Princess on the run

By knamida

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Ellie non è una ragazza come tante anche se vorrebbe esserlo, lei è una giovane principessa che poco tale si... More

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Prologo
Capitolo 1 - La Regina Dianne
Capitolo 2 - Ellie
Capitolo 3 - Liam
Capitolo 4 - Ellie
Capitolo 5 - Liam
Capitolo 6 - La Regina Dianne
Capitolo 7 - Ellie
Capitolo 8 - Liam
Capitolo 9 - Ellie
Capitolo 10 - Liam
Capitolo 11 - Ellie
Capitolo 13 - Ellie
Capitolo 14 - Liam
Capitolo 15 - Ellie
Capitolo 16 - Liam
Capitolo 17 - Ellie
Capitolo 18 - Liam
Capitolo 19 - Ellie
Capitolo 20 - Liam
Capitolo 21 - Ellie
Capitolo 22 - Liam
Capitolo 23 - La Regina Dianne

Capitolo 12 - Liam

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By knamida

Avevamo da poco finito di giocare, la partita era la mia ma non lei. Che sciocco ero ad immaginare lo fosse dopo solo un giorno che la conoscevo e nemmeno quanto avrei dovuto. In quel fuoco di emozioni stavamo bruciando insieme ed ero sicuro stesse consumandosi anche lei, potevo leggerglielo negli occhi quando si erano avvicinati ai miei più di quanto avrebbero dovuto, il giusto per lasciarsi guardare oltre l'anima che sapeva di fresco e puro.

Ma dopo il suo cedimento di fronte al mio volermi costringere dal resisterle, non mi ero più permesso di guardarla. Perché forse era sbagliato, io lo ero.
Il mio cuore sapeva di appartenere ad una grande donna, una di quelle che dovevi avere la forza di tenere al tuo fianco.

Tanya era senza ombra di dubbio la persona perfetta per ogni uomo, ma lo era anche per me? Era una domanda a cui avevo vietato risposte fino ad ora che ancora non ne avevo.

Louisa si era seduta ad un tavolino qualunque ad osservare un vuoto che ai suoi occhi celava un intero mondo, forse il più straordinario che potesse mai esistere ma che non mi era dato vedere. Chiusi la cassa quando mi avvicinai a lei per farle capire che potevamo lasciare il locale. Quando abbassai le saracinesche la flebile luce del lampione oscurò di un quarto il suo viso da bambola di porcellana, rendendo luminose le rose della signora Litzy al quale aveva rivolto il suo ultimo sguardo.

"È molto lontano il posto dove si trova Andrew?" Mi guardò.

Dovetti fingere di non star facendo lo stesso spostando rapidamente i miei occhi davanti la strada, come se ci fosse qualcosa di più interessante da vedere oltre lei:"Giusto pochi isolati, ce la fai a camminare?"

"Certo che si".

New York era completamente addormentata, o quasi. Durante il nostro cammino furono davvero poche le persone scontrate o i taxi in strada, una scena simile potevi viverla solamente di notte quando i suoi abitanti si preparavano ad una nuova giornata frenetica di lavoro. Di sottecchi mi sfuggì di guardare Louisa, come per questa mattina stava guardandosi curiosamente intorno. Mi venne poi una piccola idea che sicuramente le avrebbe fatto piacere.

"Vorresti vedere dove abita la signora Litzy?"

"Me lo faresti vedere sul serio?" Il suo tono era felice proprio come lo ero io.

"Guarda sulla tua destra, la vedi quella villetta laggiù?" Le indicai l'ultima casa di colore giallo, l'unica con un terrazzo fuori porta:"Ecco, lì è dove abita".

"Ma è piena di rose", disse ammaliata:"Un giorno vorrei vederle da più vicino".
"Litzy sarà davvero felice", sorrisi.

Una cosa nuova su di lei la sapevo adesso, le piacevano i fiori.

Un altro paio di isolati e ci trovammo davanti a lui: il grande schermo accoccolato stanco sul fianco del palazzo. Di solito veniva trasmessa della musica sopra cui si poteva anche ballare, dimenticando i problemi della giornata oppure le partite di football che nel tempo libero mi fermavo a vedere in compagnia di Andrew. Adesso stava trasmettendo la pubblicità di un cosmetico che usava anche Tanya e che le avevo regalato al nostro mesiversario.

"È sempre stata così?"
"Così come?"
"Calma e solitaria", osservò con tanta attenzione.
"Solo quando lo decide lei", sorrisi:"Dai andiamo, Andrew ci starà aspettando".

Era proprio così: arrivati al garage Andrew ci raggiunse con in volto un espressione di tranquillità:"Pensavo non veniste più".

Reggeva nella mano sinistra il suo bicchiere e nella destra quello che poi consegnò a me:"Non potrei mai mancare", bevvi un sorso di birra lasciando che asciugasse la mia bocca da tutti i vizi che non colmavo da giorni.

Al contrario del solito, Sylvio, Luke e Travis non erano ancora andati via, ci avevano salutati con un colpo di mano e poi si erano spostati al centro del garage a parlare di cose a cui non mi ero mai interessato particolarmente.

"Lou, gradisci un goccio?" Chiese Andrew liberando la mia mente dalla distrazione frivola.
"Ma solo uno", puntualizzò lei.

Andrew scoppiò a ridere:"Da questo garage non è mai uscito nessuno con un solo bicchiere di birra".

"Come sei esagerato", intervenni:"Io me ne sono sempre tornato dopo aver bevuto mezza bottiglia".

"Solo perché tu non sei capace di portare a termine le cose".

Non potevo rispondere perché sarebbe stato come dargli un torto che non aveva: io ero l'uomo delle metà. Non riuscivo mai a finire di bere il caffè nella tazzina, a mangiare una pizza intera, a pagare una bolletta senza dividerla in più parti, guardare un film senza addormentarmi e amare una donna prima che lei si stancasse di me. Tanya in quel circolo era l'unica ad essere rimasta, forse perché era fin troppo paziente o magari era solo uno spirito libero a cui non dava modo ai miei attimi di bilico troppo frequenti di ritirarmi dal volerla.

Perché sì, lei sapeva come farsi amare nonostante Andrew mi sbattesse in faccia quanto sbagliata fosse da tenerla ancora al mio fianco. Forse ci credevo davvero, magari ero solo abituato ad averla intorno, ma se un'altra donna aveva diviso a metà le mie strade allora cosa c'era di diverso in ciò che avevo vissuto fino ad ora?

"Le cose lasciate a metà hanno il profumo della vittoria, prima o poi". Dissi perché non volevo che Louisa si facesse strane idee.

"No Liam, le cose a metà rimangono a metà e basta". Rispose Andrew per poi rivolgersi a Lou:"Allora, come pensi sia andato il tuo primo giorno?"

"Dai, possiamo parlare di altro almeno stasera?" Rimproverai.

Odiavo parlare di lavoro anche quando si poteva evitare di farlo.

"Ma no, non preoccuparti", canzonò
Louisa:"Pensavo andasse peggio ma alla fine mi sono divertita".

"È la prima volta che sento dire a qualcuno di essersi divertito a lavorare. È il tuo primo lavoro?" Louisa annuì spostando l'attenzione di Andrew:"Come te lo sei fatta?"

La mano con il quale reggeva il bicchiere era la stessa con cui aveva preso la scossa questo pomeriggio, sicuramente aveva inconsciamente dimenticato di non farla troppo vedere.

Cercò di sorridere, almeno sembrò provarci per davvero:"Piccolo incidente di giornata. Tanya mi ha chiesto di cambiare una lampadina e nel farlo mi sono fatta questo".

Mi bastò sentir pronunciare il suo nome per far crescere in me una forte rabbia, non potevo credere che fosse stata così meschina da far fare una cosa così pericolosa proprio a Lou. Quanto mi aveva provocato sapere fosse stata lei lo esternai senza remore discutendo animatamente del mio astio nei confronti di Tanya.

"Ehi amico, la tua ragazza voleva farla fuori".
Andrew ironizzò ma io non ero affatto divertito.

"Smettila, domani parlerò direttamente con lei".
"Per favore Liam, non ce n'è alcun bisogno", mi supplicò Louisa.

La guardai con le fiamme negli occhi:"Poteva succederti qualcosa di ben peggiore di una mano arrossata".

"Ma non è successo, non vedo perché tornare a discuterne", anche Lou sembrava essersi lievemente impettita.

"Dai ragazzi non ci scaldiamo troppo, cerchiamo di goderci la nostra serata post lavoro".

"Troppo tardi", sbuffai:"Comunque sia, avrei bisogno di parlarti di una questione importante", mi rivolsi ad Andrew cercando di evitare che Lou si infastidisse ancor di più.

L'ultima cosa che volevo era che lei mi vedesse con occhi diversi, volevo che mi guardasse come aveva fatto questa mattina o stasera.
"Da soli?"

"Sì", guardai Louisa ringraziando fosse tornata come i miei occhi l'avevano fotografata:"Torniamo subito".

"Vi aspetto qui".

Quando ci allontanammo fermandoci in un angolo del garage, evitai di coinvolgere anche Sylvio e gli altri perché era una faccenda con cui volevo parlare solamente con Andrew.

"È successo qualcosa? Hai una faccia".

Mandai giù il nodo in gola:"Ha chiamato di nuovo il signor George", dissi d'un fiato.

Andrew sgranò gli occhi, era un espressione che su di lui vedevo solamente quando inquadrava una donna che rientrava nei suoi canoni di bellezza:"E cosa ti ha detto questa volta?"

Rimasi in silenzio qualche secondo, era dura dover ripetere le sue parole:"Se non gli diamo i soldi, ci farà chiudere il locale".
"Ma non può farlo", Andrew sembrava infuriato.
"E invece si, non dimenticare che noi lo abbiamo solo affittato".

"Quanti sono i soldi che gli dobbiamo?"

Lo guardai dritto negli occhi:"Cento milioni di dollari".

La luce inconfondibile che brillava negli occhi di Andrew si spense, così come anche la mia voglia di credere che sarei riuscito in poco tempo a mantenere la parola data e pagare il mio debito. Adesso però, ciò che mi premeva di più era di poter evitare che Louisa capisse qualcosa.

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