Durante la mia corsa via dal Centro Medico del paddock dettata dal panico, dalla paura e dai dolorosi ricordi e fantasmi del passato che stavano riaffiorando perentoriamente nella mia testa, non mi resi conto di dove mi stessi dirigendo. Piangevo a dirotto, probabilmente esplosa a causa di emozioni, sensazioni e reminiscenze che stavo sotterrando da mesi se non anni: la mia psicologa, poco dopo il weekend a Jerez, mi aveva avvisata di un possibile punto di rottura e di una mia reazione simile se avessi continuato a rimanere coinvolta in tale ambiente.
E probabilmente, quello che era appena successo mi aveva indicato che avevo raggiunto il mio punto di rottura.
Le lacrime e il mio stato d'animo distrutto non mi avevano lasciato la mente lucida ed ero scappata in un qualche posto a me sconosciuto: probabilmente ero persino uscita dalla zona limitrofa del circuito. Mi fermai su un muretto lungo una strada apparentemente poco trafficata, per prendere fiato e crollare, lasciandomi andare in balia di un evento della mia infanzia che pervase in maniera categorica la mia mente, costringendomi a sedere e rimembrare.
2001
Mi avvicinai a mio papà, che stava sistemando la sua moto nel piazzale appena fuori dal garage.
« Papi, la tua moto non funziona ancora? »
Lui sollevò il capo, che era chino su una parte del suo veicolo a due ruote da strada.
« Tra poco funzionerà » disse lui, facendomi l'occhiolino in modo buffo.
Io risi: « Sei buffo! Hai la faccia tutta sporca! »
Lui sì specchiò negli specchietti della motocicletta color rossa, ridendo: « Eh già, è la polvere e l'olio »
« Mamma dice che dovresti smetterla » proferii innocente, ma facendo sparire il sorriso dal mio volto.
« Mamma dice tante cose, Sofia » sostenne lui, preso dalle sue faccende con il suo mezzo.
« Si, ma tu non l'ascolti mai » appuntai io, con aria sempre da quell' innocenza fanciullesca che caratterizzava ogni bambino di quattro anni.
« Perché a me piace andare con la mia moto » spiegò lui « e non voglio rinunciare ad una cosa che mi piace »
« Anche io non voglio rinunciare a qualcosa che mi piace, ma quando voglio un giocattolo nuovo, sia tu che la mamma non mi lasciate mai prenderlo »
Papà rise: « Tu sei piccola, Sofia. Io sono grande »
Mi avvicinai ancora di più alla moto, stando attenta: « Posso toccare qui? » chiesi il permesso, indicando una ruota.
« È spenta, certo che puoi »
La toccai, percependo la ruvidità e la durezza della copertone ed esclamando stupita « Ma...è duro! »
« Certo, credevi fosse morbido? » rispose lui, ridendo ancora « vuoi salirci sopra? »
Sorrisi a trentadue denti, facendo cenno di sì con la testa e allungando le braccia nella direzione di mio papà. Lui mi prese e mi sollevò, mettendomi sulla sella.
« È alto! » dissi, cercando di raggiungere i manubri con le mani, senza raggiungerli a malincuore.
« Uffa! Sono troppo lontani! Papà, me li allunghi? » mi lamentai io, triste.
Lui sghignazzò, scuotendo la testa: « Mi dispiace Sofia, ma non posso farlo. Non sì possono allungare »
Posai le mani sulla sella, cercando di rimanere in equilibrio su di essa e dopo un pochino di silenzio, lo guardai curiosa: « Perché ti piace andare veloce in moto, papà? »
Lui mi scrutò, cercando una risposta soddisfacente e facile da spiegare: « Perchè mi fa sentire libero e coraggioso »
Io lo guardai confusa: « Ti piace quel rumore forte che fa? »
« Sì, mi piace » confermò lui sorridendo.
« Anche a me piace il rumore quando giri quella manopola » sostenni io, indicando l'acceleratore della moto sul manubrio.
« Infatti neanche tu riesci a staccarti dalla tua motoretta »
Io misi il broncio: « Sì, ma la mia è lenta! »
Papà mi guardò sorpreso: « Lenta? È già fin troppo veloce per la tua età! »
« Sì ma se provo a fare una corsa con te, tu vinceresti subito! E poi la mia moto ha le ruote in plastica! »
Papà rise sguaiatamente: « Oh Sofia, a volte penso tu sia troppo avanti per gli anni che hai »
Io ignorai bellamente quella frase, rincarando la dose: « Mi piacerebbe guidare la tua! »
« Un giorno Sofia, un giorno. Ma non oggi, sei ancora troppo piccolina » sottolineò lui, scompigliandomi dolcemente i miei lunghi capelli mossi.
« Vuoi fare come quelle persone che guardiamo in tv? » chiesi io, facendo riferimento alle gare di moto.
« Io non potrò mai essere come loro, Sofia »
« E perchè? »
« Perchè sono troppo grande ormai »
« Forse lo posso diventare io? »
« Un giorno, forse » proferì lui, con uno sguardo distante « ma per il momento, dovrai imparare ad usare la tua piccola motoretta al meglio, e guardare bene quello che fa quel ragazzino riccioluto che abbiamo visto l'altro giorno in televisione »
« Quello con la moto gialla? »
Lui accennò ad un sì con la testa: « Ti ricordi come sì chiama? »
« Valentino »
« Brava » mi complimentò lui, compiaciuto « quel ragazzino farà storia nelle moto, vedrai »
« Come fai ad esserne così sicuro? » gli chiesi, curiosa.
Lui sì grattò il suo leggero strato di barba: « Perchè lui, come me, ha capito una sola cosa » e mi riprese in braccio, facendomi scendere dalla moto « la vedi, questa? »
Aggrottai le sopracciglia: « È la tua moto, papi. Sì che la vedo, la vedevo anche prima senza scendere! »
Lui scoppiò a ridere, per poi tornare serio: « Questo che vedi è ferro. Un Ferro che Possiede un'Anima, Sofia. È molto più di una semplice moto, è qualcosa che ha vita »
« Un po' come le mie Barbie? »
« Esattamente, bravissima! » sì complimentò di nuovo « E tu ci parli con le Barbie, giusto? »
« Mmh-mmh » dissi io, con un cenno di assenso
« E io invece parlo con lei, me ne prendo cura e sto attento a ciò che le serve. Come fai tu con loro. Tu le pettini, le vesti, fai loro il bagno e le fai mangiare. Io faccio lo stesso con la mia moto »
Confusa, gli chiesi con tono scettico: « Dai da mangiare alla moto? »
« Certo, con questa » disse lui prendendo una tanica contenente quel liquido dalla puzza strana, che però mi piaceva.
« Ma allora devi darle anche un nome! Le mie Barbie hanno tutte un nome! » esclamai io, stupita da quella scoperta.
Lui sì fece pensieroso, per poi annunciare: « Che ne dici di...Nova? »
« Síii mi piace tantissimo! » trillai io, saltellando.
« Ci faremo dei portachiavi con quel nome, che ne dici? »
Accennai ad un si elettrizzata, ma poi tornai seria di nuovo, quasi preoccupata, ricordandomi una cosa.
« Mamma però dice che è molto pericoloso » dichiarai io « andare con la moto »
« Vedi, Sofia » iniziò lui a raccontare « come ogni cosa che possiede un'anima, anche la moto possiede un proprio carattere. Le tue Barbie non sì arrabbiano mai? Non sono mai stanche? »
« Sì, a volte litigano, e quando sono stanche le faccio dormire » spiegai io.
« Esatto. Anche la moto a volte sì arrabbia e fa la birichina » esplicò papà « quando succede bisogna controllarle e sgridarle per far capire che non devono fare così »
« Come quando mi sgridi quando combino qualcosa? » domandai io.
« Già »
« E se la moto non ti dà ascolto? » chiesi, di nuovo preoccupata.
« Allora sì, diventa pericoloso, sì cade e ci sì fa male » tirò lui le somme
« Tanto male? »
« Sì, tanto male »
Ritornai alla realtà, tirando fuori dalla tasca un vecchissimo portachiavi in legno, sui cui era incisa una sola parola, in rosso.
Nova.
THE END
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Spazio Autrice
No, non mi vogliate male, la storia non termina davvero così.
Che significa?
Significa che ci sarà un secondo libro!
Dopo Natale potrete già trovare nella mia bacheca il sequel, intitolato "Quel Ferro che Possiede Una Voce". Presenterà già i primi capitoli introduttivi ( Cast, Spiegazioni e una piiiiiccola chicca per voi lettori), ma i capitoli della trama verranno pubblicati solo a partire dagli inizi di Gennaio 2023.
Ci si vede nel sequel! Buon Natale e Buone Feste!
- Camelia Iris Lumt