I won't hesitate // Shuntaro...

By DarkYuna91

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[Completa] È strano il destino, davvero strano e anche grottesco. Intreccia vite e morte, ci spinge in labiri... More

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By DarkYuna91

L'eco del colpo di pistola tuona fatale nelle orecchie.

Il sangue singhiozza in una bolla d'aria tetra dal foro sulla mia spalla sinistra.

Una quiete funerea digrada inesorabile su di me, dopo un tumulto di orrore cremisi e morte raccapricciante. Le gambe tremolanti sorreggono a stenti il peso, è l'adrenalina a tenermi in piedi, il terrore di abbassare la guardia; il cuore pompa frenetico nella gabbia toracica.

Non patisco dolore, all'inizio è come se qualcuno mi avesse picchiato troppo forte sulla spalla lesa, tengo gli occhi fissi sul cadavere con la maschera da cavallo a pochi metri da me, riverso su una pozza scura che si allarga celere e sporca il bianco del pavimento. Il contrasto mi fa venire voglia di rigettare.

Deglutisco più volte, il nodo in gola non vuole saperne di sciogliersi, è un covo di lacrime che non riesco a piangere, si allignano prepotenti lì e si accumulano per tutte le volte che avrei voluto sfogarle e mi sono dovuta trattenere.

Batto le palpebre e mi riprendo dallo shock dettato dal frangente traumatico, non ho il coraggio di guardare il nucleo pulsante del dolore, percepisco del liquido caldo inzuppare allarmante la stoffa dei vestiti, il capogiro mi fa perdere inevitabile l'equilibrio.

Un formicolio inquietante intorpidisce gli arti superiori e la pistola che mi ha dato Aguni ruzzola giù dalle mani.

<< Merda! >>, impreco, ricadendo sulle ginocchia. Perdo il controllo sul corpo, il dolore è intenso, il proiettile deve aver colpito i nervi, se ha centrato un'arteria o è esploso all'interno sono fottuta.

<< Yuna! >>, strepita Chishiya, c'è urgenza nella voce, preoccupazione e cos'altro? Panico? È la prima volta che lo sento agitarsi, lui che è padrone di ogni situazione, niente lo coglie alla sprovvista, conosce troppo bene gli esseri umani per farsi sorprendere. Tranne stavolta.

Mai si sarebbe aspettato che un'altra persona potesse beccarsi di proposito un proiettile al posto suo.

Mi prende immantinente tra la braccia, permette di trovare un riparo sicuro in esse, adagia con cura il corpo sul pavimento gelido.

<< Perché lo hai fatto? >>, chiede convulso a mo' di rimprovero. Non concepisce il sacrificio, è troppo concentrato su se stesso e la sua sopravvivenza per immolarsi a favore di qualcuno che non sia lui. Toglie con gesti veloci la felpa chiara per premerla deciso sulla ferita fresca e bloccare l'emorragia, resta a torso nudo. << Sei una sciocca! Tu e la tua insensata infatuazione per me. >>. In poche semplici parole è racchiusa tutta la commiserazione per il gesto avventato. Ha in viso la spigolosa maschera impassibile -la stessa che usa durante i giochi- come se la realtà circostante non lo tangesse affatto, è lo studente di medicina freddo e calcolatore che sta parlando, non può permettersi il lusso di provare emozioni, soprattutto adesso, deve prima assicurarsi che non morirò dissanguata.

Sfila via il cordoncino che tiene stretti i pantaloncini e lo usa come laccio emostatico improvvisato a monte della lesione.

Negli occhi d'onice, di solito annoiati, una scintilla di angoscia tradisce la freddezza delle azioni calcolate nel dettaglio. Perle di sudore imbandiscono la fronte d'alabastro.

<< Dopotutto sei umano. >>, mormoro rabbrividendo davanti al lampo di défaillance, ma la battuta non esce come l'avevo pensata per allentare la tensione, suona come una constatazione malinconica volta a giudicarlo come persona. Il freddo si propaga in fretta, penetra nelle ossa e mi fa tremare visibilmente.

Preme l'indice ed il medio nell'incavo del polso destro.

<< Il proiettile è fuori. >>, appura zelante, esaminando di sottecchi un punto sulla pavimentazione poco distante da noi. << Sei stata fortunata, poteva colpirti al cuore o in altri punti vitali. Dobbiamo tornare a La Spiaggia, stai andando in shock ipovolemico. >>. Di nuovo la scintilla tormentata, mentre tutto in lui è calmo, disinteressato, oserei dire quasi tediato.

Ispeziona nervoso il piano deserto dell'edificio dove si è tenuto l'ennesimo gioco di morte, assembla in fretta un piano per spostarmi evitando che l'emorragia mi sia fatale.

<< Sono comunque fottuta, Chishiya. Come affronterò il prossimo game con un buco in una spalla? >>.

Inarca un sopracciglio, contrariato.

<< L'alternativa è che ti lasci qui a morire? >>, interroga arido. Sta mettendo strati e strati di insensibilità che servono a schermare il suo cuore da me: fa meno male affrontare la morte se non ti affezioni. << Ci sono ancora molti giorni sul tuo visto, hai il tempo per la convalescenza. >>.

Un rumore di passi allerta i sensi di Chishiya, afferra la mia pistola a terra e la punta deciso verso chiunque si stia approssimando.

<< Vattene sciocco! >>, replico il giudizio duro che poc'anzi lui mi ha rivolto, non muove un muscolo, tiene la pistola puntata con salda fermezza e con l'altra mano spinge la felpa sulla ferita. Siamo due stolti che continuano a proteggersi a vicenda, e che cercano di non attaccarsi all'altro. Fallendo miseramente. << Tu e la tua insensata infatuazione per me. >>.

Non ho bisogno di sentirmelo dire, Chishiya è più compromesso di quanto voglia far credere, altrimenti non mi seguirebbe nei giochi, benché abbia più giorni di me sul visto, prima o poi ci ritroveremo uno contro l'altro in una partita di Cuori. Ed io so cosa farò a quel punto.

Da dietro l'angolo Aguni fuoriesce con un'andatura energica e risoluta, è forza grezza, sporco di sangue non suo, l'occhio sinistro presenta una lesione verticale non grave, guarirà presto: ha visto di peggio. Rallenta appena il passo per valutare la situazione d'insieme, poi riprende spedito, si ferma torreggiante su di me, l'espressione inintelligibile e mi issa agile in braccio.

È strano il destino, davvero strano e anche grottesco. Intreccia vite e morte, ci spinge in labirinti intricati, frangenti irrazionali, fino a condurci in questo mondo sconosciuto, dove si combatte per la sopravvivenza, l'umanità si corrompe e l'anima va in pezzi.

Eppure, nonostante tutto, c'è un briciolo di misericordia in chi resta.

Aguni non fa un fiato, mi trasporta come una bambolina di pezza inanimata, non ha bisogno di dire alcunché, sono stata clemente con lui una volta, adesso lui ripaga il favore. Chishiya ci tallona fino a fuori l'edificio, nel quale una macchina ci attende.

Vengo adagiata nei sedili posteriori, il dolore tocca vette altissime, il freddo fa quasi battere i denti.

La notte è calata in fretta oggi e non sono sicura che riuscirò a vedere l'alba domattina.

<< Dalle questo. >>, dichiara brusco Aguni, lanciando una giacca a Chishiya, che la usa per coprire il mio corpo scosso da spasmi e stringermi a lui. Affondo la testa sulla spalla accogliente, posso finalmente chiudere gli occhi poiché lui è fuori pericolo, mi rilasso totalmente contro il non pettoruto torace nudo. La pelle è così morbida, soffice, calda, profuma di sudore pulito e bagnoschiuma all'aroma di oceano blu.

L'ex militare si siede al posto di guida, accende il motore e con uno stacco deciso parte a tutta velocità verso La Spiaggia.

<< Yuna resta sveglia. >>, sussurra Chishiya in tono suadente, percepisco il respiro tiepido sulla pelle sensibile: sudo freddo. O forse lo sto solo immaginando. Scivolo in un dormiveglia pesante, le tenebre mi schiacciano a terra, riesco a riemergere a stenti, è tutto molto confuso, solo il dolore è onnipresente e mi rammenta che sono ancora viva.

<< Prima o poi la farai uccidere. >>, dichiara Aguni duro. Non v'è emozione nelle parole, ma so che c'è molto più di quanto lasci penetrare. Oltre l'uomo freddo tutto d'un pezzo, esiste un uomo che nessuno conosce... nemmeno il Cappellaio.

Il torace di Chishiya si espande e riduce ritmicamente sotto le mie mani, riesco quasi a sentire la nenia proveniente dal cuore, mi culla in queste lande sfocate, in cui annaspo per non affogare. Controlla di nuovo il battito cardiaco.

<< Ti sbagli. >>, risponde senza scomporsi. << Io cerco di preservarla. >>.

<< È lei quella ferita, non tu. >>, rimarca brusco l'ovvietà.

<< Hai la tua occasione, dovresti cogliere la palla al balzo. >>, rilancia Chishiya, acuto e perspicace, non spiega le sue ragioni o del perché sia io quella che s'è presa un proiettile, sposta il focus su campi meno spinosi. È un discorso iniziato ben prima di questa sera, va avanti da molto tempo e questa è solo l'ennesima opportunità per riprenderlo. La protagonista inconsapevole della conversazione sono io.

<< È troppo accecata dalla tua ipocrisia per guardare in faccia la realtà. >>.

<< Vuoi farmi credere che tu sia il meglio per lei, ma fino ad oggi non hai fatto nulla per avvalorare la tua argomentazione. Dovresti iniziare dicendole ciò che provi: non ci sarò sempre io a salvarla. >>, e lo dice con una tale disumanità che sento un male indicibile, anche peggio del colpo di pistola alla spalla, come se lui non nutrisse alcun sentimento per me e mi tenesse in vita per pura pietà della mia infatuazione, un modo come un altro per ripulirsi una coscienza sporca. << Domani potrebbe essere tardi. >>. Perché spinge un altro uomo a farsi avanti con me?

Nel rendermi conto che Aguni è invaghito della sottoscritta, avverto qualcosa che s'incrina nell'anima, una pugnalata inaspettata nei polmoni ed inizio a fare fatica a respirare, l'ossigeno sembra non montare bene, i polmoni non si riempiono come si deve. Come ho fatto a non accorgermi di nulla fino ad oggi? Sono davvero così accecata da Chishiya da non vedere nient'altro che lui?

L'ex militare scoppia a ridere, ma è una risata rabbiosa, acre, volta a denigrare.

<< E tu vuoi far credere a me che le vai dietro a rischiare la tua preziosa vita nei game, per bontà d'animo? >>. Calca di proposito la parola "preziosa" perché Chishiya si è sempre posto sopra gli altri e non ha mai fatto mistero di ciò, compiuto ogni tipo d'azione pur di sopravvivere, anche condotte non propriamente oneste, neppure Kuina vorrebbe mai averlo come nemico. La storia del volermi tenere in vita per generosità non regge e chiunque conosca Chishiya anche solo un po', affermerebbe la stessa cosa. << Io non ho fatto niente per lei, ma ho ammesso a me stesso la verità... tu puoi dire di averlo fatto? >>, lo sfida apertamente. Conosce già il responso a tale quesito, Chishiya non si esporrebbe mai a questo modo, il suo orgoglio è fin troppo fiero ed altezzoso per ammettere di nutrire dei sentimenti che non sono per se stesso.

Le mani gentili mi tengono avvinta a sé, spinge la felpa sulla ferita, controlla nuovamente se sono viva. Avverto un soffio fresco sul viso.

<< Entrambi innamorati della stessa persona ed entrambi non possiamo garantire la sua sopravvivenza. >>, commenta mesto, una risata amara gli vibra nel torace, ed è la prima volta, da quando lo conosco, che è sincero senza secondi fini, nessun filtro tra cuore e bocca, manipolazione della realtà o raggiro per garantirsi la vittoria.

Crede che io sia svenuta per questo ha confessato, sa che Aguni non eserciterà tale discorso contro lui e che la conversazione morirà stanotte in questa macchina.

<< Io posso. >>, continua Aguni arrogante, e posso captare tutto il vigore acceso delle sue convinzioni dietro le parole inconfutabili.

Lui si prenderebbe una pallottola per me, mentre io l'ho presa per un altro.

<< Mai costringere la persona sbagliata ad essere la persona giusta. >>, asserisce sibillino Chishiya, più con se stesso che con Aguni. << Lo riconosco: saresti più bravo di me in questo. >>, soggiunge con la voce poco più alta. Il suo fallimento è manifesto, ma non è stata una sua distrazione, sono io che mi sono messa in mezzo per uccidere l'Oni e salvarlo.

Non sono di molte parole o forse sono io che ad un certo punto, durante il tragitto, perdo i sensi, mi sembra di aver chiuso gli occhi un solo momento che però è stato lungo quanto una vita intera.

La prima cosa che mi induce a riemergere dallo stato di incoscienza è il silenzio.

Il silenzio non è mai buon segno, ce n'è troppo, è segnale di pericolo, ho imparato a mie spese a temere il silenzio, non è più l'alleato di un tempo, ora se il silenzio è presente la morte è dietro l'angolo.

Stropiccio le palpebre gonfie, la bocca impastata, la gola riarsa, ho una flebo attaccato al braccio e a giudicare dal liquido che gocciola, sono rimasta svenuta per molte ore. È come se un tir mi fosse passato addosso e per sicurezza avesse fatto pure retro marcia.

Non riesco a collegare il tassello mancante tra la corsa in macchina e il risveglio a La Spiaggia; la camera da letto è in penombra, vi è un'abat-jour celata dietro un comodino che rischiara le tenebre attorno a me, creando giochi di fantasmi su muri e mobili. I miei vestiti sono ripiegati con ordine su una sedia: sotto le lenzuola sono priva di indumenti. Odore di oceano blu satura gli ambienti.

La stanza mi è familiare, però non è la mia, riconosco le cose di Chishiya sparse in perfetto assetto.

Provo a muovermi per mettermi seduta, vedo le stelle per il vivido dolore penetrante alla spalla, ora abilmente fasciata. Solo una chiazza cremisi sporca le bende bianche.

<< Chishiya. >>, provo a chiamare, la voce non collabora, una strana forma di raucedine mi porta a schiarire la gola più volte per riprovarci. << Chishiya! Sei qui? C'è nessuno? >>. La medicazione è sicuramente opera sua, eccessivamente accurata e in qualche modo geometrica, angolosa, proprio come lui.

Chishiya esce dal bagno sorpreso, ha i capelli umidi che sta tamponando con un asciugamano, il corpo longilineo avvolto da un accappatoio bianco, il profumo del suo bagnoschiuma riempie la camera.

La luce aranciata dell'abat-jour illumina a metà la figura snella e rassicurante, getta ombre impenetrabili nelle pieghe familiari del viso giovane, tiene gli occhi nelle tenebre.

Mugugna un cenno di meraviglia, lascia cadere l'asciugamano ai piedi del letto.

<< Sei già sveglia? Sbagliavo a sottovalutarti: riuscirai a rimetterti prima del prossimo game. >>. Esamina zelante la sacca vuota collegata alla flebo, sfila l'ago dal braccio e sistema un cerotto bianco su di esso. << Vedi? Sarebbe stata una pessima decisione lasciarti morire dissanguata. >>. Si accomoda accanto a me, una gamba ripiegata, l'altra a penzoloni, i lembi dell'accappatoio si schiudono sul tronco magro e scoprono una porzione della coscia. È meno spigoloso, apatico e misterioso del solito, accenna perfino un mezzo sorriso sghembo che toglie il fiato. Ed ammette di non essere stato perfetto.

È la cosa più assurda di oggi, dopo la chiacchierata nella macchina.

Siamo io e lui, soli, in una camera... nudi. Beh, tecnicamente siamo sempre nudi sotto i vestiti, anche se stavolta, la circostanza è nettamente differente, più intima, segreta, corposa di riflessioni sconvenienti. E mi ha vista senza niente in dosso.

<< Mi hanno sparato ad una spalla. >>, rendo noto a rilento, come se lui non ne fosse al corrente o io avessi qualche problema nel mettere a fuoco i pensieri. Mi guarda in attesa, non palesa la confusione, aspetta una spiegazione sensata. << Perché mi hai spogliata? >>.

Inarca appena un sopracciglio, il sorriso si fa equivoco.

<< Avresti sporcato le lenzuola di sangue. >>.

<< Sono ferita Chishiya, posso sporcarti le lenzuola anche adesso! >>.

<< Sono un dottore, credi che possa guardare al tuo corpo con una qualsiasi intenzione che non sia quella professionale? >>. E lo afferma con una tale schiettezza che quasi gli credo. Dico "quasi" perché so che sta usando le arti manipolative anche con me adesso, è un maestro a raccontare menzogne.

<< Sei uno studente di medicina, non un dottore! C'è una grande differenza. >>.

Si stringe nelle spalle con nonchalance.

<< Non ho visto niente che non avessi visto già. >>, afferma noncurante.

Spalanco gli occhi, divento rossiccia in viso e il freddo si trasforma in caldane.

<< Stai dicendo che mi hai già vista nuda? >>, strepito con voce stridula. << Quando? Quando è successo? >>. Provo ad isolare l'episodio -o gli episodi- in questione, tutte le volte che sono stata in intimità e lui avrebbe potuto vedermi, e niente torna alla mente. O sta bluffando come sempre o sta dicendo la verità, e per quanto mi sforzi, non riesco a venirne a capo.

Tira da un lato l'angolo della bocca, divertito dalla reazione illogica e sopra le righe. Si piega in avanti, fa leva sulle braccia tese sul letto per accostarsi maggiormente, lo spazio che ci separa si dimezza, usa le iridi d'oscurità e fulgori senza pietà, l'intensità lancinante s'incunea fin dentro l'anima e radica sul fondo miele infetto, che intossica nell'arco di pochi secondi.

L'indice mi lambisce in viso, s'attarda sulla guancia, la parte bassa del volto, poi tocca la consistenza tenera delle labbra, ed è come se le stesse assaggiando con i sensi. L'atmosfera s'addensa di bramosia soffusa, niente di erotico nella mera pulsione fisica, vi è molto altro, passioni sussurrate, sentimenti albeggiati alla luce della sensualità, è un flemmatico bisogno che nasconde in sé irrequietezza della carne e rogo dei lombi

<< Ti vedo anche adesso. >>. Il dito scende sulla mandibola, traccia una scia arroventata sul collo, la clavicola sporgente e si ferma a pochi centimetri dal lenzuolo che vela il seno alla sua vista. << So che ci hai sentiti in macchina... il tuo respiro si è fermato quando ho detto di essere innamorato di te, il cuore batteva troppo rapido. Ti ho soffiato sulle palpebre chiuse, che si sono contratte in una reazione istintiva. >>, anticipa la prossima domanda, spiegando quanto, ancora una volta, sia sfacciatamente intelligente, attento ai particolari ed astuto.

Usa troppa razionalità, ma i sentimenti non possono essere controllati, misurati, domati, se pensa che questo sia un game dove la sua intelligenza può tenerlo in vita, allora ha già perso. Le partite di cuore non fanno per lui.

Inumidisco la bocca, arida come un deserto a mezzogiorno.

<< Non ti fiderai mai di me. >>, assodo frustrata. Vorrei smettere di contemplarlo come se al mondo non esistessero altri che lui, però è ciò che faccio, neppure dell'infatuazione di Aguni mi sono resa conto.

<< Ti sbagli, Yuna. Sei tu che non dovresti fidarti di me. >>. E solo ora mi è chiara la frase arcana pronunciata da lui in macchina: "mai costringere la persona sbagliata ad essere la persona giusta.".

Scopro il gioco sleale da lui architettato, un game di quadri dove tenterà di impiegare l'intelletto per modificare la mia realtà: spingermi subdolamente nelle braccia di Aguni, portandomi a credere che sia lui la persona che voglio.

Chishiya crede di essere sbagliato per me, si attribuisce la colpa di quel che è capitato stasera e pensa che io mi stia costringendo a vedere del giusto in lui, quando non c'è. La chiacchierata con Aguni ha scalfito quella corazza infrangibile, il senso di colpa è più grande di quanto immagini.

Affloscio le spalle disfatta, la ferita è una stilettata persistente che tiene tutto il corpo in tensione. Mi sdraio esausta, il mal di testa bussa impaziente per distruggermi in definitiva.

Fisso il soffitto inaridita da ogni emozione umana, conscia che qualsiasi cosa io faccia o dica, non ho armi abbastanza influenti da usufruire in questa guerra di accerchiamento.

<< Mi arrendo Chishiya. Tu vinci, io perdo. È questo che vuoi sentirti dire, no? Ma decido io chi amare o meno, su questo non hai alcun potere. I tuoi giochetti mentali hanno ben poca capacità sui sentimenti... non sentirti più obbligato a seguirmi nei prossimi giochi, perché provi pietà per me. Se ti può alleggerire la coscienza sono io che ho deciso di farmi sparare, ne ero consapevole, sapevo che avevo una bassa percentuale di sopravvivenza, ma io avrei dato la mia vita per salvarti. E lo rifarei altre mille volte, nonostante tutto, nonostante te: quindi non mi devi niente. Sei dispensato da qualsiasi vincolo di sorta. >>. Non lo dico, lascio che il "ti amo" autentico e puro muoia in gola -il primo di tutta la mia vita-, assieme a tutte le cose belle che questo posto maledetto mi ha strappato via. So che potrei non avere più un'altra occasione, che la prossima partita potrebbe essere l'ultima per uno dei due o per entrambe, che dopo stasera Chishiya mi tratterà come una persona qualsiasi de La Spiaggia, ma almeno sono rimasta fedele a me stessa. << Toglierò il disturbo domattina, non preoccuparti. >>, concludo ferma, senza vittimizzarmi o autocommiserazione. È questa la realtà, devo accettarla, non resterò qui a pregare per l'amore di qualcuno che non mi vuole.

<< Beh. >>, pronuncia, con un profondo sospiro di ricognizione, dopo quella che mi è parsa l'eternità. Il letto cigola, mentre lui si alza in piedi. << Questo non me l'aspettavo, lo trovo un po' scorretto. Sembra che tu ti sia arresa quando eri in vantaggio. >>.

Increspo le sopracciglia, confusa da tale affermazione, il discorso non è affatto chiuso, ma in balia di due forze che non intendono mollare la presa tanto facilmente, ed è quando Chishiya slaccia il nodo dell'accappatoio che è lampante io sia caduta nel suo fine. Non l'ho affatto contrastato, l'ho agevolato.

Ed io muoio nel vederlo aprirsi i lembi del tessuto spugnoso e lasciare poi che gli scivoli giù dal corpo perfetto, mostrandosi spogliato da tutto. Nudo davanti a me, nella carne e nello spirito, per la prima volta privo di tutele inviolabili, sprovvisto di schermi a proteggerlo da chi lo circonda.

Di nuovo la scintilla negli occhi, stavolta resta salda nelle iridi di tenebra, è un bagliore di vita, una pulsione di energia abbacinante, un nucleo vibrante che non si spegnerà mai più, un motivo per continuare e non più solo per se stesso.

Scosta le coperte, s'infila sinuoso nel letto, le braccia mi cingono in vita ed accosta il torace alla mia schiena, attento a non compiere gesti bruschi che possano procurarmi ulteriore dolore.

Il corpo contro il mio, in un abbraccio di un'intimità sconvolgente.

Posso avvertire il cuore battere velocissimo, ma forse è il mio che riecheggia nella gabbia toracica, o una fusione di entrambe: non so più dove inizia lui e finisco io.

Un velo di confusione ottenebra la coscienza, la stanza vortica frenetica, non riesco a concentrarmi. Il suo profumo all'oceano blu ossessiona martellante nel cervello.

<< Chishiya che... >>. Cosa voglio dire? Non lo so. La mente non aiuta ad assemblare una frase, una domanda, qualcosa. Sono in balia di un vortice turbinoso che rimescola lo stomaco.

<< Ho sempre pensato che gli umani siano indifferenti ed egoisti per natura, che nessuno, me incluso, compiesse alcunché senza un tornaconto personale... poi una sera sei arrivata tu, con tutta questa voglia di vivere a me sconosciuta, uno scopo per sopravvivere, gli atti di bontà disinteressata. E dopo hai rischiato di morire, accettando il fatto che io potessi non ricambiare i tuoi sentimenti, mi hai salvato, pur consapevole che io avrei potuto non fare lo stesso per te... credevi sul serio che ti seguissi nei giochi per pietà d'animo, Yuna? Non ho mai fatto niente che non volessi davvero. Perfino dopo che mi hai sentito parlare con Aguni, hai continuato a nutrire dei dubbi a riguardo? >>. In un gesto inconsueto poggia le labbra sulla pelle, a pochi centimetri dalla ferita pulsante, così vicino al dolore che potrebbe uccidermi se solo lo volesse, invece è un balsamo per la sofferenza, mi tiene al sicuro come la più preziosa delle reliquie. << Tu mi hai salvato Yuna... io non esiterò. >>. E non allude all'episodio accaduto durante il game, è una salvezza ben diversa quella di cui parla, esula il corpo e concerne l'aver ricevuto in dono una ragione per arrivare fino in fondo a questo mondo nefasto.

Una ragione di vita.

Faccio per voltarmi, voglio guardarlo negli occhi mentre afferma ciò, lui però, ancora una volta, riesce a disorientarmi e preme dolce la bocca sulla mia, in una promessa di tenerezza ed amore che non ero preparata a ricevere. È delicato, mai invadente o sfacciato, lascia che ogni cosa avvenga al momento giusto, né prima e né dopo, non c'è alcuna fretta, d'altronde abbiamo aspettato una vita intera per arrivare ad adesso.

<< Chi-shi-ya... >>, anelo nello sfavillio inaspettato di un bacio che diviene lussuria. Tre sillabe a formare un triangolo vocale, le lettere si impigliano in fondo al palato, accarezzate dalla lingua, il sogno della sua carne si scioglie liquido, divorato da una fiamma improvvisa che brucia tutto, soprattutto me.

Il petto sfiora il seno, il corpo nudo trova ubicazione tra le gambe, s'incastra a perfezione come tessere perdute di un puzzle che finalmente si sono ritrovate e possono riunirsi.

Sembra ancora più bello e maestoso sopra di me, un angelo letale che non esiterebbe ad uccidere o manipolare pur di sopravvivere, eppure in questo momento dimentico questo mondo, i giochi fatali, la fine che ci insegue innamorata del nostro ardore vitale. E mi concentro sull'unica cosa importante.

Lo sguardo fisso nei miei occhi e lo vedo smarrirsi definitivamente.

<< Sì Yuna, sono umano anche io. >>, ammette alla fine, ed immerge il visto tra i seni, baciando con ingordigia crescente, balocca con la lingua, il mio corpo diviene suo, ogni centimetro che fa la sua conoscenza viene marchiato per sempre. Si spinge oltre, prende vita un amalgama tragica di amore e morte, ogni istante potrebbe essere l'ultimo e ciò rende questa notte un ricordo indelebile che ci accompagnerà fino all'ultimo respiro. Godiamo di tutto, come dei condannati a morte, poiché è proprio ciò che siamo.

Inoltrati tutti e due nell'abisso e adesso l'abisso è dentro di noi.

La bocca con maestria trova il bocciolo di carne sensibile che palpita tra le cosce spalancate al suo sguardo occulto, si diverte a soffiare sulla vampa che sta alimentando, è un amante parsimonioso, non mi permette mai di valicare il limite, preferisce caricare il godimento fino allo spasmo, per trasformarlo in un incendio indomabile.

Diviene vittima del suo stesso gioco, il sesso duro e congestionato è teso, manca poco, non resisterà a lungo. Recupera la scatola di preservativi nel cassetto del comodino e lascia che sia io ad infilargliene uno, infine viene a prendersi il suo piacere. Le mani così eleganti ed affusolate artigliano i seni, la bocca divora la mia, affonda dentro con un'urgenza che non può più reprimere, è rumore di carne in altra carne, di sospiri nella notte, gemiti spezzati, lussuria sfrenata.

Avverto l'onda dell'estasi germogliare smoderata, diventa una mareggiata imponente, basta solo che Chishiya sfiori uno dei capezzoli tumidi per innescare l'orgasmo intenso, alla quale permetto di scollegarmi dalla concretezza tangibile. L'unica cosa vera è l'uomo tra le mie braccia e farò di tutto pur di uscire da questo mondo con lui, costi quel che costi.

Chishiya geme forte, penetra a fondo un'ultima volta.

<< Ti amo. >>, freme a stenti, il corpo si contrae e s'irrigidisce, viene ad occhi chiusi, ha perso completamente se stesso e non sembra intenzionato a volersi più ritrovare. Crolla di lato stremato, il respiro gli gonfia spasmodico il torace, deglutisce bolle d'ossigeno, cerca di far ordine nel cervello, fallendo. Batte più volte le palpebre, una nuova languida e armoniosa quiete s'interpone tra di noi, poi si gira verso di me ed un sorriso sincero gli illumina i tratti. << Ti amo Yuna. >>, ripete. Non vi sono inganni, trucchi o bugie, non è mai stato così autentico come adesso.

Mi abbarbico contro di lui, la testa nell'incavo della spalla. Cerca la mia mano e intreccia le dita alle mie.

<< Credevo che non lo avresti mai ammesso sul serio. >>. Schiocco un tenero bacio sulla guancia. << Ti amo anche io. >>.

Ora lo so: Chishiya morirebbe per me. 










Note:

Dlin Dlon finalmente sono riuscita a scrivere qualcosa su Chishiya, anche se si tratta di un capitolo solo, uno squarcio sulla vita romantica che non viene mai menzionata o trattata nella serie tv.

Ho cercato di basarmi molto sulla serie tv per il suo carattere, anche se ho mantenuto fede al fatto che sia uno studente di medicina e non un dottore come nella serie. Alcune frasi da lui pronunciate sono prese dalla seconda stagione, altre rielaborate da me o immaginate.

L'Aguni di questa ff ha il carattere più come nella seconda stagione, che nella prima. Anche se credo che, sotto sotto, tolta la rabbia per il rapporto col Cappellaio, lui fosse già così.

Per il nome della protagonista, ammetto di avere zero fantasia (ma va?) e di essermi basata sul mio nickname, che per metà è giapponese. Infatti "Yuna" nel dialetto di Okinawa significa sia "Luna" che "Notte". 

Il titolo della storia è preso da una canzone dei Jonas Brothers: "Hesitate". 

Beh che dire, spero possa piacere e che la parte erotica non sia eccessiva. 

Ringrazio già da adesso chi mi commenta e chi legge solamente.

La storia può presentare errori ortografici.

Un abbraccio.
DarkYuna. 

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