MIND OF GLASS: OPERATION Y

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1)
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 9: Ricordi bruciati
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 40: La bomba
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 49: In trappola
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 54: Colpe
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 59: Con onore
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)

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By DarkRafflesia


Dave piantò i gomiti sul bancone e sospirò.

«Una birra, per favore.»

Il barista annuì, servendogli la bottiglia. L'aprì con il tira tappi e gliela porse. Il soldato l'afferrò e prese un lungo sorso, facendosela scorrere per l'esofago con una voglia matta di dissetarsi. Quasi metà della bottiglia era già dentro il suo stomaco; l'appoggiò sul legno con un lieve stridore, sbuffando con una punta di soddisfazione. Era sera, poco dopo l'ora di cena; dopo essere tornato dal magazzino, si era ricongiunto con Noah con la speranza di poter trovare qualche altra prova decisiva che avrebbe dato ampio spazio per proseguire le ricerche, eppure – a detta del ragazzo – erano finiti in un vicolo cieco, e per il momento forse era meglio che si fermassero. Si era già fatta una certa ora, a furia di rimuginare e cercare prove campate in aria per non illudersi che davvero non vi era nulla di nuovo in quelle continue ripetizioni. Lui e Noah avevano cenato separatamente; in cucina con un bel piatto di pasta, il primo; in camera con il solito fast-food fritto e rifritto, il secondo. Dave era consapevole che la scelta del giovane era da accostare al non volerlo sentire discutere sul caso; dopo una giornata passata a lavorare e in giro per la città, voleva un attimo di pausa e di svago tutto per sé. Su questo non poté dargli torto: un po' di riposo non guastava mica. Eccetto per lui, tuttavia. Quelle foto che aveva rinvenuto nella spazzatura del nascondiglio di Gonzales non facevano altro che ronzargli per la testa come una zanzara intenta a non volergli riconciliare il sonno. Non erano foto scattate in giro per la città negli ultimi mesi; risalivano a dieci anni prima. E Morrison non era in grado di farsene una ragione per questo motivo; come poteva starsene sereno e tranquillo se quel dannato assassino aveva avuto tra le mani delle foto che solo qualcuno avrebbe potuto dargli, o che qualche hacker esperto aveva rubato dai server del Navy SEAL? Ma chi mai poteva essere interessato ai momenti in cui i due gemelli erano in servizio insieme? Perché specificare la condizione cui Nicholas era vittima? Per facilitare il compito di Gonzales? Per usare maniere diverse con cui agire? Troppe domande vagavano per la mente di Dave da fargli dimenticare di essere al bar, di avere la bottiglia di birra in mano, la quale parve deformarsi a causa della pressione della sua mano vigorosa; la libera la teneva davanti alle labbra, gli occhi marroni fissi sul vuoto a pensare a tutto quello che era accaduto in neanche ventiquattro ore. Noah non gli aveva detto nulla che potesse estinguere i suoi dubbi; era sicuro che Barney era stato assoldato da qualcuno che conosceva bene i gemelli, ma non aveva idea di chi diavolo poteva essere, poiché lui non aveva mai avuto a che fare con la loro vita da potercisi immergere totalmente come stava facendo il soldato. L'unica cosa che avrebbe potuto fare era inoltrarsi nei server del Navy SEAL per assicurarsi che vi fosse stata o meno una violazione nei loro archivi. Niente di più. Anche se era un hacker, non avrebbe potuto introdursi nella mente delle persone, quindi tutto ciò che andava al di là della tecnologia rimaneva inviolabile. Aveva già fatto fin troppo, Noah; non poteva sperare solamente nella grazia delle violazioni per ottenere sempre più indizi. Doveva esserci qualcosa in più che gli era sfuggito, che poteva scovare anche a mani nude. Ma cosa? Cosa? Gli arrivò una pacca sulla spalla. Dave sbatté le palpebre un paio di volte, scuotendo la testa.

«Pronto? Terra chiama Dave.» disse una voce alla sua destra.

Scoccò un'occhiata di sbieco, incontrandosi con le iridi verdi, socchiuse e profonde, di Gregory Reed. L'amico era seduto al bancone, bottiglia di birra in mano e labbra incurvate in un sorrisino leggermente amareggiato.

«Uh... – Dave si grattò il retro del collo con disagio, curvando la schiena in avanti. – Ci sono. Ci sono.»

Gregory sbuffò una risata. «Davvero? Allora ripeti quello che ti ho raccontato negli ultimi dieci minuti.»

Morrison si passò una mano sul viso stanco per l'imbarazzo di essere stato colto in fragrante. «Perdonami, Greg. Mi sono perso non appena hai detto che avevi scattato delle foto alla nuova cucina. Non volevo.»

L'amico, nonché Sottoufficiale capo, sospirò dalle narici. Prese un sorso di birra e si guardò intorno con nonchalance. La serata non era molto viva, di lunedì. Quello era il tipico bar in cui erano soliti andare dopo una missione finita con successo; erano passate ventiquattro ore precise dalla loro partenza verso Ocean City e al ritorno era troppo tardi per poter festeggiare seriamente seduti, riposati, e in mezzo ad un territorio pacifico. Kyle stava bevendo più in là da un bel boccale di birra, sfidando Gavin a berne uno intero in un unico sorso, sebbene quel povero giovane fosse già andato dopo la seconda bottiglia; Liam e i suoi assistenti erano seduti in un tavolo con degli studenti di medicina incontrati per puro caso – e quando due o più simili si riunivano, non la smettevano più di parlare dei loro studi e delle loro competenze. Ci avrebbe scommesso che l'arroganza si era impossessata di loro per sfoggiare quante più conoscenze avessero assimilato negli anni con l'esperienza sul campo. E poi c'era Sully. Almeno...c'era stato. Lo aveva visto abbordare una ragazza, anch'ella sicuramente studentessa di un college rinomato, ed era letteralmente sparito senza dire niente. Inutile dire che fine avesse fatto. Per fortuna Dave non si era accorto di nulla, altrimenti lo avrebbe tirato per le orecchie per la poca serietà mostrata con addosso delle piastrine; la natura del cecchino era quella, non poteva essere cambiata. Fino a quando il suo occhio non sbagliava un colpo, poteva fare quello che voleva. Reed, al contrario, non era mai stato un tipo troppo esuberante; aveva cenato con Claire e l'aveva informata che sarebbe uscito con Dave – più precisamente – che avrebbe fatto prendere una boccata d'aria a Dave. I due coniugi erano al corrente dell'atteggiamento che Bravo Uno metteva in atto quando aveva tra le mani un caso ostico o una missione a cui badare, tra briefing e scartoffie; se ne stava con la mente assorta in chissà quali pensieri, senza considerare minimamente dove diavolo si trovasse, con chi e perché. Proprio come era accaduto in quell'esattissimo momento. Gregory ci aveva fatto il callo, e aveva pensato che davanti ad una birra il suo compare avrebbe potuto distrarsi dall'omicidio dei gemelli e da tutta la faccenda. I funerali erano praticamente alle porte, posticipati dalla perizia meticolosa cui erano stati soggetti i cadaveri, ma adesso era quasi tutto pronto per la cerimonia. Neanche il suo animo era messo tanto meglio. Anche lui, come Morrison, era stato un compagno d'arme di Nicholas e Trevor; non avrebbe mai potuto chiudere un occhio e fare finta di nulla davanti alla perdita di vecchi commilitoni con cui aveva passato momenti indimenticabili. Quelli erano stati i tempi migliori della loro gioventù.

«Stai ancora pensando alle foto che hai trovato al magazzino, non è vero?» azzardò a chiedere, nonostante sapesse già la risposta.

Dave diede le spalle al bancone, prendendo un sorso di birra. «È così evidente? Damn...»

«Non ci sono più segreti tra noi, Dave. Qualsiasi cosa tu stia pensando, è come se la trasmettessi anche a me.»

«Proprio tutto? Allora dovrò contenermi per non svelare le mie più oscure ossessioni.» ironizzò Morrison con un ghigno forzato. Tuttavia inspirò, accomodandosi sullo sgabello in legno per essere faccia a faccia con il più giovane. «Vorrei non pensarci, ci provo con tutto me stesso, ma la mia mente è sempre lì. Non posso farci nulla.»

«Purtroppo Kyle, Gavin e Liam non possono comprendere il legame che ci univa con i gemelli, ma io e Sully vogliamo capire cosa diavolo si celi dietro tutto questo. – parlò seriamente Gregory, irrigidendo il tono di voce con fare posato. – Ci hai mostrato quelle foto, e siamo arrivati entrambi alla tua stessa conclusione: potrebbe esserci una talpa che sta facendo il doppiogioco.»

«Eppure perché usare proprio quelle foto? Perché non dargliene altre, come la fototessera della carta d'identità, o qualche scatto recente?» si scervellò, tenendo la bottiglia con entrambe le mani, poste in mezzo alle gambe allargate. «Di questo non mi capacito, Greg. Quelle foto erano dei ricordi: non appartengono agli archivi, eccetto la cartella clinica di Nicholas.»

«Credi che potrebbe essere uno di noi? Cioè, tra me e Sully?»

«Cosa? Oh, cielo. No! – lo troncò di netto Dave con frenesia. – Non siamo stati gli unici ad aver fatto squadra con loro, ed io mi fido ciecamente di te e del donnaiolo, quindi vi escludo ancora prima di cominciare a tirare le somme.»

«Potrebbe essere qualcuno del Team Charlie?»

«Probabile...Ma non avrebbe motivo di avere foto così vecchie.»

«Se ci fosse un modo per braccare quel Gonzales – Reed prese l'ultimo sorso di birra, finendola. – si aprirebbero più vie verso il colpevole. Un'altra per favore.» disse al barista, il quale lo servì.

Dave lo seguì a ruota libera con la seconda bottiglia. «A chi lo dici. Purtroppo il bastardo è scappato con la coda tra le gambe senza lasciare tracce. Ma – fece una pausa voluta, ondeggiando la bottiglia con trepidazione – sappiamo com'è fatto: la sua faccia è su tutti i server dell'FBI e della polizia, quindi se dovesse provare a scappare dagli Stati Uniti, i controlli non gli daranno alcun scampo.»

«A proposito.» aggiunse Gregory con curiosità, adesso un po' più vivace. «Come se la sta cavando il ragazzo?»

«Noah? – domandò dopo un sorso. L'amico annuì. – Ti dirò: pensavo peggio.»

Gregory non contenne una risatina. «Peggio? Perché?»

«Ribelle come al solito. Completamente per i fatti suoi. Ma quantomeno lesto e preciso. Ha scoperto di Gonzales in pochissimi secondi, dove si trovasse e che poteva essere una pedina di qualcuno di più grande.»

«Dove sono i difetti? – domandò l'amico retoricamente, curvando la schiena per appoggiare le braccia sul bancone in una posizione più rilassata. – A me sembra che stia andando bene.»

«Per il momento non mi lamento. Vorrei solo che fosse più attivo. Non che non lo sia stato, però se non deve violare nulla, allora preferisce starsene ad oziare.»

«È il suo ambito, quello. Non dovresti essere così fiscale.»

«Sì, lo capisco. Ma ci saranno momenti in cui dovrà muovere il culo. – puntualizzò Dave con serietà. – O vorrà starsene fermo a guardare?»

«Stai esagerando, Dave. È il suo primo caso: lascialo ambientare. Deve solo prenderci la mano.»

Dave scrollò le spalle con una smorfia. Non voleva di certo che imbracciasse un'arma di punto in bianco ed incominciasse a sparare ai suoi nemici; prima di tutto, Noah rimaneva un civile, in quanto non agente operativo e non addestrato a ritrovarsi in mezzo ad una sparatoria, eppure avrebbe quantomeno desiderato che ci fosse più interesse da parte sua riguardo le indagini. Per esempio, come aveva fatto a capire che avrebbe potuto esserci qualcuno dietro Gonzales? Quel momento di solitudine lo aveva lasciato riflettere, portandolo ad avere il cosiddetto lampo di genio? Non era responsivo alle sue richieste; arrivava al dunque solo quando gli capitava. Che nervoso. Ci avrebbe scommesso la birra che aveva in mano che quel ragazzino non vedeva l'ora di trovare il colpevole e chiudere le indagini per ritornare dentro quel dannato mondo virtuale. Che cosa ci trovava a stare sempre davanti alla console, se non mostrava neanche un'esultanza a fine partita? Un minimo cenno di soddisfazione era solo un miraggio.

«Dubito che la questione sia facile.» mormorò.

«Cosa?» domandò Gregory con interesse.

«Se c'è realmente qualcuno che sta architettando degli omicidi, dubito che tutto possa risolversi in poco tempo.» ammise Dave, fissando la dispensa di alcolici del barista con sguardo pensieroso. «Non si tratta di vittime ordinarie, e nemmeno di un aggressore in cerca di soldi o vendetta. Non posso starmene qui a non fare nulla con la consapevolezza che quel bastardo è ancora in circolazione.»

«Tieni a freno la tua ostinazione, Dave. Per favore. – il più giovane gli diede una pacca sulla spalla, senza togliere la mano. – Siete molto avanti: in meno di ventiquattro ore avete praticamente trovato l'identità dell'assassino e ricostruito la scena del crimine. Diamine, neanche l'FBI sarebbe stata così veloce.»

«Non è abbastanza.»

«Lo è.»

«Guardate quel novellino. – Kyle si buttò in mezzo a loro come un energumeno in carica, quale era dopotutto, avvolgendoli rispettivamente con un braccio in un abbraccio amichevole. – Non riesce più a reggersi in piedi.»

I due seguirono il suo sguardo, imbattendosi con la figura spalmata sul bancone di Gavin. Il giovane si era addormentato, la guancia spiaccicata contro il legno a deformargli le labbra semiaperte in un'espressione bizzarra e ilare. Gregory scosse la testa, scoccando un'occhiata dal sopracciglio alzato al compare.

«Sei un cazzo di vichingo. Non puoi costringere ogni persona che incontri a fare una gara di bevute. Prima noi, adesso Gavin: non era astemio poi?»

«C'è sempre una prima volta per tutti. Con me – Quinn si indicò orgoglioso – nessuno può resistere ai benefici dell'alcol.»

«Benefici? Ritieniti fortunato che non abbiamo operazioni in programma, altrimenti il Capitano ti avrebbe fatto sgobbare.»

Dave avrebbe voluto rispondere, ma il suo cellulare lo interruppe appena in tempo, vibrando dentro la tasca. Lo tirò fuori, controllando chi fosse il mittente.
Le palpebre si sollevarono più del dovuto quando lesse un nome familiare a caratteri cubitali.

«Morrison.» disse, non appena portò il dispositivo all'orecchio.

Gregory e Kyle si zittirono lesti, osservando ogni minimo particolare del volto intirizzito del loro superiore. A quanto pareva, bastarono pochissime parole per indurre Dave ad abbandonare la bottiglia e ad alzarsi di scatto dallo sgabello. Azioni che fecero rabbuiare i due soldati, tanto che Kyle si distanziò da lui per dargli i suoi spazi, mentre Gregory si mise in piedi di rimando, in attesa di notizie. Quando lo sguardo di Dave passò dal basso, tinto da una pacata stizza, ai suoi compagni con labbra serrate, questi capirono senza mezze misure che quello era il segnale che stava testardamente cercando.


Noah vinse l'ennesima partita alla console. Strinse il pugno come esultanza, dopodiché avviò il matchmaking per proseguire con la successiva. Diversamente dalle volte precedenti, aveva sceso la console in soggiorno, attaccandola alla tv per avere i privilegi dello schermo piatto che aveva da offrire la televisione del piano di sotto. Tanto Dave era uscito con il suo team. Non vi erano problemi se lui, quatto quatto e silenzioso, avesse giocato lì sul divano senza disturbare nessuno; si aggiustò gli occhiali sul naso, dopodiché si preparò per la partita. Gambe incrociate, tuta lunga e canotta, curvò la schiena per trovare la concentrazione adeguata; quella sera stava proseguendo tutto nella norma, anzi, poté davvero ritenersi soddisfatto. Le partite stavano andando meglio del previsto. Nessun cheater, niente sfiga, nessuna giornata no. Capitava che anche lui non fosse mentalmente sereno da poter intraprendere una notte di soli videogiochi competitivi – in quel caso si buttava in un single player senza mezze misure, tanto per passarsi il tempo e stare comunque sempre davanti alla console. Se anche in quell'ambito non raggiungeva la pace interiore, allora stava spaparanzato sul letto a guardare una serie televisiva al computer portatile o a programmare per inventare un nuovo codice per le sue violazioni o le difese dei server. Nella sua mente era tutto programmato, appunto. Non gli sfuggiva nulla: niente che lo riguardasse avveniva per puro caso. Quando la giornata poteva definirsi un totale sfacelo, non gli restava che ascoltare musica e dormire. Di certo quella sera non era l'ultima opzione. Motivo per il quale le sue sopracciglia erano più distese del normale; si stava semplicemente rilassando, passando il tempo fino a quando non sarebbe arrivato Dave con la sua tirannia, o il sonno avrebbe bussato alla sua porta per dirgli che le ore arretrate dovevano essere recuperate, altrimenti il suo rendimento sarebbe calato a picco. Non stava neanche indossando le cuffie; per mezzo dell'altoparlante della stessa televisione stava udendo i suoni di chi gli arrivava addosso. Inoltre il videogioco fps nelle quale si era immerso ultimamente non necessitava di un udito vigile e accorto; c'erano solo esplosioni, imprecazioni, urla, e ogni tanto udiva anche delle piccole sentenze da parte di chi uccideva e teneva il microfono aperto per accusarlo di cheating. Quanto erano dilettanti. Barare? Lui? Non avevano letto bene il nickname per uscirsene con una simile convinzione. Tuttavia, nel bel mezzo della partita, il suo cellulare vibrò. Non era un tipo da utilizzare la suoneria, ma percepì il cuscino su cui era seduto vibrare costantemente. Volse uno sguardo celere sullo schermo per capire chi fosse, sebbene avesse già qualche sospetto. Nella sua vita potevano essere due le persone che avrebbero potuto rovinargli il suo attimo di solitudine: Timothy o Dave. Il primo per affidargli un incarico anche quando non era in ufficio per ritrovarsi una base su cui lavorare il giorno dopo; il secondo per rompergli le palle. I suoi occhi grigi saettarono sullo schermo, impedendo ad un nemico di farlo fuori appena in tempo. Ringhiò infastidito, mordendosi il labbro inferiore per concentrarsi. Era il dannato patriota, colui che lo stava chiamando. Col cavolo che avrebbe risposto; non aveva voglia di parlare del caso, o di staccare alla console perché il suo sesto senso lo collegava magicamente con la sua abitazione da fargli avere un'immagine nitida di lui davanti alla tv. La ignorò, fino a quando non si fermò al limite degli squilli. Peccato per lui che riprese nuovamente a vibrare. Scrollò la testa, roteando gli occhi al cielo e proseguendo a giocare. Non era mai stato un tipo da cellulare; preferiva tenerlo dentro il cassetto del comodino o dentro lo zaino, cosicché da non essere disturbato da nessuno. Non sapeva per quale motivo, quella sera, aveva deciso di tenerlo a portata di mano, e per giunta anche vicino e non sul tavolino basso di fronte. Ma anche questa volta, non rispose. Tuttavia arrivò una terza chiamata.

«Jesus Christ...» sospirò, concentrato sullo schermo.

Poi ne arrivò una quarta.
Dopodiché una quinta.
Il sopracciglio di Noah tremò dalla rabbia.
Non si fermò alla sesta, perché proseguì alla settima.
Fu lì che l'avatar del ragazzo morì, poiché con la mano aveva tentato di premere il tasto laterale del cellulare per interrompere quella dannata vibrazione.

«What a pain!» imprecò, lasciando il joypad per trascinare il dito sullo schermo del telefono ed accettare l'ottava chiamata. «Che cazzo vuoi? Ci vuole tanto a capire che non voglio essere disturbato?» mise il cellulare tra la spalla e il collo, pur di non lasciare il suo personaggio senza controllo.

«Se ti chiamo così tante volte, significa che c'è un'emergenza, non ti pare?!» tuonò il vocione austero di Dave dall'altro lato della linea. Eppure gli sembrò di udire la voce di Gregory in sottofondo richiamarlo per qualcosa, tanto che il soldato sospirò. «Non c'è tempo da perdere. Ci vediamo a Downtown fra dieci minuti.»

«Perché mai dovrei venire a Downtown?»

Dave non ci girò attorno.

«Perché Gonzales è morto.»

Noah sgranò gli occhi, abbandonando il joypad per afferrare il cellulare e raddrizzare la postura rilassata. «Che?! Sul serio?! Quando?!»

«Non lo so. L'ispettore Wright ha detto che i suoi uomini hanno riconosciuto il corpo. Il Caelum Hotel è il luogo in cui è stato ritrovato il cadavere, al ristorante sull'attico. Ti spiego i dettagli dopo, muoviti!»

La voce di Dave svanì, ma Noah non voleva neanche continuare ad ascoltarla. Spense repentino la console tramite i comandi del joypad, successivamente balzò in piedi per dirigersi alle scale con una corsetta.

«Cazzo!» urlò nervoso, facendo irruzione in camera sua per indossare lesto le scarpe e prendere la felpa abbinata alla tuta nera per indossarla al di sopra della canotta.

Chiuse lo zaino con dentro il pc, prese le chiavi del motorino e si diresse al Caelum Hotel.

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Momenti di relax che si tramutano in allerta! Cosa andranno a scoprire Noah e Dave adesso? 
Vi è piaciuto il loro modo di punzecchiarsi anche nei momenti meno opportuni?

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