L'estate dei miei diciassette...

By FraSalo22

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Dalla storia: "Quindi, cara Amiee, ho deciso di iniziare la mia storia e quella dei miei amici, dall'estate d... More

Presentazione
Introduzione
L'estate dei miei diciassette anni
Blue Lake City
Il ragazzo della Buick
Il Fattore Perkins
New Boy In Town
4th of July

Bourbon

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By FraSalo22

28 Luglio

Mi chiusi la porta di casa alle spalle e ci feci aderire la schiena chiudendo con forza gli occhi. Mi riecheggiano ancora le domande che mi aveva posto con voce sottile e dura Sorah.

Sei come Jimin?

Mi portai le dita fra i capelli e strinsi con forza pregando che la sua voce smettesse di irrompere nella testa.

"Jun ... Jungkook tutto bene?" mia madre mi guardava dalla soglia della cucina, con la vestaglia chiusa al petto con una mano.

"Si" mi uscì come un lamento e tirai le spalle indietro alzando il mento.  "Si" dissi di nuovo anche se non era vero.

"Sicuro?" fece un passo verso la mia direzione ma la oltrepassai annuendo iniziando a salire le scale.

"Jungkook, cosa hai fatto alla mano?" mi arrestai. I miei occhi furono catturati dal pezzo di stoffa che circondava il mio palmo sinistro e il cuore cominciò a battere più veloce del normale.

Sei come Jimin?

Scossi la testa scacciando quelle parole e allargai le narici per prendere più aria possibile nei polmoni.

"Solo un graffio, mamma. Non preoccuparti"

Salì un altro gradino ma a quanto pareva mia madre non aveva finito di preoccuparsi inutilmente.

"Lo hai disinfettato?"

"Si" un altro gradino e di nuovo parlò.

"Sicuro di stare bene?"

"Ah-ah"

"Ok. Allora buona notte - ripresi a salire - Jungkook? - mi bloccai di nuovo dandogli le spalle mentre trattenevo il fiato - sai che io e tuo padre siamo qui per te se tu ne avessi bisogno?"

"Lo so" sussurrai consapevole che non sapessi neanche io cosa mi stesse capitando da due mesi a quella parte, da quando ci eravamo trasferiti a Blue Lake City.

Entrai in camera e socchiusi piano la porta, appoggiando la fronte al legno pronto a sentire quando mia madre sarebbe andata a dormire. La serratura dall'altro lato del corridoio scattò e tornai a respirare e il petto doleva.

Sei come Jimin?

Dio, avevo così voglia di urlare finché avessi avuto ossigeno nei polmoni, invece presi a camminare avanti e indietro sulla moquette mentre le unghie grattavano la nuca, come se quel gesto avesse potuto cancellare il significato nascosto di quelle parole.

Dovevo attutirle. Dovevo sovrastare le domande gridate silenziosamente con altro. Dovevo provare ad alleggerire il peso che avevo sul collo che rischiava di farmi schiacciare il volto a terra.

Scesi al piano di sotto cercando di fare meno rumore possibile e mi diressi verso l'angolo bar che mio padre aveva costruito con cura e orgoglio appena arrivati nella nuova città. Rintracciai dentro il mobiletto la bottiglia più nascosta in modo da poter ritardare la scoperta del mio furto.

Tornai nella mia camera e mi misi a sedere sul pavimento, davanti allo specchio in modo di poter ammirare come ero caduto in basso.

Sei come Jimin?

Tolsi il tappo di sughero che fece un piccolo suono e strinsi con forza il collo di vetro portando la bottiglia alla bocca. Quella sarebbe stata la prima volta che il mio corpo avrebbe ingerito dell'alcool e avevo scelto per la mia prima sbronza un Bourbon che avevano regalato a mio padre il primo anno che arrivammo in America sepolto da un evidente strato di polvere. Il liquido ambrato pesò sulla lingua e mi bruciò nella gola e nello stomaco. Tossì la mia ingenuità e la mia fanciullezza e feci un altro lungo sorso con le lacrime che cominciarono a bagnare le guance.

Sei come Jimin?

Scossi la testa piano mentre singhiozzavo.

"No" dissi a me stesso poco convinto.

Sei come Jimin?

Alzai le mani e portai i palmi sulle orecchie cercando di tenerla fuori dalla mia mente perché era troppo, quelle domande erano troppo, perché la mia lingua era pronta a rivelare quale sensazionale verità, o forse una insensata bugia ma il silenzio che ne conseguì mentre prima mi guardava con quegli occhi castagna puntati nei miei sottili e imprescindibili, mi faceva mancare l'aria nei polmoni e la mia mente si azzerò quando arrivò la seconda domanda: lui ti piace?

La prima estate a Los Angeles, andai per la prima volta a un luna park, non che a Busan non ci fossero ma erano decisamente in forma ridotta. Questo posto gioioso e colmo di persone allegre e famiglie sorridenti si trovava in un piccolo paesino poco oltre la periferia nord della città, fra Los Angeles e Glendale. Era il secondo centro con attrazioni più grande della contea. Ci accompagnarono i nostri genitori una domenica dopo la consueta messa. Mi piacque nell'istante in cui feci il mio primo passo all'entrata e la giostra che mi colpì per la sua eccentricità fu la "Casa della paura". Stanze con specchi ingannatori. Scale che conducevano a piani invisibili. Lunghi e stretti corridoi e, infine, una passerella dove le lastre di legno si muovevano avanti e indietro abbastanza veloci da farti avere difficoltà a mettere un piede di fronte all'altro. Mi piaceva la meccanica che c'era dietro. Sentivo nelle budella che il pavimento si sarebbe potuto aprire da un momento all'altro sotto le mie scarpe della domenica, quelle lucide e di pelle. Non successe, ovviamente, ma quella sensazione di voragine che si stava per aprire sotto di me la percepì chiaramente mentre ripresi a scolare la bottiglia di Bourbon.

Sei come Jimin? Lui ti piace?

Nella mia camera si stava scatenando un terremoto mai sentito e la testa pulsava. L'immagine di Sorah che si stringeva nelle spalle attendendo come un assetata le mie risposte invece che quel tremendo silenzio, mi fece dolere fino alle ossa.

Cosa stava succedendo alla mia vita? Quando aveva iniziato ad andare tutto a rotoli? Da quando non ero più quel ragazzino normale che aveva lasciato Los Angeles solo due mesi prima?

Soppressi un singulto con la mano e, inorridito, allontanai il palmo fasciato dalla mia faccia come se avesse potuto sciogliermi le carni del volto. La girai e il pezzo di stoffa era ancora chiuso con il piccolo nodo. Respiravo con la bocca aperta perché non ero sicuro che se lo avessi fatto con il naso lo avrei fatto a dovere. I fumi dell'alcool mi scioglievano il cervello e presi a biascicare parole senza senso osservando la bandana azzurra che era stata utilizzata con benda.

"E' solo colpa tua" sibilai provando a liberare la mia mano.

"E' solo colpa tua, Taehyung" la rabbia e la furia scorreva sulla pelle bruciando, stringevo i denti ed ebbi la sensazione che li avrei spaccati da un momento all'altro se avessi continuato.

"Ti odio. Ti odio. TI ODIO!" ringhiavo e l'alcol che avevo ingerito fino a quell'attimo non era affatto d'aiuto per riuscire a liberarmi da quella maledettissima bandana. Le lacrime si mischiarono alla saliva che sputachiavo tutte le volte in cui respiravo con la bocca aperta.

Caddi di lato e il rumore sordo del mio corpo sulla moquette sancì la fine di quella miserevole lotta, infatti fra le mani stringevo quella stoffa e chiusi gli occhi nell'esatto momento in cui fui investito dall'odore del ragazzo. Un uragano di sudore e profumo di colonia maschile sfrecciò tra le mie sinapsi e io lo trattenni il più possibile nei polmoni, contorcendomi nella favolosa sensazione di beatitudine che mi circondò.

Sei come Jimin?

Mi portai al naso la stoffa e aspirai più profondamente, roteando gli occhi all'indietro. Replicai di nuovo e di nuovo e di nuovo e una colata di caldo avvolse il mio corpo e mi voltai di pancia sulla morbida superficie della mia stanza che fu riempita dai miei sospiri. Strinsi le palpebre quando il mio uccello gonfio cercò sollievo facendomi muovere i fianchi. Immobile, con le orecchie che mi fischiavano gemetti con un sibilo sottile tirando il collo, sorpreso da quella sensazione che brulicava sull'epidermide e dentro la carne e i muscoli, scivolando sui nervi e i tendini. Li mossi di nuovo e, questa volta, dalla mia bocca un suono osceno e peccaminoso, un gorgoglìo che ribolliva, prese forma.

Immersi la faccia nel pelo della moquette e i lombi si presero a muovere con dedicata frequenza. Le palpebre si serrano e quando le riapri, avevo un  petto ambrato sotto la guancia accaldata. I miei occhi percorsero i brividi su un'epidermide che ritenevo sconosciuta.

Alzai la testa e gli occhi di Taehyung mi osservavano lascivi, con pupille che gridavano lussuria ed eccitamento. I denti bianchi che intrappolavano il labbro inferiore e i piccoli sbuffi che arrivano sulla mia fronte. Alzai il busto e ci scoprii nudi con le nostre erezioni pesanti e scure.

"Jungkookie" mi chiamò con tanta dolcezza che sentendolo ansimai.

La mia mano sinistra si posò sulla sua guancia e percepì la pelle ruvida al tocco. Spostò la testa e mi lasciò un bacio umido sul palmo e tornò a guardarmi con quegli occhi cioccolata diventati neri che urlavano comandi ma anche sottomissioni. Diressi la mia mano sul suo collo e poi sulla clavicola e le dita corsero sul bottoncino marrone scuro, sul capezzolo duro che chiamava carezze e labbra. Lo accontentai e ricevetti la sua schiena inarcata e il fremito del suo uccello umido di liquido.

"Jungkookie" questa volta piagnucolò il mio nome lasciandomi disorientato, perché il mio cazzo non era mai stato duro come in quel momento.

Mi alzai sovrastando e davanti ai miei occhi lucidi, il corpo nudo di Taehyung era pronto ad accogliermi. Respirava pesantemente e i muscoli erano tesi, pronti a scattare appena mi sarei insinuato.

"Jungkookie sono pronto" mi presi il cazzo in mano e iniziai a masturbarmi mentre i miei occhi puntavano la sua bocca.

"Jungkookie, ti voglio" questa volta fu lui a prendersi il suo uccello e la sua mano si muoveva con fretta.

Caddi in avanti e appoggiai una mano di lato alla sua testa, guardandolo negli occhi mentre grugnivo parole casuali e mi concentravo sulle sue pupille e sulla volgarità delle parole che abbandonavano quelle labbra pure.

"Jungkookie" urlò quando il corpo si mosse a scatti mentre il suo sperma sporcò il suo addome e il petto, lasciandomi una visione talmente erotica che il mio orgasmo mi colse di sorpresa, nascendo fulmineo dalle palle e dalla base della schiena chiamando il nome del giovane ragazzo sotto di me.

Quando ripresi a respirare senza più affanno aprì le palpebre, mi trovavo ancora nella mia stanza al buio, con la guancia che prendeva fuoco e i pantaloni e le mutande umide dei miei umori, mentre la mia mano stringeva con forza la bandana celeste. Repressi un singhiozzo e mi mi sollevai da terra, tornando a sedere con una certa difficoltà. Cercai la bottiglia osservando contro la luce della finestra per vedere se avevo ancora un po' di amarezza liquida.

Fino a quel momento non mi ero mai mai masturbato pensando a Myn, perché lo avevo sempre ritenuto una mancanza di rispetto, ma la mia mente non aveva esitato a farmi immaginare Taehyung nudo sotto di me, a farmi avere un erezione mai avuta tanto che faceva male.

"E' solo colpa tua" dissi piangendo mentre finì anche l'ultima goccia di Bourbon.

Non potevano esserci altre spiegazioni per quello che mi era successo fino a quel momento. Quei pensieri anormali che avevo avuto su un altro ragazzo ma come una punizione divina saettarono nella testa i ricordi di quei giorni, del suo sorriso dolce e spontaneo, così genuino come la sua risata che vibrava allegra o i suoi occhi che in presenza di bambini tornavano fanciulli oppure che si illuminavano quando parlava della sua arte, di come amava dipingere e dei suoi pittori del cuore. Come faceva splendere qualunque stanza in cui entrava oppure come quel pomeriggio dove mi aveva curato con dedizione e delicatezza e io mi spezzavo un poco alla volta in sua presenza, come se stessi nascendo per una seconda volta dalla distruzione e dalle macerie del mio essere.

Lui ti piace?

"Non lo so"

Sei come Jimin?

"Non lo so"

Smisi di piangere quando un pensiero si insinuò serpeggiando per ricercare più attenzione degli altri. Sei l'unico che sta soffrendo Jungkook, mi disse la voce, a lui invece non frega un cazzo dei tuoi tormenti interiori, proseguì con maestosa ferocia, oh il povero piccolo Jungkook, Taehyung starà ridendo di te in questo momento.

"No, lui non lo farebbe mai" battevo i pugni sulle orecchie per cercare di spegnere quella vocina che sovrastava le altre.

Come puoi saperlo, piccolo Jungkook?

"Perché lo conosco e non farebbe mai una cosa del genere"

E se invece è con gli altri, mentre bevono e prendono in giro il ragazzino nuovo dicendo che è un pervertito e che ci prova con lui?

Posi la testa fra le gambe e incrociai le dita dietro la nuca. Volevo accartocciare il corpo per poter sparire.

Va da lui e digli cosa ti ha fatto. Rendilo partecipe delle colpe che ha.

Quella voce aveva ragione di una cosa, però: io mi trovavo in quelle condizioni a causa di Taehyung ed era giusto che lui sapesse quanto male mi aveva fatto in quel momento e come negativamente aveva cambiato la mia esistenza tranquilla dal momento in cui avevo incrociato il suo sguardo. Con una certa difficoltà mi alzai dal pavimento, sorreggendomi al materasso con quella nuova consapevolezza utilizzata come benzina che alimentava il fuoco del mio motore furibondo.

Arrancai verso l'armadio tirando fuori dei pantaloni puliti e li indossai senza neanche rendermi conto che non aveva messo nessun altro indumento che si frapponesse fra la pelle e la stoffa ruvida dei jeans.

Non seppi come feci a non cadere dalle scale e a non svegliare i miei genitori ma in una manciata di secondi ero a correre per la strada scura in direzione della casa del castano.

Sarebbe stato bello arrivare senza nessuna interruzione a casa Kim, tuttavia appena percorrevo pochi metri la bile risaliva lo stomaco e mi costringeva a fermarmi a vomitare risentimento e rabbia.

Quando arrivai davanti casa di Taehyung era passato davvero molto tempo, minuti imprecisati, me ne resi conto della maglia completamente zuppa di sudore come il resto del corpo e, sicuramente, da qualche rimasuglio di vomito in faccia. Mi doleva ogni muscolo che teneva in piedi con diversi problemi il corpo e decisi di fermarmi a riprendere fiato. Dentro lo studio/garage la luce era accesa e sapevo che il ragazzo si trovava oltre quelle porte in legno.

Camminai, sorprendendomi di non essere finito faccia a terra, verso la struttura. La porta era socchiusa e riuscivo a sentire distintamente della musica provenire da dentro, una ragazza diceva che non aveva diamanti e perle ma che si sentiva lo stesso fortunata, le mie dita si fecero strada per mostrarmi cosa stesse facendo il colpevole ragazzo. Piagnucolai quando lo trovai davanti a un cavalletto con le mani sporche di diversi colori, una canottiera bianca che metteva in risalto la pelle ambrata e traslucida di sudore, spalle muscolose e la vita stretta ancora dentro ai pantaloni cachi che aveva quel pomeriggio, arrotolati alle caviglie e i piedi nudi che si muovevano a tempo con la tromba che la band dei Les Brown che lo avvolgeva. La cantante continuava a considerarsi fortunata anche se non aveva una villa e uno Yacht, perché aveva il sole di giorno e la luna la notte, mentre in me si intensificava la sensazione che l'immagine di Taehyung in quel momento rubato alla sua intimità, fosse più che un dono.

Era magnifico e lo odiavo proprio perché lo trovavo tale, i capelli saltellavano quando improvvisò un piccolo balletto che nessuno avrebbe dovuto vedere. Mi sentivo sciogliere e la nausea tornare prepotentemente.

Si portò con noncuranza una ciocca di capelli dietro l'orecchio intanto che sorrideva mestamente verso il quadro, compiaciuto di come la sua immaginazione si stava trasformando in un vorticare di colori, linee, e quel semplice e innocuo gesto, mi investì in pieno, sentendo il cuore scoppiarmi nel petto improvvisamente attraversato da un uragano. Lui era quel vento che faceva vacillare il mio equilibrio instabile.

Mossi il legno della porta e la apri, serrandola alle spalle con forza, in modo che il ragazzo si accorgesse finalmente della mia presenza. Sobbalzò e si portò una mano al petto voltandosi verso di me. Chissà come dovevo sembrare ai suoi occhi, perché dall'espressione della faccia notai che era confuso sia dal mio aspetto malandato che dal fatto che a quell'ora fossi da lui.

"Jungkook, cosa ci fai qui?" chiese facendo un passo incerto verso di me, come se fossi un animale da tenere a debita distanza.

"Tu" dissi fra i denti prima di essergli addosso, prima di avere la stoffa della sua canottiera stretta nei pugni, prima del rumore sordo della sua schiena che impattava con il muro rimbombasse nello studio.

"Tu" assottigliai la voce e le palpebre. La bocca impastata dall'alcool sicuramente non aiutava a esprimere la rabbia che sentivo nelle vene e nella pancia.

Arricciò il naso e fece per muoversi ma lo costrinsi a rimanere al suo posto.

"Cazzo, puzzi d'alcol" fece una smorfia e abbassai la testa perché l'espressione risultò fin troppo carina. Ma non ero lì per quelle smancerie, non mi sarei fatto corrompere da qualche vezzeggiativo e da qualche sguardo che lo rendeva ancora più bello senza che lui lo volesse.

"Tu - tornai a tuonare - hai rovinato la mia vita.  Tu - un'altra spinta verso il muro, sentendo il suo respiro mozzarsi - hai rotto qualcosa dentro di me. Dal momento che ti ho visto per la prima volta, il tuo essere ha sradicato ogni mio pensiero normale dalla mente. Tu sei entrato nella mia vita come una cazzo di tempesta lasciando solo un'immensa distruzione. Tu - la voce stava iniziando a incrinarsi per la troppa rabbia -, e solo tu e ancora tu, mi annienti ogni volta che mi perdo nei tuoi occhi, che mi soffermo sul tuo volto. Sei diventato una malattia e io ... io non so più cosa fare" premetti le labbra insieme cercando come potei di ricompormi, di trovare il modo di ammutolire l'alcool e quella dannata voce che continuava a chiedermi sei come Jimin?

"Jungkook" il mio nome lasciò le sue labbra con naturalezza e candore ma non avevo terminato il mio delirante sproloquio.

"Io ... tu occupi la mia mente notte e giorno. Mi compari in sogno, Taehyung, e so ... so che non va bene .. so che non dovrebbe succedere, invece eccoti lì, una presenza fissa, con il tuo dannatissimo sorriso, il tuo dannatissimo sguardo. E io mi sento soffocare e vorrei strapparmi il cuore dal petto perché ... perché non dovresti affollare le mie notti, ma lo fai e io ho questo desiderio che possa succedere la notte dopo e quella dopo ancora e ancora e ancora" sentivo le guance umide per colpa delle lacrime che scendevano e poi le sue mani afferrarono i miei polsi e mi colpì il loro peso e la stretta che avevano su di me.

I miei occhi si soffermarono alle sue dita coperte di tempera, striature di blu oceano, viola pallido e bianco, delle parti erano già seccate mentre quella che aveva sulle punte ancora fresca, tanto che la mia pelle si macchiò, no, mi marcò con la sua arte, con quello che amava. Le sue unghie che penetravano di poco la mia carne.

La sua pelle a differenza della mia era fresca, in totale contrasto con il magma che invadeva il mio corpo. Risalì con gli occhi sulla stoffa che stringevo ancora, su quei laccetti bianchi testi che si appoggiavano sulle clavicole, ossi che sporgevano e che richiamavano il mio sguardo come sirene nell'Odissea, pronte per essere assaporate e leccate. Passai la lingua sulle labbra bramando di avere quella carne sotto la mia bocca oppure sotto i miei denti che affondavano, il collo esponeva i tendini tirati ricoperto di sudore brillando come un faro nella notte cercando le mie pupille scure e l'uccello dentro i pantaloni prese vita stordendomi da quella sensazione. La linea della mascella e i suoi muscoli che si contraevano perché continuava a parlarmi anche se la sua voce arrivava ovattata, come se tenessi la testa sotto uno strato d'acqua. Poi i ciuffi che ricadevano indomiti sulla fronte e le rughe d'espressione, le sopracciglia folte e naturali che si incurvavano enfatizzando il mio nome, e le ciglia, lunghe cornici perfette per i suoi occhi cioccolato dove si abbeveravano i miei, così intensi e scuri, il naso diritto e quella piccola macchiolina che si esponeva sulla punta che fotteva ed elettrizzava i miei pensieri per arrivare alle labbra, alla bocca che muoveva. Labbra umide e gonfie, nervose e febbricitanti, delicate ed eleganti, armoniose e semplici.

Il cazzo che pulsava dentro la stoffa ruvida e la folgorazione che ebbi osservando il volto etereo di Taehyung, la voglia che formicolava su tutta l'epidermide, la mente che si sbriciolava e rarefaceva l'ossigeno nei polmoni, una stretta al cuore e la sabbia nella gola perché faceva male, perché provocava dolore, perché mi faceva sanguinare sapere.

Sei come Jimin?

"Si" ammisi con gli occhi colmi di lacrime a bassa voce ammutolendo il ragazzo che tenevo prigioniero, ignaro dei miei tormenti .

Lui ti piace?

"Oddio" repressi un singhiozzo e il terreno sotto i miei piedi si frantumò sotto il peso di quella consapevolezza.

Chiusi gli occhi, convinto a lasciarmi cadere in quella voragine ma trovai un appiglio, un magnifico appiglio, due labbra immobili che mi tenevano ancorato alla vita, mi tenevano piantato lì in quel garage, lì davanti al ragazzo che mi aveva fatto perdere la ragione. Due labbra tenere e vellutate come la mia fantasia aveva previsto. Mossi di poco le mie perché saliva in me la voglia di divorarle. Il mio primo bacio. Lui doveva essere il mio primo tutto e il cuore batteva così veloce, ed era l'unica cosa che mi faceva capire che ero vivo, vivo come forse non lo ero mai stato.

Aprì gli occhi mentre mi allontanavo con il fiato ridotto a niente e mollai la presa della sua canottiera, osservando minuziosamente il suo volto, la sua espressione incredula e sconvolta, gli zigomi rosa intenso, ma non mi importava in quel momento. I fiumi dell'alcol e la ragione persa stavano prendendo il sopravvento. Alzai una mano e la passai piano sulla pelle del collo non staccando gli occhi da quelle labbra che erano miei di diritto da quel momento fino alla fine dei tempi, e le dita si strinsero di poco nei suoi capelli setosi.

Due palmi mi spinsero via facendomi cadere a terra, facendomi svegliare da quel bellissimo sogno che stavo vivendo e la nausea tornò prepotente come la voce che mi ripeteva cosa hai combinato? cosa hai fatto? no, no, no, no, no, no NO.

"No, Jungkook" il dolore che uscì fuori dalle sue labbra riaprì la voragine sotto i piedi, facendo tornare i terremoti nella mente.

"Io ... Non ...Io .." le parole mi morivano in bocca e non riuscivo ad alzare lo sguardo su di lui. Avevo appena dato il mio primo bacio non solo a un ragazzo, ma lo avevo anche costretto.

"Cosa hai fatto?" a quella domanda scatai con la testa perché dovevo assicurarmi che stesse bene ma si voltò verso il muro con le spalle rigide non permettendomi di vederlo e di rendermi conto di non aver rovinato davvero tutto.

"Taehyung" sospirai.

"Va via, ti prego"

"No, - scossi la testa - io ... scusa ... io ... non so -"

"Va via Jungkook, per favore" e morì sentendo la sua voce così piccola.

Mi alzai con una certa difficoltà e mi diressi alla porta, nel momento in cui afferrai la maniglia mi bloccai ingoiando un groppo in gola grosso come Busan.

"Scusa" e "Buonanotte" le uniche parole prima di ritrovarmi di nuovo a correre nella notte fresca della città Blue, fra quelle strade che stavano diventando familiari, quei portoni, quei negozi, io completamente distrutto, io con la colpa che mi faceva fischiare le orecchie.
Arrivai sotto una finestra completamente avvolta nel buio e, senza pensarci, afferrai un sasso e lo lanciai verso il vetro sperando di svegliare il suo occupante. La luce si accese dopo il quarto tentativo.

Sorah con il volto assonnato e la camicia da notte di un celeste candido, si affacciò dalla finestra.

"Ma chi .. Jungkook? Cosa è successo?"

"Sorah ... Sorah ... Sorah"  Sorah sono distrutto ... Sorah ho combinato un casino ... Sorah l'ho baciato e lo voglio fare ancora e ancoraancoraancora ...

Una coperta mi avvolse le spalle e due piccole mani mi afferrarono e incitavano a camminare.

"Devi fare silenzio o sveglierai i miei"

"Sorah" singhiozzavo malamente.

"Puzzi di alcool e vomito"

"Sorah"

"Attento ai gradini. Se cadi ti lascio dove sei"

"Sorah" altre lacrime mentre dicevo solo il suo nome come se solo quello potesse salvarmi dalla mia completa distruzione.

"Ok, siamo arrivati nella camera degli ospiti. Buttati sul letto" mi sedetti continuando ad affogare.

Delicatamente mi mise a sedere nell'angolo del materasso, mettendosi in ginocchio davanti a me, slacciando le scarpe e togliendole con una certa fretta. La sua nuca vista da quella posizione era piccola e i capelli luccicavano sotto i raggi della luna. Ero corso da lei, da quella persona che mi aveva instillato il feroce dubbio e gli occhi caddero sui miei polsi, strisce blu oceano, viola pallido e bianco, raccontavano cosa avessi fatto a Taehyung e la bile si presentò nell'esofago.

"Sorah, sto per vomitare" scattò in piedi e recuperò un piccolo cestino che si trovava sotto la scrivania buttandomelo praticamente nelle mani. A ogni conato il suo palmo accarezzava la mia schiena e parole grondanti affetto lasciavano la sua bocca.

"Va tutto bene. Ci sono io ora. Va tutto bene."

Era buffo il fatto che ricercassi conforto su tutto quello, dalla ragazza a cui piacevo notando come il destino si divertisse a continuare a prendermi in giro. Era stata proprio lei, quella ragazza minuta che mi stava facendo stendere a letto e che si metteva dietro la mia schiena continuando a cantilenare un va tutto bene, a farmi accorgere di quello che il mio cuore custodiva, lei che si era accorta prima di me come poter dipanare la nebbia di caos che attanagliava il mio cuore facendo solo due semplici domande.

Avevo smesso di piangere da un po', ormai, tornato quasi lucido ma la sua mano non si era ancora fermata dal confortarmi.

"Sorah?"

"Dimmi Jungkook"

Come ero arrivato a ritrovarmi in quella situazione? Due settimane prima le cose erano ben diverse.

"Sorah" dissi con convinzione questa volta.

"Si, Jungkook"

Due settimane prima ridevamo e scherzavamo e le mura della mia vita, della mia esistenza erano ancora intatte, si, forse con qualche crepa che provavo a non vedere, ma pur sempre stabili. Avevo gli amici, avevo la famiglia, avevo Myn, avevo la mia migliore amica Sorah e avevo quel ragazzo coi capelli scompigliati a riempirmi le giornate. Non avevo drammi e consapevolezze, non avevo macerie che mi seppellivano e non avevo baciato Taehyung.

"Credo di essere come Jimin e credo che mi piaccia Taehyung"

Due settimane per crollare.

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