Hedonism, obx

By -souldiesel

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She is like a dream girl. And I think a dream girl should live in a dream world. โœฎobx fanfic More

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capitolo 2
capitolo 3
capitolo 4
capitolo 5
capitolo 6
capitolo 7
capitolo 8
capitolo 9
capitolo 10
capitolo 11
capitolo 12
secondo atto
capitolo 13
capitolo 14

capitolo 1

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By -souldiesel

"questi ragazzi non vedono alcuna possibilità di liberazione nel loro presente, non vedono alcuna prospettiva proficua per il loro futuro e non possono trarre alcuna forza dal loro passato, poiché la fase della fanciullezza, con le sue possibilità di evoluzioni libere, relativamente non manipolabili e di conseguenza stabilizzanti, è largamente ridotta al periodo prescolastico, dopo di che cede il passo ad una vita precocemente orientata in senso produttivo ed ad un modo di consumare passivizzante."


Victoria McClair osservava lo scorrere del tempo sull'orologio dorato che teneva legato alla caviglia sinistra come se lo scandire ritmico della lancetta dei minuti portasse indietro con sé il peggio, di cui sarebbe rimasto solo lo sbiadito ricordo accompagnato dallo sconcerto di aver sofferto per ragioni così futili.

Il cielo era nuvoloso quella mattina di gennaio, ed in casa Cameron faceva più freddo del solito, considerato si fossero rotti i termosifoni proprio il giorno precedente.

Ciononostante, Victoria era riuscita a ritagliare del tempo per passarvi in quel giovedì così pieno.
A fare cosa, qualcuno si chiede?

La ragazza di qualche mese prima non sarebbe stata contenta della risposta.
Perché anche solo a parlare di scappatelle vi avrebbe riso in faccia.
Con Rafe Cameron per di più? Il colmo del colmo.

Ed invece era proprio così.
Ormai erano pochi i giorni in cui i due non si vedevano, che fosse per gli spinelli che lui offriva a lei, o per togliersi i vestiti.

Si prendevano quei dieci minuti per scappare dalla realtà che ad entrambi appariva troppo amara e ripugnante.

Erano simili sotto molti punti di vista in effetti; la morte della madre ed il fallimento di fronte a qualsiasi sfida la vita gli ponesse davanti.

Victoria era intenta a riallacciarsi il body amaranto quando sentirono bussare alla porta della stanza dalle pareti bianco ghiaccio.

"Rafe tra due minuti è pronta la colazione, e Vic so che sei sotto il letto vi si sentiva dal piano di sotto." disse una ragazza bionda appoggiata allo stipite della porta.

Sarah Cameron.

Il tipo di ragazza che porta da mangiare ai senzatetto nei giorni di pioggia.
Era lei la vera principessa kook, colei che si presentava a tutte le occasioni formali ben vestita e senza mai avere un ciuffo di capelli fuori posto.

Ma si sa, che anche chi vive nel quartiere migliore ed a diciassette anni ha già la strada spianata per il proprio futuro, per sopravvivere ha bisogno di abitudini segrete.

Comunque, all'esterno Victoria poteva essere definita come il suo esatto opposto.

Fin da piccola veniva vista dagli adulti come la figlia di gente perbene ma cresciuta troppo sbarazzina.

Nessuno aveva mai preso sul serio i suoi problemi psicologici eccetto suo fratello, che non aveva idea di come gestirli.

Crescendo, la trascuratezza di questi disagi si era trasformata in una vera e propria spirale fatta di depressione e perfezionismo eccessivo, che sapeva l'avrebbero portata ad autodistruggersi all'arrivo del prossimo portone chiusole in faccia.

Sarah richiuse la porta dietro di sé senza aspettare risposta dai due, e Victoria si ributtò sul letto.

L'ultima cosa che avrebbe voluto fare era alzarsi e tornare nel mondo reale.
Era da un po' che la prospettiva di una giornata intera passata a portare finti sorrisi per nascondere il viso stanco non le sembrava accattivante.

Da quando sua madre Josephine era morta le cose erano colate a picco.

La famiglia McClair si era distrutta in piccoli pezzi a partire da quel fatidico giorno di novembre.
Da un giorno all'altro la colonna portante della famiglia non c'era più.

E quanto Victoria avesse sofferto è inspiegabile.
Il dolore della perdita di una madre, in generale, non si può spiegare, ma il legame che le due avevano era speciale, diverso.

Erano la famiglia perfetta.
Un padre a capo di un'importante azienda, una moglie giovane che bada alla casa e si mostra sempre perfetta agli eventi sociali, e tre figli meravigliosi già orientati verso il mondo del successo.

Atlas McClair era in particolare la punta di diamante.
Il figlio di mezzo che grazie alle sue doti avrebbe ereditato tutto quanto ed avrebbe saputo portare avanti la società con le sue mani.
Ed al suo fianco, ovviamente, ci sarebbe stata Naomi, la perfetta figlia maggiore, bionda e pura come un angelo che umilmente nasconde le sue ali per far risaltare i due fratelli.

E poi c'era lei, Victoria.
Prima ballerina di un'accademia di fama internazionale, pronta a spiccare il volo dopo la prossima audizione con destinazione Parigi.

Tutto venne distrutto con una singola chiamata da parte dell'ospedale dell'isola di Kildare.

Al cigno si spezzarono le ali, ed è così che diventò come tutti ormai la conoscevano.

La tempesta di una nuova realtà la colpì all'improvviso.
Una realtà completamente diversa da quella a cui era abituata, che quindi passò da essere uno spot pubblicitario fatto dalla classica benestante famiglia americana ad uno di prevenzione contro il suicidio.

Oh si, perché sua madre si era apparentemente suicidata.
Proprio colei che portava allegria ovunque andasse, aveva deciso di buttarsi dallo strapiombo alle dieci di mattina senza lasciare una lettera o qualsiasi messaggio alla tanta amata famiglia.

Victoria non riusciva a darsi pace.
Per settimane aveva fatto nottata cercando di capire chi avesse potuto spingere la sua dolce mamma su una scogliera e che motivo avrebbe potuto avere.

Fino a quando, una mattina di dicembre, trovò decine di barattoli vuoti di psicofarmaci all'interno di un buco nell'armadio di Josephine, insieme a scarabocchi neri su fogli stropicciati.

Fu così che sia lei, sia il resto della sua famiglia si mise il cuore in pace, facendo sempre attenzione a non far trapelare la notizia della profonda depressione in cui la donna era caduta prima di compiere l'estremo gesto.

Aprì gli occhi e guardò il ragazzo accanto a sé.
Si erano accordati di non mettere in mezzo sentimenti, o meglio, queste condizioni erano state stabilite perché Victoria le aveva imposte, senza accorgersi che a lungo andare ciò che lui provava stava diventando qualcosa di più.

Rafe Cameron si sarebbe presto invaghito di quegli occhi blu e suoi vuoti che avrebbe voluto saper colmare.

L'aria all'esterno della villa era pungente, la brezza marina che le colpiva il viso era gelida, una sciarpa le avrebbe fatto piacere in quel momento, pensava mentre attraversava il vialetto costeggiato da narcisi giallognoli.

Mentre ci rifletteva si stava raccogliendo i capelli in uno chignon tirato fino a darle il mal di testa, tenendo in bocca un paio di forcine che allargava con i denti.
Dopo tutti quegli anni ormai era abituata a farlo ad occhi chiusi.

La danza era contemporaneamente il motivo per cui continuava a sopravvivere e ciò che la stava portando a lesionarsi internamente fino allo stremo delle forze.

Ma da quando Parigi l'aveva rifiutata, le sembrava che tutto fosse crollato in pezzi.

L'audizione era capitata nel momento peggiore della sua vita.
Due settimane dopo l'improvvisa morte della madre, nel momento in cui si inizia ad elaborare il lutto e ci si trova a fare i conti con il dolore asfissiante.

Tutti gli sforzi immani che aveva fatto nei giorni precedenti all'audizione non erano bastati, buttati via insieme all'occasione che capita una volta nella vita.

Oh, i giorni successivi erano stati l'inferno.
Era rimasta una settimana chiusa all'interno della sua stanza a rimuginare sui propri fallimenti e cercare di trovare un motivo per andare avanti.

Dopo quella settimana era iniziata la sua discesa verso i veri inferi.
Fumo, Alcool e Piroette erano le uniche cose presenti nella sua vita, ed il calare del sole era l'unico evento che le consentiva di scandire il passare dei giorni.

Ed i due fratelli erano tremendamente preoccupati per la salute mentale e fisica della sorellina, ma erano entrambi consapevoli che se si impuntava su qualcosa nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare direzione.

Comunque, c'era stato un evento che sembrava aver aperto uno spiraglio di luce in quel tunnel che si stava facendo sempre più scuro.

Un'altra audizione.
Stavolta per un unico spettacolo, ma stavolta sarebbe stata perfetta.

La perfezione o nient'altro.
Non esistevano mezze misure nel mondo di Victoria.

Il suo mondo così perfetto e complicato non ammetteva sbagli, così le era stato insegnato da suo padre.

Non che avesse dato mai ascolto a qualcosa che l'uomo dicesse, ma inevitabilmente la mente dei bambini viene plasmata quando un insegnamento viene ripetuto più volte da una figura autoritaria, fino a rimanere impressa come mantra di vita.

Nick McClair non era perfetto.
O meglio, lo era stato, per un periodo della sua vita.

Quando i figli erano troppo piccoli per capire che quella spensieratezza non sarebbe durata per sempre.

Nessuno dei tre avrebbe mai dimenticato i pomeriggi passati a salire sugli alberi e seguire le formiche per il giardino nella casa delle vacanze.
Ma non avrebbero mai dimenticato neanche il momento in cui avevano realizzato che non avrebbero più aiutato le tartarughe a raggiungere il mare.

Dopo il giorno in cui Victoria aveva trovato il padre con un'altra donna in camera da letto, il suo mondo si era capovolto.
Lì erano iniziati i ricatti da parte sua, i regali costosi un occhio della testa, la colazione a letto, in modo tale da convincere una ragazzina di dodici anni a non rivelare a sua madre il pezzo di merda che aveva sposato.

La ragazza visse un periodo di dissidio interiore, sapendo che qualsiasi cosa avesse fatto, avrebbe deluso una delle figure più importanti della sua vita.
Così mantenne il segreto.

Oh, Dio solo sa le notti passate a piangere dopo aver visto il padre accompagnare a casa le nuove segretarie e tornare con la cravatta sgualcita.

A Nick iniziarono ad interessare più la collezione di ventenni a cui aveva sfilato vestiti troppo corti rispetto al benessere della propria famiglia.

E Victoria odiava l'egoismo e l'egocentrismo che li accomunava.
Avrebbe voluto diventare l'opposto di suo padre ma ci si stava lentamente avvicinando.

Ma Josephine non sembrava essersi mai accorta di tutto ciò che il marito faceva fuori casa.
O meglio, non lo aveva mai mostrato.

Nessuno dei due fratelli più grandi aveva avuto un'adolescenza rose e fiori.
Ed adesso la più piccola lo stava affrontando con un colpo basso in più.

Victoria non aveva reali freni, e ciò le permetteva di vivere impulsivamente facendo tutto ciò che considerava più giusto per sé stessa.

Anche nella sala principale si gelava, quel martedì mattina.
Cindy Lewis era già alla sbarra, e non appena la porta si aprì si precipitò a squadrare la bionda con aria di superiorità.

Era difficile dire chi delle due fosse più ossessionata con il proprio aspetto e le proprie capacità.
Di conseguenza, logicamente, si odiavano.

Il portone si aprì di nuovo, annunciando l'imponente figura della direttrice artistica Adèle Roussel.

"Si gela qui dentro- disse quest'ultima, stringendosi nel coprispalle che indossava- Comunque, ho una sorpresa per voi stamattina."

Mormorii iniziarono a diffondersi tra le ballerine.

E la porta si aprì per una terza ed ultima volta.

Una figura coperta da una giacca nera decisamente troppo grande per il corpo minuto attorno a cui era avvolta varcò la soglia, e camminando a testa bassa raggiunse la donna.

Sotto lo sguardo di tutte, si abbassò il cappuccio, rivelando un volto di una bellezza che suscitò grande stupore.
Nonostante fosse evidente quanto si sentisse a disagio, accennò un sorriso.

"Abbiamo il principe! Da adesso, vi consiglio di impegnarvi come mai prima d'ora perché, come sapete, questa opportunità potrebbe essere la vostra occasione per decollare. Ed ora alle sbarre!" tuonò Roussel, cercando di mascherare la propria autorità dietro un tono che tutto sembrava tranne che premuroso.

Victoria sentiva di essere destinata ad ottenere il ruolo del cigno.
Sentiva il personaggio di Odette come unicamente suo, ed avrebbe fatto di tutto per ottenerlo.

L'allenamento andò come al solito.
Nessun crollo mentale per un passo sbagliato.
Qualche risolino qua e là per la figura misteriosa, che grazie alla curiosità di Cindy si scoprì essere un francese di diciotto anni con due occhiaie evidenti.


Sciogliersi i capelli, indossare un maglione e rimettere i jeans, dentro uno spogliatoio troppo freddo, così come le occhiate che venivano lanciate alla più magra, più brava o più alta.

Le due ore di matematica successive passarono troppo lente per i suoi gusti, tanto che passò la metà del tempo a guardare gli uccellini svolazzare tra i rami degli alberi fuori la finestra.

Si domandava se sentissero il freddo e gli avrebbe fatto piacere essere ospitati all'interno della classe riscaldata dai termosifoni.


Tornata a casa, Victoria si buttò sul letto masticando una mela e chiedendosi per quanto ancora sarebbe riuscita a rimanere dentro quel loop fatto di giorni uguali e sguardi disattenti.

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