I was Lily Evans

By ValentinaMontuschi

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È un giorno come tanti, nella lontana estate del 1971, quando l'undicenne Lily Evans vede comparire nel salot... More

Premessa
01 - Una strana visita
02 - Di lettere d'ammissione...
03 - ... e bacchette magiche
04 - La lettera di Petunia
05 - In partenza
06 - In viaggio verso Hogwarts
07 - La Cerimonia dello Smistamento
08 - Grifondoro
09 - Lezioni e Pregiudizi
10 - Pozioni e Soluzioni
11 - Amicizie scomode
12 - Pivellus
13 - Lezioni di volo
14 - Il Quidditch
15 - Profumo di vaniglia e novità
16 - Hogsmeade
17 - Pozioni e pettegolezzi
18 - I Prefetti
19 - Di Ombre...
20 - ... E Inviti
21 - Sirius
22 - L'Incidente di Mary
23 - Amicizie Pericolose
24 - Sirius
25 - Vittorie e Sconfitte [pt.1]
26 - Vittorie e Sconfitte [pt.2]
27 - Fratture
28 - La Minaccia della Serpe
29 - In Riva al Lago Nero
30 - In Riva al Lago Nero
31 - Un Perdono Negato...
32 - ... e Tazze di Tè Inaspettate
33 - Una Nuova Amicizia
34 - Posta Via Gufo
36 - La Strillettera
37 - Vendette
38 - Il Lumaclub
39 - Deviazioni

35 - La Strana Assenza di Severus

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By ValentinaMontuschi

Hogwarts, Torre di Grifondoro. Fine novembre 1976

È ormai calata la sera su Hogwarts e, al di là della nostra unica finestra in dormitorio, non si vede altro che un cielo nero e tempestoso, coperto da una densa coltre di nuvole scure. Non ci vuole certo un indovino per intuire che tra non molto pioverà.

Seduta sul suo letto a baldacchino, con le tende in velluto rosso accuratamente tirate da una parte, c'è Marlene, in preda a una vera e propria crisi di pianto. Io, Hestia e Mary siamo sedute accanto a lei, come tre ancelle al capezzale di un malato, scambiandoci vicendevolmente occhiate ansiose. Nessuna di noi sa bene cosa dire per risollevare l'animo della nostra compagna disperata, la quale non fa altro che singhiozzare da quasi mezz'ora. Vale a dire, da quando ha fatto irruzione nella stanza, pallida come uno spettro e con gli occhi gonfi di lacrime.

Il fatto è che lei e Sirius avevano un appuntamento questa sera. E, a quanto pare, devono aver bisticciato. Pesantemente, a giudicare dallo stato in subbuglio di Marlene. Tuttavia, né io né le mie compagne siamo riuscite a capire con esattezza quale sia stata la causa scatenante del litigio. Finora, tentare di chiedere spiegazioni si è rivelato inutile, dal momento che, ogni volta che Marlene cerca di parlare, le sue parole si sgretolano miseramente in singulti incomprensibili.

Passano altri lunghi minuti singhiozzanti prima che la nostra amica riprenda minimamente controllo di sé stessa e inizi a raccontare, in mezzo alle lacrime, cosa è capitato fra lei e Sirius.

«Ho fatto u-una cosa m-molto stupida» esordisce Marlene mestamente, lo sguardo fisso su un punto indefinito davanti a sé.

Hestia le si avvicina e le avvolge affettuosamente le spalle con un braccio.

«Cos'è successo?» incalza Mary, seduta ai piedi del letto e fissando la nostra compagna con evidente apprensione.

Come le altre, anch'io mi metto in ascolto, col fiato sospeso, mentre una subdola speranza inizia a lambirmi i pensieri.

«Non so cosa mi sia preso... Ma gliel'ho detto... Ho detto a Sirius che lo amo» confessa Marlene con un filo di voce, le ginocchia strette al petto.

«Ooooooh...» Hestia e Mary si sciolgono in sorrisi sognanti. Io resto zitta, a labbra serrate e i muscoli incredibilmente tesi.

«E Black cos'ha risposto?» domanda Hestia con cautela, lanciando a Marlene un'occhiata ansiosa.

«Nulla...» sbotta la nostra amica, in preda allo sconforto più totale. «Se n'è rimasto zitto per non so quanti minuti e poi, di punto in bianco, mi ha detto che era tardi e che era meglio che tornassi qui alla Torre. E senza aggiungere altro, mi ha piantata lì e se n'è andato!»

La voce di Marlene s'incrina e le parole tremano, mentre le si dipinge in volto un'espressione inconsolabile. Gli occhi, già rossi e gonfi come due ciliegie, si riempiono di nuovo di lacrime.

«Credo proprio che sia finita... Sirius non ne vuole più sapere di me!» esclama disperata, prima di esplodere nell'ennesimo scroscio di singhiozzi.

Io, Hestia e Mary ci scambiamo occhiate preoccupate. È la prima volta che vediamo la nostra compagna, di solito briosa e dalla sicurezza inscalfibile, ridursi così. Inermi, assistiamo alla tristezza indomabile di Marlene senza sapere come comportarci. Da parte mia, la guardo con espressione contrita, lo sguardo colmo di pietà. Una pietà sincera, visto che detesto vedere chiunque delle mie amiche in questo stato.

D'altro canto, l'ipotesi che la relazione fra Marlene e Sirius Black sia giunta realmente al capolinea mi provoca una spontanea quanto piacevole allegria, accompagnata immancabilmente dal consueto senso di colpa che da mesi mi serpeggia sottopelle.

Per questo continuo a tacere, immobile come una statua, di modo da non lasciar trasparire neanche un barlume di questi miei sentimenti contrastanti, tutt'altro che onorevoli.

Tuttavia, il cuore mi si stringe nell'assistere al pianto senza sosta di Marlene. Affonda il viso tra le ginocchia, i capelli biondi le scivolano su di un lato, come una triste cascata dorata.
Desolata, mi avvicino anch'io alla mia compagna e, con dolcezza, inizio ad accarezzarle la testa. Un gesto inconscio, che mi riporta ai tempi dell'infanzia, a quando mia madre mi dedicava lo stesso tipo di carezze ogniqualvolta che mi capitava qualche doloroso capitombolo o bisticciavo con Petunia.

«Mi dispiace, Marls» mi limito a sussurrare con sincerità, benché la mia compassione sia rivolta più alle misere condizioni di Marlene che alla situazione in sé.

E nel mentre che mi impegno come posso a confortare il cuore a pezzi della mia amica, un'infida soddisfazione mi solletica segretamente i pensieri; d'un tratto, sento la pesantezza che mi affligge il petto sin dall'inizio della relazione tra Sirius e Marlene, dissolversi come fumo spazzato via da una brezza inaspettata. Il mio animo si alleggerisce, rinfrancato da una nuova e spietata speranza.

***

Hogwarts. Inizio dicembre, 1976.

Dicembre è arrivato, portando con sé un freddo pungente e fitte bufere di neve.
In qualità di Prefetto, mi è stato assegnato il compito di pattugliare i corridoi del castello con maggiore frequenza in questo particolare periodo dell'anno; gli studenti devono trascorrere gli intervalli all'interno per via del gelido maltempo e, con le vacanze natalizie ormai alle porte, un allegro entusiasmo comincia a ribollire pericolosamente negli animi, rischiando di sfociare in improvvisi duelli di magia.

O, quantomeno, questo è ciò che sospetta Argus Filch, il vecchio custode della scuola, il quale si è prodigato a perseguitare tutti i direttori delle quattro Case di Hogwarts, affinché i controlli da parte dei Prefetti e dei Caposcuola si intensificassero, così da arginare i possibili danni.

Fortunatamente, si tratta di un compito che si sta rivelando molto più gradevole del previsto. Molti dei miei turni coincidono con quelli di Alice Prewett, che quest'anno è diventata Caposcuola di Grifondoro, nonché mia grande amica; le nostre ronde si trasformano inevitabilmente in lunghe sessioni di chiacchiere vivaci e di risate. Mi piace trascorrere il mio tempo insieme ad Alice: abbiamo caratteri affini e andiamo molto d'accordo. Mi sento sempre di buon umore quando sono in sua compagnia.

Le nostre voci si propagano allegre nell'aria, confondendosi con l'eco profondo dei nostri passi, l'unico altro rumore presente attorno a noi. Il corridoio che stiamo pattugliando è pressoché deserto, fatta eccezione per i pochi fantasmi che, di tanto in tanto, scivolano fuori dalle pareti in pietra. Il luogo e il momento ideale in cui scambiarsi confidenze.

È una pallida domenica e una luce lattiginosa penetra attraverso i vetri delle alte finestre. All'esterno, un paesaggio bianco, abbacinante, si allunga fino all'orizzonte. In seguito alla fitta tormenta che si è abbattuta su Hogwarts negli ultimi giorni, il vasto parco della scuola si è inevitabilmente tramutato in un'infinita distesa di neve, tanto candida da confondersi con le tonalità gelide del cielo.

Nonostante i recenti divieti imposti da Filch, molti studenti si sono arrischiati a uscire, sedotti dai primi tenui raggi di un sole che, dopo svariati giorni di bufera, finalmente si mostra al mondo, concedendoci un poco del suo timido calore.

Un vociare festoso si ode in lontananza. Butto un'occhiata al di là del vetro e scorgo gruppetti di ragazzi intenti a pattinare sulla superficie ghiacciata del Lago Nero; altri, invece, si divertono ad incantare palle di neve con la magia, in modo da farle piroettare in acrobazie fantasiose oppure da lanciarle ad altezze e distanze altrimenti impossibili.
Per istinto, non posso fare a meno di sorridere, contagiata dall'atmosfera gioiosa con cui oggi Hogwarts pare essersi vestita.

«Quindi Black e McKinnon hanno rotto finalmente!» commenta, d'un tratto, Alice riscuotendomi dai miei pensieri.

Dal tono entusiasta delle sue parole, deduco che il mio dettagliato resoconto sulle tristi condizioni in cui Marlene versava qualche sera fa in dormitorio deve averla messa di buonumore. Abbozzo un sorrisetto sghembo, provando un affettuoso trasporto verso la mia compagna di ronde e di segreti. Con Alice, mi sento davvero libera di confidarle tutto. Persino quei sentimenti ingarbugliati che spesso mi fanno vergognare.

«Pare proprio di sì» replico, cercando di non mostrarmi troppo compiaciuta. «Sono giorni che non si parlano... Dopo avergli rivelato i suoi sentimenti, Marlene ha tentato in tutti i modi di interrogare Black per scoprire se la ricambiasse... Ma lui non sembra aver reagito molto bene. Per farla breve, Black avrebbe confessato di averla sempre considerata soltanto come un "piacevole passatempo". Nulla di più.» concludo con un'alzata di spalle.

«La cosa non mi stupisce affatto. Quei due insieme non mi sono mai piaciuti... Erano una coppia decisamente mal assortita.» sentenzia Alice, categorica. La mia simpatia nei suoi confronti si intensifica ancora di più.

«Come hai intenzione di agire adesso?» mi interroga l'istante dopo, con un sorriso malizioso stampato in faccia, la pelle candida delle guance increspata da due lievi fossette.

In risposta, inarco istintivamente un sopracciglio, scoccando ad Alice un'occhiata interrogativa.

«Che vorresti dire?»

«Be', ora che Black è di nuovo sulla piazza, hai l'occasione di farti avanti...» azzarda la mia amica, con semplicità.

«Ma sei matta?! Non potrei mai fare una cosa del genere a Marlene! Si sono lasciati solo da pochi giorni, la ferita è ancora fresca... Sarebbe troppo sleale!» ribatto indignata, prima che una seconda motivazione, molto più subdola e terrificante, mi si insinui tra i pensieri.

«E poi...» mormoro in un soffio, prima di ammutolirmi.

«E poi... cosa?» incalza Alice.

Tergiverso per un secondo, riluttante a rendere in parole il timore latente che da tempo mi tormenta. Ma lo sguardo di Alice è così insistente da abbattere ogni mia ritrosia.

«Non penso di piacergli» confesso a bassa voce, tutto d'un fiato, con gli occhi fissi al pavimento.

A fianco a me, avverto Alice schioccare rumorosamente la lingua, in segno di dissenso.

«Oh Lily, non dire sciocchezze!» mi rimbrotta senza mezzi termini. «Come potresti non piacergli?! Sei una delle ragazze più carine della scuola. Sei intelligente, spiritosa... Solo uno scemo si rifiuterebbe di uscire con te!»

Alice parla con così tanta convinzione da farmi arrossire. Non sono mai stata quel tipo di ragazza vanitosa, preoccupata di sapere cosa pensano i ragazzi di me o del mio aspetto. Ma il solo pensiero che Sirius Black possa considerarmi "carina" è sufficiente per farmi avvampare.

«Dovresti buttarti, sai... chiedergli di uscire, magari» butta lì Alice, incoraggiante.

Tuttavia, non posso fare a meno di scuotere la testa amareggiata.

«Non potrei proprio... Marlene la prenderebbe male, temo.»

Alice sbuffa, spazientita.

«Sei proprio una codarda» commenta, con un sospiro esasperato. Punta sul vivo, le lancio un'occhiata di traverso.

«Da che pulpito! Non mi pare che tu abbia fatto grandi passi avanti con Longbottom... quando ti deciderai a dirgli ciò che provi?»

Alice si irrigidisce all'istante, con le guance infuocate, mentre balbetta scuse incoerenti:

«Io non sono una... Non posso... La mia situazione è completamente diversa!»

«Ah sì? Non mi pare proprio.»

«Io e Frank ci conosciamo da una vita! Se dovessi dichiararmi e lui non ricambiasse, cambierebbe tutto... e io non voglio rischiare di rovinare la nostra amicizia.» mormora incupita, prima di zittirsi.

Per un po', nessuna delle due parla più. Rimaniamo in silenzio, ognuna immersa nei propri pensieri, mentre misuriamo a passi lenti e distratti, la lunghezza deserta del corridoio.

«I ragazzi sono proprio incomprensibili!» esclamo rassegnata, rompendo il silenzio appena sceso tra me e Alice. Lei annuisce con veemenza.

«Ecco cosa dovrebbero insegnarci qui a Hogwarts» ribatte, tornando alla sua solita ironia, «come per Godric funziona la loro testa!»

«Se non altro, sarebbe molto più divertente di Storia della Magia...» commento sovrappensiero.

Alice ed io ci scambiamo un'occhiata d'intesa prima di scoppiare a ridere a crepapelle, dipanando del tutto la lieve tensione che si era momentaneamente dilatata fra di noi e riempiendo il corridoio d'allegria.

***

Hogwarts, aula di Pozioni. 7 dicembre 1976.

Una strana atmosfera grava sul lungo tavolo dei Grifondoro in Sala Grande. L'umore di molti miei compagni pare assai lugubre, quasi quanto il cielo grigio che si estende per l'intero soffitto.

Marlene e Sirius ancora non si rivolgono la parola. Per tutta la durata della colazione, la mia amica non fa altro che lanciare occhiate furtive, cariche di aspettativa, all'indirizzo di Sirius Black, il quale la ricambia con totale indifferenza.
Marlene si incupisce, affondando lo sguardo nel suo calice di succo di zucca, come se stesse realmente considerando l'idea di affogarcisi dentro. Solo con estrema difficoltà riesco trattenermi dall'alzare platealmente gli occhi al cielo.

Per un attimo, anche il mio sguardo vagola su Sirius e la sua combriccola. Un insolito quadretto mi si presenta alla vista: Remus Lupin sfoggia Un'aria stanca e afflitta, assai più cerea del solito. Tiene il viso tra le mani, lo sguardo incollato alla superficie dorata e scintillante del piatto desolatamente vuoto che ha di fronte. Pare molto preoccupato. Accanto a lui siede James Potter, il quale mostra un aspetto decisamente scarmigliato. Pure lui sembra essere esausto tanto quanto Lupin, come se entrambi avessero passato l'intera notte in bianco. Mentre tenta di confortare l'amico al suo fianco con affettuose pacche sulle spalle e qualche battuta ironica, di tanto in tanto Potter lancia fugaci occhiate di rimprovero verso Sirius; Black, però, lo ignora stoicamente, dedicando invece la sua più totale attenzione alla discussione intavolata con Peter Pettigrew, il quale non ha altro che annuire mortificato ad ogni frase del compagno.

Inoltre, non ho potuto fare a meno di notare come Potter continui a gettare sguardi furtivi all'indirizzo del tavolo dei Serpeverde, benché sembri cercare in ogni modo di non darlo a vedere.

Per istinto, arriccio le labbra in una smorfia confusa e contrariata. Il comportamento dei quattro Malandrini è parecchio strano stamattina. Sospetto, oserei aggiungere. Mi chiedo cosa possa essere loro capitato. O cos'abbiano combinato. Ma i miei pensieri al riguardo vengono bruscamente e istantaneamente interrotti dalla voce squillante di Mary che mi avverte di affrettarmi a terminare la mia colazione, se non voglio fare tardi a lezione di Pozioni.

Dopo aver finito di mangiare, io e le mie amiche usciamo di fretta dalla Sala Grande, dirigendoci verso gli umidi sotterranei del castello. Qui, l'aria è più fredda rispetto alle altre aree del castello, diversi brividi mi percorrono il corpo.

Giunte a destinazione, io e le mie compagne entriamo di filato in aula, che in poco tempo si riempie di studenti: i Serpeverde da una parte e i Grifondoro dall'altra, nettamente divisi dall'invisibile confine di competizione e sdegno che da sempre ci separa.

Stabilito di aver catturato l'attenzione di tutti - eccetto dei Malandrini, che ancora si mostrano inspiegabilmente preoccupati, ognuno di loro perso nei propri pensieri - il Professor Lumacorno inizia a spiegare l'argomento del giorno, dandoci istruzioni su come prepare una nuova difficile pozione. Mi concentro sulla spiegazione di Lumacorno, allontanando dalla mia mente qualsivoglia pensiero su Sirius Black, Potter e la loro banda di scapestrati.

Giunge, poi, il momento dell'esercizio pratico, con la conseguente preparazione dell'infuso. È il momento che preferisco dell'intera lezione. Mi immergo con anima e corpo nel compito assegnatoci da Lumacorno; mi procuro gli ingredienti necessari e li dispongo ordinatamente sul banco, insieme agli altri strumenti di lavoro. Per una buona mezz'ora non penso a nient'altro che a tagliuzzare, sminuzzare, bollire e mescolare, gettando, ogni tanto, veloci occhiate al libro di testo aperto sul tavolo, soltanto per accertarmi di seguire correttamente i vari passaggi di preparazione.

Una coltre densa di fumi comincia a levarsi dai calderoni, intridendo l'aria dell'aula di vapore, insieme al generale gorgoglio sommesso delle pozioni lasciate a sobollire.

Un umido silenzio condiviso aleggia nella stanza, tutti i miei compagni sembrano assai assorti dall'esercizio. Tutti eccetto Potter, il quale fissa con aria preoccupata un banco vuoto, posto un poco più in disparte rispetto al resto della classe. Solo ora mi rendo conto che si tratta del banco solitamente occupato da Severus. Colta da un'improvvisa illuminazione, mi guardo attorno concitate, cercando tra la folla la famigliare figura scura e smilza del ragazzo che un tempo consideravo il mio migliore amico.

Setaccio ogni centimetro dell'aula con attenzione, ma di Severus non c'è traccia. Il che è decisamente insolito, oltre che sospetto. In sei anni di scuola, Severus non ha mai mancato a una lezione. Soprattutto di Pozioni, una delle sue materie preferite.

Tuttavia, ho a malapena il tempo di chiedermi cosa possa essere accaduto quando, all'improvviso, la porta della segreta si apre di scatto, emettendo un fastidioso cigolio. L'intera classe si immobilizza, le teste dritte sopra ai calderoni borbottanti, gli occhi puntati sulla soglia.

«Horace, perdona l'intrusione» irrompe bruscamente la professoressa McGonagall, entrando in aula a passo deciso. Ignorando bellamente i confusi saluti profusi dal professor Lumacorno, la nostra severa insegnante di Trasfigurazione esamina la stanza con espressione dura, mentre il suo sguardo rapace saetta rapidamente verso uno dei tavoli occupati dai Grifondoro, con la stessa scintilla minacciosa e letale di un falco a caccia di prede.

Un brivido mi si inerpica lungo la colonna vertebrale. La professoressa McGonagall è sempre stata famosa per essere una delle docenti più granitiche e intransigenti di Hogwarts, ma raramente mi è capitato di vederla così furiosa. Deve essere accaduto qualcosa di grave.

«Black, Potter!» tuona perentoria, «Con me subito! Il Preside vi attende nel suo ufficio. Adesso

Un gelido silenzio cala immediatamente dentro l'aula. Pure i calderoni sembrano aver deciso di trattenere il loro fiato fumante, come se intimoriti dalla figura imperiosa e altera della nostra insegnante. Gli sguardi sconcertati dell'intera classe si volgono all'unisono su James Potter e Sirius Black i quali, per quanto si sforzino di non darlo a vedere, appaiono terribilmente allarmati. Senza proferire parola, entrambi abbandonano le loro postazioni per raggiungere la professoressa McGonagall in un'impaziente attesa sulla soglia. Nel mentre che attraversano la stanza, un corteo di fischi e maligne frecciatine si solleva dai banchi dei Serpeverde, dando vita a brusio concitato incapace di estinguersi neppure dopo che i due Grifondoro hanno superato lo stipite della porta, svanendo nell'ombra dei sotterranei insieme alla McGonagall.

«Silenzio, silenzio. Tornate al vostro lavoro.» ci apostrofa Lumacorno, nel vano tentativo di riportare un po' di ordine in classe.

Ma la concentrazione di tutti i presenti, me compresa, si è ormai irrimediabilmente corrotta ed ora nessuno riesce a pensare e a parlare d'altro se non del guaio in cui Potter e Black si sono cacciati questa volta.

«Chissà cosa sarà successo?» domanda Mary al mio fianco, con voce lievemente ansiosa.

«Non ne ho idea.» mormoro in risposta, senza neanche voltarmi a guardarla. I miei occhi restano incollati sul banco vuoto e muto di Severus, mentre il vago sentore che possa essergli successo qualcosa (lo stesso che ho avvertito qualche istante prima dell'improvvisa irruzione della professoressa McGonagall) si trasforma velocemente e inesorabilmente in un'inquietante certezza.

Nota Autrice:

Eccomi qui! Finalmente sono riuscita a terminare e a pubblicare questo capitolo.

Vi chiedo scusa per l'attesa, ma è un periodo molto impegnato e faccio fatica a stare dietro alla scrittura come vorrei :(

Come sempre ringrazio tutti coloro che stanno leggendo questa storia ❤️

Fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate^^

Un abbraccio
~Vale

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