𝐃𝐚𝐥𝐥'𝐚𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭�...

Scrittriceedisogni által

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《So che fa male, Kiran. So che vorresti scappare via, che sei stanco e credi di non farcela. Ma ti prometto c... Több

Trama🌙
Prologo🌙
1.🌙
2.🌙
3.🌙
4.🌙 Prima parte
4.🌙 Seconda parte
5.🌙
6.🌙
7.🌙
8.🌙
9.🌙
10.🌙 Prima parte
10.🌙 Seconda parte
11.🌙
12.🌙
13.🌙 Prima parte
13.🌙 Seconda parte
14.🌙
15.🌙
16.🌙 Prima parte
16.🌙 Seconda parte
17.🌙
18.🌙
19.🌙
20.🌙
21.🌙
22.🌙
23.🌙
24.🌙
25.🌙
26.🌙
27.🌙
28.🌙
29.🌙
30.🌙
31.🌙
32.🌙
33.🌙
34.🌙
35.🌙
36.🌙
37.🌙
38.🌙
39.🌙
40.🌙
41.🌙
42.🌙
43.🌙
44.🌙
46.🌙
47.🌙
48.🌙
49.🌙
50.🌙
51.🌙
52.🌙
53.🌙
54 pt. 1 🌙
54 pt.2 🌙
55.🌙
56.🌙
57.🌙
58 pt.1🌙
58 pt.2🌙
59.🌙
60.🌙
61.🌙
62.🌙
62. II🌙
63.🌙
64. Last battle 🌙
Capitolo Extra ~ 🌙
Epilogo🌙
Nuova storia 🥀
•We're gonna live forever•

45.🌙

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•La ragazza delle margherite•


«Appartieni a chi si prende cura delle tue debolezze.»



Mia madre non era in casa quando rientrai, giovedì mattina. Mi tornò in mente che avevo passato la notte fuori senza avvisarla. Certo, non l'avevo passata a divertirmi, ma noi due avevamo appena trovato un punto d'incontro.

Grandioso, Ari. Sperai di non aver accidentalmente rovinato tutto. 

Guardai l'orologio: erano le sei del mattino. Avevo giusto il tempo di farmi una doccia e prepararmi per la scuola. Ed ero sveglia da ventiquattro ore. Okay, una cosa alla volta. Prima tutto, per evitare di complicare le cose, scrissi un messaggio a mia madre.

Ari: Ho dormito da Kiran. Scusami se non ti ho avvisata, me ne sono dimenticata.

Lasciai il telefono sul lavandino ed entrai in doccia. Nei dieci minuti che trascorsi insaponata, in piedi sotto il getto d'acqua con i capelli bagnati attaccati alla schiena, ripercorsi con la mente gli ultimi due giorni e mi sentii sopraffatta. 

Prima Kiran con la sua bocca e le sue mani magiche, il suo corpo caldo e nudo legato al mio letto, poi l'arrivo di mia madre e lo scontro con Jordan. Avevo scoperto che Kiran aveva un fratello e che era morto. E poi l'avevano rapito. Sgranai gli occhi e gocce d'acqua mi colarono sul viso e tra le labbra. O, e c'erano possibilità che dietro il rapimento ci fosse Morgan St. Pierre. Certo, perché era assolutamente normale che un uomo facesse rapire suo nipote e lo facesse colpire con una mazza da baseball. 

Un velo di ansia e preoccupazione mi si posò sullo stomaco, già piuttosto fragile per le fitte di dolore che mi stavano massacrando il ventre da un paio d'ore. Quando uscii dalla doccia, avvolta nell'accappatoio, percepii qualcosa di strano. Abbassando lo sguardo, compresi l'origine di quelle fitte. 

Grandioso un'altra volta, Ari. 

Con la follia degli ultimi giorni, avevo completamente dimenticato che il mio ciclo sarebbe arrivato a momenti. Motivo per cui adesso il mio tappeto del bagno era puntellato di rosso. Imprecando un imbarazzante numero di volte, pulii quel pasticcio e lessi la risposta di mia madre. Avrei messo il tappeto in lavatrice più tardi.

Detective: Lo so. Ho tracciato il tuo telefono quando non ti ho vista rientrare.

Ari: Magari la prossima volta mi chiami, che ne dici? Tracciare il telefono della propria figlia mi sembra un po' da psicopatici.

Detective: Se la figlia in questione va via con un ragazzo e non torna a casa, tracciare il telefono piuttosto che andare alla polizia è un atto di gentilezza.

Ari: Sei tu la polizia.

Detective: Appunto.

-

L'Oak High doveva essere appena diventato il nuovo luogo delle elezioni presidenziali, altrimenti non si spiegava tutta la propaganda che si stava svolgendo tra i corridoi. Era pieno di studenti che distribuivano volantini, che incitavano a votare qualcuno piuttosto che qualcun altro e offrivano ciambelle gratis per raccogliere voti e consensi. Mentre andavo incontro a Juni, accettai molto volentieri una ciambella da una ragazza e la ringraziai con un cenno della testa. Il fatto che sulla sua t-shirt ci fosse scritto #votaNovaDevin avrebbe dovuto farle capire l'ironia. 

Ma non ero così fortunata.

Tirando un morso alla mia ciambella, imboccai le scale e mi diressi verso l'aula di Storia Moderna, dove avrei dovuto trovare la mia migliore amica. Invece che ad aspettarmi lì fuori, però, Juni era in fila qualche metro più avanti, insieme ad un'altra decina di persone.

«Ehi, cosa stai facendo qui?» Le chiesi non appena l'affiancai. «Quale oscura forza ti spinge a fare la fila alle otto del mattino? O a fare una fila in generale, per quanto mi riguarda.»

«Oh, niente di che» borbottò; un insolito rossore le tinse le guance.

«Juniper Pope, non ti è concesso mentire alla tua migliore amica.»

«Niente di che, davvero, voglio solo assicurarmi di prendere i biglietti per il ballo prima che finiscano. O, a proposito, hai sentito che il tema sarà Masquerade Ball?» Sollevai un sopracciglio. «Non trovi un po' banale che abbiano scelto un ballo in maschera? Speravo in qualcosa di più originale e...» Lei continuò a blaterare e io la scrutai, dando un altro morso alla mia ciambella.

«I biglietti?» Mi focalizzai di proposito sulla parte che Juni aveva cercato di sminuire. «I? Al plurale? Nel senso per due persone?»

«Sì» esitò, e io non compresi se fosse imbarazzata. «Per me e... Elis.»

«Woh!» Esclamai, rischiando di affogarmi. «Stai comprando un biglietto per Elis?»

«Sì. Cioè, è così strano?»

«Strano? È fantastico, Juni. È solo che non me l'aspettavo. Tu che prendi l'iniziativa. Con un ragazzo. Non hai mai fatto una cosa del genere per un ragazzo. Sono fiera di te, J. Ti meriti il resto della mia ciambella.» Juni sorrise e afferrò il suo premio con aria trionfante.

«Non è un ragazzo qualsiasi, no?» Sollevò una spalla e un sorriso le arrossò le guance. «È Elis.»

«Credo che questa sia la cosa più dolce che ti abbia mai sentito dire.»

Arrivò il turno di Juni e il ragazzo seduto al tavolo sommerso di volantini e spillette con i nomi dei candidati a Re e Regina d'Inverno, le domandò quanti biglietti volesse.

«Due, grazie.» Quando ebbe pagato, il ragazzo le ficcò una spilletta in mano insieme al resto e, con un sorriso a metà tra il falso e il sociopatico, gracchiò:

«Vota Nova Devin!»

«Certo.» Fece Juni, per poi voltarsi e scaricare la spilla nel cestino della spazzatura. «Col cazzo.»

Soffocai una risata mentre raggiungevamo l'aula di Storia Moderna.

«Ehi, perché mangiavi una ciambella alle otto di mattina, comunque?»

«Perché ho un insaziabile bisogno di zuccheri» ammisi, passandomi una mano sul ventre. «E di una borsa di acqua bollente. E di un divano. E di un cucciolo di canguro da accarezzare.»

«Aspetta, è iniziata la tua settimana rossa? Che cavolo, non avresti dovuto darmi la tua scorta di zuccheri» un'espressione dispiaciuta le si aggrappò sul viso mentre mi si stringeva a un braccio. «Adesso mi sento in colpa.»

«Per cosa ti senti in colpa, serpe?» Entrambe ci voltammo verso Elis. «Per non avermi ancora dato un bacio?» 

Era con Freydis e nessuna delle due si era accorta che fossero dietro di noi. Juni si schiarì la gola e nascose i biglietti dietro la schiena.

«Per aver tolto una ciambella ad Ari» rispose, dissimulando la sorpresa. «Sono una ladra di ciambelle. E una persona orribile. E senza cuore.»

«È vero, sei senza cuore» concordò Elis, aggiudicandosi un'occhiataccia. «Perché la mia bocca è ancora senza bacio. Vedi?» Si passò le dita sulle labbra. «È triste e sola e vorrebbe tanto che la tua le facesse compagnia.»

«Te l'ho dato ieri, un bacio.» Si difese Juni. «Più di uno, in realtà.»

«Oggi è un altro giorno, però. Hai davvero intenzione di farti implorare per un piccolo, minuscolo, bacio del buon...» Ma non fece in tempo a completare la frase, che Juni gli si avvicinò, gli piantò una mano sulla spalla e, sollevandosi sulla punta dei suoi anfibi arancioni, premette le sue labbra su quelle ancora socchiuse di Elis. Freydis sgranò lo sguardo e si portò una mano sulla bocca, coprendo un sorriso di sorpresa, mentre io non potei fare altro che tirare fuori il cellulare e scattare una foto.

«Mi hai baciato» fu la prima cosa che disse Elis, lo sguardo iniettato come se si fosse appena drogato. «Mi hai appena baciato, snákur. Davanti a tutti!»

«Almeno così stai zitto, heimskur.» Juni si guardò intorno imbarazzata. «E magari tutte queste ragazze la smettono di guardarti.» Ciò detto, scrollò le spalle e, con l'espressione ancora sconvolta - da se stessa, probabilmente - filò in classe.

«L'avete visto anche voi, vero?» L'Elis che avevo davanti, giacca di pelle, treccine perfette, viso da ragazzaccio e muscoli da infarto, era allucinato e su di giri. Ed era arrossito.

«L'abbiamo visto eccome» commentò Freydis. «E non siamo state le uniche.»

«Devo andare a scriverlo sul mio diario segreto» blaterò Elis.

«Tu non hai un diario segreto» gli ricordò Freydis.

«Lo so. Infatti ne inizierò uno e lo intitolerò: "Juniper mi ha baciato in corridoio"

«Oh, be', mentre lo fai, non è che sapresti dirmi dov'è Kiran?»

«Proprio dietro di te.» 

La sua voce mi provocò un brivido lungo la schiena. Non sentii nient'altro che la sua presenza alle mie spalle, il suo respiro sul mio collo, le sue mani sui miei fianchi. Per qualche istante, non avvertii nemmeno i crampi alla pancia e la spossatezza che mi appesantiva ossa e muscoli. Lo sentii chinarsi e la sua bocca mi posò un bacio sotto l'orecchio. 

Mi voltai e incontrai il suo sguardo. Verdi foreste e fondali marini. Era quello il colore delle sue iridi quella mattina. Gli sorrisi e lo baciai. I suoi palmi mi avvolsero le guance e io mi sentii travolta dal sapore delle sue labbra.

«Buongiorno anche a te, fatina.» Sarei rimasta lì per sempre. «Di cosa stavate parlando?»

«Juni ha tolto una ciambella ad Ari, quindi ora si sente in colpa» lo aggiornò Freydis. «Elis vuole iniziare un diario segreto, perché Juni l'ha baciato davanti a tutti.»

«Tutto normale» Kiran fece scivolare un braccio intorno alla mia schiena. La sua mano, ferma poco sotto le costole, calda e grande e delicata, mi sembrò più efficace di una qualsiasi borsa di acqua bollente contro i crampi.

«Infatti adesso me ne vado» annunciò Elis.

«Ma abbiamo lezione» gli ricordò Kiran.

«Mi dispiace, non posso» dichiarò solenne. «Devo andare a comprare un diario segreto.»

«E io ho il test di letteratura americana» Freydis si sistemò lo zaino sulla spalla. «Ci vediamo a pranzo?»

«Certo.» Quando se ne furono andati, Kiran mi rivolse un sguardo criptico, attento, come se stesse cercando di leggere qualcosa scritto sotto la mia pelle.

«Va tutto bene, Ariadne?» mi domandò, scostando una ciocca di capelli dal mio viso. La riagganciò dietro l'orecchio e le sue dita indugiarono sul collo e sulla mascella.

«Perché me lo chiedi?» Lui fece un movimento impercettibile con la spalla, lo sguardo ancora incastrato nel mio.

«Perché ho l'impressione che non vada affatto tutto bene.» Mi scrutò come se potesse vedermi attraverso. «Quando prima ti ho toccato, i muscoli del tuo addome erano rigidissimi. E poi si sono... rilassati. C'è qualcosa che non va?»

«No» risposi, con l'urgenza di tranquillizzarlo, il cuore sciolto dalla sua premura. «Sono solo i crampi del ciclo. Il primo giorno è sempre un inferno. Mi sento un rottame e vorrei solo starmene stravaccata su un divano a guardare un documentario sui serial killer.» Sospirai, l'attimo dopo strabuzzai gli occhi. «Oppure un film romantico. Oh, adoro i film romantici. Quelli che fanno piangere, però. Hai mai visto Colpa delle stelle? Quello è il mio preferito.»

«No, non l'ho visto» un sorriso dolce e rassicurante si mosse intorno alle sue labbra. «Suppongo che Juni e la ciambella abbiano a che fare con questo.»

«Si sentiva in colpa per averla mangiata, perché sa che in questi casi ho un bisogno patologico di zuccheri. Ma gliel'ho offerta io e lei non sapeva che stamattina è iniziata la mia settimana rossa.»

«Sono tanto forti questi crampi?» L'apprensione nel suo tono mi fece venir voglia di scomparire tra le sue braccia.

«Abbastanza, ma per fortuna durano poco.» Lanciai un'occhiata all'interno dell'aula: il professor Ruiz non era ancora arrivato. Quindi ne approfittai e aggiunsi: «Ehi, cosa hai intenzione di fare con la storia di Morgan?»

«Niente, al momento. È fuori città con dei clienti» mi spiegò, i lineamenti irrigiditi. «Ma rientra domani. Spero abbia voglia di fare due chiacchiere con il suo nipotino, perché non avrà scelta.»

«Elis non capirà che stai indagando sulla morte di tuo padre? Verrà fuori quando affronterai Morgan e suppongo che Elis sarà presente.»

«Verrà fuori che sto cercando di rimediare ai torti fatti da mio zio. È stato lui a sottrarre i documenti da casa mia, a nascondermi la lettera delle Vipere Nere, a mandare quelle persone. La mia ricerca è al sicuro. E comunque, non credo ci sarà. Questa storia del ballo lo tiene parecchio impegnato.»

«Okay» risposi, sentendomi più tranquilla. «Io, però, voglio esserci quando gli parlerai.»

«Come vuoi, Bonnie

«Bonnie?» Ripetei, curiosa.

«Bonnie e Clyde.» Una fossetta gli bucò la guancia.

«Loro sono due criminali.»

«Stai per assistere a un sequestro di persona» un piccolo bacio sulla mia fronte. «Io non vedo differenze.»

-

Alla fine delle lezioni, ero un zombie. Ash e i suoi amici mi chiesero se volessi andare a mangiare con loro alla tavola calda giù in città. Avevano invitato anche Juni e gli altri, ma avevo dovuto rifiutare. Non vedevo l'ora di stendermi e dare un po' di tregua ai miei muscoli. Ero diretta alla mia auto quando vidi Freydis aprire la portiera della macchina di Ash. Lei mi salutò appena si accorse di me e mi raggiunse.

«Asher mi ha detto che non vieni a mangiare con noi» mi diede un abbraccio veloce e i suoi occhi celesti mi scrutarono attenti. «Sicura di non aver cambiato idea?»

«Sicura» le ripetei con un sorriso. «Ma la prossima volta ci sarò. Promesso.»

«Okay. E Juni?»

«È corsa a casa dopo le lezioni. Doveva studiare e poi attaccava a lavoro.»

«Vorrà dire che ci andremo di nuovo tutti insieme.» Poi le sue sopracciglia schizzarono sulla fronte, come se si fosse appena ricordata di qualcosa. «Ehi, hai sentito qual è il tema del ballo d'Inverno?»

«No, credo di aver dormito durante tutte le lezioni. E non sono andata in mensa. No, aspetta, forse lo so. Sono quasi sicura che Juni me l'abbia detto stamattina.»

«Sarà un ballo in maschera!» M'informò emozionata.

«Ecco, sì, lo sapevo.»

«Sono passata dall'ufficio della segreteria per parlare con Mrs Gorman di alcuni corsi e c'erano delle ragazze ad aspettare il loro turno. L'ho sentito da loro, poi Mrs Gorman si è inserita e ha detto che quest'anno i professori controlleranno meglio il punch e le altre bevande. Non vogliono rischiare studenti ubriachi come gli altri anni. Ho annuito, anche se non so a cosa si riferisca. Tu lo sai?» Feci spallucce e scossi la testa.

«Juni mi ha raccontato qualcosa, ma non ero lì per testimoniare.»

«Peccato. In ogni caso, tu e Kiran avrete delle maschere abbinate?»

«Oh, uhm...» giocherellai con la cinghia dello zaino. «Non so se Kiran ci verrà. Sai com'è fatto, queste cose non gli piacciono, le trova noiose.»

«Lo so, ma al ballo di Homecoming ci è venuto, no? Anche se c'era tutta la storia della vostra finta relazione e del mantenere le apparenze. Secondo me, gli è piaciuto. E poi è venuto alla festa di Asher. E ha fatto un salto al falò, da quello che mi ha raccontato Elis.»

«Glielo chiederò, ma io non conterei sulle maschere abbinate» ci mettemmo entrambe a ridere e Freydis sollevò una spalla.

«Effettivamente, sarebbe troppo per lui. Oh, eccolo che arriva.» Mi voltai nella direzione in cui puntavano i suoi occhi e scorsi due figure camminare verso di noi. Il sole freddo dei primi giorni di dicembre disegnava contorni d'oro lungo i loro corpi.

«Qualcuno sa qual è la macchina dell'idiota che vende i biglietti per il ballo?» Domandò Elis appena ci raggiunse.

«Perché mai vorresti saperlo?» Corrugai la fronte, un po' spiazzata.

«Perché ho bisogno di rigargli la carrozzeria.»

«Ho paura di sapere cosa ha fatto per farti arrabbiare.»

«Ha deciso che quand'era arrivato il mio turno, doveva chiamare sua cugina di sesto grado e raccontarle del suo dannato criceto allergico al burro d'arachidi, dell'ultima scopata che si è fatto e di quanti anni darebbe ai Jonas Brothers. Tutto questo mentre io ero lì ad aspettare che mi vendesse due stramaledetti biglietti.»

«Aspetta, hai preso i biglietti per il ballo?»

«Ovvio. Perché credi che sarei rimasto lì ad ascoltarlo mentre tirava a indovinare l'età dei Jonas Brothers? Apri internet e leggilo, idiota!» Poi assestò una pacca sulla spalla di Kiran. «Andiamo? Appena finiamo con quella faccenda, devo studiare.»

«Devi studiare?» Ripeté Freydis, un vago scetticismo nel tono.

«Sì, gli ultimi numeri delle mie riviste di moda. Devo scegliere il costume e l'abito perfetto per questo Masquerade ball, non posso permettere che Juni non abbia la sua notte da favola.» Si fermò per creare un po' di suspense. «E una notte da favola, per essere da favola, inizia dall'abito.»

«Aggiornatemi, voi due» disse Freydis rivolta ai due ragazzi; tutti e tre si scambiarono un brevissimo sguardo, come se si fossero detti qualcosa con gli occhi. «E non aspettatemi stasera, credo che resterò fuori con Asher.» Le sue guance, come ogni volta che lo nominava, si tinsero di un timido rosa ciliegia. «Allora, vado. Ci vediamo domani.»

Elis si diresse verso l'auto di Kiran subito dopo che Freydis ebbe raggiunto Ash.

«Non ho il coraggio di dire a Elis che i biglietti li ha già presi Juni» un'espressione sorpresa e subito dopo divertita colorò il volto di Kiran, al quale finalmente potei rivolgere tutta la mia attenzione. «Era così entusiasta che se gliel'avessi detto, gli avrei probabilmente spezzato il cuore.»

«Ci sarebbe rimasto molto male, soprattutto dopo essersi subito un tipo che parla del suo criceto.» Immaginai le facce di Juni e Elis quando si sarebbero invitati al ballo a vicenda. Sarebbe stato troppo divertente. «Anche se, probabilmente, il fatto che Juniper gli abbia preso un biglietto, lo farebbe sentire talmente su di giri che si dimenticherebbe del resto.»

«È possibile, sì. Comunque, di quale faccenda parlavate?» 

Non potevo esserne certa per via del sole, ma mi sembrò di vedere le sue iridi oscurarsi per qualche secondo. Ma poi il principio di un sorriso gli sospinse un angolo della bocca verso l'alto.

«Dobbiamo occuparci di alcune cose» rispose con tono tranquillo. «Il nostro liceo di Reykjavík ha richiesto delle relazioni riguardo lo scambio interculturale di Elis e Freydis. E poi dobbiamo aggiornare l'Istituto. Non vogliamo che qualcuno inizi a preoccuparsi non avendo nostre notizie.»

«Sembra che avrete da fare tutto il pomeriggio» avvolsi le braccia intorno al suo torace e sollevai lo sguardo; Kiran inclinò il volto verso di me e i suoi occhi di smeraldo m'inchiodarono a terra.

«Ci annoieremo a morte» le sue labbra si mossero in quel loro modo lento e seducente, ideato dal diavolo in persona per farmi perdere la testa. «Ma poi la giornata potrebbe migliorare.» Un impercettibile ghigno all'angolo della bocca.

«Che cosa stai tramando, Kiran St. Pierre?»

«Vieni a casa, stasera.» Il mio cuore inciampò sui suoi battiti. «E lo scoprirai.»

«Quindi è una sorpresa.» Dedussi. «Mi dai un indizio?»

«No» si protese verso di me e, a un soffio dalle mie labbra, sorrise: «ma se vuoi, posso darti un bacio.»

«Mh, penso di potermi accontentare.» 

In realtà, accontentarsi non era possibile quando c'erano di mezzo i baci di Kiran. C'era qualcosa di speciale nel modo in cui mi baciava, come se volesse prendersi cura dei nostri baci, come se volesse custodirli, renderli eterni e irripetibili. Era come se ognuno di loro fosse una lettera e lui stesse scrivendo la nostra storia, attento a non tralasciare alcun dettaglio.

«Allora?» La punta del suo naso mi sfiorò la guancia. «Ci vieni o no?»

«Certo» risposi. «Nel frattempo, proverò a studiare per il test di Storia Moderna e lascerò che Signor Becco mi zampetti sulle ovaie.»

«Mi sembra un ottimo piano» Kiran mi sfilò lo zaino dalla spalla, aprì la portiera e lo lanciò nella mia auto. Poi mi scostò dei capelli biondi dal viso. «Allora, ci vediamo stasera.»

Entrai in macchina e gli rivolsi uno sguardo mentre mettevo in moto.

«Mi vedrai eccome.» Feci per partire, ma la sua voce mi fermò.

«Ariadne?»

«Sì?»

«Quel bacio era solo l'inizio.»

-

Le cose non andarono esattamente come avevo pianificato, quel pomeriggio. Riuscii a studiare solo un paio di pagine di Storia Moderna, prima di iniziare a rileggere i paragrafi diecimila volte perché c'era sempre qualcosa di più interessante a distrarmi. 

A un certo punto mi ero persino convinta che avrei dovuto contare le piume di Signor Becco, che ne valeva della mia vita, ma per fortuna la parte sana del mio cervello mi aveva fermata in tempo, impedendomi di fare una cosa tanto folle. 

Chi mai si metterebbe a contare le piume di un'oca? 

Poco più tardi, papà mi aveva avvisato che lui e il nonno stavano tornando. Perciò, anche se non mi sentivo benissimo, avevo deciso di preparare una torta di bentornato all'arancia e al cioccolato fondente. Il nonno l'adorava. Mi aggiornarono sugli esami di routine che avevano fatto al nonno e papà mi assicurò che andava tutto alla grande. Avevo passato il resto del pomeriggio a raccogliermi i residui di cioccolato fondente dalla ciotola, fin quando non era arrivato il momento di prepararmi.

Ora che avevo appena suonato il campanello di casa di Kiran, pensai che Elis avrebbe potuto farlo. Era uno che avrebbe contato le piume di un'oca facendola passare per una cosa totalmente normale.

Mi accorsi che la porta era già aperta. Strano.

«Kiran?» chiamai, entrando con passo incerto. La prima cosa che pensai fu che fosse successo qualcosa. Addentrandomi nell'atrio, fui travolta da un odore di zucchero e cioccolato. «La porta era aperta. Non dovresti lasciare la porta aperta, sai? Potrebbe arrivare qualcuno e... Oh.»

«Non arriverà nessuno, Ariadne. La porta è aperta perché ti ho sentita arrivare.»

Avrei davvero, davvero voluto dire qualcosa in quel momento, ma ero troppo sconvolta per ciò che trovai nel soggiorno. Diverse candele emanavano un bagliore caldo e accogliente con le loro fiammelle tremolanti, rendendo l'atmosfera confortevole, calma, come fossero intangibili carezze sulla pelle. Il divano era sommerso da coperte morbidissime, piene di colori, e da un sacco di cuscini che avevano l'aria di essere i più comodi mai fabbricati. 

E aperti sul tavolo come fossero i cofanetti di anelli preziosi, c'erano cartoni di dolci e ciambelle, pasticcini e praline e fette di torte. L'odore sublime dello zucchero mi fece commuovere.

«Avevi detto che avevi voglia di dolci» la sua voce mi carezzò i timpani come una canzone che potevo ascoltare solo io. «E che avresti voluto stravaccarti su un divano» le sue labbra mi sfiorarono la pelle calda del collo. «E che avresti voluto guardare un documentario sui serial killer, oppure un film romantico che ti faccia piangere» il tempo di un bacio invisibile sotto l'orecchio e Kiran non era più dietro di me. Lo seguii con lo sguardo mentre afferrava il telecomando della tv e premeva un pulsante. Sullo schermo alle sue spalle comparve la scritta Netflix. «Per tua fortuna, Elis ha installato tutte le piattaforme di streaming esistenti. Legali e non legali. E ho già controllato» posò il telecomando e tornò da me. «Colpa delle stelle è nei cataloghi di almeno tre di loro.»

«Hai davvero fatto tutto questo» indicai tutto ciò che mi circondava con sguardo strabiliato e carico di emozione. «Solo perché oggi ne ho blaterato in piena crisi da ciclo. Mi hai...» non riuscivo a crederci. «Mi hai davvero presa sul serio.»

«Prendo sul serio ogni cosa che dici, Ariadne» avvicinò le sue mani al mio cappotto e iniziò a sfilarmelo. «Se mi dicessi che volessi andare a vivere in cima a un monte, non ti assicuro che riuscirei ad accontentarti, ma di certo ci proverei, anche a costo di spostare la maledetta montagna sotto casa tua.» Spostò i miei capelli dietro la schiena e avvolse le mie guance con le sue mani grandi. «Voglio solo renderti felice» la sua bocca indugiò sulla mia. «E se per farlo, dovrò guardare un documentario su un serial killer e passarti dei fazzoletti mentre piangi guardando Colpa delle stelle, allora lo farò.»

Qualcuno suonò il campanello e Kiran sorrise.

«A proposito di renderti felice» mi baciò la punta del naso. «Resta qui, fatina. Torno subito.»

Rimasi a fissare il paradiso che Kiran aveva messo su per me e mi venne da piangere, perché era tutto così perfetto, tutto così dolce, perché mi sentivo importante e speciale e ascoltata e perché... oh, Dio, erano ciambelle al cioccolato fondente, quelle? 

Ne sfilai una dal cartone guardandola con occhi adoranti - come se non avessi mangiato cioccolato fondente tutto il pomeriggio - mentre continuavo a pensare che fosse tutto un sogno, che ero certa di aver visto questa scena in qualche film, che non potevo sul serio aspettarmi che i miei standard tornassero normali, non dopo aver raggiunto il livello Kiran.

«Immaginavo che a un certo punto avresti avuto fame» la sua voce mi fece voltare con uno scatto. «Di qualcosa di diverso, intendo. E scommetto che la tua scelta sarebbe ricaduta su queste.» Indicò i due cartoni di pizza che reggeva in una mano. La scritta Roberto's mi fece quasi buttare un gridolino. «Juniper mi ha detto che è la tua preferita.»

«Sei perfetto, Kiran St. Pierre» furono le uniche parole a cui riuscii a pensare. «E sei il mio ragazzo. Sono l'unica persona nell'intero mondo ad averti.» Era tutto assurdo e surreale. «Sono l'unica a cui porti le ciambelle. E con cui guardi Colpa delle Stelle.» Lo raggiunsi e cacciai i miei occhi emozionati nei suoi. «Sei perfetto e sei mio.» Diedi un altro morso alla ciambella e sospirai. «Hai idea di quanto sia grandioso tutto ciò?»

Kiran posò i cartoni di Roberto's e mi prese il volto tra le mani.

«Ho solo pensato che qualcuno doveva prendersi cura te. Con i crampi e la spossatezza che devi sopportare, comprarti dei dolci e della pizza è il minimo che possa fare.»

Lo fissai con sguardo sognante. «Sono davvero fortunata.»

Un breve sorriso e il calore della sua bocca avvolse ben presto la mia. Scese lungo le braccia e premette le mani alla base della mia schiena, spingendomi contro di lui. Mi baciò più a fondo e io mi domandai se saltargli addosso fosse una buona idea. Non feci in tempo a darmi una risposta che Kiran disse:

«Spogliati, fatina» una scossa elettrica mi travolse e mi fece sgranare appena gli occhi. Lui se ne accorse e mi rifilò un sorriso tentatore. «Spogliati e indossa dei vestiti più comodi» specificò, un ghigno impertinente all'angolo delle labbra. «Ci sono dei pantaloncini di cotone sul divano. E puoi scegliere una qualunque delle mie magliette.»

«Come ti ritrovi dei pantaloncini da donna?»

«Li ho comprati oggi pomeriggio.» E mi fece un occhiolino.

-

Due ore più tardi, nonostante i crampi che di tanto in tanto mi facevano fare delle smorfie, mi sentivo bene come non mi era mai capitato. Mentre io anticipavo tutte le battute dei protagonisti, Kiran mi stava intrecciando i capelli, ridendo di tanto in tanto perché conoscevo il film a memoria.

«Forse dovremmo togliere il volume» mi prese in giro. «Così puoi doppiarlo direttamente.»

«Non è una cattiva idea.» Lo sentii sorridere, mentre le sua dita sfioravano, dividevano e intrecciavano ciocche.

«I tuoi capelli lunghi sono magnifici» commentò a un certo punto. Poi, chinandosi al mio orecchio, aggiunse con tono caldo e seducente: «immaginarli che ti ricadono sul petto mentre mi sei sopra è una tortura alla quale non sono in grado di sottrarmi.» 

Mi sentii il sangue ribollire di brividi ed eccitazione. I miei muscoli si risvegliarono e certi punti del mio corpo si sentirono presi in causa, motivo per cui mi ritrovai a dire:

«Immagini mai di stringerli, invece?» Un suono più roco provenne dalla sua gola e il suo respiro d'un tratto sembrò arrancare. Anche se era seduto alle mie spalle, mi sembrò di vederlo serrare i denti. «Mentre sono inginocchiata tra le tue gambe?» 

Kiran sussultò, come se dentro di sé trattenesse il ruggito di mille leoni affamati.

«Più volte di quanto mi sia concesso ammettere» la sua voce era bassa, graffiata, e le sue dita indugiarono sulla pelle del collo, artigli di pura follia e desiderio. «Perché quel tipo di pensieri sono letali come una droga. Mi portano a volerne sempre di più, sempre di più, ancora di più, fin quando non mi manca l'ossigeno e i boxer sono così stretti da farmi male» la sua mano scivolò lungo la schiena e la sua bocca si chiuse sulla pelle calda sotto l'orecchio. Vi strinse intorno le labbra, provocandomi un gemito, poi la carezzò con la lingua. «Fin quando non immagino di legarti al mio letto e di venerare il tuo corpo, di sfiorare i capelli che ti coprono i seni e poi prenderteli tra le mani. Di abbassarmi su di te e ricoprirti di baci, di toccarti tra le cosce e baciarti di nuovo, di sollevarti su di me e stringerti.»

«Se non la smetti in questo preciso istante, dovrai fare ognuna delle cose che hai appena detto» mi sentii dire, dilaniata dall'improvvisa e devastante voglia di avere Kiran su di me. «Ma non mi sembra il momento giusto. Perciò abbi pietà di me, St. Pierre.»

«Ci sarà tempo per ognuna di quelle cose» sussurrò con voce calma. «E io ho intenzione di prendermelo tutto.»

«Bene. E mi assicurerò che i miei capelli siano sciolti la prossima volta che ti sono sopra.»

«Non me ne dimenticherò. Vado a scaldarla» aggiunse un attimo dopo, sfilandomi la borsa di acqua calda che aveva comprato per me. «Attenta al film, mi raccomando. E non fare pensieri impuri.»

Lo guardai allontanarsi verso la cucina, mentre restavo sul divano, stordita dal potere che la sua voce esercitava su di me, dall'effetto che aveva sul mio corpo il suo accento nordico, dai brividi che sapeva trasmettermi semplicemente standomi vicino. E poi mi ritrovai sul punto di scoppiare a piangere, perché Kiran era dolce e premuroso con me, perché il film era arrivato al punto in cui Hazel stava per leggere la lettera di Augustus e io non potevo reggere. Conoscevo a memoria ogni singola parola, ma questo non impediva alle lacrime di inondarmi gli occhi. 

Spostai lo sguardo su Kiran che ora stava tornando verso di me. Non mi sarei mai abituata a vederlo a piedi scalzi, con i capelli raccolti un po' a caso e con indosso dei pantaloni di tuta. 

Kiran St. Pierre, il principe degli abiti eleganti, in tuta

Era uno spettacolo mistico e mozzafiato. La maglietta nera a maniche corte scendeva morbida lungo le curve delle braccia e dell'addome, e l'elastico dei pantaloni grigi scivolava sui fianchi marcati, lasciando che il tessuto leggero definisse le linee delle sue cosce e del suo splendido fondoschiena. E il fondoschiena era molto importante.

Lanciò un'occhiata alla tv e ritornò sul divano. «È arrivato il momento in cui tu piangi e io ti consolo?»

«Sì» singhiozzai, ascoltando per la milionesima volta la lettera di Gus. «È così ingiusto.»

Kiran si tese verso di me e posò la borsa di acqua calda sul mio ventre. «Così va meglio?»

«Sì, così è perfetto. Tu sei perfetto.» 

Mi sentii travolgere da un'ondata di emozioni. Un po' c'entravano gli ormoni, un po' le parole di Augustus, ma d'un tratto ebbi la sensazione che ogni singola cosa fosse fragile, che potesse rompersi, ferirci, che potesse scivolarci via senza che riuscissimo ad afferrarla. Kiran si accorse dei miei occhi già lucidi e delle labbra tremolanti. Allora cambiò posizione. Separò le mie ginocchia con un tocco caldo e delicato, facendo rabbrividire la pelle nuda delle gambe. Vi si infilò nel mezzo, avvolgendo le braccia intorno alle cosce e posando il viso sul mio ventre. Ci lasciò un bacio da sopra la maglietta.

«Perché questo film ti piace così tanto?» Assorbii il suo calore come fossero i raggi del sole. Avvertii i miei muscoli rilassarsi sotto il suo peso, sotto le sue labbra e le sue mani, e sentii il sangue scorrere più lentamente, come se le mie emozioni stessero tornando al loro posto. Abbracciai la borsa di acqua calda e gli rivolsi uno sguardo attraverso le ciglia umide.

«Perché mi ricorda quanto sia fortunata» Kiran lasciò una scia di baci tutt'intorno all'ombelico. «Hazel e Augustus avrebbero potuto amarsi per tutta la vita, ma la vita aveva altri piani per loro. E quindi hanno deciso di amarsi per il poco tempo che avevano con tutto l'amore che ci sarebbe voluto per amarsi una vita intera. Non hanno lasciato che la morte portasse loro via il loro piccolo infinito.» Allungai una mano tra i suoi capelli biondi e piegai la testa su una spalla. Lo osservai e mi sembrò di riuscire a vedere la costellazione che Augustus non riusciva a mettere insieme. «E mi fa pensare a noi due.»

«Ah sì, fatina?»

«Sì, perché averti qui con me, in questo momento, è il mio infinito. Perché sono grata di poterti toccare, di poterti guardare, di poterti stringere. E sembra tutto così scontato perché sei il mio ragazzo, ma non lo è. Non lo è affatto. Perché l'amore non è una garanzia, no? L'amore non salva. L'amore non ferma la morte. Non procura più tempo. Ma rende infiniti quei piccoli istanti che ci sono concessi.»

Kiran fece leva sui gomiti e si spinse più avanti, arrivando quasi a sovrastarmi. Il suo viso, ora, posava appena sopra il seno. Le sue mani, ora infilate sotto la maglietta, si aprirono sulle costole, diffondendo un tepore che mi arrivò alle ossa.

«La ragazza delle margherite» i suoi occhi di smeraldo indugiarono sulle mie labbra. «Ecco cos'è il mio infinito, Ariadne.»

«Voglio che tu venga più vicino, adesso.» Nei suoi occhi lampeggiò un luccichio delizioso. Spingendosi un po' più avanti e provocando una certa frizione tra il suo addome e il centro delle mie cosce, arrivò a sfiorarmi le labbra con le sue. Il mio cuore impazzì.

«Così vicino va bene?» Soffiò quelle parole sulla mia bocca come fossero un segreto. Una scarica di brividi mi incendiò tutte le terminazioni nervose. Vidi danzare ombre e stelle e galassie intere nel verde iridescente dei suoi occhi.

«Più vicino, Thor.» La spinta con cui si portò su di me, mi fece sussultare. Sorrisi sulle sue labbra. «Kysstu mig nú

Adesso, baciami.

Le sue pupille si dilatarono appena. La sorpresa - e qualcos'altro - disegnò una curva perfetta sulla sua bocca. Una fossetta gli comparve al centro della guancia e io sospirai.

«Ripetilo.»

«Kysstu mig nú

«Ancora una volta.»

«Kysstu mig nú.» Il suo respiro mi sfiorò le labbra. L'attesa iniziò a lacerarmi i muscoli.

«Sei consapevole del potere che hai in questo momento, Ariadne?»

«Abbastanza consapevole.»

«Bene, perché potresti chiedermi di ballare nudo sul tavolo e lo farei, se me lo chiedi in islandese. In realtà, credo che lo farei se me lo chiedessi in qualunque lingua. È incredibilmente attraente quando mi dai ordini.»

«Grazie per l'idea» lo stuzzicai. «Credo che vederti ballare nudo sarebbe una delle esperienze migliori della mia vita.» Gli scostai dei capelli dalla fronte. «O vederti nudo in generale.»

«Mi hai già visto nudo.»

«E credi che mi basti?» Gli puntai il naso con un dito. «Un paio di volte non sono nemmeno lontanamente sufficienti.»

«Adesso lascia che ti baci» disse. «Prima che cominci sul serio a spogliarmi solo per vedere un altro sorriso sul tuo volto.»

Il primo tocco leggero delle sue labbra sulle mie fu un preludio, una carezza lenta e pigra, come l'odore della pioggia prima che inizi a cadere. E poi fu tempesta. Fu elettrico, furioso, incessante come i brividi che mi trasmetteva ogni affondo della sua bocca. Mi sentii vibrare fino alle estremità più lontane del mio corpo. Le mie gambe finirono allacciate intorno ai suoi fianchi, spingendolo ancora di più contro di me, nel tentativo di placare il fuoco che avevo iniziato a sentire sotto la pelle. Kiran mi avvolse con le sue braccia e la mia schiena s'inarcò verso di lui, in cerca di un contatto più profondo, e quasi mi dimenticai dei lamenti delle mie ovaie sanguinanti.

«Ti va un po' di pizza?» Mi domandò, strofinando le sue labbra sulle mie.

«Sì, ti prego.» Kiran mi diede un ultimo bacio veloce, prima di divincolarsi dalla morsa in cui l'avevo stretto. Ci mettemmo seduti e, mentre lui recuperava i due cartoni di Roberto's, io afferrai il telecomando, nascosto sotto i cartoni vuoti di torta e ciambelle.

«Ehi, preferisci Serial Killer più spietati d'America, o Conversazioni con Ted Bundy?» Scorrendo i titoli del catalogo, ne trovai un altro. «Oppure La vera storia di Jack lo squartatore? Aspetta, c'è anche...oh, ti ringrazio.» Kiran mi porse uno dei due cartoni.

«Aprilo.» Mi disse.

«Certo che lo apro» feci. «Altrimenti come faccio a mangiare? Prima però...»

«Ariadne?»

«Sì?»

«Apri quel cartone.»

«Okay, okay. Ma poi dobbiamo scegliere quale serial killer vogliamo... oh, Dio.» Quando aprii il cartone, i miei occhi si sgranarono per la sorpresa. E per l'emozione. E per altri duemila motivi.

«Allora? Qual è la tua risposta?» 

Vieni al ballo con me? Scritto sulla pizza con delle patatine fritte. E incastrati sotto il bordo croccante, due biglietti si prendevano gioco della mia espressione inebetita.

«Certo che sì!» Esclamai, realizzando che Kiran aveva pensato a tutto, prima ancora che potessi chiederglielo io. «Credevo non volessi andarci. So che non ti piacciono queste cose e...»

«Non mi piacciono queste cose» concordò. «Ma mi piace vederti contenta per qualcosa, anche se si tratta di un ballo in maschera al quale preferirei amputarmi un braccio.»

«Ne varrà la pena» gli promisi. «Questo ballo sarà indimenticabile.»

«Come fai a esserne convinta?»

«Perché avrai l'onore di andarci con me. Ciò significa che ogni singolo studente ti invidierà a morte, perché sarò così bella che non potranno più togliermi gli occhi di dosso. Ma io guarderò solo te» mi portai una patatina alla bocca. «Solo e soltanto te. Per tutta la notte.»

«Sei già splendida, Ariadne» avvicinò una mano alla mia guancia. «E l'idea che i tuoi occhi abbiano scelto me, mi fa sentire già onorato.»

«Ottimo» gli posai un bacio sulla mano. «Perché significa che non hai idea di cosa ho in mente.» Iniziammo a mangiare la nostra pizza e io non riuscivo a togliermi il sorriso dalla bocca. Poi Kiran recuperò il telecomando, si posò allo schienale e mi guardò.

«Conversazioni con Ted Bundy» scelse, premendo play. «Guardare documentari sui serial killer è estremamente romantico, fatina.»

-

Venerdì mattina, dopo il test di fine corso di cucina, ero stanca ma ancora su di giri. Avevo pensato alla sera prima per tutto il tempo. Sospettavo che lo chef Castro se ne fosse accorto, soprattutto perché Juni, al mio fianco, voleva per forza sapere tutti i dettagli. Durante il test.

«Siamo ancora d'accordo per questo weekend? Oppure hai cambiato idea?» Dana mi sorprese con due caffè davanti al mio armadietto. Me ne passò uno e mi guardò in attesa, gli occhi castani luminosi e pieni di speranza.

«I nostri piani prevedono film e gelato» le ricordai. «Nemmeno la fine del mondo mi farebbe cambiare idea.» Il sorriso che si allargò sul viso della mia amica mi scaldò il cuore.

«Perfetto, volevo accertarmi che non mi avessi dato buca.»

«Certo che no, Dana» la rassicurai. «Mi manca passare del tempo con te.»

«Anche a me, Ari. E siccome è un sacco che non succede, ho chiesto a mio padre se i tecnici hanno sistemato il problema con il proiettore nella sala cinema, nel seminterrato. Ma non mi ha ancora risposto» lanciò un'occhiata al suo cellulare. «Che strano, sarebbe dovuto già essere tornato. Il suo volo è atterrato a Beckley alle cinque di stamattina.»

«Oh, non preoccuparti, sono sicura che non è successo niente. Magari ha...» Il mio cellulare vibrò nella tasca. Era un messaggio di Kiran.

Kiran: Qualcuno non vede l'ora di fare due chiacchiere con Bonnie e Clyde.

Aveva allegato una foto. Sgranai gli occhi e cacciai il telefono in tasca con uno scatto, non appena scorsi il volto contrariato di Morgan St. Pierre. Legato a una sedia. Nel suo ufficio.

«Ehi, tutto bene?» Mi domandò Dana, prima che un sorrisetto malizioso le incurvasse le labbra. «Fammi indovinare, mio cugino ti ha appena inviato una foto del suo amichetto?»

«Oh» abbozzai una risata. «È così ovvio?» Cosa avrei dovuto dirle? 'Abbiamo appena sequestrato tuo padre e stiamo per interrogarlo? A proposito, non credo tornerà per cena.'?

«Un po', sì. Adesso ho bisogno di eliminare quest'immagine dalla mia testa, però.»

«Sono sicura che riguardare Magic Mike ti aiuterà. Adesso devo andare, ci vediamo domani?»

«Certo. Oh, Ari?»

«Sì?»

«Magic Mike lo riguarderemo insieme. Spero Kiran non sia geloso.»

«Posso assicurarti che Kiran non ha niente da invidiare a quegli spogliarellisti, Dana. Ma questo non puoi saperlo, perché sei sua cugina» le feci un occhiolino. «A domani.»

Non appena uscii in cortile, rilasciai il fiato che avevo trattenuto. Se Dana avesse visto la foto che mi aveva inviato Kiran, sarebbe stato molto difficile da spiegare. Stavo per scrivere a Kiran che mi sarebbero serviti circa quindici minuti per arrivare a casa di Morgan, visto che l'auto serviva a mio padre e che quindi mi sarebbe toccato andarci a piedi, ma poi una voce familiare mi fece voltare.

«Ehi, Ari, vai già via?» Era Freydis. Aveva lo zaino in spalla, i capelli sciolti in lucenti onde chiarissime e l'espressione sorridente.

«Sì, devo incontrare Kiran ed è già tardissimo.»

«Posso darti un passaggio, se vuoi. Le mie lezioni sono finite.» Corrugai la fronte quando Freydis indicò un'auto che non avevo mai visto.

«E questa?» le chiesi. «L'hai appena presa?»

«Oh, no. L'ho noleggiata questa mattina.» Mi spiegò. «Finalmente hanno validato la mia patente internazionale. Ci sono stati dei problemi e ho dovuto aspettare due mesi.»

«Be', allora accetto volentieri.» Freydis mi rivolse un sorriso contento.

Entrammo nella macchina e l'odore di nuovo e pulito mi carezzò le narici. La mia amica mise in moto, fece ruggire un po' il motore e tolse il freno a mano.

«Tieniti forte» un luccichio negli occhi celesti. «È stato Elis a insegnarmi a guidare.»

Avrei dovuto immaginare che quell'avvertimento significava che Freydis avrebbe guidato come se avessimo avuto otto vite a disposizione. Uscii dall'auto con lo stomaco sottosopra e un improvviso e spassionato amore per le cinture di sicurezza.

«Grazie del passaggio» annaspai. «E di avermi fatto quasi esplodere il cuore.»

«Nessun problema. Quando vuoi, Ari.» Probabilmente mai più. La salutai e lei sfrecciò via. 

Risalii il vialetto della villa di Morgan St. Pierre, contando sul fatto che Dana non sarebbe rientrata per almeno un altro paio d'ore. Trovai sia il cancello che la porta d'ingresso aperti. Per sicurezza, li richiusi alle mie spalle. L'atmosfera familiare dell'atrio e della scalinata che mi accolse mi fece sentire un po' malinconica. Dopotutto, avevo tanti ricordi felici in quel posto. Senza indugiare troppo, mi diressi velocemente al secondo piano e individuai l'ufficio di Morgan. Per quanto lassù ci fossero una decina di porte, non avrei mai sbagliato, perché si trattava di quella che Kiran aveva cercato di scassinare. E contro la quale mi aveva baciato per la prima volta.

Dei brividi mi si avvolsero intorno alle ossa. Scossi la testa e spinsi giù la maniglia.

Non sapevo se sentirmi sconvolta o spaventata. Avevamo davvero sequestrato Morgan St. Pierre. Seduto alla sua scrivania, le ginocchia divaricate e i polsi legati dietro la schiena, mi rifilò un'occhiata di fuoco quando mi vide.

«Grandioso!» Sbottò furioso contro Kiran. «Hai invitato qualcun altro, per caso?»

«Buongiorno anche a te, Morgan.» Non potei non notare che i membri della famiglia St. Pierre condividessero un certo fascino. Probabilmente era dovuto ai capelli scuri scompigliati, agli occhi azzurri e accigliati, al nodo della cravatta sfatto e alle maniche della camicia arrotolate, ma Morgan era sempre stato un bell'uomo. 

Una spina nel fianco, un codardo, un fratello odioso, ma un bell'uomo.

«Ehi, Bonnie» la voce di Kiran attirò tutta la mia attenzione. Era seduto su una delle due poltroncine in pelle posizionate davanti a un basso tavolino in mogano, una gamba accavallata sull'altra e una mano a sfiorargli il mento. La luce che filtrava dalla finestra lo rendeva un cupo capolavoro di oro e ombre. 

Dovetti correggermi: la famiglia St. Pierre condivideva un certo fascino, sì, ma che non aveva niente a che vedere con quello di Kiran. Oh, Kiran era oltre, era così oltre che nemmeno un poeta avrebbe potuto trovare le parole giuste per descriverlo. Kiran somigliava solo a se stesso. Era carne e sangue e intensità divorante. Era l'origine della sua stessa forma, un serpente che nasce e muore e si rigenera in completa solitudine. 

Lo raggiunsi e mi sistemai al suo fianco, restando in piedi.

«Gli hai già fatto qualche domanda?»

«No, ti stavo aspettando» ciò detto, si alzò e mi lasciò un leggero bacio sulle labbra. Poi si voltò verso suo zio. «Ma ora che sei qui, possiamo iniziare.»

«Certo, possiamo iniziare da te che mi dici cosa diavolo stai facendo, Kiran.» L'agitazione nel tono di Morgan era reale. Potei confermarlo dal rossore che gli stava graffiando il collo e le guance. «Tutto questo è assurdo. Hai idea di cosa implichi questa sceneggiata?»

«Un mucchio di tempo perso se continui a parlare.» Kiran usò un tono calmo, equilibrato, come se non sapesse che farsene delle emozioni di noi poveri esseri umani.

«Potresti finire in prigione» ricalcò Morgan sconvolto, più dal fatto che Kiran non battesse ciglio che alla situazione stessa. «Non ti importa del tuo futuro?» Una risata incredula. «Per Dio, tutto questo è assurdo!»

«Non finirò in prigione» Kiran studiò suo zio con attenzione. «Perché nessuno a parte noi saprà di questa deliziosa riunione di famiglia.»

«Certo, perché credi davvero che non farò niente dopo questa follia? Credi che ti permetterò di ritornartene nel tuo covo e restare impunito?»

«Sì» rispose Kiran. «È esattamente quello che farai.»

«Allora sei più stupido di quanto pensassi.»

«No, tu sei più stupido di quanto pensassi, perché se non hai considerato la possibilità che abbia preso tutte le precauzioni necessarie, allora tutto questo è inutile e tu mi hai già dato le risposte che cerco.»

«Ti sei infiltrato in casa mia, mi hai sequestrato nel mio ufficio, mi hai legato a una dannata sedia, tutto per delle risposte?» Morgan sembrava essere sul punto di prendere fuoco. «Non ti è passato per la testa di chiedermi ciò che vuoi sapere, Kiran?»

«Non mi sembra che a te sia passato per la testa di chiedermi di smettere di indagare sulla morte di mio padre. O sbaglio, Morgan?» Kiran intercettò ogni movimento, ogni pulsazione, come se potesse vedere attraverso organi e ossa, e fui certa che notò il modo in cui l'espressione di Morgan si distese con lentezza tra i lineamenti, mentre il rossore si dissipava e una patina allucinata gli velò lo sguardo. Beccato.

«Di cosa diavolo stai parlando?» Per quanto avrebbe potuto risultare credibile, il leggero tremore che iniziò a scuotergli il ginocchio sinistro e il pomo d'Adamo che si muoveva sulla sua gola insieme alla saliva che stava deglutendo indicavano che stava mentendo.

«Non dovresti fare giochi con Kiran, Morgan» andai a sedermi sulla scrivania, il volto piegato nella sua direzione. «Ha reso inoffensivi tutti e tre gli uomini che hai mandato a prenderlo. Tre uomini adulti, Morgan. Kiran si è liberato, li ha disarmati, stesi e messi a dormire, ha rubato la loro macchina e se n'è andato. Da solo. E ha scoperto dove l'avevano portato, memorizzando la strada durante il tragitto in macchina. Sì, perché è anche riuscito a ingannarli. Perciò, vedi» continuai. «Fare finta di non saperne nulla, fargli perdere tempo, peggiorerà la situazione. E tu non vuoi peggiorare la situazione, perché Kiran ha già diversi motivi per volerti morto.» Gli feci un sorriso. «Non vuoi dargliene un altro.»

Sollevai lo sguardo per incontrare quello di Kiran. Mi sembrò di vedere orgoglio e fierezza luccicare nelle sue iridi. Poi un breve, quasi invisibile, sorriso, e i suoi occhi erano tornati su suo zio.

«L'hai sentita» si mosse con lentezza, ogni passo preciso e calcolato. «Ha già detto tutto quello che c'è da sapere. Avrai capito che non perdo tempo a fare minacce che non so mantenere. Perciò, ricominciamo. Io ti faccio una domanda, tu mi dai una risposta. Prima di provare a fottermi, chiediti se non l'abbia già fatto io, Morgan.» La furia che poco prima gli aveva arrossato la pelle e trasformato i suoi lineamenti in un ghigno, adesso non era che granitica rassegnazione. I denti serrati erano l'ultimo indizio di resistenza.

«Cosa vuoi sapere?» domandò. E allora compresi che aveva smesso di contrastarci.

«Perché non vuoi che indaghi sulla morte di mio padre?» Le sopracciglia scure si affossarono sugli occhi, ora vuoti e incolori. Lo sguardo s'indurì e la bocca fremette.

«Perché sto cercando di proteggerti, Kiran.» Il mio sguardo scattò verso Kiran, ma il suo era fisso su Morgan. Era impassibile, freddo, distaccato, come se quella risposta non l'avesse nemmeno sfiorato.

«Stai cercando di proteggermi?» Ripeté, il tono affilato e vagamente ironico. «Tu?» Si passò una mano intorno alla mandibola. «Tu che non hai mai nascosto il tuo disprezzo per me e per la mia famiglia, stai cercando di proteggermi?»

«Sì, Kiran. Per quanto ti sembri assurdo, è così.»

«Da cosa stai cercando di proteggerlo, esattamente?» Domandai. «Perché le tue parole, buttate lì a caso, non hanno molto senso.» Morgan rivolse uno sguardo a Kiran, il quale gli fece cenno di rispondere.

«Non hai bisogno del mio consenso. Se ti fa una domanda, le rispondi. È molto semplice.» Morgan imprecò tra sé. Poi si riempì i polmoni e, con riluttanza, disse:

«Dalle Vipere Nere.» 

Io e Kiran ci scambiammo uno sguardo e, sebbene il mio era piuttosto allarmato, il suo non fece trapelare alcuna emozione. Sembrava che d'un tratto non fosse più in grado di provarle.

Aveva un'impeccabile faccia da poker.

«Cosa sai delle Vipere Nere?» Kiran infilò le mani nelle tasche del suo cappotto nero.

«So che hanno ucciso tuo padre.»

«Lo sai con certezza?» Feci io.

«No» Morgan si lasciò sfuggire un piccolo sospiro. «Ma ne sono convinto.» Si rivolse a Kiran. «Per questo volevo allontanarti da questa faccenda. Se i miei sospetti sono giusti, farsi coinvolgere è il modo più veloce per firmarsi una condanna a morte.»

«E quali sarebbero i tuoi sospetti?»

«Prima slegami. È ridicolo che tu mi tenga bloccato su questa sedia. Dove potrei andare? Hai bloccato la rete telefonica, la connessione a internet, hai disabilitato allarmi e sistemi di sicurezza. Non posso fare niente, sono isolato.»

«Oh, ma non ti ho legato perché temo tu possa scappare, zio. L'ho fatto perché volevo gustarmi quell'espressione sul tuo viso. Vai pure avanti, adesso.»

«Dopo che sei partito per l'Islanda, Gerald ha cominciato a comportarsi in modo strano. Per circa due anni non ha fatto che salire e scendere dagli aerei. Si trovava sempre in un posto diverso. Qualsiasi cosa gli stesse succedendo, lo stava facendo impazzire. Gli ultimi due anni prima della sua morte li ha trascorsi chiusi in casa. Non l'ho visto nemmeno una volta. Ha speso tutti i soldi che aveva. Gli hanno dovuto tagliare la luce. Poi il gas. E alla fine gli hanno ipotecato la tenuta. La notizia della sua morte ci ha sconvolti tutti.» Dal modo in cui parlava di suo fratello, dal tono della voce, dalla direzione del suo sguardo, dedussi che stesse dicendo la verità. «Ma mi ha sconvolto ancora di più la causa della sua morte. Andiamo, Kiran, avrai stentato anche tu a credere che si sia imbottito di antidepressivi, non dopo che Maja...»

«Non farlo» lo ammonì Kiran. «Non parlare di mia madre. Non voglio nemmeno sentirti pronunciare il suo nome.» Morgan gli fece un cenno della testa e continuò.

«La presunta overdose, insieme al suo comportamento ambiguo degli ultimi quattro anni, mi ha insospettito e, quando sono andato a ritirare il suo certificato di morte, ho avuto la conferma che non mi sbagliavo. I dati medici non appartenevano a Gerald, ma questo lo sai già. Quindi sono entrato in casa tua alla ricerca di qualcosa che mi aiutasse a capire cosa fosse successo davvero. È stato lì che ho trovato i documenti bancari e la lettera delle Vipere Nere.» Morgan sollevò le spalle, lo sguardo convinto. «Facendo due conti, ha tutto senso. Il suo comportamento strano, il suo sperpero di denaro, potrebbe essere collegato a loro. Magari Gerald li ha pagati, o si è cacciato nei guai, o era uno di loro e li ha fatti arrabbiare. E le Vipere lo hanno ucciso. Hanno fatto sparire il corpo e hanno coperto tutto alla perfezione.»

«Potresti semplicemente essere paranoico, Morgan.» Commentò Kiran. «Per esempio, cosa ti assicura che mio padre conoscesse davvero le Vipere Nere? Potrebbe aver ricevuto quella lettera e non aver mai risposto, per quanto ne sappiamo.»

«Hai letto anche tu cosa c'era scritto. Chiunque l'abbia mandata, provava affetto nei suoi confronti. Rispetto. Come se si conoscessero

«Dimentichi la parte in cui, chiunque l'abbia scritta, ammette che mio padre, probabilmente, non avrebbe avuto idea di chi fosse il mittente.»

«E questo ci riporta alla verità che tuo padre non ha mai saputo.»

«Mi sembra che avessimo detto niente giochi, Morgan» gli ricordai.

«Non sto facendo nessun gioco. Sto solo cercando di farvi vedere le cose dalla mia prospettiva» strinse i denti tra loro e guardò Kiran. I lineamenti si fecero ancora più seri. «Voglio mostrarti qualcosa. Non so se è collegata a questa storia, io credo di sì, ma non ho alcuna certezza. E in ogni caso, tanto vale che lo sappia anche tu. Se mi sleghi, posso recuperare i documenti.»

«Dimmi dove si trovano e li recupero io.»

«Andiamo, Kiran, non sono io il nemico. Se sei così intelligente come dimostri, avrai capito dalla mia espressione, dai miei movimenti e da tutte quelle altre cose da FBI, che non sto mentendo. Slegami e parliamo da persone adulte.»

«Lo hai fatto rapire, maledizione!» Sbottai sconcertata. «Dov'è l'essere adulti in questo? Uno dei tuoi uomini l'ha colpito con una mazza da baseball!»

«Volevo solo spaventarlo! Avevo bisogno che si tenesse alla larga da questa faccenda. Era l'unico modo, per Dio! Kiran non è uno che tende a fare quello che gli si dice.»

Guardai Kiran: le labbra era posate l'una sull'altra, contratte, rigide, e le sopracciglia convergevano tra gli occhi in un cipiglio concentrato e diffidente. Poi un battito di ciglia e la sua espressione si rassettò.

«Non uscirai da questa stanza» ordinò, aggirando la sedia su cui era seduto suo zio. «Se ciò che cerchi, non si trova qui dentro, ti conviene iniziare a pensare a un modo dettagliato per descrivere la sua posizione.» Slegò la corda in pochi secondi e, chinandosi all'orecchio di Morgan, sussurrò: «non fare cazzate.»

«Te l'ho già detto, siamo dalla stessa parte.» Morgan si alzò e si sgranchì le braccia; una smorfia di dolore gli arricciò la pelle del viso. «E i documenti sono in una cartellina sigillata.» Quindi attraversò l'ufficio e raggiunse uno dei tre scaffali a muro. 

Mentre passava in rassegna raccoglitori, scatole e pile di quaderni, avvertii la presenza di Kiran dietro di me. Ero ancora poggiata alla scrivania quando il calore del suo corpo si irradiò nel mio. Mi posò un bacio sul collo che mi elettrizzò dalla testa ai piedi.

«Ehi, tua cugina pensa che mi mandi foto del tuo pene.»

«Non sono sicuro di voler sapere il motivo.»

«Quando mi hai fatto vedere Morgan, poco fa, ho cacciato subito il telefono in tasca. Dana ha pensato che fosse qualcosa di sconcio. E io be'» piegai il viso quanto bastava per sfiorare le sue labbra. «Gliel'ho fatto credere.»

«Eccola» Morgan sfilò una cartellina verde dallo scaffale e l'aprì. Io e Kiran ci staccammo. «Gerald non aveva idea dell'esistenza di questi documenti. Nemmeno io avrei dovuto, in realtà, nessuno di noi avrebbe dovuto scoprire la verità. Ma quando il nonno e la nonna sono morti, tuo padre non si è preoccupato di riordinare le loro scartoffie, né di fare l'inventario di tutti gli oggetti da rivendere, né di occuparsi delle assicurazioni, del testamento, di...»

«Mio padre aveva altri problemi a cui pensare e questo non è il momento di mettersi a rinfacciare cose, perché se poi comincio a farlo io, finiresti per farti un bagno di vergogna.» Se quella conversazione fosse avvenuta qualche sera prima, non avrei avuto idea di quali problemi stesse parlando Kiran. Invece adesso sapevo che, nel periodo in cui i suoi nonni morirono, Maja era incinta di suo fratello. E presto avrebbe perso il bambino.

Morgan sembrò incassare il colpo sferrato dalle parole di Kiran e, invece di aggiungere altro a riguardo, tese la cartellina al nipote.

«Leggi pure tu stesso» disse. «Potrebbe non essere rilevante. Potrebbe non avere nulla a che fare con le Vipere Nere. Ma io non credo nelle coincidenze.»

Kiran afferrò la cartellina e l'aprì. Il suo sguardo rimase immutato durante la lettura, fin quando, a un certo punto, un brivido di tensione gli irrigidì la mascella e i suoi occhi saettarono sconvolti in quelli di Morgan.

«Sono pratiche di adozione» spiegò. «Tuo padre non era un St. Pierre.»



🌙

Boom! Il primo colpo è andato. Cosa pensate in questo momento?🤯

Ammetto che ho adorato scrivere questa rivelazione, perché finalmente entriamo nel cuore della parte mystery/crime della storia. Vi aspettavate che Gerald fosse stato adottato?👀

Eravate convinti che Morgan stesse dalla parte dei cattivi. E invece no, nonostante tutto e a modo suo, stava cercando di proteggere Kiran. Piccolo plot twist😇

E poi la sorpresa di Kiran... vi è piaciuta?🤍

Vi aspetto nei commenti e su Instagram con le vostre ipotesi e opinioni.💭

A presto, Juliet 🌹


Olvasás folytatása

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Rares: ruba per sopravvivere e vede il mondo in bianco e nero. La vita gli ha sputato in faccia talmente tante volte che ha nascosto il suo cuore d'o...
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Un milionario arrogante con la mania di controllare tutto. Nato e cresciuto con la consapevolezza di poter avere qualsiasi cosa volesse. Abituato ad...