I need you

By eleonore_hensley

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Dopo l'arresto del padre, Isabel sembrava aver finalmente ritrovato la sua pace interiore. Dedicò tutta la su... More

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Logan (2)

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By eleonore_hensley

"Io vivo tra le nuvole e lo sai che sulle nuvole tutto diventa possibile. Non ci sono né paure né confini e la mente non ha più limiti"

Pino Daniele

«Forza Logan, alzati o faremo tardi». Esclamò mio padre, spalancando le finestre della stanza. Infilai la testa sotto il cuscino per evitare di stare ad ascoltare tutte le sue lamentele, di prima mattina erano davvero difficili da sopportare.

Mi aveva stressato per una settimana intera, ripetendo in continuazione quanto fosse importante per lui questo giorno. Oggi ci avrebbe finalmente presentato la sua compagna, con la quale si stava frequentando da ormai sei mesi e sua figlia.

Ad essere sincero un'idea di lei me l'ero già fatta; nonostante non avessi avuto modo di conoscerla di persona, mi era stato raccontato del suo passato e delle difficoltà che aveva. Ma la cosa non mi spaventava, anzi, avrei avuto molto piacere ad instaurare un sano rapporto con lei.

D'altronde ero uno psicologo, casi come questi mi capitavano tutti i giorni. Ero abituato al loro iniziale rifiuto, alla loro diffidenza e alla loro paura. Grazie a Dio, ritenevo di essere una persona molto paziente e la passione che avevo per la professione che svolgevo rendeva il tutto più semplice.

Ciò che mi piaceva maggiormente, era la possibilità che avevo di prendere per mano i miei pazienti e portarli nella giusta direzione, dove avrebbero potuto ritrovare sé stessi e la forza necessaria per potersi incamminare in un percorso all'apparenza molto difficile: la guarigione.

Dovevo ammettere di essere davvero molto curioso, mio padre ci aveva detto solo cose positive sul conto della sua compagna e mi aveva trasmesso la voglia di conoscerla. Un'altra cosa che in quel momento mi sarebbe tanto piaciuta sapere, era il nome di quella magnifica ragazza baciata ieri sera in discoteca. L'avevo notata fra la folla già da un po' di tempo e aveva risvegliato in me delle sensazioni strepitose che non provavo da molto tempo: eccitazione ed adrenalina.


Emozioni particolarmente devastanti, insieme hanno la forza di annientarti.
Ricordavo perfettamente i suoi occhi color nocciola che si erano specchiati nei miei, dando il via ad uno splendido contatto visivo, durato troppo poco. Il suo sorriso, puro come quello di un bambino. I capelli, raccolti in un meraviglioso tuppo, la rendevano elegante e graziosa allo stesso tempo.

Le sue mani, posizionate in modo alquanto timido attorno al mio collo, il corpo adagiato al mio, la lingua che cercava con scarsi risultati di star dietro ai miei movimenti. Avevo un'incredibile voglia di approfondire la sua conoscenza, preferibilmente in camera da letto. Non riuscivo proprio a togliermi dalla testa il modo in cui ondeggiava i fianchi a ritmo di musica.

Sembrava che fosse stata disegnata da uno dei migliori artisti. Peccato che poco dopo il nostro bacio, senza concedermi il tempo di dire niente, scappò, esattamente come Cenerentola. Non avevo ben capito cosa le fosse preso, da un momento all'altro si allontanò da me e corse via.

«Logan, sto per buttarti giù dal letto». Affermò mio padre, risvegliandomi dai miei pensieri mattutini. Percepivo una punta di rimprovero nel suo tono di voce, ci stavo mettendo troppo e, a differenza mia, la pazienza non rientrava nelle sue qualità.

Sbuffai e gli diedi ascolto alzandomi dal letto. Mi diressi nel bagno dove, per via di qualche strano miracolo, non trovai nessuno. Nonostante la nostra casa fosse molto grande e spaziosa, avendo quattro fratelli era impossibile trovare il bagno libero, o per un motivo o per un altro, tutti in quel momento dovevano usare il mio.

Approfittai di questa situazione e mi sciacquai la faccia con un'elevata quantità di acqua, avevo bisogno di far riprendere la mia mente perché ero ancora fermo al ricordo di quel locale. Mi reputavo una persona molto ostinata, quando mi mettevo qualcosa in testa era impossibile farmi cambiare idea.

Non appena osservai il mio riflesso all'interno dello specchio, notai i capelli tutti in disordine. una cosa che non riuscivo proprio a tollerare. Per me i capelli erano di vitale importanza, dovevano essere perfetti, non importava quanto tempo ci mettessi. Dopo aver impiegato circa un quarto d'ora a sistemarli, ci spruzzai sopra un po' di lacca e mi spogliai per poter indossare i vestiti puliti.

Passai una mano sugli addominali e mi resi conto di quanto la palestra fosse diventata una parte importantissima per la mia routine. Ormai era la mia personale valvola di sfogo, mi piaceva talmente tanto che un piano della mia casa era dedicato ad essa. Avevo iniziato circa sette mesi fa, erano stati mesi di duro lavoro, ma osservando i risultati potevo dire che ne era valsa la pena.

Avevo deciso di voler diventare la versione migliore di me stesso, non che prima non mi piacessi, ma avvertivo la necessità di cambiare qualcosa nella mia vita. La soddisfazione mi invase e sorrisi davanti allo specchio per poi tornare a vestirmi.

Indossai una maglietta a maniche lunghe bianca, sotto invece indossai dei semplicissimi pantaloni di cotone neri che andavano leggermente larghi. Per terminare l'outfit ci abbinai anche le Converse. Stavo per infilarmi il cappotto quando mi resi conto che sul comodino accanto al mio letto c'era la collana a catena in acciaio nero, me l'aveva regalata mia nonna due anni fa e anche se poteva sembrare un gesto banale, per me aveva un valore inestimabile.

Non credo che ci sia un aggettivo adeguato per descrivere il bene che le voglio, per me lei è tutto. È la mia seconda mamma, il mio posto sicuro. Una donna che nonostante mille difficoltà è sempre stata dalla mia parte. I miei genitori si separarono quando avevo solo otto anni, ma fin da subito decisero di rimanere in buoni rapporti solo per il mio bene e quello dei miei fratelli.

Ogni volta che stavo male per la situazione mi bastava andare da nonna, quella donna sarebbe stata in grado di distrarmi anche dalle peggiori catastrofi. Ero molto geloso, nessuno doveva permettersi di parlare male di lei in mia presenza o uscivo fuori di testa. Allacciai la collana al collo e indossai il cappotto.

Chiusi la porta della mia stanza e andai in cucina dove i miei fratelli e mio padre mi stavano aspettando con impazienza. Quando si accorse della mia presenza tirò un rumoroso sospiro di sollievo e i suoi muscoli facciali si rilassarono. Mi soffermai a guardare l'abbigliamento dei miei complici e non potei fare a meno di commentare quello di Justin.


Aveva seriamente indossato giacca e cravatta?
«Sul serio?», domandai mentre mi mordevo il labbro per trattenere una risata che l'avrebbe infastidito. Lui era un ragazzo molto ma molto permaloso, se la prendeva per qualsiasi cosa. «Cosa?» chiese lui, non capendo il motivo della mia domanda. «Il completo» dissi, indicandolo con la mano.

Notai subito la sua mascella serrarsi e trattenere le risate diventava sempre più difficile. Vestito in quella maniera era davvero ridicolo. «Si chiama eleganza, Logan. Stiamo per conoscere gente nuova e se permetti, voglio fare una bella impressione, avresti dovuto sistemarti anche tu.»

Replicò, studiando con attenzione i vestiti che avevo deciso di utilizzare per l'occasione. Odiavo questo suo atteggiamento di strafottenza nei miei confronti, era il più grande fra di noi e per me, si dava troppe arie. «Rilassati, è solo uno stupido pranzo» affermai, per fargli capire che non si trattava di questioni lavorative e che avrebbe dovuto prendere la situazione con molta più leggerezza.

Purtroppo però, era una testa di cazzo e fargli cambiare idea era più difficile di quanto si pensasse. «Un pranzo dove noi saremo i protagonisti» puntualizzò ed io abbandonai ogni speranza, era impossibile cercare di mantenere una conversazione con lui. Erano parole buttate al vento. «Secondo me, ha anche scelto il modo in cui la compagna di papà deve cucinare il cibo» disse Kevin, in modo ironico.

Si stava riferendo alla professione che svolgeva Justin; era un nutrizionista da ormai sette anni e un'altra delle sue manie era quella che niente doveva sfuggire al suo controllo. Impazziva se succedeva. Aveva trent'anni e ciò lo faceva sentire in dovere di giudicare qualsiasi cosa facessimo, un qualcosa di terribilmente fastidioso.

Tuttavia, l'unica carta che giocava a suo favore era il non aver mai fatto errori sul posto di lavoro. Oggettivamente, era il migliore, motivo per cui parecchie volte ci era capitato di lavorare insieme nei casi di pazienti affetti dal disturbo dell'anoressia. Nessuno era in grado di svolgere ciò meglio di lui. «Okay ragazzi, basta così!» Esclamò nostro padre, stanco dei nostri continui litigi.

Ma i nostri non erano litigi, erano solo piccoli ed insignificanti bisticci. «Andiamo, forza». Senza perdere ulteriore tempo, ci spostammo in macchina per poi andare a comprare dei fiori. Mio padre sosteneva che fossero di vitale importanza e tra tutti, obbligò proprio me ad entrare con lui per aiutarlo nella scelta dei colori, dato che ne conoscevo a memoria tutti i vari significati.

Gli consigliai di acquistare un mazzo di rose rosse e rosa. Il rosso stava a simboleggiare l'amore eterno, più forte delle spine. Le rose rosa invece rappresentavano la raffinatezza e l'eleganza, qualità che rispecchiavano a pieno la compagna di mio padre. Un altro suo significato era la gratitudine, da quando mio padre aveva deciso di intraprendere una relazione con lei, era cambiato molto caratterialmente, in positivo.

Per la figlia invece, non sapevo quale scegliere quindi optai per un semplice mazzo di rose bianche, esse stavano a simboleggiare la purezza e soprattutto l'innocenza, a mio parere le più eleganti. Dopo averli acquistati, tornammo in macchina e il nostro viaggio sembrò interminabile, soprattutto per le battute dei miei fratelli.

«Justin, come ti senti? Sei agitato?» Chiese il più piccolo, Mason. Aveva solo vent'anni e una delle persone con cui si rapportava più frequentemente era Kevin. Avevano entrambi lo stesso senso dell'umorismo ed insieme formavano la coppia perfetta, ci facevano morire dalle risate. «Mi stai forse prendendo per il culo?» domandò lui ed io sospirai, consapevole che l'avrebbero tirata per le lunghe.

«Ci risiamo». Si intromise Nathan, colui che si ritrovava in mezzo ad ogni casino possibile e immaginabile. «Io? No no, per carità», rispose Mason. «Volevo solo capire se fossi pronto all'eventualità di conoscere una ragazza con cui avere una relazione, così da toglierti finalmente dalle palle» continuò la frase ed io misi una mano sulla fronte, ormai rassegnato.

«Ragazzi, ma insomma!» si intromise mio padre, alzando leggermente il tono di voce. «Ha solo diciannove anni, è troppo piccola per voi», continuò. Diciamo solo che aveva un pensiero abbastanza diverso dal nostro, nonostante non fossimo imparentati, non voleva in alcun modo che ci provassimo con lei.

Lo aveva ribadito più volte.
«Nostro padre ha ragione». Lo difese Justin e nel frattempo tirò fuori uno specchietto dalla tasca del giacchino e controllò il suo stato. Infilò una mano tra i capelli e ne aggiustò la riga. Avere i capelli in ordine era un'ossessione di famiglia.

«Siete proprio noiosi» commentò Kevin, sbuffando. «E tu devi avere sempre da ridire?» chiese Justin. Santo cielo, quei due insieme erano davvero cane e gatto. Insopportabili. Non riuscivano a stare nello stesso posto per più di due minuti, due caratteri troppo diversi. «Io dico che ti serve proprio una bella scopata», esclamò Kev.

Una risata involontaria mi invase e osservando i lineamenti del viso di mio padre, impegnato nella guida, potei confermare che si stesse trattenendo anche lui. «Per una volta sono d'accordo con Kevin, a volte funziona meglio di una camomilla» concordò Nathan.

«Io almeno non lo faccio con le mie segretarie» ribatté Justin, con un sorrisetto sul volto. Era consapevole che questa sua affermazione avrebbe mandato su tutte le furie Nathan. Lui era un tipo molto dispettoso e riservato, odiava che informazioni come queste si venissero a sapere in quel modo. Al contrario mio, non sapeva contenersi.

Era molto istintivo, se avesse voluto far qualcosa non ci avrebbe pensato due volte. In poche parole, un pazzo da legare. «Ahia, questa era bella pesante» mi intromisi. «Giuro che appena scendiamo da qua ti picchio, pezzo di stronzo» disse a denti stretti. In quel momento percepii tutta la rabbia e il fastidio che lo stavano avvolgendo.

«Nessuno picchierà nessuno, ragazzi» intervenne mio padre che parcheggiò subito dopo e slacciò la cintura, facendoci capire che eravamo giunti a destinazione. In quel momento sentii l'ansia esplodere all'interno del mio corpo. Non vedevo mio padre con una donna da ormai diciotto anni e fantasticavo su come sarebbe stato.


Avevo paura della reazione che avrebbe potuto suscitare in me. «Logan, porta tu i fiori alla figlia» ordinò mio padre, senza neanche darmi il tempo di controbattere. Afferrai i fiori e scendemmo dalla macchina. Arrivammo davanti l'ingresso della loro casa e suonammo il campanello. Sentivo il cuore in gola.

Subito dopo la porta si aprì e trovammo una ragazza vestita con una splendida vestaglia nera in pizzo, osservarci con aria confusa. Tuttavia, sembrava avere un'aria famigliare, poi realizzai. Le iridi color nocciola, il dolce viso, i lineamenti facciali... Era la ragazza della discoteca.

Spalancai gli occhi. Non mi sembrava vera, sembrava essere un lontano miraggio e avevo paura di avvicinarmi, avevo paura che sarebbe scomparsa. I suoi capelli erano annodati e la sua espressione era incredula esattamente come la mia. Rimasi fermo proprio lì, davanti al portico nella speranza che dicesse o facesse qualcosa, ma niente.

Nessuno dei due emetteva parola, eravamo entrambi troppo sorpresi e forse anche un po' imbarazzati. «Uhm, mamma credo tu abbia ospiti», finalmente la ragazza parlò, mettendo fine al nostro silenzio. Dopo le sue parole, si affacciò una giovane signora alla porta, sembrava avere una cinquantina d'anni.

Era davvero incantevole, i capelli mossi a caschetto davano una vasta luminosità al suo volto e gli occhi, di un marrone chiaro, rendevano il tutto perfetto a livello cromatico. Poco dopo averci osservati, potei notare spuntare sul suo volto un sorriso amorevole. «Ragazzi, ma che piacevole sorpresa!» Esclamò lei, cingendo subito tra le braccia mio padre.

Lui le porse il mazzetto di rose che avevamo comprato poco prima e la vidi inspirarne il profumo per poi poggiarseli sul petto, come se volesse stringerli a sé. Tutto ciò mentre sua figlia era impegnata a squadrare tutti quanti da testa a piedi, in particolare mio padre. «Ma si muove?» domandò Mason, sussurrante.

Gli lanciai un'occhiataccia per fargli capire che sì, probabilmente era sconvolta, ma non sorda. Non doveva dire questo genere di cose davanti a lei o si sarebbe sentita a disagio per tutto il resto della giornata. «Piacere mio ragazzi, sono Grace». Si presentò, stringendo la mano di ognuno di noi.

La mia ansia svanì del tutto, mio padre aveva ragione, sembrava una signora davvero molto dolce e gentile. «E questo cosa starebbe a significare, mamma?» chiese la ragazza, in cerca di spiegazioni. Grace, dopo il richiamo della figlia sembrò trovarsi in seria difficoltà.

Si allontanò subito da noi per poterle dedicare tutta la sua attenzione. Aspettò un attimo, come se stesse cercando le parole giuste senza riuscire a farle fuoriuscire. «Tesoro... Lui è l'avvocato Smith, te lo ricordi?» chiese. Avevo un brutto presentimento. Spostai lo sguardo verso Justin, il quale sembrò risultare d'accordo con la mia teoria.

Lei non sapeva nulla. «Certo che me lo ricordo, è il tuo comp-» si fermò prima di pronunciare la parola "compagno". Come se provasse un certo ribrezzo per quella parola. «Ma loro? Chi sono?» domandò, mentre le sue mani iniziarono a tremare come foglie in pieno autunno. Era chiaramente agitata. «Loro sono i miei figli». Intervenne mio padre, sperando di riuscire ad aiutare Grace.

«Ti presento Justin, Nathan, Logan, Kevin e Mason» disse, indicandoci uno ad uno, dal più grande al più piccolo. «Non sapevo neanche che avesse figli» la ragazza si voltò verso Grace e le lanciò un'occhiata talmente brutta da farle venire i brividi. L'aria era sempre più tesa. Inoltre, non ci aveva ancora dato il permesso di entrare.

Eravamo ancora lì, fermi davanti all'ingresso. «Quello che mia figlia vuole dirvi è che si chiama Isabel ed è molto contenta di fare la vostra conoscenza» disse lei, in evidente imbarazzo. Isabel, ecco come si chiamava l'incantevole ragazzina. «Spero che la vostra permanenza qui sia breve, vi odio già tutti» disse, mostrandoci un falso sorriso per poi spostarsi di lato e permetterci di entrare in casa.


Cazzo, dovevo ancora darle i fiori.
«Isabel!» la mamma la redarguì, ma lei non sembrò affatto importarsene. «È un vero piacere conoscerti, Isabel. Mi chiamo Logan» mi presentai porgendole la mano, facendo finta di nulla. Avevo un vasto autocontrollo e l'unico mio obiettivo in quel momento era non destare sospetti.

Io e lei non ci eravamo mai visti. Dovevamo far finta di nulla e cosa più importante, i miei fratelli non dovevano per alcun motivo saperlo. Ero più che certo che se fossero venuti a conoscenza di questa cosa, avrebbero fatto di tutto per farci almeno andare a letto. Per carità, non era una cosa che mi sarebbe dispiaciuta, ma non volevo deludere mio padre.

Ci aveva avvisati parecchie volte. Mi sarei semplicemente limitato a conoscerla, il suo carattere mi destava parecchio interesse. Inoltre, amavo i casi difficili, perché erano quelli in cui ci mettevo sia il cuore che l'anima. «Il mio nome già lo sai» disse, schiarendosi la voce. A quel punto, non sapendo cosa fare, le porsi il mazzetto di rose bianche che le avevamo da poco comprato.

«Sono per me?» domandò, alzando un sopracciglio. «Sì» risposi, con la certezza che li avrebbe accettati e che avrebbe abbassato l'enorme muro di difesa che aveva inutilmente alzato nei nostri confronti. «Sono molto belli» accennò un piccolo sorriso, osservandoli con attenzione. «Ma non te li avevo chiesti» disse subito dopo, senza neanche permettermi di consegnarglieli. A quanto pare, mio padre non era stato per niente esagerato nella descrizione caratteriale di questa ragazza.

«Isabel, mi spieghi cosa diavolo ti prende?» domandò Grace, riuscendo comunque a mantenere una certa calma. «Cosa mi prende? Mi stai davvero chiedendo cosa mi prende?» domandò lei, alzando il tono della voce. Posai i fiori su una mensola presente accanto alla porta e la osservai.

Le mani continuavano a tremare insieme alle gambe, stava iniziando a sudare a freddo e percepivo tutta la sua voglia di fuggire da quella situazione. «Non sapevo neanche che avesse dei figli!» esclamò, con rabbia. «Pensavo che avessi smesso di nascondermi le cose, invece no, sei sempre la solita. Sei una bugiarda!» Urlò.

Tutti nella stanza eravamo alquanto pietrificati. Guardai mio padre, ero incerto se agire o meno. «Non ce la faccio più con te, ti odio, ti odio», urlò ancora di più e corse via, salendo al piano superiore. Papà si affrettò ad andare a consolare Grace con un casto bacio sulla fronte. «Scusate tanto ragazzi, è colpa mia, non le avevo detto nulla del vostro arrivo».

«La sua è stata una reazione normalissima, Grace. Non preoccuparti» la confortò Justin. In quel momento mi meravigliai del suo atteggiamento, non era solito confortare le persone in momenti di difficoltà. «È pazzesca però» mi sussurrò Kevin all'orecchio ed io gli diedi una forte gomitata.

Come poteva, in un momento serio come questo, fare certi commenti su di lei?
«C'è qualcosa che possiamo fare?» chiesi, sperando di poter essere d'aiuto in qualche modo. «No caro, non preoccuparti. Lei reagisce sempre così, vedrai che fra poco scenderà di nuovo» mi rassicurò e ci invitò a toglierci i cappotti e a sederci a tavola con lei. Ci offrì dei dolci buonissimi, stracolmi di nutella.

«Grace, sono una bontà» esclamò Mason, mentre era impegnato a pulirsi le labbra con un tovagliolo. La compagna di papà sorrise e ringraziò cordialmente mio fratello. L'imbarazzo si fece da parte e passammo i successivi dieci minuti a ridere e scherzare; tuttavia, il mio pensiero era fisso sulla ragazzina.

Era arrabbiata ed avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. C'era qualcosa dentro di me che mi diceva di correre da lei e controllare il suo stato d'animo. Dovevo trovare una scusa per alzarmi da tavola ed andare da lei. «Scusami Grace, potrei andare al bagno?» chiesi, utilizzando la prima scusa più plausibile. «Ma certo, è al piano di sopra, prima stanza a sinistra» affermò lei e dopo assicurato che le mie labbra non fossero sporche, mi alzai.


Piano di sopra, perfetto Logan.
«I dolci hanno già fatto effetto, fratellone?» ovviamente, se Kevin non avesse fatto una delle sue solite battute non sarebbe stato contento. Vidi i miei fratelli ridere sotto i baffi e mio padre lanciare un'occhiata ad ognuno di loro, in particolare a Kev. «Sono tremendi» disse Grace, tra una risata e l'altra.

«Adesso mi capisci?» domandò papà e le posò un braccio sulla spalla. «Ma smettila, sono simpaticissimi» ci difese e non potei fare a meno di mostrare un sorriso soddisfatto. Ci stava difendendo. «Ah tesoro perdonami, ti chiedo solamente una cortesia» mi fermò dal braccio. «Dimmi pure» risposi.

«Se dovessi incontrare Isabel, dille che la stiamo aspettando» disse ed io la rassicurai. Tua figlia è in ottime mani, Grace. Salii al piano superiore e mi guardai intorno, dovevo trovare la sua stanza. Solo dopo mi accorsi che la porta destra non era del tutto chiusa e sentii due voci femminili provenire dall'interno.

Poggiai una mano sulla porta e mi sporsi in avanti, adesso avevo un'ampia visione della sua stanza. Notai subito che stava parlando al telefono; l'aveva appoggiato su un tavolino mentre con il pennellino si stava aggiustando il trucco.

«Allora dimmi un po', almeno sono carini?» domandò la ragazza e un sorriso involontario mi spuntò sul volto. A quanto avevo capito, avevamo sette anni di differenza, ma sentirla parlare in quel modo mi provocò una sorta di tenerezza.

«Sì, abbastanza» ammise e si fermò prima di continuare a parlare. Solo in quel momento mi resi conto che mi aveva beccato in pieno. Specchiò i miei occhi nei suoi e li intrappolò in uno straziante contatto visivo, dal quale non riuscivo più a liberarmi.

/Spazio autrice/

E a grande sorpresa, il romanzo contiene il doppio pov.
Come vi sembra la storia?

Mentre questi nuovi personaggi?
Il vostro preferito?

Noi ci vediamo mercoledì con il prossimo capitolo 💗

Instagram: eleonore.hensley

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