Ascoltare

By Cum_Astris08

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Ha mutilato, spolpato e ucciso suo padre e suo fratello maggiore. Lui, Caspian Davide Mateo Gonzalez, 26 anni... More

Ancora qui - non è un capitolo
Dedica
Menzogna
Cuore di mamma
Ragazzi della nuova Barcellona
Purgatorio - secondi
Mia
Il sapore aspro della manipolazione

Paziente stanza 5

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By Cum_Astris08

Pov's Caspian Davide Mateo Gonzalez

- Chiamiamo mostro solo chi ha qualche cicatrice in più per colpa della vita. -

La mia cartella psichiatrica fa paura, è grazie a lei se adesso vengo considerato incurabile.

Bipolarismo, sociopatia, disturbo ossessivo-compulsivo con sintomi psicotici, allucinazioni, dipendenza dal tabacco e disturbo istrionico di personalità.

Devo dire, quest'ultimo mi lascia perplesso.

Io non mi attacco morbosamente alla prima persona che mi parla gentilmente o che mi sorride, anzi, sono tutto il contrario.

Dicono che io ero legato a loro, ed essendo morte, ne soffro particolarmente. Le cerco e non trovandole, impazzisco.

Ma io è da tempo ormai che ho smesso di cercarle.

Sono morte per colpa mia.

Vi pare che le cerco ancora?

Spazzo via questi pensieri che non mi lasciano mai, e fisso il soffitto bianco che mi si palesa davanti.

Bianco, bianco. Non c'è lui di solito.

Sto steso sul letto, avvolto come un salame in questa camicia di forza del cazzo, a contare le crepe e le mosche che girano per la mia cella.

Bianco, bianco.

Risate sincere, pacche sulle spalle, frecciatine.

Quello che non mi ricordo di aver vissuto.

E le guardie fuori continuano a spassarsela incuranti di noi, poveri pazzi, che stiamo qui ad ascoltarli con la malinconia impregnata nel petto arido.

Bianco, bianco. Non c'è pace.

Sempre chiaro, bello e luminoso questo colore, forse un po' ingiallito ma irradia gioia lo stesso.

Quella che io non sarò mai destinato a provare.

Tutto bianco, troppo bianco.

Con una botta di reni mi alzo in piedi, a dir poco furibondo.

Sbatto il busto sulle sbarre, il rumore che provoco rimbomba tra queste pareti.

Ancora bianco, dappertutto bianco.

Ringhi animaleschi che lasciano la mia gola, e mostro anche i denti.

"Sta cazzo di cella è troppo bianca! La voglio nera!" La mia sfuriata fa saltare sulla sedia le guardie, tanta è la loro paura.

"Avete capito?! Troppo bianca, stronzi!" Premo la fronte sul ferro scorticato dalla vernice chiara.

Si agitano, parlottano, chiamano chissà chi. Ma capisco quando digitano il numero del direttore sui tasti del telefono fisso.

Bip, biip, bib, pib, biib, bip, piip, bib, piib.

Il suono della tastiera arriva alle mie orecchie, ormai me la sono imparata a memoria di quante volte l'ho fatto venire qui.

Ci mando lui al manicomio, altro che noi poveri pazzi.

Infatti dopo qualche minuto, i passi pesanti e odiosi di quel grassone riecheggiano nel mio corridoio.

García è il direttore di questo posto dimenticato da Dio, grasso come un ippopotamo incinta e brutto, più brutto della fame.

I capelli grigi sempre tirati indietro con la gelatina, a mo' 'leccata di mucca'.

Gli occhietti piccoli, come fessure, si aprono a fatica tra tutta quella ciccia.

E l'accenno di baffi e barba non fa che renderlo più all'antica e brutto.

A guardarlo per la prima volta direste: Gesù Cristo non è stato clemente con tutti...

"Signor Gonzalez, cosa la turba adesso?" Domanda con tono esasperato il vecchio.

Lo guardo da capo a piedi, squadrandolo e cercando di focalizzare la sua attenzione tutta su di me.

Il mio tentativo, va in porto.

Ci fissiamo per quelli che sembrano minuti interminabili, io che lo osservo dal mio 1,94m con i miei occhi ghiacciati.

Solo quando deglutisce per l'ansia, che mi accingo a parlare con un ghigno beffardo stampato sulle labbra.

"Questa cella è troppo bianca, ne voglio un'altra. Nera, eh." Dico scandendo bene le parole, al mio tono rude il direttore trema.

"Non ne abbiamo una come questa, mi dispiace ma si dovrà accontentare, signor Gonzalez." Spiega con la voce che gli gioca brutti scherzi.

Inizio ad arrabbiarmi.

Rosso, rosso. Finalmente.

Io, nonostante tutto, mi sento potente dietro le sbarre della mia stanza.

La mia è personalizzata, che carini eh? L'hanno costruita così solo per me, mi sento onorato.

Il letto è fisso a terra, la finestrella, più piccola del buco del mio culo è sbarrata e le grate sono rinforzate in acciaio.

Quella merda di materasso con le gambe è fissato perché una volta l'ho sollevato e spaccato in testa ad una guardia che aveva aperto la cella per portarmi a fare la doccia.

Inutile dirvi che è morta sul colpo ricoprendomi del suo sangue, e che pace ragazzi.

Poi ne vennero altre tre per soccorrerla ed ho provato ad ammazzarli, a mio malgrado, fallendo.

Rosso. Cercala, cercala.

Così, fiero e orgoglioso anche dietro le sbarre, sorrido maligno.

"Allora datemi una sigaretta." Ribatto, contrattando.

"Non si fuma qui." Cerca di non balbettare e di tenermi il muso duro.

Più grandi e ancora e ancora, macchie rosse mi disturbano la coda dell'occhio.

"Ho detto che voglio una fottuta sigaretta!" Sbatto il tronco sulla grata, al colpo le pareti sembrano vibrare e sussulti sorpresi saturano l'aria.

"S-si calmi..." Tenta García, invano.

"Si calmi un cazzo! Mi sono rotto i coglioni di stare chiuso qui, se esco vi faccio il culo a strisce!" Ringhio incazzato inducendo il vecchio ad indietreggiare anche se, quello rinchiuso, sono io.

Mi sono davvero stufato, non esco più e non mi sgranchisco le braccia da un pezzo.

Dove sei? Guarda che ti trovo. Rosso, rosso.

Sto per abbattermi di nuovo sui pezzi di ferro, ma la segretaria del grassone che ho davanti, si avvicina a noi facendosi piccola piccola.

Mi guarda inquieta e si stringe la cartellina al petto, camminando il più lontano possibile da me.

"S-signor direttore, o-oggi arriva la nuova dottoressa." Il mio interesse viene subito stuzzicato dalle parole della ragazza.

Alzo un sopracciglio, la curiosità che parla per me.

"Ah, sì? E dimmi, cara, chi è la fortunata che lavorerà con questi pessimi psicologi del cazzo?" Chiedo sarcastico, sorridendole predatorio.

Seppur dominata dalla paura la giovane segretaria, arrossisce.

"Si è laureata da po-co, e anche se giovane ha un ottimo curriculum. È l-la dottoressa Díaz." Mi informa con voce bassa.

"Mh, ma che bello." Mugolo teatrale.

"Smettetela, Gonzalez. Non permetterò mai una cosa del genere." Mi precede il vecchio, immaginando i miei pensieri, al che ammicco con nonchalance.

"Mha, non ho detto nulla. Non faccia previsioni affrettate, García, io cambio idea in continuazione."

"Se fosse stato il contrario non sarebbe qua dentro." Osa ribattere, sputtanandomi.

Offeso e rabbioso, premo la fronte sulla superficie fredda del ferro.

Eccolo lì. Quale? Quale? Scarlatto, amaranto, corallo...

"Stia attento a come parli, non mi dimentico di chi mi fa incazzare." Lo avverto minaccioso.

... ma no no, meglio cremisi. Pace, pace.

Dopo alcuni secondi di scambio di sguardi, volto di poco il capo verso la donna.

"Grazie, mia cara. Ti devo un favore." Le faccio l'occhiolino e lei, rossa come un pomodoro, se la da a gambe levate.

"Io aspetto ancora la mia sigaretta." Ripeto impaziente, rivolgendomi a García.

"Vedrò cosa posso fare, basta che se ne stia buono, signor Gonzalez." Finalmente, cede.

"Giurin giuretto!" Salto contento come un bambino il giorno di Natale.

"Certo, giurin giuretto..." Dice il vecchio con aria basita, pensando al fatto che nessuno mai vorrà curarmi.

"Lo ha promesso, eh!" Gioisco infantile.

Eh direi proprio un eufemismo se dicessi che García non si è allontanato con la disperazione impressa in viso.

Saranno passate due ore o forse cinque da quando sto appoggiato al muro, ma perché darvi un numero.

Tempo indefinito che fisso il nulla, sempre con le braccia al petto per via della camicia di forza, e le caviglie incrociate per comodità.

Respiro lento cercando la tranquillità, che sembra scacciarmi manco fossi un appestato.

Sono qui. Rosso, rosso.

Scuoto il capo, cazzo che fastidio.

Varie voci in corridoio mi distraggono da quelle nella mia testa.

Mi stacco dalla parete, il mio senso olfattivo che guizza al sentire un buon profumo.

Profumo di donna.

Una risata poi, riempie le mie orecchie stanche, ma non fa che giovare alla mia salute questo dolce suono.

Sincera e genuina, arriva docile da me.

E poi la vedo, oltre la vetrata, una ragazza meravigliosa che fa nascere pensieri poco casti nella mia mente.

È al fianco del direttore, ascoltando ciò che ha da dirle.

Vestita di bianco, il camice le avvolge il corpicino formoso e mille lentiggini le incorniciano il sorriso luminoso.

Capelli ricci ribelli dal colore delle fiamme le cadono ben oltre le spalle e due smeraldi le fanno da occhi.

Mi rifaccio la vista a vedere tutto questo ben di Dio in una topaia del genere.

Non sono l'unico a sporgersi dalla cella per curiosare ed improvvisamente, un senso di gelosia mi attanaglia le membra.

E la lingua va da sé.

"Ehi tu!" La chiamo con voce ingenua.

Quando la vedo voltarsi, quel poco che le basta per incrociare i nostri sguardi, mi sento sciogliere ai suoi piedi.

È bella, porco giuda, una ninfa della foresta.

"Le serve qualcosa?" Mi chiede premurosa con tanto di sorriso.

Ghigno, sapendo che la mia manipolazione sarà anche troppo efficace per un agnellino come lei.

"Sei la dottoressa Díaz?" Domando, evitando ciò che mi aveva chiesto.

"Sì, sono io." Conferma fiera.

"Gonzalez cosa le ho detto prima?!" Interviene il direttore.

"Che io ricordi ha detto testuali parole: <<bla bla bla>>. Correggetemi se sbaglio." Inclino la testa, poggiando la tempia sul ferro freddo.

"Ma sa, una cosa ora mi ritorna alla mente. Doveva portarmi una sigaretta." Dico con sguardo ammonitore, per il fatto di non vedere neanche l'ombra del tabacco.

"Ed io le avevo detto che non si poteva fumare." Ribadisce García, stufo.

"Ah... Non ricordo. Comunque sia, ora della sigaretta non me ne importa più niente, ho altri desideri." Sputo fuori con noncuranza, la ragazzina che ascolta la conversazione interessata.

Poso tutta la mia attenzione su quella piccola dea e sogghigno.

"Voglio lei." Decreto, non ammettendo repliche.

"Non se ne parla, signo-" non lo lascio finire di parlare che sento la pazienza scivolarmi via.

Rosso, rosso.

Ma guarda che bello però, le sta benissimo.

Sangue. Rosso. Pace.

... o capelli.

"Ho. Detto. Che. Voglio. LEI!" Urlo fuori di me, il flusso di adrenalina che inizia a pompare nelle vene.

La dottoressa sussulta e a García gli si blocca il fiato e cerca di riprendersi.

"Vedremo, signor Gonzalez. Vedremo."

E il vedremo di quest'uomo, significa .

Pov's Olimpia Sofia Noelia Díaz

Dopo l'accaduto con quel paziente dagli occhi glaciali, il direttore mi invita nel suo studio per prendere il mio nuovo materiale.

Fruga tra cartelle vecchie e fogli stropicciati, tirandone fuori una bella cartellina nera.

L'etichetta che recita "stanza 5".

Il sospiro dell'uomo, mi induce ad incrociare gli sguardi.

"La prego dottoressa, faccia attenzione. Questo è il nostro paziente più pericoloso, stia attenta all'utilizzo delle parole e dei gesti. Le sto affidando uno dei nostri casi impossibili." All'ultima confessione mi trema il respiro.

Ma afferro i documenti con convinzione e ringrazio cordialmente.

Mi avvio verso il mio studio dove mi accomodo sulla poltrona all'angolo.

Apro il fascicolo e inizio a leggere le numerose informazioni.

"Caspian Gonzalez, paziente stanza 5. Situato nel corredor peligroso, per vari tentati omicidi."

Rabbrividisco al solo pensiero di doverlo incontrare.

Proverà ad uccidere anche me?

"26 anni, condannato all'ergastolo. Ha ucciso suo padre e suo fratello maggiore."

Deglutisco a vuoto e mi tocco la fronte.

Buon Dio...

"Diagnosi: bipolarità, sociopatia..."

Ad ogni parola, il mio cuore ha uno spasmo.

Cosa deve aver passato questo povero ragazzo per ridursi in questa maniera.

Non me ho idea, so solo che sono pronta a fare bene il mio lavoro per aiutarlo.

Pov's Caspian Davide Mateo Gonzalez

La noia mi tiene schiavo e non so cosa fare per distrarmi, infondo le mie mosse sono limitate.

Arrangiandomi, mi aggrappo alle sbarre con le gambe, e inizio a flettere il busto, almeno mi tengo in forma.

Ma come sempre la mia quiete deve essere disturbata dai soliti coglioni di turno.

"Ehi Gonzalez, ti annoi?" Si fa beffe di me una guardia mentre l'altra vicino a lui ride.

"Quando uscirò di qui mi divertirò moltissimo a ridurti in un mucchietto di ossa." Rispondo a tono, tornando coi piedi per terra.

"Faresti meglio a stare zitto, pezzo di merda!" Mi inveisce contro, ma viene interrotto da una voce melodica.

"Lasciate stare il mio paziente!" Tuona la dottoressa Díaz.

"Ma signorina ci stava-" prova a difendersi l'altro.

"Niente ma! Sono io che provvedo alla salute del mio paziente e decido io cosa gli fa bene o meno. Ah e un ultimo favore prima di sparire dalla mia vista... Sono la dottoressa Díaz, non signorina." Ribatte acidina.

"Certo, dottoressa." I due spariscono in un batter d'occhio.

"Grazie Cereza mi stavano rompendo le palle." Le sorrido.

"Prego, ma mi chiami dottoressa. Ora dorma signor Gonzalez, domani avremo la nostra prima seduta." Mi ricorda.

"Di sesso?" Domando malizioso, ammiccando.

"C-che? No! Non dica certe cose, signor Gonzalez, ho una reputazione da mantenere io. Poi non è professionale..." Ma oltre al tono offeso e alla voce un po' stridula, noto un leggero rossore decorarle le lentiggini.

"Dovrebbe essere onorata di fare sesso con me, insomma mi guardi, sono un fico madornale!" Esclamo ovvio.

"E poi a scuola ero il bimbo più bello di tutti." Metto il broncio e sul mio viso si forma una smorfia.

Il leggero sospiro che emette mi dà soddisfazione.

"Non lo metto in dubbio, ma queste cose ce le diremo domani. Ora non mi sembra il caso. Le auguro la buonanotte, signor Gonzalez." Sorride sincera e ricambio.

"Allora buonanotte Cereza."

"Per l'ultima volta, mi dia del lei." Ripete con pazienza e si accinge a camminare verso la porta di fine corridoio.

"Peccato, Cereza, che io ti chiamo come mi pare e piace." La sua camminata rallenta, il rumore costante del suo respiro si interrompe.

Lo vedo, è agitata.

Angolo autrice ❤️:
Ehiii ragazzuole fantastiche!
Ecco il secondo capitolo di Ascoltare!
Il primo incontro tra Caspian e la sua nuova psicologa...😲💨
Che ve ne pare? La sfrontatezza di lui? Il coraggio di lei? Scrivetemi nei commenti cosa ne pensate!
Mi raccomando voglio sapere!
Cerco di aggiornare presto presto.
Bacini😘

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