Princess on the run

By knamida

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Ellie non è una ragazza come tante anche se vorrebbe esserlo, lei è una giovane principessa che poco tale si... More

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Prologo
Capitolo 1 - La Regina Dianne
Capitolo 2 - Ellie
Capitolo 3 - Liam
Capitolo 4 - Ellie
Capitolo 5 - Liam
Capitolo 6 - La Regina Dianne
Capitolo 7 - Ellie
Capitolo 8 - Liam
Capitolo 9 - Ellie
Capitolo 10 - Liam
Capitolo 11 - Ellie
Capitolo 12 - Liam
Capitolo 13 - Ellie
Capitolo 15 - Ellie
Capitolo 16 - Liam
Capitolo 17 - Ellie
Capitolo 18 - Liam
Capitolo 19 - Ellie
Capitolo 20 - Liam
Capitolo 21 - Ellie
Capitolo 22 - Liam
Capitolo 23 - La Regina Dianne

Capitolo 14 - Liam

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By knamida

Lasciando in disparte il pensiero drammatico che aveva spento il piacere di una serata in compagnia, io ed Andrew raggiungemmo Louisa dopo che Sylvio e gli altri erano da poco andati via. Non avevo mai domandato perché non rimanessero fino a tarda notte con noi e non lo avevo fatto neppure questa volta. L'unica cosa che volevo, da quando era piombata improvvisamente nella mia giornata, era poter stare in compagnia di Louisa.

Avevo bevuto la mia bottiglia e mezza di sempre e per questa notte mi andava bene così, Andrew non sembrava intenzionato a fermarsi mentre lei reggeva ancora il primo bicchiere. Oramai la sua birra doveva essersi sfiatata, non vedevo più le bollicine correre lungo il vetro trasparente e potevo capirla se non riusciva più a buttar giù alcun sorso.

"Tu non sei una grande bevitrice, vero?"

L'osservazione che di nascosto avevo fatto io, non sfuggì all'occhio furbo di Andrew. Louisa aveva dato una risposta breve attivando la voglia in lui di chiedere sempre di più. In cuor mio, così sciocco e presuntuoso, desideravo solo che non provasse a far con lei ciò che faceva con le altre. Iniziava sempre così le sue conquiste: offriva loro da bere, faceva il simpatico e poi tutto succedeva in un attimo. Io dovevo lavorarmela accuratamente una donna, conoscerla più a fondo, sentire per lei quell'attrazione mentale al di sopra di quella fisica.

Certo doveva piacere ai miei occhi precisi ma doveva muovere il mio stomaco con una risata o qualche parola, quella giusta avrebbe messo sottosopra ogni mio organo vitale.

Nel parlare di un bicchiere, quello che Lou non aveva volutamente finito, eravamo arrivati a raccontare delle nostre situazioni imbarazzanti. Io avevo corso nudo e ubriaco per le strade di New York gridando a squarciagola di essere l'uomo invisibile che non ero, Andrew era quasi finito a letto con un trans mentre Louisa era semplicemente caduta davanti ad una guardia. Se non altro avevo appena saputo qualcosa in più su di lei: amava i fiori, le rose in particolar modo ed era la figlia di un ex militare.

Non me ne sorpresi più di tanto, ai tempi dei nostri padri era ancora obbligatorio arruolarsi nell'esercito. Per tanti anni, quando avevo l'età per fantasticare su un futuro immaginario, mi vedevo bene con addosso la divisa verde. Oggi preferivo indossare il grembiule del mio locale e servire caffè.

Mandando giù l'ultimo sorso, poggiai il bicchiere sul tavolo:"Resterei ancora altre ore a raccontare di tutte le volte in cui Andrew ne ha combinata una più del diavolo, ma si è fatto tardi".

"Ma Lou non ha ancora finito la sua birra", piagnucolò lui.

Ero certo, conoscendo Andrew, che apprezzasse la compagnia di Louisa tanto quanto me. In un altro momento si sarebbe permesso a farmi notare quanto ci tenessi ad averla tutta per me ma non lo fece. Io non dovevo pensarla come una mia proprietà, non lo era e probabilmente non lo sarebbe mai stata.

"Magari domani sera lo finirò", gli rispose con un sorriso.

"Quindi verrai di nuovo?" Le domandò Andrew:"Voglio dire non ti sei scandalizzata dei nostri momenti imbarazzanti, vero?"

Louisa scoppiò a ridere:"Ma certo che no anzi, domani dovrai raccontarmene ancora".

"Allora questa notte proverò a ricordarmene altri così potrò raccontarteli tutti".
"Non vedo l'ora".
"Anche io", le sorrise amorevolmente.

Mi lasciai sfuggire uno sguardo contrariato, anche se sapevo che quella di Andrew era solo gentilezza. Lui se ne accorse stringendosi subito nelle spalle, una volpe come lui sapeva bene come arrivare alla sua uva.

Lungo la strada io e Louisa non avevamo profilato parola, ritenevo che non fosse necessario farlo se i nostri occhi erano impegnati a guardare altrove. Lei ad ogni passo alzava lo sguardo al cielo mentre io ero impotente dal non contare a mente ogni suo respiro.

Ma poi, nel silenzio della città a riposo, la sentii ridere. Lo stava facendo quasi silenziosamente ballando appena sui suoi stessi passi, non abbastanza da chiedermi se avessi fatto qualcosa di sciocco. Magari ero inciampato e per guardarla non me ne ero accorto.

"Ho per caso fatto qualcosa di stupido?"

Lei mi guardò senza nascondere i suoi denti perfetti:"Perché questa domanda?"

"Sei scoppiata a ridere all'improvviso, pensavo di aver fatto qualcosa di stupido".

"Ma no, stavo ancora pensando alla storia imbarazzante di Andrew".

Il solo fatto che fosse fra i suoi pensieri, mi provocò una lieve ma insistente invidia. Perché pensava a lui? Anche io avevo raccontato qualcosa di imbarazzante, eppure lei sorrideva per la storia di Andrew.

Mi misi a ridere con la speranza di allontanare quella sgradevole sensazione:"Fidati, quella che hai sentito stasera è la meno peggio".

"Beh allora spero di sentirne delle altre".

Le sue o anche le mie? Avrei voluto chiederglielo ma rimasi in silenzio per non sembrare un povero idiota.

Ci fermammo davanti il mio locale:"Casa mia è a pochi isolati da qui, tu dove abiti?"

Alla mia domanda Louisa mi confessò di non avere più una casa, non aveva pagato l'affitto così la proprietaria l'aveva sbattuta fuori. Ascoltando la sua storia pensai alla mia situazione: potevo capirla, il signor George aveva minacciato proprio questo pomeriggio di chiudere il mio locale se non avessi pagato in tempo.

"Non ha senso farne un dramma, ne troverò presto un'altra".
"Vieni a casa mia", furono parole istintive le mie.

Quando lo feci il mio cuore perse un battito, le avevo appena proposto di dormire da me, l'avrei avuta in casa mia per tutta la notte ed era una cosa che concedevo raramente perfino a Tanya.

La vidi impallidire quel suo viso già porcellanato:"No Liam, è fuori ogni discussione".

"Avanti Lou, non posso lasciarti da sola per la strada", la rimproverai dolcemente.

"Ma non posso nemmeno venire a stare da te, se Tanya lo venisse a sapere? Non sarebbe giusto".

Lei, sempre quel nome ad intralciare ogni mio piano.

Perché si, era così da quando avevamo deciso di stare insieme: qualunque cosa io facessi o dicessi dovevo parlarne con lei. E adesso mi chiedevo come sarebbe la mia vita se non avessi nessuno con cui condividerla.

Ma non me ne curai, non questa volta:"Ti preoccupi troppo di lei".

"Non dovrei?"

No, avrei voluto dirle.

Tanya non mi diceva quasi mai ciò che faceva, spesso usciva con gli amici senza che io lo sapessi e adesso era arrivato il momento di riscattarmi.

"Per questa notte verrai a stare da me e domani ti aiuterò a trovare una nuova casa", le proposi sperando a più non posso che non cestinasse la mia ragionevole offerta.

"E se non dovessimo trovarla?" Il suo tono era dispiaciuto.

Le sorrisi per farle capire che a me faceva piacere:"Resterai da me fin quando non la troveremo".

Arrivati al mio appartamento accesi tutte le luci per mostrare a Louisa la mia casa la cui sua semplicità aveva dipinto sul suo viso un velo di stupore.

"Complimenti Liam, è davvero bellissima".

Mi levai il giubbotto gettandolo ordinatamente sul divano:"Dal momento in cui starai qui, non posso non invitarti a fare come se fossi a casa tua". Mi recai nella mia camera:"Tu puoi dormire qui", le indicai il mio letto matrimoniale.

Seppur vivessi da solo, mi piaceva dormire in perfetta comodità.

"E tu dove dormirai?"

Dall'armadio tirai fuori una coperta e un cuscino:"Nel soggiorno". La guardai con tenerezza,

Louisa sembrava essersi rimpicciolita di una vergogna che non volevo provasse:"Se vuoi puoi fare una doccia, di là c'è il bagno".

"Volentieri ma..." si bloccò guardandosi le mani intrecciate sul suo grembo.
"Ma?"

"Non ho nulla da mettere".

Le sorrisi:"Tieni, questa dovrebbe starti". Le consegnai una delle mie camicie:"Quando hai finito puoi mettere le tue cose in lavatrice, io ti aspetto in soggiorno".

Sedutomi di peso sul divano, fissai il vuoto davanti a me per minuti all'apparenza interminabili. Le mie orecchie raccoglievano lo scorrere dell'acqua e i miei occhi disegnavano sul muro una scena che nella realtà avrei fatto in modo di non far succedere mai.

Mi vedevo lì con Lou, sotto lo stesso getto d'acqua calda a lavare via ogni nostro tormento. Perché sapevo ce ne fosse almeno uno in lei, glielo avevo visto passare davanti quando eravamo troppo vicini per non riuscire a non vedere l'anima dell'altro. Con il sudore a colarmi lento dalla fronte, mi alzai di scatto e afferrai il cellulare pronto a chiamare l'unica persona che avrebbe ascoltato senza dire una parola di troppo.

"Sì?"

Al quinto squillo rispose:"Andrew, devo parlarti".
"Non puoi farlo domattina?"

Dal timbro della sua voce sembrava essersi quasi addormentato.

"L'ho portata qui, a casa mia". Dissi d'un fiato.

Andrew rumoreggiò con il palato:"È logico, è la tua fidanzata".

"Ma di chi stai parlando?"
"Di Tanya, quante fidanzate hai?" Brontolò.
"No, non ho portato lei a casa mia". Andrew rimase in attesa:"Ho chiesto a Louisa di venire a stare da me".

Bastò quella frase per far allontanare il telefono dal mio orecchio:"Cosa?! Sei forse uscito fuori di testa?!" Andrew iniziò ad urlare:"Se Tanya dovesse scoprirlo ti farà a fette".

Chiusi gli occhi qualche istante:"Per questo ho chiamato te".

"Oh no no no, non voglio assistere alla fine del mio caro amico".

"Andrew stai calmo", bisbigliai quando mi accorsi che l'acqua della doccia non scorreva più:"Dovrai aiutarmi, Tanya non dovrà mai venire a casa mia né dovrà mai sapere che Louisa è qui".

"Va bene".
"Ti ringrazio", mi sentivo sollevato adesso.
"Ti ho salvato il culo tante volte che dovrei farlo diventare un lavoro", scherzò Andrew.
"So come ripagarti", sorrisi.

"Lo spero per te, ora lasciami dormire".

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