CRUEL

By sanguinofavole

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Arya Donovan è cresciuta con i fratelli Mackenzie. Loro le hanno insegnato a stare nel mondo, a camminare a t... More

info (+ Cast AI)
𝐂𝐚𝐬𝐭
01-I'm paralyzed
02-with your feet on the air and your head on the ground
03- Good girls go to heaven, bad girls go everywhere
04-we're building this up... to burn it down
05- The hottest guy I've ever hated
06-Love the way you hate me
07- Just another pit stop
08-I'm lost and it kills me inside
09- Bad boy, Good lips
10-The girl with the broken smile
11-You can take my flesh if you want girl
12- I'll never let anything bad happen to you again
13- I'll be fine without you
15- Can't be your Superman (I)
16-Can't be your Superman (II)
17- Stop crying your heart out
18-Hell is empty...
19-...'Cause all Demons are at this party!
20-Loving you is a losing game
21- Half a Man
22-Look after you
23- darling, I fall to pieces
24- Something 'bout you makes me feel...
25- Like a Dangerous Woman
26-Fire on Fire
27- running from the daylight
28-But now the day bleeds into nighfalls
29-Dear Lord
30-When I get to Heaven
31-Please, let me bring my man
32-Burn for you
33- I choose you, to fill the void.
34. I'm about to take you back to church
35. I said I didn't feel nothing
36. There's another side that you don't know
37. I can hear the sound of breaking down...
38. You found me, lost and insecure
39.✨A Christmas Trouble✨
40. I'm never gonna dance again, the way I danced with you
41.1 Bucky Barnes
41.2 End of Beginning
42. Too sweet for me.
𝓒𝓪𝓻𝓽𝓪𝓬𝓮𝓸❤️
RIMOZIONE CAPITOLI

14- Crudelia De Mon

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By sanguinofavole


🍌
Capitolo Quattordici

Ore 6.50 AM
8 ore prima della COLLISIONE
Ryan

Sono sveglio da due giorni, oppure di più: mi sento così stanco che ho perso la cognizione del tempo.

Cammino per la strada lunga e deserta, come un sopravvissuto di guerra.

Ho passato tutta la notte fuori, a rifugiarmi in un posto sicuro.

La nostra casetta sull'albero.

Travi di legno, ramoscelli spezzati e teloni assemblati insieme con dei chiodi sopra una quercia secolare.

Solo per lei.

Non ci andavo da anni, ma la nostra casetta sull'albero è rimasta quella di sempre, con le cianfrusaglie di Arya sopra le assi scheggiate del pavimento, avvolta dalla sinuosa chioma degli alberi...

E ho ritrovato la mia dedica incisa nel legno per lei, risalente al giorno in cui ho finito di costruirla:

Ti giuro che un giorno ti comprerò una casa immensa, per ora spero che questa ci basti, per iniziare. Ti voglio bene, piccola combinaguai.

E poi ce n'era un'altra, intagliata da me dopo qualche mese.

Arya + Ryan = per sempre 

Un'altra ancora, il giorno dopo che lei rischiò la vita per colpa di mio fratello.

Scusami.

A rileggerlo, mi è venuta una fitta alla pancia.

Questa notte, mentre disegnavo con una torcia incastrata tra labbra per illuminare il foglio di carta,

mentre disegnavo Arya...

Mentre tratteggiavo con la matita il suo viso dolce, la sua espressione testarda e incantevole, le labbra schiuse come per accogliere un bacio...

Ho passato il dito tra quelle labbra come se fossero fatte di carne, come se avessi potuto sfiorarle di nuovo...

E mi sono sentito male.

Mentre disegnavo Arya, ho pensato alla frase che continuava a ripetermi durante la nostra ultima notte, quando la tenevo in braccio su di me, stretta contro il mio petto, come se fossi stato in grado di proteggerla dal mondo intero.

«Resta con me.»

La sua voce, dolce e dirompente come il vento ce l'ho incastrata nella testa e non se ne va più via.

Resta con me.

Una richiesta che avrei voluto soddisfare.

Ci sono rimasto sveglio notti intere, pensando a questa frase.

Ho preso un coltello e ho inciso quella scritta nel legno.

Resta con me.

In questo momento, più che in qualsiasi altro, Arya, ho bisogno di un ricordo come il tuo per sentirmi ancora umano, per non sentirmi completamente un mostro e un assassino.

Dopo quella notte sulla 59°esima strada, in cui sono stato costretto a uccidere Victor e Alfred Lombardo, ho vomitato per giorni interi, ininterrottamente.

Era come un bisogno fisiologico, come se avessi dovuto espellere anche la mia stessa anima dal corpo.  

Da quella notte, non mi guardo più allo specchio e ogni volta che penso a me stesso sto male.

Ho bisogno che qualcuno mi salvi, anche se non credo che esista un tipo di redenzione per quelli come me. 

Avevo promesso a dio che avrei protetto mio fratello.

Ma quanto mi sta costando?

Bambina dagli occhi azzurri come il cielo, ragazzina che con la sua forza d'animo entrò a far parte dei Dead Rabbitssoltanto credendo in sé stessa, donna che non smette mai di lottare come una leonessa per le cose che ama...

Questa volta, sono io che lo chiedo a te.

Resta con me.

Non te ne andare... Rimani con me, per sempre con me, per sempre vicina al cuore.

Non lasciarmi solo.

🐇

Mi trascino per la strada, pesante, con il quaderno da disegno sottobraccio.

Il cielo è striato di rosa, segno inconfutabile che il mattino sta sorgendo.

Mi faccio strada tra i villini messi in fila a uno a uno tutti uguali, con i muri sudici e le finestre dagli infissi bianchi incrostate di sporco.

La porta di casa nostra, la porta di casa dei Mackenzie, spicca tra tutte le altre: è nera, lucente e riverniciata da poco, dal pomello in ottone splendente.

Da quest'immagine di perfezione, non si direbbe che il portico sul retro, invece, sia decadente, e che varcando la soglia, all'interno della casa ci si ritrovi a fiutare umidità e polvere.

Mai giudicare qualcosa soltanto dalla sua facciata, perché la facciata può sembrare impeccabile, ma dentro può essere tutto abbandonato.

Mi stropiccio gli occhi e cerco le chiavi di casa all'interno della tasca dei miei jeans. Sono sui gradini, quando una voce tossicchia alle mie spalle.

Mi giro di scatto e, con un po' di sorpresa, noto che l'ispettore Sullivan mi sta fissando.

È in borghese, senza il suo distintivo scintillante sul petto, ciò significa che è venuto qui per fare una delle sue solite visite di cortesia. 

«Buongiorno.», dico con voce arrochita dal sonno.

L'ispettore Sullivan è un ometto basso e tarchiato, con gli occhi piccoli e la mascella quadrata: nonostante l'espressione di tolleranza che mi sta riservando, sembra un pitbull.

«Buongiorno, Ryan, ti sei svegliato presto, oppure stai andando a dormire tardi?», si informa.

«Oh», stendo un sorriso accomodante, estraggo dalla tasca della mia giacca il telefonino e controllo lo schermo.

«Sono quasi le sette del mattino, ormai chi dorme più.», dico.

«Ascolta Ryan, devo parlarti.»

Sembra serio: fin troppo.

Contraggo la mascella.

A fissarlo in volto, provo un tetro presagio.

L'ispettore Sullivan e io ci conosciamo da molti anni.

Fu il primo poliziotto a provare ad arrestare me e Killian, quando eravamo ancora dei ragazzini e una volta, io avevo 12 anni e Killian 14, rubammo un'auto.
Ma, poi ci liberò e ci fece un discorsetto paternalistico.

Alla fine, ci fece promettere che non avremmo più combinato casini.

Ed eccoci qua... direi che la promessa non è andata a buon fine.

Tuttavia, da quel giorno, è come se lui avesse a cuore me e i miei fratelli, e quando può cerca di aiutarci; infatti, quando qualcuno di noi sta per finire nei casi, l'ispettore Sullivan viene a farci visita, una visita come quella di oggi.

Di solito, non è niente di irrimediabile.

Killian che ha commesso qualche rapina, Tyler che si è ritrovato in qualche giro di spaccio.

E quest'estate, in cui hanno trovato un'officina in fiamme e qualcuno ha avvistato una moto nera aggirarsi nei dintorni...

Solo che stavolta ho paura che l'ispettore sia qui per via della morte dei Lombardo...

In quel caso, è qui per mettermi le manette.

«Che è successo, Gary?», chiedo sbattendo le palpebre, mantenendo il mio album da disegno stretto sulla coscia. «Vuoi entrare a prenderti un caffè?»

«Grazie Ryan, ma no», dice categorico, «Ho bisogno di parlarti di una questione urgentemente...»

Cazzo.

Il mio cuore accelera, ma cerco di non darlo a vedere.

È di sicuro qui per la morte dei fratelli Lombardo.

Qualche giorno fa mi disse che quelli della polizia non erano riusciti a trovare i colpevoli... Che la polizia stava facendo il possibile per trovarli, ma che gli indizi portavano a vicoli ciechi...

E se con le indagini fossero risaliti a me?

Se avessero capito che sono stato io a ucciderli, quella notte sulla 59°esima strada?

Gary Sullivan è venuto fin qui per arrestarmi?

Ma no, altrimenti insieme a lui ci dovrebbero essere chissà quante pattuglie...

O forse, non mi reputa abbastanza pericoloso e quindi pensa di potermi arrestare da solo.

«Ti ascolto», dico cercando di non far trapelare emozioni, ma dentro sto boccheggiando, «Dimmi tutto, Gary.»

Storce la bocca. «Brutte notizie.»

Okay. Sono ufficialmente fottuto.

Deglutisco, ma scopro di non avere più saliva.

«Brutte notizie?», ripeto e mi manca la voce, mi sento soffocare.

«Sì, brutte notizie, Ryan.», scuote il capo, «Accidenti...»

Non mi muovo, nemmeno respiro.

«Ryan, questa volta non ho potuto fare niente per te...», si passa una mano tra i capelli, che sono molto più grigi di quanto me li ricordassi.

Devo cercare un alibi.

Devo cercare un cazzo di alibi, oppure questo mi sbatte dentro.

Sospira amareggiato.

«Ti ricordi di quella storia del camion?», dice.

«Il camion?», chiedo confuso.

«Sì, il camion. Ti ricordi quando ti dissi che i miei colleghi avevano visto i tuoi fratelli rubare un camioncino dei gelati?»

Porco giuda. L'ho appena scampata.

All'improvviso, capisco di quale camion sta parlando: quello con cui poi abbiamo partecipato alla gara d'auto clandestine di MidTown.

«A quel tempo, convinsi i mei colleghi a soprassedere sulla questione.», continua Gary, «D'altronde non erano certi che a rubarlo fossero proprio di loro, i fratelli voglio dire... Ma Ryan? Ti ricordi quando ti dissi che avevano anche picchiato un tale di nome Paul Campbell e che quel tale era finito all'ospedale, con una specie di coma?»

«Sì, mi ricordo.», dico.

«Be'... Paul Campbell si è ripreso dal coma, o quel che era.. è tornato a casa e ha intenzione di testimoniare.»

«Cioè, mi stai dicendo che quell'idiota vuole denunciare i miei fratelli?», chiedo accigliato.

Sospira pesantemente.

«Paul Campbell si ricorda di un tizio biondo, molto alto, e senza un braccio che voleva sbudellarlo.

Sì, vuole denunciare Killian.»

«Solo Killian?»

«Sull'altra persona che era con lui non si ricorda molto, non riesce a fornire descrizioni dettagliate, se non che si tratta di uno con lo sguardo terrificante, ma come potrai ben capire sono informazioni non abbastanza incriminanti per la polizia...

Ryan, penso che Paul Campbell sia irremovibile.

Testimonierà contro tuo fratello.»

«C'è qualcosa che posso fare?»

«Temo di no.»

Era meglio se fosse venuto per arrestarmi, forse.

«Cazzo

«Mi dispiace.»

«Grazie, Gary... Grazie davvero per il tuo aiuto.»

L'ispettore Sullivan osserva i gradini consunti di pietra, davanti alla porta di casa mia con espressione desolata.

«Non ringraziarmi, sai che farei di tutto per aiutare te e i tuoi fratelli, però Ryan, questa volta Killian è davvero nei casini... E se posso darti un consiglio da padre...»

Poggia una mano sulla mia spalla e mi guarda dritto negli occhi.

«Lascia perdere, pensa a te.», dice.

Abbassa gli occhi sul mio quaderno da disegno. «Non puoi spendere il resto della tua vita a impedire ai tuoi fratelli la galera.»

La porta di casa si apre con un cigolo, e mia madre emerge dall'oscurità dell'ingresso, in vestaglia e con un mollettone a tenerle su i capelli lisci e castani.

Mi rivolge un'occhiata frettolosa di muta preoccupazione e poi si sofferma sull'ispettore Sullivan.

«Ciao Gary!», esclama, «Che ci fai qui fuori? Entra immediatamente, ti preparo un caffè.»

«No, non preoccuparti, Helen, vado di fretta.», alza un palmo in segno di saluto e mi guarda per l'ultima volta prima di andarsene.

«Cerca di fare il meglio per te, Ryan», sussurra.

Faccio un cenno d'assenso con il capo e poi avanzo verso i gradini a testa bassa.

Mia madre mi guarda come se avessi l'aria di uno che sta patendo le pene dell'inferno: non posso darle torto, anche se cerco di dissimulare il mio dolore, per quanto mi è possibile.

Entro in casa, percorro il corridoio sotto lo sguardo investigativo di mia madre, che cerco di ignorare nonostante l'insistenza.

Arrivo in cucina.

Mia madre mi sfila alle spalle.

Quando è arrabbiata con noi figli preferisce rimanere zitta e farcela pagare con un atteggiamento passivo aggressivo.

Sempre meglio che essere costretti a darle spiegazioni. 

Tyler e Clayton sono seduti a tavola e bisticciano, stanno dicendo qualcosa a proposito dell'uscita di un videogame sugli alieni, e mangiano i cereali con il latte.

«Clayton», dico, «Vieni con me un secondo.»

«Sto mangiando, Ryan», dice cupo.

«Non mi interessa, devo parlarti. O hai paura che ti si fredda la colazione?»

Clayton emette un verso di fastidio.

«No, non mi si fredderà, però...Mi si ammosceranno tutti sti cereali», replica stizzito e si alza in piedi, si stiracchia leggermente, fa uno sbadiglio e mi raggiunge ai piedi delle scale.

Ci appartiamo, per sfuggire definitivamente al campo visivo di nostra madre.

Cerco di mantenere il tono di voce più basso possibile. «Lo sapevi che Paul Campbell è uscito dal coma?»

«Ah...Era finito in coma?»

Non riesco a interpretare il nero dei suoi occhi: non saprei dire se la sua è ironia o finta sorpresa.

«Clay, non è uno scherzo», sfrego i denti sommessamente, «Quel tizio si è risvegliato dal suo sonno e vuole testimoniare contro di voi.

Se non facciamo qualcosa, Killian rischia di finire dentro, dato che Paul si ricorda perfettamente di un biondo senza un braccio che voleva ammazzarlo!»

Sbuffa e si scompiglia i capelli. «Cazzo

Ah, ora ha capito.

«Devi fare qualcosa», gli ordino.

Solleva le sopracciglia. «Io

«Sì, proprio tu.

Io non posso, ho altre cose a cui pensare.

Tyler è già stato picchiato.

Killian è meglio se non ne sa niente di tutta questa storia, altrimenti farà più danni che altro.

Clay, tocca a te...posso fidarmi di te?»

«Farò stare zitto quel bastardo.», replica asciutto.

«Fantastico...», commento.

«Ah, vuoi sapere una novità?», dice Clay, «Ti ricordi di Nicholas e Tony Lombardo, i figli di Alfred? A quanto pare non hanno preso di buon grado la morte del padre...»

Posso immaginarlo.

Li conosco da quando sono ragazzino, e non hanno mai avuto reazioni tenere.

«Cosa vuoi dire? Cosa vogliono?», chiedo anche se in cuor mio già lo so.

Clay respira forte. «Sapere se qualcuno ha visto qualcosa, quella sera, stanno facendo il giro del quartiere, non si danno pace, stanno cercando delle risposte a tutti i costi, vogliono vendicarsi Ryan...»

«Sono risaliti a noi?», chiedo con poca partecipazione.

Adesso ho davvero altri problemi...

«No, no, per fortuna non ancora. Però non si fermeranno.», dice.

Lo so che non si fermeranno.

Sono cocciuti come dei muli, quei due.

«Questo è un problema che al momento non ci riguarda», dico, «Dobbiamo risolvere alla svelta quella faccenda di Paul Campbell. Chiaro?»

«Chiaro. Ma, Ryan...»

«Nessun "ma" Clayton.»

«Cazzo, Ryan, vuoi ascoltarmi sì o no?», dice gravemente, «Ti ho detto che quei due, pur di vendicare il padre, stanno facendo il giro del quartiere, stanno passando di locale in locale, con ascia, martelli e forbici. Ah, le forbici non gli servono per sfoltire tagli di capelli...Ti ricordi Geoffrey, quello della tabaccheria? Gli hanno falciato una gamba... E a quello della salumeria hanno mozzato un dito... Ryan chi non parla sta facendo una brutta fine...», gli occhi di mio fratello brillano come le stelle a notte fonda, «So che è l'ultima cosa che vorresti sentirti dire in questo momento, ma...»

Lascia cadere il discorso, in attesa che io possa raccoglierlo.

Una fitta atroce mi colpisce lo sterno, e ritorno a sentirmi fragile e umano, solo per un istante.

«Arya.», sussurro. «Potrebbe essere...»

Clayton mi studia. «In pericolo.»

💀🐇

Ore 12.00
3 ore prima della COLLISIONE
Bea

Oggi, io, Cassie e Arya siamo uscite prima da scuola, perché mancava il professor Jefferson, quello di letteratura.

E direi per fortuna.

Non mi andava di provare di nuovo le parti di Romeo e Giulietta.

L'ultima volta che ho recitato nell'auditorium, ovvero ieri, davanti a una moltitudine di studenti, è stato imbarazzante.

In pratica, ieri all'ora di pranzo, ero sul palco a recitare, affianco a Lucas, e proprio durante la mia battuta le luci si sono affievolite e le uniche sono state puntate nella mia direzione.

«Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo

La mia voce ha risuonato per tutto l'auditorium e mentre parlavo mi sentivo legnosa.

Lucas è stato molto carino nei miei confronti.

Si è avvicinato, mi ha preso la mano.

Per un po', mi sono tranquillizzata.

Seth, un nostro compagno di corso, doveva recitare la battuta successiva, e c'è stato un momento di panico, perché non se la ricordava.

Come se ciò non bastasse, ho incrociato lo sguardo di Mackenzie, seduto tra il pubblico, che mi fissava senza sosta, mordicchiandosi il labbro inferiore in un tentativo disperato di non scoppiare a ridere.

Era seduto accanto a Meredith, la quale gli accarezzava gli avambracci scoperti.

Ogni tanto abbassava lo sguardo furtivo su di me, e sulla felpa che avevo indosso: la sua felpa.

Sì, alla fine, avevo ceduto.

Avevo messo la sua felpa, la quale a contatto con la mia pelle era come se emanasse un curioso tepore... il tepore che sembrerebbe tipico di Tyler.

Una strana sensazione.

Seth mi stava guardando. «Ti sei distratta, Giulietta?»

No, cazzo mi sono distratta perché tu sei un cazzo di demente che non si ricorda che deve dire e poi...

Quella domanda non faceva parte del copione.

Anche se avevo distolto lo sguardo, a questo punto immaginavo benissimo la faccia ancor più divertita di Mackenzie.

«Nessuna distrazione ehm...», ho detto, «Continui pure, Frate Lorenzo...», ho borbottato.

Seth ha dato una sbirciatina svelta al foglio, contenente le battute.

Il professore ha incrociato le braccia, infastidito da quell'interruzione di scena.

Seth si è schiarito la gola.

«Sì, eccoci qua... Muoiono nel loro trionfo, Giulietta, come la polvere da sparo e il fuoco che si consumano al primo bacio.

Il miele più dolce diventa insopportabile per la sua eccessiva dolcezza: assaggiato una volta, ne passa per sempre la voglia.

Amatevi dunque moderatamente con il vostro Romeo, così dura l'amore.»

Lucas mi osservava, poi si è avvicinato al mio viso e mi ha posato un bacio sulla guancia.

Ho voltato la testa per l'ultima volta in direzione di Mackenzie e non sorrideva più.

Dopo le prove, sono corsa verso l'uscita come una furia.

Credo che Lucas ci sia rimasto male, ma non era niente di personale nei suoi confronti, volevo soltanto sfuggire a Mackenzie.

Stamattina, per sbaglio ci siamo incontrati al cambio della prima ora.

O meglio, scontrati al cambio della prima ora.

Lui se ne stava gironzolando per i corridoi.

Io stavo sistemando di fretta i quaderni dentro lo zaino e non l'ho visto, è sbucato all'improvviso.

Ci siamo ritrovati a pochi centimetri di distanza, senza volerlo, e per un tempo infinito siamo rimasti in silenzio a guardarci.

Ero così vicina da riuscire a contargli i nei sul suo collo...

Lui ha deglutito varie volte, l'ho notato dal suo pomo d'adamo che oscillava lungo il suo collo bianco.

Ha sollevato un angolo della bocca e... con un tono denso, ricco e scuro come cioccolato, ha detto:

«Bella felpa, Evans

Ho inspirato.

"Bella felpa, Evans"

Tutto qui?

«Me l'ha prestata uno sfigato.», gli ho detto.

Ha sorriso di nuovo, si è sistemato la cartella, appesa a una spalla soltanto, e se n'è andato.

🐇🦋

Adesso, io Cassie e Arya stiamo entrando nel bar dei Donovan e noto che c'è molta più clientela del solito.

Frank Donovan è alla cassa, e ci saluta con un sorriso indaffarato.

Arya prende dei tramezzini confezionati, al prosciutto, e delle lattine di birra dal frigo e ce li offre.

Si infila il grembiule e si lava le mani.

«Grazie per il cibo, mon petit», le dico mettendomi seduta al bancone accanto a Cassie, «Stavo morendo di fame, a casa mia ultimamente ci sono solo scatole di fagioli... Ma parliamo di cose serie... Oggi è tutto il giorno che ti vedo pensierosa... Che è successo? Non dirmi che hai ancora il dente avvelenato per quel deficiente di Kevin, per favore... Dopotutto, troia non l'ha detto mica a te.»

«Aftenta, Bea», dice Cassie con la bocca piena, «Noffi chiama più Kefin, ma Pirla col Caffo Moffio...»

La guardo con faccia schifata.

«Cassie, prima di parlare manda giù il boccone, che non ho capito un cazzo di quello che hai detto.»

«Si chiama Pirla col Cazzo Moscio, adesso.», dice Arya.

«Ma chi, Kevin?», chiedo senza capire.

«Nooo! Devi chiamaflo Pirla col Caffo Moffio!», strilla Cassie e qualcuno si gira a guardarci. «Fennò Tyfer si incaffa.»

«Chi è il vostro spacciatore?», chiedo e guardo prima una e poi l'altra, e con mia stessa sorpresa Arya fa una faccia ambigua.

Ma che... si droga veramente?

«Tyler l'ha ribattezzato», spiega Arya, «A scuola il nome Kevin è bandito. Ma comunque, no, non sono in pensiero per questo... In realtà, pensavo a Wellington.»

«Ah, matrimonio all'orizzonte?», chiedo. «Dimmi di no, ti prego, sono troppo povera al momento per farti un regalo di nozze.»

Lei si mette a riscaldare dei toast e io apro la lattina di birra. 

«Comunque, ragazze...

C'è una cosa che mi chiedo da un po' di tempo e volevo un vostro parere...

Non credete anche voi che per me sia arrivato il momento di perdere la verginità?», ci domanda Arya.

Per fortuna, non ho ancora dato la prima sorsata, altrimenti gliel'avrei sputata sul grembiule.

«Mon Petit. Perdere la verginità non è come imbucare un pacchetto postale. La rottura dell'imene è un passo importante.», dico.

«Sono d'accordo.», dice Cassie, che ha finito di masticare. «Ma se io avessi un ragazzo, francamente, ci scoperei.»

La guardo male.

«Lui ti fa pressione?», chiedo ad Arya addentando il tramezzino, e mi sporco il labbro di maionese.

«Wellington, intendo, ti fa pressione per avere dei rapporti?», dico sgrullandomi le dita sporche sul piatto.

«No, no», dice lei, «Lui è molto rispettoso. Diciamo che il desiderio parte più che altro da me... Se proprio devo essere sincera... Vivo un po' la verginità come un peso. Mi sembra di perdermi qualcosa in questo rapporto senza fare sesso, capite? Cioè, tutti dicono che fare sesso sia sensazionale e robe così, ma...»

«Fidati, non è sensazionale.», dico.

Entrambe mi guardano perplesse.

«Che ne sai?», dice Cassie, «Tu sei vergine.»

Sì, vergine come la Madonna.

«Supposizioni», dico sbrigativa, «Magari sarà sensazionale, okay, ma la prima volta fa sicuramente male e non si dovrebbe fare con il primo che passa...», dico.

«Anche questo è vero», commenta Arya, «Ma Wellington, dopotutto, non è il primo che passa...»

«Non affrettare le cose», le suggerisco, «Specie se...»

Provi ancora qualcosa per Ryan, penso ma mi mordo la lingua.

Meglio non ricordarglielo, o altrimenti credo che potrebbe cadere di nuovo in una crisi profonda.

Da quando Ryan è tornato nella sua vita, la mia migliore amica ha subito un cambiamento radicale.

Non l'ho mai vista patire così.

Ryan non ha fatto altro che farla stare male, e come se ciò non fosse sufficiente, è sparito di nuovo, dandole il colpo di grazia definitivo: questa volta, spero che se ne sia andato per sempre.

L'ho sempre detto e l'ho sempre pensato.

I Mackenzie sono una brutta razza.

«Specie se?», chiede Arya.

Mi sono sporcata tutte le dita d'olio e di maionese.

«Niente, lascia stare.», mi alzo dallo sgabello e lascio metà tramezzino nel piatto.

«Posso sciacquarmi le mani? Sono tutte zozze.»

Raggiungo la mia amica, che mi fa spazio per il lavandino.

Mi sfrego le dita sotto il getto freddo dell'acqua per minuti e quando ho finito mi guardo intorno, alla ricerca di un panno per asciugarmi, che non c'è.

Mi accuccio e rovisto tra i vari prodotti per la cucina, incastrati tra le tubature. Infilo il braccio sempre più a fondo.

Amuchina, pezzette per i piatti, acqua ossigenata? Le mie dita entrano a contatto con qualcosa di liscio e freddo, di metallo... 

Qualunque cosa sia, la afferro e poi mi prende un colpo.

«ARYA!», strillo e lei si precipita da me, abbassa gli occhi sulla pistola che stringo tra le mani.

«Che cazzo ci fai con questa sotto al lavandino?», la sgrido. «Chi cazzo te l'ha data?»

«Cavolo Bea», bisbiglia la mia amica accovacciandosi sulle ginocchia, «Mettila via, prima che qualcuno la veda!»

Cassie ha allungato il collo, interessata.

«Tu hai una cazzo di», urlo ma poi dico a bassa voce, «Arma, dentro al tuo cazzo di bar... Arya, mi prendi per il culo?»

Lei si è impallidita. «Ti posso spiegare...»

«Non c'è niente da spiegare...», ribatto agitando la pistola sotto i suoi occhi per farle capire la gravità delle sue azioni, «Te ne devi sbarazzare.»

«Bea, ridammi la pistola.»

«Non è tua, di chi è?»

Si stringe nelle spalle. «Vuoi sapere chi me l'ha data? È stato Ryan, contenta?»

Me la toglie dalle mani e la rimette al suo posto, interrompendo il nostro contatto visivo.

«Perché avrebbe dovuto dartela, scusami?

Sta cercando di nascondere l'arma del delitto, e tu ti sei offerta come complice?

Santo cielo...»

«Era per la mia sicurezza...», dice, «Non farne, un dramma, Beatrix

Beatrix?

Ho sentito bene?

«Ah, quindi era per la tua sicurezza: che bravo ragazzo che è Ryan! Complimenti! Gli facciamo una statua, che dici, ti va?»

Suo padre, Frank, che sta ancora alla cassa, ci ha sentite bisticciare e si è messo in allerta...

Arya sospira, dissimulando. «Nessuno ha intenzione di fare statue a nessuno, ma adesso... Cerchiamo di non attirare troppo l'attenzione, per cortesia.», si rialza e si sgrulla i palmi sul grembiule.

Certo come no, nascondiamo una pistola sotto a un lavandino come se niente fosse...

Guardo Cassie allibita, in cerca di supporto psicologico, la quale scuote la testa a sua volta.

La nostra migliore amica è impazzita, e tutto per colpa di Ryan.

Voglio avere indietro la mia migliore amica, la ragazza coscienziosa che non presterebbe mai il fianco a situazioni di questo tipo; rivoglio la mia migliore amica che distingue alla perfezione un'azione giusta da quella sbagliata.

Rivoglio Arya, quella che si ricorda di come l'ha trattata Ryan durante gli ultimi anni.

Non ho parole, davvero.

Sono desolata, e arcistufa. 

E proprio in questo momento, la porta del bar si apre con un cigolio.

Wellington Parker...

Trenta minuti più tardi
🐇
Ore 14,00
1 ora prima della COLLISIONE
Ryan

Getto la sigaretta sull'asfalto e controllo le auto parcheggiate vicino al marciapiede del bar dei Donovan e nessuna di queste appartiene ai Lombardo, visto che non ci sono automobili appariscenti.

Da quando li conosco, a Tony e Nicholas piace andare in giro con stile. 

Butto fuori l'aria e mi sistemo la giacca di pelle.

Tony e Nicholas non sono ancora arrivati da queste parti, ciò significa che lei è al sicuro.

Ma se qualcuno osasse anche solo sfiorarla, non risponderei più di me stesso...

Provo una sensazione di vuoto e di malessere che mi comprime l'intestino, una sensazione simile ai conati di vomito dei giorni passati, ma molto più intensa e dolorosa.

Entro.

Il bar è pieno di gente, le facce sono sempre le stesse, e appartengono alla clientela storica dei Donovan.

C'è un intenso odore di fritto e formaggio industriale squagliato.

Non perdo tempo a perlustrare la stanza, i miei occhi individuano subito la sua figura.

I capelli lisci e lunghi, castano chiaro, color delle nocciole, sono messi in modo da nasconderle il viso e gli occhi azzurri.

È bella, ma è come se cercasse sempre di nascondersi.

Ci sono anche le sue amiche, sedute sugli sgabelli di fronte a lei.

Invece, accanto... C'è quel celebroleso del suo fidanzato.

Se solo ripenso a quello che ho scoperto sul suo conto provo l'istinto di rompergli l'osso del collo.

Ha fatto sesso con delle minorenni e ha diffuso i filmini delle scopate su internet, ma questo ovviamente Arya non lo sa.

Se glielo dicessi, lei mi crederebbe?

Non sono cazzi tuoi Ryan.

Ho una regola, soltanto una regola.

Starle lontano, farmi gli affari miei, proteggerla se serve.

Ma da lontano.

Mi avvicino ulteriormente, e quando lei mi vede strabuzza gli occhi.

Ho i flash di quella notte che mi rimbalzano nella mente come palline di un flipper.

Lei sopra le mie gambe, rannicchiata contro il mio petto, mentre mi baciava le dita.

Un altro flash.

Gli spari di pistola, il sangue che sgorgava dal petto di Victor e Alfred, un bicchiere di bourbon che si infrangeva sul pavimento.

Ora sono di nuovo qui, dentro al suo bar; lei sta parlando animatamente con il suo fidanzato e le sue amiche, e mi rendo conto che a prescindere dalle mie scelte...

Non ci sarebbe mai stato spazio per me nella sua vita.

Cammino.

Sono di nuovo di fronte a lei, e Arya si è pietrificata.

Mi allento il colletto della camicia, e respiro a pieni polmoni.

Non posso tremare così, solo perché lei mi sta davanti.

Sento gli occhi di tutti puntati addosso, mi sento addosso perfino lo sguardo di suo padre.

Venire qui è stato inappropriato, ma necessario.

Controllare che non si faccia del male è la mia priorità assoluta.

«Cosa vuoi, Ryan?», mi chiede Arya con voce spaccata.

«Vorrei un sandwich.», dico.

L'ho detto senza pensare, e me ne pento all'istante, ma non era una frase casuale: una parte di me spera che lei colga il riferimento.

*Inizio flashback*

«Hai sbagliato a venire qui», mi disse e il mio stesso cuore affondò nel petto come una pallottola gigante.

Sbaglio di continuo, ho pensato. Io sbaglio sempre per quanto riguarda te, eppure tu non sei mai stata un errore. L'ho guardata sperando che non udisse i cocci del mio cuore frantumato cadere sul fondo di niente.

«Perché?», ho chiesto.

I suoi occhi si erano fatti umidi. «Perché non ti lascerò andare via.»

Ah.

«Potresti sempre provare a farmi cambiare idea.», le ho detto pur sapendo che mai nessuno avrebbe potuto impedirmi di proteggere Killian.

Neanche Arya.

«Non vuoi nemmeno un sandwich?», ha detto con un debole sorriso.

*Fine flashback*

"Vorrei un sandwich."

Che stronzo che sono, ma davvero ho detto così?

A quanto pare...

«Preparatelo da solo il tuo cazzo di sandwich.»

Ma a parlare non è Arya, bensì la sua amica, Beatrix, che mi sta rivolgendo uno sguardo d'odio plateale.

La ignoro.

«Ti preparo il tuo sandwich», dice Arya con fare sbrigativo e accende il microonde.

Tiro fuori il portafoglio dai pantaloni e prendo una banconota da venti dollari.

«No, offro io.», commenta lei secca.

«Ah, Ryan... ciao», dice il signor Donovan, che sta consegnando uno scontrino a un cliente. Il via vai di gente che c'è qui dentro mi rende claustrofobico.

«Come sta tuo fratello?»

«Quale dei tanti?», chiedo brusco.

Io e Frank Donovan non ci siamo mai tollerati.

Mi impegno con tutto me stesso per non mancargli di rispetto, perché è il padre di Arya, ma alle volte sembra che ce la metta tutta a farmi perdere le staffe.

«L'ultimo, quello che hanno picchiato com'è che si chiama... Tyler?»

«Tyler, sì, Tyler. Signor Donovan», dico brevemente, «Conosce mio fratello da una vita... Lo sa perfettamente come si chiama.»

«Come sta, allora, tuo fratello?», chiede in una maniera che fa presagire una violenta ondata di insofferenza.

«Molto male, grazie.»

Arya sta preparando il mio panino senza mai alzare la testa e il fidanzato celebroleso ride sotto i baffi.

Per un istante, immagino di sparargli un colpo in testa, fantastico che il suo cervello schizzi fuori dal suo cranio, per poi ritrovarlo spappolato sul pavimento.

Sono malato?

No, sono solo incazzato.

E anche malato.

Ma non posso vederlo vicino a lei.

Sono troppo preso da osservare Wellington la testa di cazzo, da non essermi accorto che il padre di Arya è a un metro da me.

La mascella che gli trema dall'ira, la cornea è giallognola, sembra un draghetto che sta per sputare fuoco.

«Non ti azzardare a fare lo stronzo con me.», dice. «Sei dentro casa mia, ragazzo. Non ti permetto di parlarmi in questo modo.»

Mi gratto la nuca, cercando di mascherare col braccio un sorriso di esasperazione, che mi è spuntato sul viso senza volerlo.

«Non si preoccupi, signor Donovan, me ne vado.»

Arya sta posizionando il pomodoro sopra il cheddar, ma le tremano le braccia.

Sottoporla anche a questo, sottoporla ancora alla mia presenza dopo tutto quello che ha passato... soprattutto durante la nostra ultima notte, mi sembra un'azione troppo crudele.

Ora che mi sono accertato che lei sta bene, la mia presenza qui è superflua.

Il signor Donovan agita un dito nel vuoto, nella mia direzione, con fare intimidatorio. «E se ti vedo ancora intorno a mia figlia...»

«Papà!», esclama Arya, scioccata e rossa in volto.

Padre e figlia si scambiano occhiate ostili e silenziose. Si stanno rimproverando a vicenda cose che neanche posso capire, forse stanno per dare inizio a un discorso in cui non voglio mettermi in mezzo.

«Lascia stare per il sandwich, mi è passata la fame.», dico e lei si volta verso di me.

Mi guarda in modo diverso.

Dopo quella notte, lei mi guarda in modo diverso.

Non più come un suo vecchio amico, ma come qualcos'altro...

«Ciao, Arya.», le dico.

Nelle sue iridi azzurre intravedo mescolarsi inquietudine e scompiglio.

Esco da questo bar, prima di commettere qualche azione troppo impulsiva e di arrivare, quindi, all'irreparabile.

Qualsiasi cosa sia successa tra noi, è finita.

💀🐇

Trenta minuti prima della COLLISIONE
Cassie

Frank sta sbraitando per tutto il locale. «Se vedo ancora quel ragazzo qui dentro...»

Arya gli sta correndo appresso. «Papà! Papà! Per favore...»

«Lo giuro sulla tomba di tua madre, Arya, non lo voglio più vedere qui dentro, e se si avvicina al mio bar, se si avvicina a te di nuovo, Arya, io lo spedisco all'inferno!»

Arya e suo padre sono ai piedi delle scale. «Tu non lo conosci papà...», sta mormorando lei.

«E menomale!»

«Lui non è cattivo, papà!», dice Arya quasi disperata.

«Io so soltanto che a causa sua...tu...», Frank sta singhiozzando, «Arya, lui una volta ti ha riportata a casa che eri in fin di vita...ti ha messa tra le mie braccia e se n'è andato... io so soltanto questo. Non penso che Ryan sia un cattivo ragazzo, non lo penso, ma... Lui e i suoi fratelli non lo fanno apposta, distruggono ogni cosa che gli sta intorno, e poi quel ragazzo non ha rispetto per niente e per nessuno...lo vedi anche tu com'è, no? È supponente, viene qui come se niente fosse, si comporta come se fosse il padrone del mio bar, il padrone dell'universo...e poi, Arya penso che lui sia molto pericoloso per te, non ce lo voglio qui, non ce lo voglio, punto e basta! Sono tuo padre, potrà ancora contare qualcosa la mia volontà!?»

Arya dice qualcosa a bassa voce, che non riesco a decifrare.

Tra me, Bea e Wellington è calato un silenzio sgradevole.

In effetti, il fidanzato di Arya è rimasto impalato a guardarli come uno stoccafisso: non dev'essere piacevole per lui, assistere a questo tipo di discorsi che riguardano un altro ragazzo...

«Allora, ehm, Wellington.», dice Bea, dandogli una pacca sulla spalla con pomposità. «Ti va se andiamo un attimo fuori a fumarci una sigaretta?»

Wellington si mette le mani nelle tasche dei pantaloni, ancora piuttosto stupefatto dalla situazione.

«Sì, controllo io la cassa, voi andate pure.», mi offro volontaria, ma non era necessario specificarlo.

Bea e Wellington stanno già uscendo.

I clienti mi rivolgono occhiate compassionevoli, ma presto tornano a consumare il loro pasto.

Che giornataccia.

Stamattina, a scuola, è stata tragica: il professore di matematica ha interrogato sia me, sia Arya, sia Bea e tutte e tre abbiamo fatto scena muta...

Ultimamente, non abbiamo avuto molto tempo per concentrarci sullo studio.

Mia madre mi ha cacciata di casa.

Arya mi ha raccontato che si è scoperta che Bea è stata afferrata per il collo, la sera in cui hanno picchiato Tyler...

Arya ha la testa da un'altra parte per colpa di un Mackenzie...

E ci mancava solo che il padre di Arya decidesse di mettersi di traverso per quella faccenda di Ryan.

Prendo il telefono.

Il mio sport preferito, oltre a ingurgitare schifezze e abbuffarmi di cibi con alto tasso di zuccheri e strutto, sembra essere diventato quello di rileggere le vecchie conversazioni con Clayton.

Credo sia una forma di autolesionismo.

Ma il fatto è che vorrei cercare di capire come ho fatto a cascarci.

Ho la cronologia completa di come mi ha fottuto alla grande e penso che se capisco dove ho sbagliato, forse...

No, in realtà voglio solo soffrire, voglio solo rivivere quel dolore provato, perché senza il dolore io non sono niente.

Il mio cellulare inizia a squillare.

Il display dice: chiamata in arrivo da "La stronza".

Ah, mamma mi sta cercando.

Le servirà qualcuno che paghi la bolletta, qualcuno che le vada a riordinare i medicinali che ha fatto scadere, qualcuno che le risintonizzi l'antenna del televisore, o robe così...

Che novità.

Sono quasi tentata di non rispondere.

Voglio dire, mi cerca solo quando ha dei favori da chiedermi, ma quando poi si tratta di scegliere tra cacciare via di casa me oppure il suo fidanzato di turno non esiterebbe un attimo a sbattermi fuori, come è già successo.

No, non devo rispondere.

Mia madre è una stronza, narcisista, approfittatrice, non posso cascarci di nuovo.

Anzi, farò così: le risponderò, dirò che ho cose più importanti da fare, come ad esempio i cazzi miei, e dopodiché le attaccherò il telefono in faccia.

Sì, farò così, deciso.

Premo il bottone verde sul display e quando accosto il telefono all'orecchio, come da prassi, la sento piagnucolare.

Anzi, non sta piagnucolando, sta proprio piangendo. Devo stopparla all'istante.

«Cassie...», bisbiglia con voce lamentosa e straziata, grondante di panico, «Cassie, o mio dio!»

«Senti, mamma, non puoi chiamarmi ogni volta quando ti pare e piace! Non...»

«C-Cassie, si tratta di P-Paul. Siamo in u-una situazione... orribile. Hanno fatto irruzione in casa.»

«Cosa?»

Mia madre piange a dirotto contro la cornetta.

«Mamma! Mamma! Adesso, calmati! Dimmi per filo e per segno che è successo!»

«U-Un ragazzo a-alto, capelli neri, e-e una tuta g-grigia, è entrato in casa nostra con una spranga di ferro, h-ha parlato con Paul, gli h-ha detto di t-tenere la bocca chiusa e... Cassie...»

«In che senso, ha parlato con Paul? Paul è tornato a casa?»

«S-Sì, per fortuna, Paul è fuori pericolo a-adesso tesoro, l'hanno dimesso, i m-medici sono stati così dolci e gentili, e gli infermieri ogni tanto vengono a fargli visita...»

«Lui è ancora lì?»

«Chi, tesoro?»

«il ragazzo che ha fatto irruzione è ancora a casa nostra?»  

«Cassie, mi sono presa uno spavento...»

«Rispondimi cazzo!»

«N-no, l-lui se n'è andato...»

«Ora ti devo lasciare, mamma.», dico e il mio sguardo cade sul lavandino.

Mi sento addosso una rigidità articolare che mi fa sentire come una mummia, ma il cuore mi scoppia nel petto, ed è come se tanti piccoli aghi mi si fossero infilzati tra le costole.

Clayton.

Ancora lui.

Ancora nella mia vita, per distruggerla.

Annientarmi sembra essere diventata la sua missione.

Voglio che la smetta, voglio che la faccia finita, voglio che lasci in pace me, mia madre e Paul.

Voglio che esca dalla mia vita, una volta e per sempre.

Mi accuccio sotto il lavandino e rovisto tra i vari prodotti chimici; dopodiché prendo la pistola di Arya, oppure dovrei dire di Ryan, che nascondo all'interno della tasca della mia felpa.

Mi allontano dalla cassa e faccio zig-zag tra le tavolate.

Esco dal bar, a testa bassa, immergendomi nei fischi del vento, supero Bea e Wellington che stanno parlando così animatamente da non avermi neanche notata e mi dirigo verso il Lion's, sicura al cento per cento di trovarlo lì dentro.

COLLISIONE

Sul vetro dell'ingresso principale del Lion's c'è un cartello con la scritta "Closed", ma la porta è socchiusa, perciò entro.

L'interno è buio e un po' polveroso, come se il locale fosse chiuso da settimane. Sembra deserto e inabitato, di sicuro inospitale.

Ma qualcuno c'è.

Una figura alta, possente e di schiena, che si amalgama alla perfezione con il buio, come se fosse egli stesso un'ombra.

Clayton sta sistemando i boccali di birra sul ripiano, e i muscoli delle scapole che slittano a ogni movimento, messi in risalto da una maglietta attillata.

Per un attimo, mi perdo a osservarlo.

Tengo ben salda la pistola, attraverso il manico, e la estraggo dalla tasca.

Nonostante stia stringendo il manico con tutte le forze che possiedo, sento come se la pistola mi potesse scivolare dalle dita da un momento all'altro, dato che ho i palmi sudati.

Alzo il braccio e lo indirizzo alla sua schiena, con il cuore che mi chiude la gola...

Ho il viso imperlato di goccioline di sudore e le tempie che mi pulsano.

Punto la pistola nella sua direzione, come bersaglio principale opto per la testa, ma lui continua a sistemare lo scaffale senza accorgersi di niente.

Dovrei dire qualcosa, dovrei farmi sentire, dovrei dirgli che sono qui.

Queste pareti sono opprimenti...

Il mio intero corpo è scosso da convulsioni.

Non ho mai fatto male nemmeno agli insetti, non sarei mai capace di ferire un essere umano, quindi... perché sono qui e perché gli sto puntando una pistola alle spalle?

Per quanto ancora fantasticherò di essere capace di fargli del male?

Perché mi sono andata a imboscare in questa faccenda?

Ma lui, non so come, invece mi ha sentita arrivare, e con estrema lentezza si volta.

È alto e terrificante.

Le spalle morbide in una posa rilassata, un piccolo diamante che brilla sul lobo tondo dell'orecchio, occhi neri e fiammeggianti su un volto bianco, distruttivi come la bruciatura di una sigaretta sull'orlo di un tessuto pregiato.

Mi scruta senza riserva, senza gentilezza.

Fa il giro del bancone, e tra noi due non c'è più niente di solido: solo distanza e aria.

Clayton ha un fascino imbarazzante.

«Che sbadato...», dice camminando, e fa schioccare la lingua sul palato, in segno di rimprovero. «Non ricordavo di averti invitata...Vuoi una birra? Vuoi un cheeseburger?»

I suoi occhi diventano feroci e li punta addosso a me neri come ali di pipistrello. «Che cazzo vuoi

Non abbasso il braccio. 

Lui è ancora nel mio mirino e io ho ancora in mano la pistola, ma non sembra dargli importanza.

«Non avvicinarti, Clayton.», sussurro.

Lui, ovviamente, non mi ascolta. Fissa prima me, poi la pistola.

Impassibile.

Non ha paura.

Cazzo.

Non ha paura.

Ma certo che non ha paura.

Chi mai potrebbe aver paura di me?

Sono ridicola.

E stupida.

Mi sento più vulnerabile io che gli sto puntando una pistola contro, piuttosto che lui, il quale invece non sembra per niente teso.

Torreggia bruscamente su di me, e sussulto, presa alla sprovvista.

È molto più vicino di quanto sarebbe lecito.

«Che cazzo vuoi ancora, Cassie?», chiede implorante.

Ha oltrepassato qualsiasi barriera difensiva. 

È un cespuglio di rose nere, oscuro e pieno di spine, ma bellissimo.

Lui non mi tratta con garbo, non mi tratta come se fossi fragile, e questo lo apprezzo, anche se, probabilmente, non dovrei.

Continua a camminare, fino a quando la pistola gli sfiora la stoffa della maglietta.

«Che cazzo vuoi da me?», dice con una voce roca e profonda che mi vibra sulla pelle.

Non sembra arrabbiato e la sua voce è tranquilla, fin troppo.

Inalo il suo profumo intenso.

«Voglio fartela pagare...», dico e la sua bocca si schiude in un sorriso caritatevole.

«Come?»

Deglutisco.

Ho un desiderio viscerale di ferirlo, e ho in mente un'infinità di modi per fargliela pagare, eppure sento che non avrei il coraggio di andare fino in fondo con nessuno di questi.

Sono capace di odiarlo, ma non di ferirlo.

Ma lui, questo, non deve saperlo. 

Percepisco il suo fiato addosso, che mi accarezza la pelle.

«Vuoi spararmi?», prova di nuovo a chiedere, questa volta aggrotta la fronte, scettico. 

«Potrei spararti.», dico alzando il mento, «Dopotutto... sembrerebbe essere questo l'unico modo per fermarti...»

«Lo è...», i suoi occhi sono inviolabili, «Quindi? Che aspetti

Lui è uno che si prende ciò che vuole, senza chiedere permesso: forse, pensa che tutto il mondo sia fatto allo stesso modo.

Forse, mi sta semplicemente mettendo alla prova. 

Ma davvero sarebbe disposto a morire pur di vedere fin dove mi spingerei?

È matto, per caso?

Be' sì...

«Voglio sapere prima una cosa da te...», dico, «Perché continui a minacciare la mia famiglia? Perché continui a tornare nella mia vita, perché continui a sbucare fuori, proprio quando...»

China la testa di lato e dei ciuffi scuri gli coprono il viso. «Proprio quando?»

Proprio quando ho bisogno di dimenticarmi di te.

Lo sfido con gli occhi, il labbro inferiore che mi vibra impercettibilmente.

Lo odio profondamente, e voglio che lui lo capti.

Lo capta. 

«Il fidanzato della tua mammina ritardata», sputa con odio, «Vuole spedire mio fratello in galera. Gli ho fatto solo un bel discorsetto, tutto qua. Tu difendi la tua famiglia», spiega, «E io difendo la mia. Nulla di personale.»

Ormai, la mia mano non riesce più a stare ferma, e la pistola oscilla sulla stoffa della sua maglietta aderente.

«E sei andato lì con una spranga di ferro in mano, solo per fargli un discorsetto?», dico per schernirlo.

Ride e dilata le narici, come a voler catturare più aria possibile.

«Spiegami una cosa», dice, «Per quale motivo continui a soccorrere quella ritardata di tua madre?»

«Non chiamarla in questo modo! Mia madre sta male!»

«Se sta male, rinchiudila in un cazzo di reparto psichiatrico.»

«Non è così semplice.»

Scrolla le spalle e fa un sorrisetto ironico. «D'accordo... Scelta tua.»

«E invece tu spiegami questa...Perché non l'hai ucciso? Perché non hai ucciso Paul?», commento. «Non sei uno che si fa certi problemi, o sbaglio?»

«Già»

Uccidere Paul sarebbe stata la soluzione più semplice, a meno che... Mia madre era un testimone, e ciò significa che avrebbe dovuto uccidere anche lei...

«Non l'hai ucciso.», ripeto inebetita.

Ha avuto pietà, qualità che difficilmente assocerei a Clayton.

«No.»

«Perché?»

Non risponde.

«Un altro errore di valutazione, Clayton?», lo istigo. «Questa volta ti costerà caro.»

Reclina la testa su di me, come a volermi catturare con lo sguardo, come a voler dominarmi.

E poi, emette una risatina profonda e tetra. Un brivido di paura mi attraversa la schiena.

«Perché ridi?», chiedo.

«Niente. Sei divertente...»

Si riferisce alla mia minaccia: "Questa volta ti costerà caro".

Lui mi trova divertente: io gli punto una pistola addosso e lui ride

Mi sento mortificata e spacciata, ma parlo lo stesso.

«Sai cos'è divertente? Che la pistola che ti sto puntando contro è di tuo fratello. Se ti sparassi, lo sai a chi darebbero la colpa?»

Colpito... metaforicamente.

Non emette fiato.

Torna serio.

Okay, lo scherzo è finito.

Le sue dita si appoggiano sul metallo della pistola.

Le sue dita sfiorano le mie.

Si incastra l'arma contro lo sterno e inspira. «Stai parlando troppo, facciamola finita.», dice duro.

Abbassa la testa verso la mia.

I suoi occhi mi incatenano in una morsa buia. La vicinanza del suo corpo urla come un brivido.

Respiro a malapena, inghiottita dalla sua ombra. Non posso credere di avergli consentito di avvicinarsi così tanto...

Il suo fiato arde come veleno contro il mio orecchio.

«Tremi, Cenerentola? È la tua occasione per vendicarti. Vuoi sprecarla così?»

Tutto ciò che dice mi appare come una provocazione, come se sapesse che non ho mai utilizzato una pistola in vita mia, come se sapesse che in effetti non riuscirei a sparare un colpo nemmeno volendolo.

Come se sapesse, che è tutta una finzione.

Una finzione come siamo sempre stati noi.

«Pensi che non ne sarei capace?», replico.

«Al contrario.», la sua voce mi percuote inspiegabilmente, e le sue labbra bollenti sfiorano il lobo del mio orecchio mandandomi in estasi, «Sei più pazza di quanto immaginassi.»

«Avanti Cassie...», dice ancora, «Fammi male

Si riposiziona di fronte a me.

E quando lo guardo, mi rendo conto che lui è un incantatore, un prestigiatore.

Mi rendo conto che lui non ha fatto altro che giocare... e anche io ho commesso degli errori.

L'ho sempre trattato come se lui avesse dei sentimenti.

Inserisco l'indice sul grilletto e sto quasi per premerlo, talmente sono ottenebrata di odio.

Ma ciò che succede dopo è molto veloce.

Le sue mani si attorcigliano ai miei polsi tenendomi ferma e inchiodandomi contro il suo corpo, la pistola mi cade per terra e mi ritrovo imprigionata tra le sue braccia.

La mia schiena contro il suo petto, i polsi me li ha legati e ora sono costretta a indietreggiare insieme a lui.

La sua guancia preme sulla mia testa.  

«Hai fatto male a non spararmi.», dice soave mentre continua a tenermi ferma.

«Perché?», dico.

«Perché, a differenza tua, io adesso con te non ci andrò piano.», mormora.

Continua a tenermi i polsi con le sue mani grandi, mani da cui si diramano le vene violacee degli avambracci scoperti.

Gli sto addosso, il mio corpo è aderito completamente al suo, e sono sprofondata in una strana sensazione di quiete, come se i miei glutei avessero bisogno di incastrarsi tra i suoi pantaloni, tra le sue gambe di marmo...

Respiro a fatica.

Sono così sfinita che ho abbandonato tutte le forze che avevo e lui si mette seduto su una sedia.

Mi costringe a mettermi in braccio a lui.

Ogni parte di me si inserisce alla perfezione sopra di lui, come se fossi nata per questo.

Non sembra che gli pesi affatto il mio corpo, anzi sembra che stia sorreggendo una piuma.

Non ho mai visto un ragazzo con delle cosce così possenti...

Addosso a lui mi sento fragile, insicura, ma anche della misura giusta.

Nonostante i miei polsi siano bloccati ancora dalle sue mani, per la prima volta da quando sono con lui mi sento legata ma non in trappola.

Ripenso alla sua affermazione, incapace di comprendere.

Adesso con te non ci andrò piano.

Forse, dovrei avere paura. Forse, sta per accadermi qualcosa di brutto...

«Cosa significa ciò che hai detto?», chiedo e volto la testa: incontro i suoi occhi neri, che abbassa sul mio collo, imperscrutabili. «Che hai intenzione di fare?»

«Cassie...», sussurra con un sorriso morbido e allusivo. «Non mi hai mai visto incazzato. E non lo sono. Se lo fossi, lo sapresti.»

«Non sei...?», chiedo, incapace di stare dietro ai suoi sbalzi d'umore.

«Lo so che non mi avresti sparato.»

«Come lo sapevi?»

«Perché sei troppo innocente per questo mondo.», dice con voce profonda.

Non riesco a distogliere lo sguardo dal suo viso perfetto e letale, non riesco a evitare di sentirmi così bene sopra di lui...

La mia intimità, ormai calda, è completamente poggiata sulla sua, la quale si sta gonfiando a dismisura e un calore bruciante mi invade il corpo, con potenza devastante.

Fa ondeggiare piano il bacino, con movimenti molto lievi.

Nonostante gli strati di vestiti che ci separano, mi sento iper sensibile, inondata di un piacere straziante, quasi inverosimile.

Talmente forte da sconvolgermi, e annebbiarmi la testa.

Talmente forte, da farmi dimenticare di ogni cosa e chiudo gli occhi. Mi concentro sul punto in cui il mio corpo entra a contatto con il suo...

«Continua...», mi mordo il labbro.

Ops.

Mi è uscito.

Riapro gli occhi e mi paralizzo.

Il suo respiro diventa sempre più intenso e roco, la sua voce mi pizzica la pelle. «Vuoi che continuo?»

«Sì, ehm...Non smettere...», dico con una vocina sottile.

Mi afferra i capelli in un pugno.

Emetto piccoli gemiti e poi inarco un po' la schiena, premendo ancora di più il sedere contro il suo cazzo.

«La conosci la differenza tra "continua" e "non smettere"?», mi chiede e mi afferra l'interno coscia con violenza, procurandomi un formicolio nuovo e inaspettato.

È difficile non guardarlo, ma è anche più semplice al tempo stesso.

Parla al mio collo scoperto, così vicino che quasi vi posa le labbra.

«Non c'è differenza», dico.

Emette un ringhio divertito. «E invece c'è un'enorme differenza. "Continua" puoi dirlo per incoraggiare chi non sa quando fermarsi.

"Non smettere" è una preghiera rivolta solo a chi sa esattamente ogni cosa, quindi anche quando fermarsi. Non fare confusione

La sua mano tra i miei capelli mi ordina a voltare la testa verso di lui. 

Incontro di nuovo i suoi occhi neri: due vulcani spenti, ma che non sai mai quando potrebbero riaccendersi.

«Quando sarai tutta sola, pensaci... pensami.», dice.

Schiudo le labbra. Il suo viso è sempre più vicino al mio e involontariamente sono io ad essermi avvicinata e ad aver chiuso piano gli occhi...   

Ma poi entrambi udiamo dei rumori strani e ci voltiamo di scatto.

È Killian, che è appena entrato al Lion's, e in mano ha un bel malloppo di dollari.

✨🌝

Spazio autrice

Che dire, ehm, spero il capitolo vi sia piaciuto. 🍌

E spero che, oltre la componente romance/dark/spicy apprezziate anche tutti gli intrecci di trama 🐇

So che Clayton è uno stronzo e non ha giustificazioni
però boh
mi piace scrivere di lui.

Non vi rubo altro tempo, ma se vi va di commentare insieme il capitolo vi aspetto su ig: scarlettxstories

Vi voglio benissimo.
Alla prossima;)

Scarlett.

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