprio Boyaque. Perché il pensiero la innervosiva tanto?

«So cosa provi, Mae-mae. So che stai soffrendo, ma puoi superarlo: sei più forte di quanto pensi, più forte di quanto quegli idioti riescano a immaginare.» Boyaque avvicinò una mano al suo viso. Lei si irrigidì, ma lui non fece altro che raccogliere tra le dita una delle ciocche verdi più lunghe. Maeriyel non aveva avuto voglia di intrecciarle, perciò pendevano ai lati del viso in onde leggere fino a posarsi sul materasso.

«Non voglio parlare» borbottò, chinando lo sguardo.

«Allora non parlare, ascolta e basta. Voglio solo aiutarti a stare meglio.» Boyaque si avvicinò, sfiorandole il polso. Risalì il suo braccio con le dita, lasciando dietro di sé un brivido caldo, e solo quando raggiunse il collo Maeriyel si rese conto che aveva trattenuto il respiro. Il suo tocco era gentile quanto la sua voce, tanto da sciogliere la tensione dei muscoli.

Gentile. Boyaque gentile. Suonava come un ossimoro. Maeriyel avrebbe giurato che non ne fosse capace, eppure era proprio davanti ai suoi occhi.

«Questo paese è solo una grande sceneggiata. L'hai capito, vero? A nessuno importa un cazzo di te, vogliono solo Harvestide. Non hai bisogno di loro: non ti capiscono, non riescono a vederti, ma io sì. A me importa, Mae-mae» sussurrò lui, il fiato caldo che si mescolava al suo. Lei sentiva quelle parole a malapena, perché il suono del suo cuore rimbombava con insistenza tra le orecchie, battendo a ritmo sostenuto. Boyaque era così vicino che Maeriyel non riusciva più a distinguere i contorni del suo viso e i suoi capelli viola le sfiorarono la fronte quando lui le sollevò il mento, affondando gli occhi nei suoi. «Non devi affrontare tutto questo da sola, ci sono qui io. Puoi fidarti di me, sono l'unico che non ti ha mai mentito. L'unico ad essere dalla tua parte. Sono qui per te, e non ho intenzione di lasciarti.»

Boyaque affondò le dita tra i suoi capelli e la tirò a sé, premendo la bocca contro la sua.

Eliette e Soleil le avevano raccontato di primi baci morbidi, lenti, un tocco appena accennato tra sospiri di voglia e imbarazzo, ma forse avevano mentito: le labbra di Boyaque si muovevano voraci contro le sue, togliendole il respiro. Lui le avvolse un fianco con la mano libera e la strinse fino a far aderire i loro corpi, ritagliandosi lo spazio per far scivolare la lingua nella sua bocca.

Maeriyel sussultò, lasciandosi baciare. Non aveva idea di come muoversi e ancor meno di cosa fare: la mente la spronava a scacciarlo, facendo correre una scarica lungo braccia e gambe; il corpo però non riusciva a fare a meno di quel contatto, perché le labbra di Boyaque erano calde e lei si sentiva fredda e vuota fin dentro le ossa.

Lo odiava sin da quando aveva memoria, odiava ciò che era e quello in cui credeva, ma se si fosse sbagliata su di lui? Se quell'odio l'avesse accecata al punto da non riuscire a vedere che non era più quel bambino sadico e arrogante che ricordava? Maeriyel aveva creduto di conoscere i suoi amici, dopotutto, ma nessuno di loro era più come un tempo. Tutti le avevano voltato le spalle, l'avevano abbandonata - tutti tranne Boyaque. Lui era il solo che era rimasto al suo fianco, nonostante tutto. Era davvero peggio degli altri, che mostravano solo una finta facciata di condiscendenza e buoni sentimenti?

Maeriyel cedette alla sua spinta e cadde di schiena sul letto. Respirava in affanno sotto di lui, affamata d'aria come se qualcosa nel suo stomaco risucchiasse tutta quella che riusciva a inspirare. Lasciò che le allargasse piano le gambe, perché lei non le sentiva più, come se appartenessero a qualcun altro. Come se fosse lì e al contempo non ci fosse..

Non era certa di volerlo, non era certa di volerlo con lui, ma non voleva restare sola e aveva perso anche la voglia di pensare. Quel groviglio vorticante saturava ogni angolo della sua mente, il cuore batteva così forte da farle male e la percezione di sé era ridotta a un formicolio costante sulla pelle. Non vedeva più le piante rampicanti né sentiva il profumo calmante del gelsomino: la sua stanza era uno sfondo di forme e suoni e odori amalgamati, la realtà si era spenta e restavano solo scorci confusi, lampi che sgusciavano fugaci nella nebbia in cui si trovava. C'erano solo l'odore di fumo e sigari tra i capelli di Boyaque. 

E i suoi occhi che la fissavano, neri e famelici come quelli della Chimera.

[Note: La scena è stata censurata a causa delle nuove linee guida di Wattpad, ma è successo ciò che pensate.]

Maeriyel gridò, dimenandosi per sottrarsi alla sua presa. Si rannicchiò seduta, la schiena premuta contro la corteccia dell'orociondolo e le braccia a coprire la testa, stringendo gli occhi per scacciare l'immagine delle fauci scure che le ringhiavano contro, facendo scivolare sangue e bava caustica sulla pelle.

«Maeriyel?»

«Lascialo stare» singhiozzò lei, tremando mentre quel fuoco liquido le scorticava le carni, come aveva fatto con Hervé. «Lascialo stare! Ti prego, non fargli male... Ti prego, ti prego...»

«Maeriyel!» Le mani di Boyaque si chiusero attorno ai suoi polsi, spingendo le braccia lontano dal viso. «È morto, Maeriyel. Guardami! Quel Kimse è morto, lo hai ucciso tu. Non può fare del male a nessuno.»

Maeriyel spalancò gli occhi in un sussulto, ma attorno a lei non c'erano rovi e sangue. La sua schiena era premuta contro la parete della sua camera, la sua pelle non stava bruciando e il viso che aveva di fronte non era quello pallido e privo di vita di Hervé. Non c'erano i suoi occhi azzurri a fissarla, ma quelli neri e intensi di Boyaque, da cui non riusciva a distogliere lo sguardo. Quel colore così profondo che l'aveva trascinata nel passato ora la riportava alla realtà, e il panico si quietò dissolvendo i ricordi in nebbia sottile.

Per quanto ancora quelle immagini avrebbero continuato a tormentarla?

Maeriyel espirò, accasciandosi priva di forze e trovando la spalla di Boyaque pronta a sorreggerle la fronte mentre riprendeva fiato. Abbassò lo sguardo sulla gonna nera, la stoffa stropicciata e sollevata fin sopra le cosce; ricordare perché fosse in quello stato le avvampò le guance e un guizzo di disagio corse di nuovo lungo il corpo.

Ansimò, drizzando il busto. Boyaque la stringeva ancora per i polsi e non poter usare il suo Focus la faceva sentire indifesa, braccata, e l'agitazione tornò a spingere contro il suo sterno. Si dimenò malamente, ritirando le braccia con urgenza: aveva la sensazione che Boyaque l'avrebbe trattenuta e gettata di nuovo sul letto, invece lui non fece alcuna resistenza e lasciò la presa.

«Ho bisogno di prendere aria» borbottò Maeriyel, mettendosi in piedi e stringendo le mani al petto. Boyaque non disse nulla: le sembrò che avesse i denti serrati, ma forse era una sua impressione, perché si limitò ad annuire e sistemò la blusa nei pantaloni. Allora lei assottigliò lo sguardo, dubbiosa. «Mi... Mi lasci andare e basta?»

Lui sbuffò una breve risata. Doveva sembrargli ridicola, ma quella era la reazione che Maeriyel sperava, non quella che si aspettava: era certa che lui avrebbe provato a convincerla, insistendo fin quando non l'avrebbe avuta vinta o sarebbe stato costretto ad arrendersi, o quantomeno che avrebbe mostrato frustrazione e rabbia.

«Vuoi che provi a fermarti?» Boyaque si alzò dal letto e Maeriyel si pentì di aver posto quella domanda così sciocca. Lui avanzò e lei si fece indietro di altrettanti passi, le labbra serrate in una linea sottile. Quelle di Boyaque, invece, erano piegate in un sogghigno. «Sai che adoro questo gioco.»

«Gioco?»

«Certo, un gioco. Perché, pensavi facessi sul serio?» Boyaque rise di nuovo, con una tale leggerezza da farla sentire un'idiota. «Ti basta muovere un dito per farmi strozzare dalle tue piante, ricordi? Non potrei mai costringerti davvero a fare qualcosa, è solo divertente vederti resistere e reagire. Tu non ti pieghi, Mae-Mae, per questo mi piaci. Non lo farai neanche stavolta, vero? Non ci credo che ti sei già arresa. Hai fatto così tanto e resistito così a lungo solo per farti spezzare da paura e dolore?»

Maeriyel lottò contro la tentazione di voltare lo sguardo, fissandolo negli occhi. «No.»

«Brava la mia ragazza.» Boyaque azzerò le distanze tra loro con un bacio. Un contatto intenso ma fugace che la lasciò intontita quando lui si allontanò, scivolando giù dalla finestra con il sogghigno ancora sulle labbra.

Millicent, a cui toccava il compito di far compagnia a Lisaëlle quel pomeriggio, placcò Maeriyel non appena la sentì uscire dalla stanza. Tentò di convincerla a sedersi con loro e mangiare qualcosa, ma lei svicolò in fretta dalle sue attenzioni e si precipitò all'esterno.

Aveva davvero bisogno di prendere aria. La visita di Boyaque l'aveva confusa, ma anche smossa dall'apatia che l'aveva avvolta: chiusa nella sua camera e nel suo dolore, aveva persino dimenticato quanto le mancasse sentire il vento e il sole sulla pelle, il profumo d'erba fresca, la compagnia delle piante e di Hervé, o quantomeno della sua versione spaventapasseri.

Adesso sentiva la necessità di recuperare. Camminò lungo il sentiero fino ai campi coltivati, superando la staccionata per inoltrarsi tra le spighe di farro. Le cariossidi sfoggiavano un colore dorato e pieno, abbastanza mature da piegare la testa verso il basso in un profondo inchino al sole. Maeriyel le accarezzò con le dita, rigirandosi le reste tra i polpastrelli. Quella sensazione asciutta e appiccicosa che lasciavano sulla sua pelle la faceva sorridere, come farsi leccare la mano dalla lingua ruvida e sottile di un gatto.

Il suo amico di paglia e vestiti logori la aspettava al centro del campo, sempre sorridente. Maeriyel sentì le labbra piegarsi all'insù quando posò lo sguardo su quella buffa e immutabile espressione, che per quanto ridicola fosse riusciva comunque a metterla di buonumore. Si sedette ai suoi piedi e poggiò la schiena contro il sostegno di legno, abbandonando la testa contro una delle gambe imbottite.

Se chiudeva gli occhi, poteva fingere che fosse la spalla di Hervé a offrirle sostegno, o magari la sua schiena. Spesso si sedevano così, quand'erano bambini; a volte lei gli spiegava le peculiarità delle piante che stava studiando, a volte lui le parlava delle rocce che tanto lo appassionavano, a volte se ne stavano semplicemente in silenzio. Quando Hervé si era ammalato, e lei era l'unica a potergli fare compagnia senza rischiare il contagio, erano rimasti così per pomeriggi interi: da soli, costretti nella sua cameretta, eppure non si erano mai annoiati.

Maeriyel sospirò, stringendo le ginocchia piegate al petto. Lisaëlle la considerava troppo piccola per allontanarsi di casa da sola, ma era Eumeric che si occupava di accompagnarla e riportarla a casa durante quelle settimane, camminando con lei mano nella mano. In realtà, era suo padre che si occupava di tutto: Eumeric era presente in qualunque momento richiamasse alla memoria, anche quando fisicamente non c'era. La realtà era pregna della sua presenza, dei suoi insegnamenti, di qualcosa che gli era successa, di cui le aveva parlato o che in qualche modo gli ricordava lui, e la sua assenza non era mai stata assordante come adesso.

«Almeno tu ci sei ancora, Hervé» singhiozzò Maeriyel, accarezzando la paglia che fuoriusciva dal tessuto delle gambe. Non era morbida come i capelli del ragazzo, ma per la sua immaginazione sarebbe stato sufficiente.

Avrebbe voluto sentire anche la voce di Eumeric, ma non riusciva a percepirlo allo stesso modo. Quando parlava con il suo amico aveva la sensazione che lui potesse davvero ascoltarla, a volte sembrava che rispondesse persino; con suo padre non accadeva. Forse era perché Hervé era morto di fronte a lei. Eumeric era spirato tra la folla, con Jérôme che tentava di rianimarlo, ma non c'era stato nessuno per Hervé; soltanto Maeriyel e i loro sguardi intrecciati mentre lui spirava.

«Tu però puoi parlare con lui, vero?» sussurrò, la gola secca che rendeva la voce sottile, graffiante. Aveva parlato così poco, in quei giorni, che ora le sue corde vocali protestavano. «Lo hai già incontrato? Sta bene? Quello è ovvio, in effetti: adesso è al fianco del Signore della Luce, in un posto migliore... Lo ripetono tutti, ma non mi fido di loro. Neanche di sua Luminescenza. Se me lo dici tu, però, allora potrò stare serena.»

Chiuse gli occhi, respirando a fondo. Si lasciò inebriare dall'odore del cereale maturo, dal suono delle spighe mosse dal vento e dal calore del sole che la sfiorava in calde carezze. Le sembrò di sentire la mano di Hervé sulla pelle, il suo tocco rassicurante lungo le guance mentre le sorrideva, dolce balsamo per le sue angosce.

«Puoi portargli un messaggio da parte mia?» La sua voce tremò, vittima del magone che si era aggrappato alla sua gola. Maeriyel singhiozzò per riprendere fiato, e quando riaprì gli occhi li sentì bruciare di lacrime che le appannavano la vista. «Digli di non preoccuparsi. Lo fa sempre, ma non ce n'è bisogno: è tutto... No, non è tutto a posto, ma io sto bene. Starò bene. Io...»

Sei più forte di quanto pensi. Più forte di quanto quegli idioti riescano a immaginare.

Un filo di paglia secca si spezzò tra le dita. Se lo rigirò facendolo rotolare tra i polpastrelli, poi cominciò ad annodarlo attorno all'indice. Detestava ammetterlo, ma quelle parole erano state di conforto. Forse perché Boyaque era il nome che meno associava alla consolazione, perciò se qualcosa di buono veniva fuori dalla sua bocca doveva essere vero. Forse perché l'idea di aggrapparsi a lui cominciava a non sembrarle più così rivoltante.

Tu non ti pieghi, Mae-Mae. Non lo farai neanche stavolta, vero?

Maeriyel tirò su col naso, stringendo la paglia nel pugno chiuso. No, non poteva lasciarsi piegare, non con tutta Vou-la-Forêt che dipendeva da lei. Le colline, il paese, i suoi abitanti... Hervé e suo padre non c'erano più, ma tutto il resto era ancora vivo. Doveva concentrarsi su quello, doveva ricordare sempre il suo obiettivo, così come Eumeric le aveva chiesto.

«Posso farcela, Hervé» mugolò, strofinando le dita sugli occhi per asciugarli. «Papà mi manca, mi mancate entrambi, ma ho intenzione di mantenere la promessa che gli ho fatto. Non mi tirerò indietro, qualunque cosa accada: lo farò anche per lui. Perciò digli... Digli di stare tranquillo, d'accordo? Vedrai, Hervé, andrà tutto bene. Sarete entrambi fieri di me.»

Maeriyel sorrise, distendendo le labbra tremanti in un sospiro. Lasciò correre lo sguardo sul campo di farro, osservando le spighe oscillare alla lenta spinta del vento, e le sembrò di venire cullata insieme a loro, abbracciata dalle lunghe foglie. Guardarle le dava conforto: sembravano piccoli raggi di sole che si affacciavano indisturbati tra le nubi, portando...

Il sorriso di Maeriyel si congelò. Indisturbati? Non avrebbero dovuto esserlo, non era possibile. Era appena iniziato il mese di Cancer e i papaveri erano ancora in fiore, ma non c'erano macchie rosse a sporcare la distesa dorata, facendo capolino con i loro petali leggeri.

Dov'erano? Dov'erano le spighette oblunghe dell'avena fatua, le inflorescenze soffici della coda di volpe?

Maeriyel scattò in piedi, ma ovunque voltasse lo sguardo c'era solo farro a dominare il campo, libero dalle piante infestanti.

Le avevano tolte. Le avevano tolte tutte, lasciando solo il cereale buono da mangiare. Le avevano tolte in fretta e furia, perché era appena iniziato il mese di Cancer ed erano già in ritardo per la mietitura.

Un brivido le attraversò il corpo. Lo stomaco si accartocciò come una foglia essiccata al sole, e parve sgretolarsi quando Maeriyel strinse le mani all'addome. Schiuse le labbra per respirare, ma non ne era in grado: il cuore gridava per quell'assenza picchiando tra le orecchie e la nausea si agitava sul fondo della gola.

No, non era possibile. Non potevano averlo fatto, non potevano aver deciso di mietere. Era mancata cinque giorni, solo cinque giorni, meno di quanto fosse concesso per un lutto; c'erano ancora le riserve di cibo che tenevano da parte, abbondanti provviste che sarebbero bastate almeno per un altro mese, non potevano averle già finite. Perché mai avrebbero dovuto impegnarsi in un lavoro simile?

Prima o poi qualcuno approfitterà dei momenti in cui non puoi vedere per fare quello che vuole, aveva detto Boyaque. Il ricordo della sua voce le sussurrò all'orecchio, ridendo di lei e della sua ingenuità. Abbassa la guardia per un attimo e si ribelleranno, come ha fatto Hedea con l'Imperatore Folle.

Corse via. Le spighe si piegarono verso di lei come mani supplicanti che cercavano di afferrarle la gonna. Maeriyel era così concentrata sulla sua perdita che non aveva sentito le loro grida d'aiuto, ma ora le affollavano la mente in lamenti acuti che infilzavano lunghi spilli nelle sue carni. Piangevano e gemevano terrorizzate, come genitori che stringevano al petto i loro figli dopo aver visto gli invasori trucidare le famiglie vicine, pregando che non arrivassero anche da loro.

Urla che riecheggiavano fin dentro la gabbia toracica, mani invisibili che si stringevano attorno a braccia e gambe. Si incastrarono tra i suoi pensieri e si aggrapparono al suo petto, seguendola fino in paese e pregandola di non abbandonarli.

Non sarebbe successo. Non aveva fatto così tanto e resistito così a lungo solo per arrendersi.

Doveva trovare Boyaque. Era l'unico che le fosse rimasto, l'unico che l'avrebbe aiutata. Doveva parlare con lui, di certo sapeva cos'era successo e...

Perché non le aveva detto nulla?

No, quelle spiegazioni le avrebbe chieste dopo. Adesso doveva trovare il modo di impedire quel massacro, prima che fosse troppo tardi.



Un minuto di silenzio per il povero Eumeric Q____Q La sua morte ha spiazzato Maeriyel, che non solo ha perso la sua figura di riferimento, ma anche in modo così improvviso e fulmineo. 

Boyaque non perde tempo per sfruttare la cosa, approfittando della fragilità di Maeriyel. Che... brava persona, eh? (: Onesto e di sani principi, ricordiamo. Vuole solo farla stare bene, eh, quant'è dolce 😡

E Maeriyel comincia persino a pensare di essersi sbagliata sul suo conto: il suo vuoto è così grande che si aggrappa a qualsiasi appiglio pur di non crollare. Ammetto che non è stata una scena semplice da scrivere...

Il periodo, poi, non è dei migliori: non che Maeriyel stia collezionando gioie dall'inizio della storia, ma restare sola è l'ultima cosa di cui avrebbe bisogno adesso. E invece la situazione in paese è tesa, sua madre non è pervenuta e persino i suoi amici si mostrano distanti anche in un momento simile.

Quanto predetto da Boyaque si è davvero avverato e i paesani hanno ben pensato di riprendere il lavoro nei campi, ovviamente senza dire niente a Maeriyel. Lei non sa spiegarselo, ma voi riuscite a immaginare la motivazione? 👀

Di certo la nostra protagonista l'ha presa LEGGERMENTE MALE. Non è semplicemente un'idea, la sua mente disturbata crea scenari che non sono facili da gestire: dal suo punto di vista si tratta davvero un massacro. Invece che aiutarla con quelli che sono dei problemi evidenti, però, i suoi compaesani hanno ben deciso che ha molto più senso fare le cose di nascosto.

E ora, come si evolverà la cosa? Vi aspetto settimana prossima per scoprirlo!

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