Princess on the run

Da knamida

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Ellie non è una ragazza come tante anche se vorrebbe esserlo, lei è una giovane principessa che poco tale si... Altro

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Prologo
Capitolo 1 - La Regina Dianne
Capitolo 2 - Ellie
Capitolo 3 - Liam
Capitolo 4 - Ellie
Capitolo 6 - La Regina Dianne
Capitolo 7 - Ellie
Capitolo 8 - Liam
Capitolo 9 - Ellie
Capitolo 10 - Liam
Capitolo 11 - Ellie
Capitolo 12 - Liam
Capitolo 13 - Ellie
Capitolo 14 - Liam
Capitolo 15 - Ellie
Capitolo 16 - Liam
Capitolo 17 - Ellie
Capitolo 18 - Liam
Capitolo 19 - Ellie
Capitolo 20 - Liam
Capitolo 21 - Ellie
Capitolo 22 - Liam
Capitolo 23 - La Regina Dianne

Capitolo 5 - Liam

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Da knamida

Io e la mia nuova compagnia non ci eravamo detti più nulla dopo quel momento. Mi sentivo maleducato a non averle rivolto la parola ma non perché non volessi, in realtà mi sarebbe piaciuto sentirla parlare, semplicemente mi metteva allegria il modo in cui si guardava intorno con attenzione, come se non volesse dimenticare niente della strada che i nostri piedi lenti stavano calpestando.

Sembrava così assorta, meravigliata per lo più, come se non avesse mai visto il mondo se non attraverso qualche giornale ed io non ero nessuno per interromperle quel piacere.

Dopo poco tempo eravamo arrivati al mio locale, non distava molto da quel vicolo che ci aveva fatti incontrare di nuovo. Forse, ogni volta che ci sarei passato davanti, mi sarei ricordato di lei.

Entrambi ci fermammo e prima che potessi alzare la saracinesca la guardai contando a bassa voce fino al numero tre.

"Adesso la signora Litzy comincerà ad annaffiare tutte le piante", le dissi muovendo gli occhi verso le mie spalle per invitarla a guardare.

E senza sbagliarmi di un solo secondo, eccola lì con il suo fedele annaffiatoio blu pronto a dare da bere alle sue preziose bambine... era così che le piaceva chiamarle, sicuramente aveva dato loro anche un nome ma non avevo mai osato chiedere. Conoscevo Litzy da quattro anni, così come l'intero vicinato e le loro piccole e grandi abitudini. Era impossibile per me sbagliarmi quando precedevo il loro da fare prima che potessero farlo, mi divertiva far coincidere la mia mente alle loro azioni così come mi stava divertendo l'espressione meravigliata che la ragazza davanti a me aveva dipinto sul suo piccolo viso.

Aveva alzato la mano e aveva salutato Litzy con un largo sorriso, ma seppur mi piacesse l'idea che fosse una signora aperta al relazionarsi con chiunque le desse un minimo di confidenza, sapevo quanto chiacchierona fosse. Non appena compresi che la ragazza ancora estranea aveva tutte le buone intenzioni di avvicinarsi a lei, cercai in tutti i modi di evitarglielo senza alcun risultato: mi aveva appena piantato.

Sospirai cercando di non girarmi verso di loro e venire risucchiato dal vortice delle chiacchiere interminabili della buon cara Litzy, attesi pochi minuti prima di alzare le saracinesche sperando che questa volta il mio segnale non venisse ignorato.

Così non fu perché dopo poco lei si avvicinò alla porta d'ingresso del mio locale dove io non aspettavo altro che lo facesse il prima possibile, il mio occhio cadde rapido sulle sue piccole mani dentro cui reggeva una rosa rossa appena tagliata: era bella proprio come lei.

Cancellai immediatamente quel sentimento impetuoso e mi lasciai andare al pensiero che colei che avevo davanti era una perfetta estranea e che una volta datole da mangiare, probabilmente non l'avrei mai più rivista.

"Guarda, la signora Litzy è stata così gentile da regalarmene una", disse portandosi la rosa sul viso per annusarla.

Il mio stomaco esplose in una violenta eruzione vulcanica nel vedere quel gesto così semplice e spontaneo. Perché lo aveva fatto proprio adesso, davanti a me? Non poteva farlo prima quando non potevo vederla?

"E' sempre così, la ringrazierò più tardi con una grossa tazza di latte caldo e cacao", dissi cercando di tornare il Liam di sempre.

"Magari potrei portarglielo io", sembrava euforica:"Ha detto che sono la tua collaboratrice".

Quando concluse la frase, eravamo appena entrati per evitare che qualcun altro la vedesse e cominciasse a riempirle la testa di troppe chiacchiere. Qui dove lavoravo, fin troppe persone avevano qualcosa da raccontare e non cercavano altro che qualche viso sconosciuto per poterlo fare.

"Ha detto davvero così?" Mi fermai di colpo corrugando la fronte.

Quindi questo non sarà l'ultimo nostro incontro?

L'idea mi inebriava come il profumo primaverile della rosa che ancora reggeva nella mano ma cosa sarebbe successo? Pensavo per lo più a come il resto dei ragazzi avrebbero preso il suo arrivo, a come Tanya avrebbe potuto reagire. Perché sì, le sue decisioni valevano più di quel che avrebbero dovuto e avere una ragazza così carina come collega non le avrebbe sicuramente fatto piacere.

Cominciai a farle una serie di domande, dove avrei potuto inserirla per farla lavorare al locale? Non aveva dimestichezza con la macchinetta del caffè, non sapeva preparare i cocktail e non era a conoscenza degli schermi usati per segnare i punti al bowling. Ero totalmente e sinceramente colpito da quante poche cose sapesse fare, era dunque questo il momento perfetto per chiedermi dove fosse vissuta fino ad ora.

"Sai pulire i bagni?" Non avevo altre risorse, questa mi sembrava essere la più semplice e che anche un bambino avrebbe risposto di saperlo fare. Sospirai nella mia mente quando la sua risposta fu positiva, avevo trovato qualcosa adatto a lei:"Allora puoi cominciare con quello".

Mi sorrise teneramente:"Questo vuol dire che sarò la tua collaboratrice?"

"Diciamo che per ora puoi aiutarmi a fare dove gli altri non riescono".

"Gli altri chi?"

"Farai presto la loro conoscenza", guardai l'orologio a muro appeso alla colonna dietro le sue spalle:"Adesso però è meglio se mangi qualcosa prima che tu mi svenga sul pavimento".

Che cosa poteva mangiare una ragazza come lei? Era abbastanza minuta anche se la felpa ingannava quel corpo che, al mio tatto, sembrava carnoso nei giusti posti. Mi fissai su un punto inesistente davanti ai miei occhi, in rapido movimento la mia mente stava proiettando l'attimo esatto in cui le mie mani erano sui suoi fianchi a reggerla quando mi era caduta addosso. Sembrava quasi non volessi che si alzasse dal mio corpo disteso sul marciapiedi, averla addosso stava meglio del mio chiodo preferito. Presi a morsi l'immaginazione effimera di quell'attimo così sfuggente, dovevo essere solo un povero pazzo a pensarci ancora.

Levandomi di dosso l'idea di essere solo un uomo rimasto colpito dall'evento appena capitatomi, iniziai a preparare un cappuccino e un cornetto che portai al suo tavolo insieme al mio caffè, lei era così concentrata ad esaminare ogni dettaglio del locale che non si era minimamente accorta di me. Iniziai a gesticolare come un pazzo pregando nella mia mente che Andrew non entrasse da quella porta e mi vedesse farlo, avrei solo firmato la mia condanna per i prossimi mesi di prese in giro.

Ero riuscito a raccogliere la sua piena attenzione:"Hai perso l'appetito?" Accompagnai l'ironia ad un leggero sorriso.

Studiai ogni suo movimento, volevo non perdermi nulla di ciò che faceva, neppure il modo in cui alzò le maniche della felpa e afferrò il cornetto con entrambe le mani.

"Assolutamente no!"

Diede un morso deciso, poi ancora uno e un altro ancora, sembrava non masticare:"Guarda che non scappa mica", sorrisi.

Ma lei non fece lo stesso anzi, aveva rallentato la masticazione e aveva posato imbarazzata il cornetto nel piattino riempito di piccole briciole e qualche goccia di cioccolato. Mandò giù un sorso del cappuccino sporcandosi le labbra di schiuma che prontamente pulì con il fazzoletto, mi aveva messo tenerezza quel suo modo di esprimersi attraverso la fame che aveva.

"Scusami, devo sembrare un dinosauro".
"Niente affatto", cercai di tranquillizzarla e farla sentire meno in imbarazzo:"Sei solo affamata, da quanto tempo non mangi?"

"Da ieri sera", disse guardando poi verso la mia tazzina:"Tu non fai colazione?"

"Un caffè mi basta".

"Beato te, io credo che un cornetto non mi basti". Disse silenziando le ultime parole, avrebbe davvero mangiato qualcos altro? Il pensiero mi fece sorridere:"Dov'è la mia rosa?" Cambiò prontamente argomento.

La assecondai:"Ho pensato di metterla in un vaso. Le rose sono molto delicate, hanno bisogno di costanti cure e non amano essere trascurate".

"Ne sai molto".

"Lavorare accanto ad una fioraia mi ha dato modo di imparare", le sorrisi:"Allora, visto che sarai la mia collaboratrice potremo iniziare con il dirmi il tuo nome".

E non era solo perché da oggi avrebbe dovuto lavorare per me ma fremevo dalla voglia di saperlo già dal nostro sfuggente scambio di sguardi.

La vidi alzare un sopracciglio, non erano folte le sue ma nemmeno sottili, piuttosto stavano bene sopra il suo taglio di occhi al colore del caffè che avevo appena finito di bere:"Non avevi detto che avrei cominciato con il pulire i bagni?" Ironizzo, simpatica ammisi a me stesso:"Mi chiamo Louisa, ma potrai chiamarmi Lou".

Louisa, Lou, aveva lo stesso nome della protagonista di non ricordo quale film. Non lo chiesi, il titolo non era importante da sapere dinanzi a quanto avrei voluto conoscere di lei. Volevo sapere da dove veniva, quale fosse la sua bevanda preferita, il film che la faceva piangere più di tutti o quello che la metteva di buon umore. Volevo sapere la sua stagione preferita, se amasse il mare o le escursioni in montagna, se le piaceva viaggiare o preferiva la pace della casa. 

Mi sarei volentieri presentato ma Litzy le aveva già svelato il mio nome e non sapevo se il rammarico che provavo era per il fatto di non aver avuto l'onore di dirlo io o di non averle potuto stringere la mano nel presentarmi, forse esageravo quando pensavo di volermi concedere qualcosa che fosse più di una semplice immaginazione.

"Vedo che la signora Litzy ha risparmiato la presentazione". Ciò a cui avevo pensato, lo dissi per metà a voce alta, era il mio modo semplice di continuare a chiacchierare con lei.

"Poverina, avrà pensato ti conoscessi già".

"Probabile, lei crede che tutti mi conoscano".

"E non è così?"

"Quasi".

Mise i gomiti sul tavolo:"Fammi pensare... sei una rockstar in incognito", socchiuse gli occhi.

"Mi hai scoperto, sono proprio io".

"Ho fatto centro, si!" Dissi trionfante scoppiando poi a ridere.

Era anche brava a cambiare subito argomento, proprio quando ero pronto a chiederle qualcosa in più su di lei. Non volevo insistere però, avrei aspettato che si sentisse pronta ad aprirsi da sola.

Guardai un'ultima volta l'orologio e mi si raggelò il sangue al solo pensiero che tra una mezz'ora circa sarebbero arrivati Andrew, i ragazzi e Tanya.

Lei, la mia più grande preoccupazione, la mia prima storia seria e duratura nonostante Andrew mi pregasse per lasciare che le cose si interrompessero prima di diventare insostenibile affrontarle.

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