I Flagelli: Tradimento

By isabel-giacomelli

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Secondo libro della saga "I Flagelli" Volume 2: "I Flagelli: Tradimento" ~"Non farò niente che la induca a i... More

Copyright
Prologo
L'incontro
L'albero rosa
La tribù elfica
Lo specchio magico
Preoccupazione
Rifel'a
I semi
Il perfido re
La scelta
Fuoco
Nascosto nel fienile
Dalila
Cuore confuso
Il nobile ribelle
L'errore del cuore
Scuse forzate
I segreti della Foresta
Dekig
La serata più bella
Pelle macchiata
Il morbillo
I Cacciatori misteriosi
La riunione
La frattura
Il dolore della separazione
Lo Spettro Bianco
Nemici misteriosi
"Le sette Colombe e le sette Mele"
Scoppia la battaglia
Al salvataggio (Parte 1)
Al salvataggio (Parte 2)
Il Gioiello
Tradimento
La forza dell'Ira (Parte 1)
A casa
Epilogo
Quiz - A quale territorio di Egaelith appartieni?
Terzo libro pubblicato!

La forza dell'Ira (Parte 2)

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By isabel-giacomelli

I pensieri di Yan vennero pervasi dagli episodi in cui lui e Rifel'a raggiungevano quella stessa radura all'aperto, cosicché uno potesse trasportarsi ad Hanover mentre l'altro gli copriva le spalle.

Ricordava anche come avevano riso e scherzato al loro primo incontro, il modo in cui si erano incontrati.

Era stata tutta una scusa di Rifel'a affinché si avvicinasse a uno di loro perché glielo aveva chiesto suo padre?

O magari aveva veramente cercato di uccidere Yan...

A quel punto, un elfo non avrebbe mai sbagliato mira, il ragazzo ne era consapevole.

Una piccola parte di sé, però, avrebbe preferito lo avesse fatto...

Quei giorni erano finiti da un pezzo, ed erano stati solo un'illusione di pace.

Adesso Yan e Rifel'a si trovavano insieme in una delle loro radure preferite, ma per un motivo del tutto differente.

I bambini vennero sistemati al centro, con gli adulti al loro fianco. Ogni elfo aveva il volto grigio sia per il calore assorbito sia per lo sporco del fumo; i loro begli occhi obliqui erano iniettati di sangue, la treccia scura aveva assunto una tonalità smorta.

Non uno di loro riusciva a reggersi in piedi, tanto erano in preda alla tosse.

Minacciato da una firethorn che Yan gli teneva incollata alla schiena, Rifel'a si girò appena a guardarlo.

Il ragazzo ricambiò l'occhiata con più acidità. «Va' con i tuoi compagni e trasformati. Potete resistere al sole se siete alberi. Rallegratevi, che presto nevicherà.»

«E potrete usare tutti i nostri frutti...»

Yan gli sfiorò la schiena, a stento trattenendosi dall'infilzarla una seconda volta. «Non vorremo assolutamente niente prodotto dal vostro corpo merdoso.»

Rifel'a strizzò gli occhi imperlati di lacrime di sconfitta. «Promettete di non ucciderci?»

«Se non ci attaccherete, non vi uccideremo.»

«E tutti quegli elfi morti nelle caverne?»

«Era legittima difesa.»

«Già dall'inizio?»

«Tu avresti rischiato la vita dei tuoi amici per preservare quella dei tuoi nemici?»

Yan non sapeva neanche perché si stesse giustificando con lui, là dove non esisteva giustificazione.

Però era la prima cosa che gli avevano insegnato una volta entrato nell'Accademia: uccidi o verrai ucciso, peggio ancora ne subirà chi ami.

Non erano azioni possibili da giustificare, era solo la guerra, la sopravvivenza...

Le labbra di Rifel'a tremavano. «E mia madre? Avete ucciso mia madre, Yan... Come avete potuto? Dopo tutto quello che ho fatto per aiutare la tua. Tu per primo dovresti sapere...»

«Non giocare quella carta con me!» sbottò Yan. «Lo hai fatto soltanto per guadagnarti la mia fiducia, no? E ora basta blaterale, Rifel'a!»

Afflitto, l'elfo volse gli occhi e zoppicò lentamente verso i compagni. «Siete davvero dei demoni...»

«Non siamo comunque peggiori di voi.»

Adagio, Yan fece vagare lo sguardo da Owen a Xerxes, ciascuno posizionato su una delle due possibili via di fuga: quella da cui erano appena usciti e l'altra che conduceva all'altura dell'amore. Reggevano una bottiglia d'idromele ciascuno, con una firethorn pronta. Se un solo elfo avesse osato provare a scappare, i due ragazzi li avrebbero fermati anche a costo della vita.

Yan non si sentiva affatto d'accordo, ma i due amici avevano insistito e non c'era stato modo di far cambiare loro idea.

Probabilmente, comunque, nessun elfo sarebbe ormai stato tanto stupido da scappare sotto ai loro occhi: li temevano più di qualsiasi altra cosa, avevano compreso la loro potenza, e certo preferivano vivere come alberi anziché lasciare Pure.

La radura venne illuminata di colori differenti: le tonalità più belle erano quelle dei bambini, mentre quelle degli adulti risultavano opache e tristi.

Nessun gemito di dolore da parte dei piccoli, che avevano accettato quell'accordo e quel nuovo tipo di vita.

Erano gli adulti a lamentarsi.

Yan distolse lo sguardo e sferrò un colpetto a James prima d'indicargli il sentierino in pietra che portava sopra alle caverne.

Skye e Nathan dovevano sicuramente trovarsi nella radura adibita all'accoppiamento. A meno che gli elfi non li reputassero troppo indegni per condividere il loro luogo speciale, ma valeva la pena tentare. Purtroppo nessun elfo era stato collaborativo con le informazioni.

«Non mi va di lasciare Xerxes e Owen da soli...» borbottò James. «Sono abbastanza scemi d'ammazzarsi per davvero.»

«Potremmo morire anche noi due. Ma Nathan e Skye hanno bisogno del nostro aiuto. E comunque, nessun elfo scapperà. Guardali, ormai sono tutti in fase di metamorfosi.»

James strinse i pugni. Gettò un'ultima occhiata su Xerxes, all'imbocco del sentiero che dovevano prendere, infine si decise a seguire Yan.

«Ti voglio rivedere, principino.»

Xerxes si voltò per annuire. «Mi rivedrai.»

Yan e James s'inerpicarono dunque lungo il sentiero.

Non si sorpresero nel vedersi venire incontro un gruppo di avversari.

Seppur stanco e asfissiato, grazie alle firethorn Yan riuscì a ucciderne un paio, mentre i più agili vennero aggrediti da James, il quale vinse ancor più violentemente grazie ad altrettante spine.

La lotta, ciononostante, li aveva lasciati ancor più stanchi.

Yan dovette pregare gli dèi di riuscire a resistere per salvare Nathan e Skye, almeno per quello.

Una volta raggiunta la cima della collina, il giovane rimase a bocca spalancata per lo sgomento.

Al centro dell'ampia radura colma di folti cespugli si stagliavano due alberi: i fusti erano magri, uno color zucca, mentre quello più alto aveva la sfumatura del cobalto. Le foglie del primo alberello s'intrecciavano tra di loro fino a formare una disordinata chioma color cielo, mentre quelle del secondo arbusto, più lunghe e sottili, splendevano di bianco.

Dentro al fusto arancione, la cui corteccia avvolgeva le fattezze di un piccolo corpo, Yan riconobbe il volto di Skye, la testa era tirata all'indietro e gli occhi chiusi rilasciavano lacrime trasparenti. Nel fusto blu c'era invece il viso di Nathan, Yan riuscì a scorgere i denti digrignati prima che il legno s'inerpicasse a ricoprirli.

I due arbusti tendevano i rami l'uno verso l'altro, nel desiderio di toccarsi.

James fece per urlare, ma il verso celstiale e allo stesso tempo belluino di un elfo lo interruppe e fu costretto a intercettarlo.

«Avete fatto tanta strada per salvare i vostri compagni.»

Mentre i due avversari rotolavano nella polvere, Yan colse una voce provenire da dietro i due alberi colorati che erano in realtà i suoi amici.

Il tono suonava pacato, ma più tristo di come lo avesse mai sentito.

Yeru'a passò tra i due arbusti e avanzò con calma lungo la radura, le mani dietro alla schiena. Le sue labbra sottili erano distese in un sogghigno crudele e gli occhi, per quanto fissi su Yan, brillavano d'instabilità.

Il giovane lo fissò con odio. «È finita, Yeru'a. Metà della tua tribù è morta, e il resto si sta trasformando in alberi. Non c'è più niente che tu possa fare. ADESSO LIBERA I MIEI AMICI!»

Nonostante la totale disfatta, l'elfo scosse la testa. «La perdita dei miei compagni è un dolore che non supererò mai. Tuttavia io continuerò a lottare, per loro e per la nostra razza. Vincerò su di voi e invierò un segnale di allarme a una delle tribù elfiche vicine, affinché i loro esploratori mi raggiungano. Racconterò loro il mio piano, così guarderanno a me come a un eroe e mi sosterranno per portare avanti il mio progetto.»

«Sei disgustoso, Yeru'a. Tu e tutta la tua tribù. Se tutti gli elfi sono come voi, allora è bene che non abbiate il controllo su Pure. Hai pronunciato così tante parole di biasimo verso gli umani, eppure siete proprio come noi, se non peggio.»

«Noi agiamo e pensiamo solo per quanto sia bene verso la nostra razza.» Yeru'a spalancò le braccia. Il sogghigno che gli tranciava il volto aveva un che di affascinante, ma rimaneva comunque spaventoso. «Desideriamo soltanto la libertà, Yan. Vogliamo viaggiare per Pure, spostarci a nostro piacimento, vivere liberi come gli umani non ci permettono di fare.» Indicò i due alberi alle sue spalle, i rami che erano ormai prossimi a toccarsi. «Non appena il contatto avverrà, l'eccitazione avrà finalmente effetto. Saranno assuefatti quel tanto che basta da non riuscire a separarsi l'uno dall'altra, e voi non potrete fare nulla per loro. Che cosa c'è, giovane uomo? Dopotutto loro due si amano, o sbaglio?»

"Ma non è così che deve andare! Non mentre sono incapaci d'intendere e di volere!"

Mancava davvero poco prima che il ramo arancione e il ramo blu si toccassero.

Yan doveva agire, e subito.

Incoccò una freccia per colpire il piede di Yeru'a, ma l'elfo si era già mosso senza che il ragazzo se ne accorgesse.

Percepì uno spostamento d'aria e quando si volse si ritrovò col naso rotto. Ricadde all'indietro a sputare il sangue schizzato sui denti.

Il corpo di Yeru'a lo schiacciava, tanto gelido da bagnargli i vestiti.

Si era addestrato bene, a differenza dei suoi compagni abituati a vivere nella tranquillità e allenati contro un nemico nella cui forza non avevano mai creduto davvero. Lui era molto più agile, più veloce, più forte...

Le sue lunghe dita ricoperte di ghiaccio erano come piccoli spuntoni che gli foravano il volto.

Yan avrebbe voluto trattenersi, ma le punture gelide bruciavano talmente tanto che non riuscì a inghiottire i lamenti di dolore.

Con le lacrime ad annebbiargli la vista, scorse quegli occhi obliqui più spalancati che mai, scintillanti di torbida pazzia, senza un briciolo di morale. «Io non voglio ucciderti, umano» sussurrò frettoloso Yeru'a, le soffici labbra che gli solleticavano l'orecchio. «Voglio solo renderti mio schiavo. Un giorno toccherà anche a te, sai: avrai i tuoi bambini, insieme alla tua amica. Non temere, lascerò che tu ti prenda cura di loro.»

Yan fece sbattere i denti gli uni contro gli altri. «C-come a-a-animali... d'allevamento...»

«Mmm, sì, ottimo. Hai inteso benissimo. Sarete le mie creature da allevamento. Non potrai avere una prole con la donna che ami, ma è bene che un essere nella tua condizione si accontenti.»

Yan tossì e gli sputò in faccia. Fu praticamente costretto a farlo, dato che il sangue del naso gli era colato lungo la lingua e si stava appiccicando alla gola.

Il movimento fu tale che spinse la propria carne contro gli artigli di ghiaccio, provocandosi maggior dolore.

Almeno Yeru'a si ritrasse per il ribrezzo.

Anche se fu un movimento minimo, il giovane poté approfittarne per far sgusciare le dita alla tasca e pescare una firethorn.

Prima che l'elfo potesse tornare a colpirlo, lui gli ficcò la spina nell'anca.

Yeru'a urlò invasato mentre si passava le mani sulla ferita per ricoprirla di brina.

Yan si affrettò invece a cercare l'arco e le frecce che gli erano cadute, ma scoprì che non c'erano più. James e gli elfi che gli cadevano addosso vi erano rotolati sopra e avevano spezzato la corda dell'arma.

Guardò Yeru'a che, ripresosi abbastanza per combattere, alzava nuovamente il bieco sguardo su di lui. L'elfo sollevò le mani per colpirlo a distanza, ma la gittata del suo spruzzo gelido non arrivò troppo lontano.

La firethorn doveva averlo indebolito, abbastanza cocente da frenarlo.

Schioccò la lingua in un suono incantevole e si limitò poi a fissare il ragazzo di fronte a lui. «È quello che vorresti anche tu. Non è così, Yan?» ansimò, la voce tanto parossistica da suonare quasi distorta. «Non ti basta vivere nella tua valle e nel Rifugio dei Poltergeist, dico bene?»

Il giovane tastò la tasca alla ricerca di un proiettile.

Tentò di allontanarsi, ma Yeru'a gli sferrò un calcio alla pancia, tanto forte da farlo ricadere stordito dal dolore.

Allontanato da una seconda pedata, Yan rotolò fino alla propria faretra e lasciò andare una scarica di vomito.

La gola gli bruciava orribilmente, lo stomaco gli faceva un male cane, spalancare la bocca lo faceva scoppiare in singhiozzi per le fitte al naso spaccato e al volto bucato...

«Rifel'a mi ha confidato tutti i tuoi dubbi. Ti conosco come il palmo della mia mano, giovanotto» tronfiò Yeru'a. «So che desideri poter espandere la tua libertà. D'altronde è la stessa cosa che desideriamo noi.»

Rifel'a gli aveva parlato così tanto di Yan... non aveva fatto altro che tradirlo, sempre e sempre...

E lui era stato così scemo da fidarsi di un perfetto sconosciuto, era stato tanto ingenuo da credere che delle creature magiche potessero accettare dei "bestia"...

Pur dolorante, si sforzò di lanciare un'occhiata ai rami di Skye e Nathan. Il cuore gli si bloccò in gola nel vederli sul punto di sfiorarsi.

Finiva così?

I suoi amici stavano per subire gli effetti dell'incanto elfico, e lui non avrebbe saputo come fermarli...

«Lasciali agire, Yan.»

Per quanto maligna e falsata, la risata di Yeru'a risuonava come le corde di un'arpa, quasi la voce appartenesse a un angelo crudele.

«Aiutaci a realizzare il nostro sogno. Sai bene cosa significa rimanere radicati contro la propria volontà.»

Yan conficcò le dita nel terreno, i ciuffi d'erba si accartocciarono nei suoi palmi. «Anche io voglio essere libero...»

«Certo, ma tu sei un "bestia", un demone che non merita niente» sussurrò l'elfo. Il tono maligno aveva un che di ragionevole, quasi stesse spiegando la realtà a un ignorante. «Non dovresti neanche pretendere o desiderare. Animali da allevamento? No. Non potete permettervi di definirvi animali, perché alla fine è ciò che siamo anche noi elfi, proprio come gli umani. Voi "bestia", invece... Voi siete solo delle creature indegne di qualsiasi tipo di rispetto. È inutile che mi guardi con quegli occhi tristi e disperati. Forse non te ne rendi neanche conto, ma è solo un trucco del tuo animo infido. Non sono io il cattivo, Yan. Voi siete solo mostri, dopotutto. La vostra esistenza in questo mondo equivale a quella di un tumore.»

Affaticato e pugnalato nel profondo, Yan premette la fronte contro il suolo punteggiato di sangue.

Ecco quanto valevano...

Erano tumori.

Nessuno aveva pena per loro, nessuno li apprezzava, erano soltanto da estirpare...

Perché dovevano combattere, se proprio erano cancri così gravi quanto quello che aveva portato via sua madre?

Perché dovevano avanzare se erano loro i cattivi?

Quale bene aveva mai fatto?

"Elijah..." si disse, ripensando all'amico con il quale aveva trascorso così tanto tempo nel divertimento e nella follia. "Ho salvato Elijah. E anche mio padre e Huge... E... le creature di Hanover ci apprezzavano. Loro non mentivano... e sapevano cosa io fossi. Le abbiamo aiutate, e non hanno mai fatto niente per ferirmi."

Negli ultimi mesi Yan aveva causato non pochi danni, ma aveva anche attuato gesta molto nobili verso il prossimo. Ed era stato gratificato dell'amicizia di alcune creature magiche, persino di un mago come Elijah.

Non poteva essere Yan quello sbagliato, né lo erano i suoi compagni "bestia".

Erano Yeru'a e i suoi elfi a essere crudeli, oltre che ciechi e iracondi. Non riuscivano a pensare ad altro che alla vendetta, Yan poteva quasi sentirla ribollire dentro come fosse sua.

«CI SIAMO!» sentì gridare l'elfo.

Quando il ragazzo alzò la testa, lo vide con gli occhi azzurri ammaliati dai due falsi alberi.

Il contatto stava forse avvenendo?

«Y... an...»

Yan si girò stordito in direzione di James.

Cinque elfi o forse più lo tenevano fermo e lo colpivano al viso, al busto e alle gambe. Le sue braccia erano state bloccate dal ghiaccio ancorato al terreno, impedendogli di spostarsi. Il ragazzo riuscì a mordere un paio di avversari, ma gli altri lo colpirono slealmente alle parti basse, facendogli quasi perdere i sensi.

Se James veniva sconfitto, non ci sarebbe stata altra possibilità, forse Yeru'a e i rimanenti sottoposti sarebbero davvero riusciti a rapirli...

Yan afferrò le prime frecce che riuscì a tastare, e barcollando si gettò a conficcarne una nel collo di un elfo. Dipoi ne trafisse un altro con una di firethorn, ma l'ultimo rimasto lo aggredì sferrandogli una gomitata dietro alla testa.

Il giovane ricadde lungo disteso, la vista annebbiata e il naso che esplodeva di dolore per le ossa rotte.

Si girò a osservare l'elfo afferrare la sua stessa freccia, caricando per trafiggergli il collo.

Mentre il ragazzo vedeva scorrersi tutta la vita davanti, il volto di Dalila che gli sorrideva, James abbatté il filo della mano sulla gola dell'avversario. Non gli concesse neanche il tempo di dare in conati, che gli afferrò la testa e gli rivoltò il collo.

Il suono dell'osso spezzato echeggiò nelle orecchie di Yan, rimbalzando contro i timpani come frecce di firethorn.

Allora James ricadde spossato sopra di lui, entrambi boccheggianti e sanguinanti.

Morti i due elfi precedenti, parte del ghiaccio che lo bloccava doveva essersi sciolta, perciò era riuscito a liberarsi.

Sollevarono gli occhi: i rami si sarebbero toccati entro pochissimi secondi.

In quel momento Yan udì una canzone celestiale, tanto ben accolta dal suo spirito affaticato che non riuscì neanche a guardare, quasi gli dèi fossero scesi in terra per rassicurarlo e intimarlo a calmarsi.

Eppure si affrettò a muoversi.

Sciolse la collana e cominciò a farla roteare, gli occhi che miravano ai rami in crescita. Alla fine, era quasi come con la fionda.

Non appena lasciò andare, la collana volò via e andò ad agganciarsi al ramo di Nathan, quello in procinto di sfiorare la corteccia di Skye.

Svelta l'aquila calò tra le foglie bianche nel tentativo di arraffare il ciondolo col becco, facendo abbassare il ramo cosicché schivasse il tocco del legno arancione.

«UCCELLO IMPICCIONE!»

Yan vide Yeru'a sollevare le mani in direzione dell'aquila, pronto a colpirla con un getto di ghiaccio, improvvisamente dimentico del proprio legame con la natura che lo circondava...

Il getto però non la raggiunse.

Per quanto più in forze, l'elfo non lo era ancora abbastanza perché i suoi poteri lo accontentassero a pieno.

Yan tornò a cercare in tasca, fino a estrarne un proiettile. Era un sasso ricoperto da sottilissime chiazze di muschio velenoso, e che lasciò ricadere nella fionda che non aveva ancora avuto occasione di usare seriamente.

La fece ruotare, senza distogliere gli occhi di dosso da Yeru'a.

L'elfo si piegò, pronto a scattare per raggiungere l'aquila.

Proprio mentre quello si slanciava in avanti, il ragazzo gridò: «Dici che sono un tumore, Yeru'a?»

Yeru'a si fermò con una giravolta aggraziata, colto alla sprovvista.

Mentre roteava il busto in sua direzione, Yan lanciò il sasso, che colpì il nemico dritto nell'occhio.

L'elfo ricadde, la testa che schizzava sangue verde. Si contorse tra gemiti e gorgheggi, il veleno ormai a diretto contatto col cervello...

Infine s'immobilizzò, morto.

Yan ricadde sulle ginocchia e sorrise senza sollevare gli angoli della bocca.

A Yeru'a era piaciuto parlare di tumori, per colpirlo nel profondo.

Molto probabilmente l'elfo capo tribù aveva sofferto in quel breve lasso di tempo proprio come la madre di Yan aveva patito per lunghi mesi.

                                   *

Sembra che i ragazzi siano riusciti a sconfiggere gli elfi, un po' nella ragione e un po' nel torto.
Mi auguro che il capitolo vi abbia fatti emozionare in modi diversi.
Non voglio giustificare il modo in cui i protagonisti hanno attaccato gli elfi, ma non posso neanche provare una pena completa per questi ultimi.
Purtroppo questa è la guerra, funziona così e l'unico rimedio sarebbe non farla affatto.

Il prossimo sarà il capitolo finale per il libro di Yan, senza però contare l'epilogo che rilascerò nello stesso giorno e che annuncerà il protagonista del terzo volume.

Grazie ancora per il vostro seguito, miei cari, vi voglio bene❤️

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