Carnivorous

By Mari_Blackstar

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[COMPLETA] La vita è fragile quanto la morte è tenace. Maeriyel impara questa lezione da bambina, quando mani... More

EXTRA - Premesse & Moodboard
Prologo
Capitolo 1 - Mietitura
Capitolo 2 - Un cadavere tra i cadaveri
Capitolo 4 - Uccidere o essere uccisi
Capitolo 5 - Macabri trofei
Capitolo 6 - Il suo fiato sul collo
Capitolo 7 - Mostro senza cuore
Capitolo 8 - Come il fuoco
Capitolo 9 - Ane, urisma
Capitolo 10 - L'hai voluto tu
Capitolo 11 - Lacrime, dolore e sangue
Capitolo 12 - Paradiso
Capitolo 13 - Pianta carnivora
Capitolo 14 - Morte e vita
EXTRA - Ringraziamenti & Curiosità
Capitolo Extra - Fare la differenza

Capitolo 3 - Per il bene di Hedea

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By Mari_Blackstar

«Hanno chiamato anche mia sorella.» Forois si rigirò tra le dita il piccolo sasso che aveva raccolto, percorrendo la superficie liscia e sottile con il pollice. Il grigio scuro era simile a quello dei suoi capelli, che scivolavano in lunghi ciuffi spettinati ai lati del viso. «Parte domani per Mehtap. I miei hanno urlato per ore, papà vuole andare in città a parlare col Conte Auriga. Dice che se continuano così ci lasciano senza Sovalye e finisce che i sekken si prendono Vou-la-Forêt.»

Piegò il braccio all'indietro e lanciò il sasso, lasciando che affondasse in un cupo ploff nell'acqua fangosa. Quella era la più grande tra le pozzanghere che si erano formate dopo la pioggia, ma non era sufficiente per far rimbalzare le pietre. Alcuni ci avevano provato, ma fatta eccezione per Soleil - il cui sasso aveva saltato una volta sulla superficie prima di colare a picco - nessuno era riuscito nell'intento, così si erano arresi. Giacevano scomposti sull'erba ingiallita, con gli sguardi annoiati, e di tanto in tanto qualcuno raccoglieva un sassolino per lanciarlo nella pozzanghera. Anche se il meteo era tornato stabile, non restava molto tempo per imbastire dei giochi: le giornate avevano già cominciato ad accorciarsi e a breve sarebbero dovuti tornare alle loro case.

«Beh, tuo papà è stupido» decretò Paver in uno sbuffo di scherno.

Forois aggrottò la fronte, ma non disse nulla. Eliette, che sognava di diventare sua moglie, ne lodava la gentilezza e il buon cuore; a Maeriyel però sembrava solo un codardo. Lei non sarebbe rimasta zitta se avessero dato dello stupido a suo padre - ma neanche se l'avessero detto di sua madre, in effetti: qualcuno doveva pur confermare che avessero ragione.

«Nessuno può uscire da Secim, neanche i nostri» proseguì Paver, che aveva ancora le labbra piegate in un sogghigno ironico. «Come fanno i sekken ad arrivare fino a qua? Volando?»

Boyaque rise e allargò le braccia, muovendole su e giù per mimare il volo di un uccello. Il verso che imitò in accompagnamento, però, era quello di una gallina: non si era mai accorto che le galline non erano in grado di volare o era solo ottuso?

Forois arrossì, incassando la testa nelle spalle. «Ci sono Dotai che sanno farlo.»

«I nostri sono più forti, ci penseranno loro a fermarli.» Soleil tirò indietro i folti ricci biondi con le mani, sfoggiando un sorriso sicuro. «Mamma dice che li stanno mandando tutti lì, anche quelli che non sanno combattere. Se Mae-mae fosse stata più grande, avrebbero chiamato pure lei.»

Maeriyel drizzò il busto di scatto, aggrottando le sopracciglia. Se ne stava distesa, ma sembrò che qualcuno avesse cominciato a punzecchiarle i fianchi con uno spillo; dovette mettersi seduta, ritirando le gambe per incrociarle di fronte a sé.

«Io non voglio andare in guerra» sbuffò, stringendo la stoffa della lunga gonna tra le dita. «Voglio prendermi cura dei campi, come mio padre.»

«Allora sei stupida come il papà di Forois» la sbeffeggiò Boyaque. Si alzò in piedi e tese un braccio in avanti, agitandolo come se reggesse una spada. Maeriyel dubitava che sapesse usarne una, anche se con i capelli color prugna tagliati cortissimi e il fisico tonico poteva sembrare un piccolo soldato. «Io non vedo l'ora. Non voglio aspettare anni, voglio arruolarmi subito! Darei una bella lezione a quei sekken, così imparano a mettersi contro Hedea.»

«Tu vuoi solo picchiare qualcuno» lo rimproverò Eliette.

«E allora? Se lo meritano, no? Peggio per loro.» Boyaque sbuffò, abbandonando le braccia lungo i fianchi. Si chinò a raccogliere un sasso e lo lanciò dritto verso la pozzanghera, schizzando gocce color terra tutt'attorno. «Meglio che stare qui a raccogliere stupide patate.»

«Tu sei stupido, non le patate.» Maeriyel sollevò una mano, pollice e anulare piegati verso l'interno. Il Sihir rispose a quel gesto riversandosi dentro di lei, come maiali che accorrono alla mangiatoia quando sentono l'odore del cibo. Maeriyel piegò il polso in rapidi scatti e la terra al suo fianco cominciò a smuoversi, facendo spazio per ciò che il suo Naru stava creando. Piccole macchie verdi si sollevarono dal suolo, aprendosi in foglie dal colorito vivido che Maeriyel fece crescere finché non vide spuntare piccoli fiori bianchi sulla cima.

«Cosa mangi, se nessuno le raccoglie? Cosa mangiano i soldati? Si può vivere senza combattere, ma non senza mangiare.» Affondò la mano, ora priva di Sihir, nella terra umida. Era morbida - troppo, per essere coltivata - e la pioggia l'aveva resa ancora più malleabile, perciò le dita sottili di Maeriyel si fecero strada senza fatica fino al tubero che aveva nutrito col Sihir. «Moriresti, senza le patate. Loro sono più utili di te.»

Maeriyel estrasse dal suolo una patata bitorzoluta grande quanto la sua mano, facendo oscillare le foglie che vi erano attaccate. Non si preoccupò di staccarle: piegò il braccio e lanciò il tubero con forza verso la pozzanghera, e l'acqua schizzò così in alto da macchiare i pantaloni chiari di Boyaque.

«Bâtarde!» ringhiò lui, saltando all'indietro. Si voltò verso Maeriyel con gli occhi scuri ridotti a fessure irose sotto le sopracciglie aggrottate, mentre gli altri ridevano di scherno. «Lo hai fatto apposta!»

Maeriyel fece spallucce. «Embè? Hai paura di qualche goccia d'acqua?» Piegò la testa di lato, facendo oscillare la lunga treccia in cui aveva raccolto i capelli. L'afferrò tra le mani e la spostò oltre la spalla, cominciando a lisciarla. «Menomale che volevi "dare una lezione" ai sekken...»

«Io non ho paura di nulla!» disse Boyaque, gonfiando il petto. «Quando entrerò nell'esercito, sarò il miglior soldato di tutto l'Impero! Tieniti le tue patate, io in questo stupido paesino non ci tornerò più.»

Maeriyel schioccò le labbra, incrociando le braccia al petto. I suoi amici si mostrarono offesi per quella dichiarazione, lamentandosi per l'abbandono, ma lei sperava che Boyaque restasse fedele alle sue intenzioni. Non voleva che passasse a trovarli, come diceva Paver, o che scrivesse loro delle lettere, come chiedeva Soleil; sarebbe stato meglio se fosse semplicemente sparito.

Erano passati due anni dalla morte di Hervé, ma ogni volta che Maeriyel guardava Boyaque ripensava a quel giorno. Non aveva dimenticato il modo in cui l'aveva strattonata per gettarla a terra; era stata colpa sua se aveva cominciato in ritardo a cercare un nascondiglio, colpa sua se aveva perso quei secondi preziosi che l'avevano spinta verso gli orociondoli.

Forse avrebbe dovuto gettare lui, nella pozzanghera. Forse avrebbe dovuto solo premergli la testa contro il fondo.

«Ci sarà ancora la guerra?» borbottò d'un tratto Eliette, stringendosi le gambe al petto. Suo padre era stato inviato a Secim alla fine dell'estate; nessuno sapeva quanto ci sarebbe rimasto. «Quando saremo grandi...»

«Non ci sarà più nulla» la fermò Paver, serio in volto. Puntò gli occhi verso la pozzanghera, ma non cercò alcun sasso da lanciare. «Lo ha detto l'Imperatore, l'ho sentito alla radio: vuole distruggere tutta Secim. Quando la guerra sarà finita, non resterà neppure un sekken.»

«Bugia!» Eliette gonfiò le guance, offesa. Si spinse in avanti e tirò un pugno sulla spalla del fratello: sembrò metterci tutta la sua forza, ma Paver non liberò che un lamento scocciato. «Mamma spegne sempre la radio quando si parla della guerra. Non è vero che l'hai sentito.»

«Invece sì, non si è accorta che ero tornato e l'ha lasciata accesa.»

«Non ti credo.»

«Credici!»

«È vero, io l'ho sentito da mia mamma» si intromise Forois, chinando anche lui lo sguardo. «Non voleva mandare Vyorêl nella Capitale, dice che è troppo pericoloso: l'Imperatore è impazzito e i Sovalye si ribellano, e pure alcuni soldati.»

«E perché?»

«Per la cosa che dice Paver. Che vuole distruggere tutto.»

«Ma lo fa per proteggerci.» Maeriyel aggrottò la fronte, stringendo la treccia tra le mani «Me l'ha detto papà. I sekken sono persone cattive che vogliono farci del male, per questo l'Imperatore è in guerra con loro.»

«Prima, forse. Ora all'Imperatore non interessa se sono cattivi, mamma dice che vuole uccidere pure i bambini e quelli che si arrendono» disse Forois, farfugliando appena. «Papà dice che i sekken si arrabbieranno e faranno lo stesso con noi, mentre i Sovalye sono presi a combattere tra loro perché non vogliono più fare quello che dice l'Imperatore.»

Maeriyel deglutì, stringendo le labbra secche. Credeva di aver afferrato il senso di quel conflitto, terribile ma necessario: i sekken erano i cattivi, gli hedeani i buoni che non potevano tirarsi indietro dal porsi a difesa dei più deboli. Trovava ancora orribile il concetto di guerra, però lo capiva.

Nel suo immaginario, l'Imperatore era un po' come i contadini e gli allevatori di Vou-la-Forêt, costretti a posizionare trappole per tenere lontani gli animali selvatici dai raccolti o gli allevamenti. A volte trovavano le carcasse di lupi o volpi con le zampe incastrate tra le tagliole, o di cornacchie intrappolate negli archetti. Maeriyel rabbrividiva al pensiero, ma Eumeric le aveva spiegato che era indispensabile, altrimenti il paese non avrebbe avuto di che mangiare e allora loro sarebbero morti. L'unico motivo per cui lo facevano è che non c'era altra scelta: così le era stato detto, così aveva creduto.

Ma se non fosse stato vero? Se l'Imperatore fosse stato una persona cattiva, proprio come i sekken, perché stavano combattendo? Che senso aveva quella guerra?

«Maeriyel!»

Il richiamo di Lisaëlle fece voltare tutti. La donna teneva la lunga gonna marrone sollevata per avanzare sulla terra umida, affiancata dal marito in abiti da lavoro - una salopette color cachi di cotone robusto a sovrastare la blusa bianca. Insieme a loro c'era un Sovalye che Maeriyel non aveva mai visto: aveva il volto pulito e privo di barba, i corti capelli blu notte pettinati con una riga al centro. Gli uomini di città sembravano sempre più giovani, ma non doveva avere meno di quarant'anni. La divisa blu e grigia era ben stirata e i colori ancora vividi, un lusso che i Sovalye di istanza a Vou-la-Forêt non potevano permettersi.

Eliette trasalì, avvinghiandosi al suo braccio. «Sono venuti a prendere Mae-mae?!»

«Se va lei in guerra, voglio andarci anch'io» disse Boyaque.

«Nessuno di noi va in guerra, siamo tutti troppo piccoli.» Paver sbuffò. Da quando aveva compiuto quattordici anni era considerato un adulto e capitava sempre più spesso che li guardasse con sufficienza, riservando loro sguardi di rimprovero.

«Maeriyel, vieni subito a casa» insistette Lisaëlle, che era ancora così lontana da dover alzare la voce. «E tornate dai vostri genitori, voi altri. Il sole è quasi al tramonto, volete farli preoccupare?»

Il gruppo di ragazzini sbuffò, masticando lamenti a denti stretti. Si alzarono, seppur in movimenti lenti e svogliati, e pochi istanti dopo stavano già trascinando i passi annoiati verso le proprie case. Paver dovette insistere per staccare Eliette dal braccio di Maeriyel: non ne voleva sapere di lasciarla e teneva i grandi occhi scuri sul Sovalye, fissandolo con astio. Di fronte ai suoi timori, l'uomo in divisa rise debolmente.

«La tua amica non andrà da nessuna parte, non temere» disse, e solo allora la bambina mollò la presa.

Eliette era sollevata di non doversi separare da lei o semplicemente non voleva restare l'unica del gruppo a non aver ancora compiuto dodici anni? A quello, Maeriyel non sapeva rispondere.

Paver prese sua sorella per mano e si allontanò insieme ai suoi amici. Eumeric e Lisaëlle si voltarono anch'essi, pronti ad accompagnare il Sovalye alla propria dimora, ma l'uomo scosse il capo.

«Possiamo restare qui, è un'area ottimale per il collaudo» disse, allungando le labbra sottili.

Maeriyel aggrottò le sopracciglia. Sollevò lo sguardo verso i suoi genitori, ma anche le loro espressioni tradivano confusione.

Il Sovalye si avvicinò a lei e le tese la mano. «Il mio nome è Oreste. Piacere di conoscerti, Maeriyel.»

Le ci volle qualche istante per capire cosa farci: salutarsi con una stretta di mano era una cosa da gente di città - da adulti di città, per essere precisi. Le volte in cui era andata a Vourôme, al Centro di Ricerca, nessuno si era presentato a lei in quel modo.

Maeriyel sollevò gli occhi per incrociare i suoi, poi li abbassò sulla mano ancora tesa e infine l'afferrò. La sua era così piccola che spariva nella calda presa dell'uomo, ma lui la strinse con serietà.

«Sono qui per parlare del tuo Naru, Maeriyel» proseguì Oreste. Non era hedeano solo di nome: quell'accento aperto era inconfondibile, anche se Maeriyel l'aveva sentito solo alla radio. «Ti piacerebbe usarlo per aiutare chi ne ha bisogno?»

Maeriyel sfarfallò le ciglia. «Lo faccio già. Mamma mi fa creare cose che non possiamo coltivare o che costano troppo.»

«Non di frequente» si affrettò ad aggiungere la donna. «Solo quando strettamente necessario.»

Lisaëlle allungò un sorriso tirato che la figlia conosceva bene: quando assumeva quell'espressione, significava che Maeriyel aveva detto qualcosa di sbagliato. Sua madre sfoderava quel sorriso da agnello in pubblico, poi lo trasformava in un ringhio lupesco quando restavano da sole.

Quella volta, però, Maeriyel non capiva cos'avesse sbagliato: chiunque in paese le chiedeva di usare il suo Naru per i più disparati motivi, non era certo un segreto. Il Sovalye però scrutò la donna con sospetto e solo dopo un istante di freddo silenzio decise di lasciar cadere l'argomento, quasi fosse una concessione. Tirò fuori un taccuino dalla propria tracolla scura che indossava e cominciò a sfogliarlo con attenzione.

«Dai Registri risulta che l'ultima visita al Centro di Ricerca risale al due di Amphora, quasi nove mesi fa. Sarebbe preferibile non farne passare più di sei tra un controllo e l'altro, fermo restando che la miglior opzione sarebbe una frequenza mensile.» Oreste incrociò lo sguardo di Eumeric e Lisaëlle per un lungo istante. Quando quelli annuirono, borbottando scuse e assicurando che avrebbero rimediato il prima possibile, l'uomo voltò pagina e spostò l'attenzione su Maeriyel.

«Ora ti farò qualche domanda riguardo alle tue abilità, d'accordo? Rispondi sinceramente, questa non è un'interrogazione o un esame da superare. Non è un problema se non sei in grado di fare qualcosa o se non hai mai provato, non preoccuparti» le disse, recuperando una penna dalla tracolla. «Sei in grado di creare cereali? Grano, riso, orzo, farro, frumento...»

«Anche avena e granturco» confermò Maeriyel, gonfiando il petto. Incrociò lo sguardo di suo padre, che le sorrideva orgoglioso, e sentì una vampata di energia rinvigorire il corpo.

Oreste proseguì elencando una lunga serie di ortaggi e frutti commestibili, suddivisi nelle categorie che Eumeric le aveva spiegato. Erano prodotti comuni e basilari, tipici del territorio di Hedea: Maeriyel li conosceva tutti ed era in grado di crearne la maggior parte, e anche qualcuno che non rientrava nella lista.

«Funghi?» chiese poi Oreste, voltando pagina. Ogni volta che Maeriyel annuiva, segnava qualcosa sul taccuino. «Porcini, tartufi...»

«Certo che no.» Maeriyel arricciò il naso. «I funghi non sono piante. Come dovrei fare a crearli?»

Il Sovalye sembrò stupito. La guardò in silenzio per un istante, picchiettando l'estremità contro il taccuino. «Ma certo» disse infine, scarabocchiando qualcosa.

Forse sua cugina Colette esagerava nel dire che in città erano tutti più intelligenti e acculturati.

«Dunque è stata brava? Ha risposto bene?» domandò Lisaëlle, tormentandosi le dita.

«Come ho detto, questa non è un'interrogazione. Non ha di che preoccuparsi, madame» la rassicurò Oreste. Il suo accento era buono, ma rendeva ancora più palese che fosse originario di un'altra regione: solo le donne di città erano madame, nei piccoli paesi di campagna come Vou-la-Forêt erano somère. Qualunque lasyardeo conosceva quella differenza elementare.

«Ho solo un'ultima richiesta per oggi, Maeriyel.» Oreste puntò lo sguardo alle pianure erbose e allungò un braccio verso l'orizzonte, dove il sole calante aveva già tinto le nuvole di sfumature rosse e gialle. «Vorrei che creassi quanti più alberi di mele possibile. Immagina di coprire l'intera pianura, fin dove i tuoi occhi riescono a spingersi.»

«Ma una cosa del genere è impossibile. È un'area troppo vasta, saranno oltre cento ettari» si lamentò Eumeric, posando le mani sulle spalle di Maeriyel. La avvicinò a sé come faceva di fronte a qualcosa che giudicava pericoloso, e lei aggrottò le sopracciglia. Doveva temere Oreste? Le avevano sempre insegnato che poteva fidarsi dei Sovalye.

«Oh, ne sono consapevole, ma non sarà necessario. L'obiettivo è comprendere i limiti di vostra figlia nell'uso di Harvestide, vedremo fin dove riesce ad arrivare.» Oreste chiuse il taccuino, chinandosi verso Maeriyel. «Che ne dici? Te la senti di provare?»

Lei alzò lo sguardo verso i suoi genitori: Eumeric aveva l'aria tesa, ma la liberò dalla sua presa senza dire nulla. Lisaëlle, invece, la esortò con un cenno del capo e agitò le mani verso la pianura.

«Su, che aspetti? Fai quello che ti ha chiesto il Sovalye.»

Maeriyel annuì. Diede le spalle ai suoi genitori e allungò le braccia di fronte a sé. Agitò le dita e sentì il Sihir picchiettare sulla sua pelle, gocce di energia che il suo corpo assorbiva come una spugna. Le mele erano semplici: Eumeric le aveva insegnato a distinguere le tipologie più comuni, così scelse la sua preferita - la dolcesangue, dalla buccia rosso intenso e la polpa porosa e zuccherina. Visualizzò nella mente l'immagine di decine e decine di meli dolcesangue, tanti da coprire ogni angolo della pianura fin dove si estendeva lo sguardo, poi lasciò colare il Sihir verso il terreno. Il flusso di energia si insinuò nel suolo e germogli verdi fecero capolino tra i fili d'erba, innalzandosi in fusti sottili e scricchiolanti. Il Sihir li spinse sempre più in alto, mutandoli in tronchi dritti e robusti nel giro di pochi secondi. Rami oblunghi si aprirono a sostegno di foglie fruscianti, abbastanza spessi da reggere il peso dei frutti. Fiori dai pallidi petali rosati sbocciarono in gruppi nutriti, poi le mele rosse come il sangue si gonfiarono in forme rotonde, grandi quanto la mano di Maeriyel.

Da spoglia che era, una discreta porzione di pianura si ritrovò invasa di meli - quantomeno in apparenza. Quegli alberi non erano differenti dagli originali, ma non erano vivi.

Ecco il limite di Harvestide: creava radici incapaci di trarre nutrimento dalla terra, foglie insensibili alla luce, semi che non avrebbero potuto generare nuova vita. Una pianta nata dal Sihir non sarebbe appassita in mancanza di acqua o cure né si sarebbe seccata al sole; non avrebbe fatto altro che starsene lì, immobile e inalterata, fin quando non fosse stata mangiata, raccolta o abbattuta.

I suoi genitori dicevano che era una cosa buona, persino straordinaria: poteva creare cibo che non andava a male, fiori che non appassivano e legno che non aveva bisogno di trattamenti per resistere alle prove del tempo. Maeriyel però si sentiva insoddisfatta: non erano vere piante, ne avevano solo le caratteristiche. Cosa c'era di così entusiasmante? Nessuno avrebbe elogiato una bambola più di un bambino - anche se Lisaëlle si lamentava così spesso dei suoi capricci, delle sue azioni e delle sue risposte, che a volte Maeriyel credeva avrebbe preferito una bambola a lei. Un fantoccio di fusti, fiori e foglie che le somigliasse, ma che stesse zitta e ferma, obbedendo al comando del Sihir.

Oreste avanzò fino all'albero più vicino, sfiorandone la corteccia con la mano. Allungò il braccio per raccogliere una mela e se la rigirò tra le dita prima di addentarla, masticando con gusto. Quando deglutì, sul viso aveva un sorriso soddisfatto.

«Fantastico. Il sapore è ottimo e le fronde sono piene» si complimentò, lasciando vagare lo sguardo verso il meleto appena formato. «A occhio mi sembra un buon risultato, ma dovrò verificare quanta superficie sei riuscita a coprire e con quanti alberi. Per oggi, in ogni caso, abbiamo finito. Tornerò domani per esaminare quanto sei in grado di produrre giornalmente prima di risentire dell'Affaticamento, in base ai risultati ottenuti invieremo di settimana in settimana la lista di provviste richieste.»

«Brigadiere, la prego» disse Eumeric, facendosi avanti. «Non si era parlato di farla sforzare fino all'Affaticamento, Maeriyel non è abituata a utilizzare il suo Naru in modo così intenso. Ha solo undici anni.»

«E un potere in grado di far crescere centinaia di alberi maturi nel giro di pochi minuti» ribatté Oreste, facendo scivolare il taccuino all'interno della tracolla. «Non temete, vostra figlia resterà al sicuro qui a Vou-la-Forêt e non le verrà chiesto altro che far crescere ciò che è necessario. Hedea ha bisogno di tutte le risorse che Harvestide può offrire: sarete ricompensati per il vostro supporto, come anticipato, e naturalmente avrete la gratitudine dell'Imperatore.»

«È vero quello che dicono in città?» Maeriyel drizzò il busto, fissando il Sovalye di sottecchi. «L'Imperatore è impazzito e vuole distruggere Secim? Non voglio aiutare qualcuno che vuole uccidere anche chi non ha fatto niente di male.»

«Maeriyel!» Lisaëlle l'afferrò per le spalle e la strinse a sé, schiacciandole il viso contro il petto. «Mi dispiace, non so dove l'abbia sentito. Non da noi, questo è certo: dovete crederci, non diremmo mai certe assurdità sull'Imperatore! I bambini hanno così tanta fantasia...»

«Non si preoccupi, madame. È lecito essere curiosi.» Oreste sorrise, sebbene Maeriyel riuscisse a scorgere la sua espressione solo in parte.

Tentò di divincolarsi, ma sua madre le premette con forza la guancia contro il seno e liberò una risata nervosa. Lisaëlle non la lasciò andare neppure quando il Sovalye si spostò per rivolgerle la parola, cercando il suo sguardo, e sentì avvampare le guance di vergogna.

«L'Imperatore agisce per il bene di Hedea e del suo popolo, Maeriyel» disse Oreste, pacato. «Questa guerra va avanti da troppi anni e l'Imperatore non vuole che sia destinata a durarne altrettanti: ha intenzione di porre fine al conflitto nel minor tempo possibile, nient'altro che questo. Sono certo che anche tu vuoi che torni presto la pace, giusto?»

Maeriyel assottigliò gli occhi, esitante. La voce di Oreste si era fatta vellutata, simile a quella dei Luminux quando parlavano del Lucente: parole di santità, che nessuno doveva mettere in dubbio. Non le piaceva, quella voce. Le provocava un fastidio sottopelle, come una moltitudine di millepiedi che zompettavano lungo braccia e gambe, aggrovigliandosi nel suo stomaco.

«Certo che lo vuole» Lisaëlle si affrettò a riempire quel silenzio, premendo ancora la mano contro la testa della figlia. «Siamo al servizio dell'Imperatore e felici di aiutare.»

«Maeriyel» mormorò Eumeric, accarezzandole una spalla. «Se non te la senti...»

«Se la sente eccome» lo fermò sua moglie, piccata. «Diglielo, Maeriyel. Dì al Sovalye che lo farai.»

Maeriyel sospirò. Lisaëlle la liberò dalla sua presa, muovendo cenni evidenti verso l'uomo in divisa. Lei palleggiò gli sguardi dei suoi genitori - impaziente quello di sua madre, apprensivo quello di suo padre - e infine posò gli occhi su Oreste, che sfoggiava ancora un sorriso melenso.

«Va bene» disse, abbandonando le braccia lungo i fianchi. «Se è per far smettere la guerra, lo farò.»



Ciao sono l'Impero Lunae e sono a favore dello sfruttamento dei minori (?)

Si è accennato all'uso intensivo dei Dotai in guerra, sia nella prima parte che in Bluebird, ma la cosa non era limitata al campo di battaglia. I Naru sono risorse estremamente utili e Harvestide può dare un boost notevole: cibo e materiali gratis, perfetti, che non vanno a male e ottenuti in pochi minuti? FIGURARSI SE SI LASCIAVANO SFUGGIRE QUEST'OCCASIONE!

Intanto sono sicura che Boyaque vi abbia conquistati con la sua simpatia, diventando il vostro personaggio preferito XD Adoro come Maeriyel gli tenga testa, e se vi state chiedendo come facciano quei due a essere amici... Beh, non lo sanno nemmeno loro (?)

Di certo, lei non ha dimenticato il suo "coinvolgimento", se così si può dire, nella morte di Hervé... C'è giusto un pelino di risentimento (: Ma giusto un pelino, niente di preoccupante, solo pensieri innocenti (:

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