I Flagelli: Tradimento

By isabel-giacomelli

1.2K 274 2.8K

Secondo libro della saga "I Flagelli" Volume 2: "I Flagelli: Tradimento" ~"Non farò niente che la induca a i... More

Copyright
Prologo
L'incontro
L'albero rosa
La tribù elfica
Lo specchio magico
Preoccupazione
Rifel'a
I semi
Il perfido re
La scelta
Fuoco
Nascosto nel fienile
Dalila
Cuore confuso
Il nobile ribelle
L'errore del cuore
Scuse forzate
I segreti della Foresta
Dekig
La serata più bella
Pelle macchiata
Il morbillo
I Cacciatori misteriosi
La riunione
La frattura
Il dolore della separazione
Lo Spettro Bianco
Nemici misteriosi
Scoppia la battaglia
Al salvataggio (Parte 1)
Al salvataggio (Parte 2)
Il Gioiello
Tradimento
La forza dell'Ira (Parte 1)
La forza dell'Ira (Parte 2)
A casa
Epilogo
Quiz - A quale territorio di Egaelith appartieni?
Terzo libro pubblicato!

"Le sette Colombe e le sette Mele"

21 4 89
By isabel-giacomelli

Per molti giorni Yan fu cupo a causa della perdita della madre, ma almeno c'erano gli amici a tirarlo su di morale, a tentare di distrarlo o a lasciarlo parlare quando aveva bisogno di sfogarsi.

Gli dispiaceva pensarla in quel modo, ma Rifel'a non sarebbe mai stato tanto d'aiuto come lo erano loro, c'erano determinate cose che il suo amico elfo non arrivava a capire.

Ciononostante, Yan gli era grato per essergli rimasto accanto durante un intero mese.

Nei primi giorni Vow'a era venuto a sapere che l'attacco pianificato da re Kayne era stato annullato. Poiché la signora Mowbray era morta con la presenza dello "spettro", all'accampamento serpeggiava la convinzione che quell'entità misterioa avesse lanciato la sua prima punizione uccidendo la povera donna malata.

Yan sentiva fitte d'ira al pensiero: la gente credeva che fosse stato lui la causa della morte di sua madre...

Almeno re Kayne aveva accettato di posticipare l'attacco.

Che fosse o meno una sua decisione, l'importante era che se ne stesse buono: molto più probabilmente era stato costretto a dar retta all'esercito e al resto dell'accampamento, e forse il duca Robert Bellspring lo aveva fatto rinsanire quanto bastava.

E Dalila rimaneva un pensiero fisso, ma Yan cercava in tutti i modi di andare avanti.

Non sarebbe mai più stato sereno come una volta, avrebbe per sempre pensato a lei, tuttavia doveva impegnarsi per rimanere calmo e lucido e, forse, un giorno si sarebbe abituato al dolore.

Poiché Rifel'a non era intenzionato a uscire sotto al sole estivo, Yan lo andò a trovare un paio di volte.

Gli era anche balzata un'idea, perciò usufruì dello specchio magico, ma stavolta non per guardare la Foresta di Hanover né la fattoria di Dalila.

Una volta utilizzato, si alzò e fece un cenno del capo a Yeru'a, rimasto ad aspettarlo accanto a suo figlio minore. «Ti ringrazio molto, Yeru'a. Mi spiace essere stato così meschino nei tuoi confronti.»

L'elfo sbatté le palpebre con educata sorpresa. «Meschino?»

«Ho continuato a usare lo specchio senza fartelo sapere...»

«Oh, giovane umano, non provo rancore. Al contrario, ritengo che tu abbia fatto la cosa giusta.»

"Ed è proprio per questo che qui non stavo così bene. Voi non fate altro che inneggiare ai miei errori."

«Nonostante ciò», riprese a dire il capo elfo, la voce improvvisamente velata, «mi chiedo come mai tu te ne sia andato dalla nostra tribù, Yan. Non eri felice qui?»

Arrossito, il giovane cercò in fretta l'aiuto di Rifel'a, invece il suo amico elfo lo stava fissando in attesa di una risposta.

«Ehm, v-voi siete stati gentilissimi con me» balbettò Yan. «E non vi ringrazierò mai abbastanza. P-però la mia famiglia...»

«Abbiamo creduto di essere noi la tua famiglia» lo interruppe Yeru'a, abbassando lo sguardo nell'afflizione. «Ci siamo affezionati a te.»

Il ragazzo si commosse. «E io sono affezionato a voi, lo sono davvero tanto. Siete diventati miei amici. Però... però...»

Cosa diavolo doveva dire?

Sarebbe stato quasi contraddittorio e avrebbe solo rischiato di offenderli...

Aveva notato che Rifel'a era diventato un po' più taciturno e distaccato, ma Yan non si sarebbe mai aspettato di averlo fatto sentire abbandonato.

Frattanto che cercava una scusa, dall'entrata della grotta comparve il viso granitico di Vow'a, i passi avvolti dal silenzio. «Salve, Yan. Ti trovo bene» salutò, almeno lui - almeno apparentemente - affabile.

Il ragazzo avrebbe comunque preferito che rimanesse in silenzio, considerata la severità con cui Yeru'a e Rifel'a si girarono a guardarlo.

Eppure Vow'a non s'intimorì. «Padre, guiderò una pattuglia per la caccia. Ho bisogno di te, Rifel'a. Yan, ti serve una scorta per tornare a casa?»

Yan scosse leggermente il capo, superandoli in fretta. «N-no, grazie, ho prima una cosa da fare.»

«Che cosa?»

«Non è niente, Vow'a, davvero.»

Ignorò l'occhiataccia proveniente anche da Yeru'a e si affrettò a uscire dalla grotta e ad allontanarsi.

Mentre attraversava le caverne, gli parve come se tutti gli elfi si voltassero a fissarlo in maniera strana.

*

Posò la scatola per togliere gli stivali. Non indossò le pantofole, sicuro che camminando solo con i calzini sarebbe stato molto più silenzioso. Allora recuperò la scatola e la sollevò per cercare di avanzare in corridoio in punta di piedi, per quanto l'interno risuonasse insistentemente.

Si ghiacciò nell'udire le voci di Owen e Skye provenire dal bagno.

Dalla porta socchiusa, Yan sostò comunque a origliare la loro conversazione, incuriosito dal fatto che si trovassero insieme in quella stanza tanto privata.

«...pericolo, stai tranquilla. Gli elfi rilasciano le loro cellule riproduttive nei frutti solo quando decidono di avere figli insieme alla compagna. Donare a un'elfa il proprio frutto contenente spermatozoi a sua insaputa è considerato un vero e proprio stupro. In ogni caso, se proprio non ti senti sicura, non accettare frutti elfici.»

Basito dall'argomento, Yan preferì lasciar perdere e si allontanò, tutto porpora in volto.

Non appena entrò in salotto, sentì afferrarsi per la collottola.

«Ouch! Jamie, che stai facendo?»

«Prima abbiamo visto una luce azzurra nella valle» lo accusò Xerxes, l'indice sollevato contro di lui. «Devi dirci qualcosa?»

«Sì, ho usato i portsid» confessò Yan, affrettandosi poi a dire: «Ma non sono stato nella Foresta. Sono andato a Murcuw, dove ormai è tutto deserto».

«E cosa diamine ci sei andato a fare?» gorgheggiò arrabbiato Nathan.

Yan si liberò con una scrollata e gli porse la scatola. «Tieni, sono andato a prendere questo. È per te. Spero di non aver sbagliato, ma era l'unico tra le macerie.»

L'amico fissò il contenitore con dubbio. Posò le dita sul coperchio e tirò su lentamente, per poi rimanere a occhi strabuzzati.

Yan sorrise nell'udire lo squittio eccitato proveniente dall'interno.

«Sei ancora vivo?» borbottò Nathan, avvicinando la mano al ratto grigio che faceva capolino.

All'animaletto bastarono solo un paio di sniffate prima di squittire di nuovo e cominciare ad arrampicarsi lungo il suo braccio fino alla spalla.

Nathan sorrise mentre lo afferrava e lo teneva sollevato per guardarlo bene. «Amico mio, sei conciato davvero male!»

Prima di quel giorno, Yan non aveva mai visto il ratto di cui gli era stato raccontato così tanto, ma immaginava che in passato avesse avuto un corpo un po' meno scialbo, e che non gli fossero mancate parti di pelo.

Incuriositi dai cicalecci, Skye e Owen li raggiunsero.

La prima cosa che fece lei fu correre a recuperare un pezzo di formaggio. Non appena lo avvicinò al muso del ratto, questi lo addentò con tanta veemenza da rischiare di staccarle un dito.
Impiegò pochi morsi voraci per terminare il pasto.

«Ehi, quelle dieci dita servono per coccolarmi» scherzò Nathan, sorridendo a Skye per tranquillizzarla. Dopodiché si rivolse a Yan: «Grazie, amico. Non immagini quanto mi faccia piacere».

«Nah, una cosa da niente!»

Nathan aveva perso un'altra madre. Lui e Yan adesso erano definitivamente orfani.

Nonostante Xerxes insistesse a dire che Mowbray poteva averli protetti, nessuno dei due dimenticava di come l'uomo fosse rimasto a guardarli mentre venivano maltrattati.

Un ratto non poteva certo venire considerato un sostituto per un genitore, ma Yan sperava che aiutasse Nathan a sentirsi meglio dal recente lutto.

A lui invece bastava vederlo contento.

«MA VOI NON SIETE NORMALI! COSA DIAVOLO È QUELL'AFFARE?!»

Sussultarono talmente forte che Nathan quasi perse la presa sul ratto.

Inizialmente tanto scioccato da rimanere in silenzio, Owen si agitava adesso intorno a loro, gli occhi da gufo rotondi come sfere e i movimenti sconnessi ricordanti una danza tribale.

«È UN RATTO GRIGIO! PORTANO LA PESTE!»

Sbarbò poi la scatola dalle mani di Yan e v'intrappolò di nuovo la bestiola, prima di sfrecciare nel suo laboratorio, ignorando Nathan che lo seguiva a ruota imprecandogli contro.

Intanto, la nuca di Yan formicolava in maniera strana. Quando si voltò scoprì infatti gli occhi accusatori di Xerxes e James.

«Ho visto che era vivo,» tentò di giustificarsi, «e... sarebbe morto presto...»

Sebbene la smorfia di disgusto stampata sulle sue labbra, il principe scrollò le spalle. «Se Owen non troverà malattie, potrà restare... per quanto mi faccia schifo.»

«Ed è stato un gesto molto carino» s'intromise Skye con più condiscendenza.

«Spero tu non abbia portato a casa un'altra malattia, Yan» sbadigliò James, prima di ricevere una gomitata nelle costole da parte dell'amica.

Intanto Xerxes porgeva la mano a Yan. «I portsid.»

Questi sospirò, tirando fuori dalla tasca il sacchetto di semi. «Ho bruciato la mia ultima carta, eh?» borbottò mentre glieli porgeva.

Il principe appariva molto serio, e nuovamente preoccupato. Stavolta, però, lo fissava quasi stesse interfacciandosi con un malato. «Sono diventati la tua droga... Yan, non avrei voluto farlo, ma ti ordino di non usarli più.»

Lui deglutì in silenzio, troppo vigliacco per riuscire a guardarlo negli occhi, anche mentre Xerxes affidava i semi alla custodia di James.

In una situazione diversa Yan non si sarebbe vergognato di ricevere un ordine dall'amico, ma in questo caso capiva che il principe non aveva avuto altra scelta se non comportarsi in tal modo, perché era stato deluso un'altra volta e ormai sentiva di non potersi più fidare.

Nessuno si sarebbe più sentito sicuro con lui tanto facilmente, e l'idea di aver intinto di dubbio la fiducia degli amici lo faceva star male.

«A quanto pare Niawn avrà un amichetto» asserì James, forse per placare gli animi.

Skye afferrò la ranocchia dai suoi capelli e la strinse al petto con fare protettivo. «Forse è meglio tenerla lontana dal topolino, almeno per un po'. Mi è sembrato piuttosto affamato. Mi aiuti a cercare qualcosa per creargli un giaciglio?»

«Forse è meglio creare anche un guinzaglio per Niawn. È così stupida che si farà divorare senza neanche rendersene conto.»

James si avviò ai cassetti per cercare il necessario, senza accorgersi però che Skye era rimasta dietro di lui e lo stava guardando con rabbia, i riccioli sulla testa sollevati quasi la sua aura fosse sul punto di esplodere.

«Beh, lascia perdere!» sbraitò d'un tratto. «Tanto non te ne frega niente della mia rana!» e detto questo corse in camera, sbattendo la porta tanto forte da far tremare i soprammobili.

Un aggeggio in ceramica raffigurante il castello di Finwzima si agitò così tanto da cadere dalla mensola, salvato fortunatamente dalla forza invisibile che era un poltergeist.

Mentre il soprammibile tornava al suo posto, James si grattò tra i riccioli, sconvolto. «Ma cosa cazzo le è preso? Non è mica la prima volta che prendo per il culo la sua rana!»

«Sai che ultimamente è più suscettibile» gli rammentò Xerxes. «E sai anche quanto le dia fastidio se dici cose del genere, che tu scherzi o meno.»

«Oh, certo, è colpa mia anche stavolta!» sbottò James di tutta risposta, prima di andarsene impettito.

Yan doveva essersi perso qualcosa durante il mese di assenza.

Certo non era la prima volta che James se la prendeva sul personale per un commento di Xerxes: da un po' ormai sembravano essere diventati piuttosto affabili l'uno verso l'altro, tanto che dopo anche solo un insulso battibecco sembravano sempre perdere brio, finché non riuscivano a far pace.

Il loro rapporto era migliorato un sacco da quando si erano conosciuti!

Il fatto che Skye fosse molto nervosa sembrava invece qualcosa di più recente. Gli altri avevano teorizzato fosse dovuto al fatto che uno di loro si fosse allontanato, ma anche adesso che Yan era tornato, lei non abbandonava i brontolii neanche per le questioni più superficiali, ed era molto meno tollerante verso i comportamenti indisciplinati dei coinquilini. Sembrava essere diventata come Owen, ma all'ennesima potenza.

«Non so cosa stia succedendo a Skye» cominciò a mormorare Xerxes. «Né a James. E il fatto di non riuscire a capirli mi manda ai pazzi. Per non parlare dell'ultima notizia...»

«Ultima notizia?»

«La regina Vilde, la moglie di Vurwisch, è morta.»

«Oh no... Come mai? Cos'è successo?»

«Passeggiava nella foresta vicino al castello, quando la sua renna si è imbizzarrita all'improvviso: è corsa via e sono cadute insieme in un burrone. La regina non ha fatto in tempo a lanciare un incantesimo. Aveva un livido e dei graffi alla testa, pensano che durante la corsa possa aver sbattuto contro un ramo e che perciò fosse confusa.»

«È orribile...»

Yan non aveva mai conosciuto i suoi nuovi sovrani - i quali non potevano certo sapere dell'esistenza di un suddito come lui - tuttavia aveva sentito parlare della regina Vilde, descritta come una fata di enorme eleganza e classe, tanto affascinata dal diverso da arrivare a innamorarsi di un essere umano, e soprattutto stracolma di gentilezza verso il prossimo.

Il regno ne avrebbe pianto la perdita per sempre...

«Come stanno gli elfi?» volle sapere poi Xerxes.

A Yan dispiaceva non poter riuscire a distrarlo, e anzi dargli ulteriori pensieri. Anche perché Xerxes per primo stava evidentemente cercando di distrarlo dal pensiero della regina deceduta, oltre al battibecco riguardo i portsid.

Yan stava cercando di ragionare un po' di più sui comportamenti degli amici, nel tentativo di empatizzare meglio e non rischiare di farli soffrire un'altra volta.

«Prima è successa una cosa strana, mentre ero da loro», e raccontò di come Yeru'a si fosse mostrato dispiaciuto che lui se ne fosse andato, considerando che gli elfi avevano cominciato a pensarlo quasi come un membro della tribù. «Io non volevo assolutamente offenderli,» si passò una mano tra i capelli, «ma se adesso la prendessero così tanto sul personale, come quando James...»

«Non saprei.» Xerxes incrociò le braccia. «Mentre vivevi da loro, ti sono mai sembrati strani?»

«No, Rifel'a m'incitava soltanto a recarmi nella Foresta di Hanover. E prima Yeru'a ha detto che le mie azioni erano giuste. Vow'a è sempre stato l'unico tra loro a volermi convincere a tornare a casa, perché capiva che avevo bisogno di voi.»

«Forse credono davvero che tu abbia fatto la cosa giusta. Insomma, fino a prova contraria, hai sventato delle battaglie e hai salvato mio cugino.»

Yan arrossì. «Ma loro intendevano anche riguardo all'amore. Mi comportavo da idiota senza cervello, e loro mi spronavano a continuare.»

Il principe stava scuotendo la testa. «Hanno un punto di vista diverso dal nostro. Mi dispiacerebbe se ci fossero rimasti male. Aspettiamo che Vow'a torni a trovarci, così potremo parlargli.»

«E se non tornasse?»

«Allora avremo la conferma che c'è uno screzio con gli elfi.»

                                   *

Fortunatamente Owen non trovò alcun tipo di malattia nel sangue del ratto, così accettò, pur dopo molte preghiere, che Nathan lo tenesse, ma solo se gli avesse fatto un bagno lungo almeno due ore.

Una volta terminato, il roditore aveva il pelo tanto lucido da risplendere come il platino.

«Qual è il suo nome?» domandò Skye, calmatasi in tempo per la cena.

«Non gliene ho mai dato uno.»

«Come mai? Nathan, i nomi sono importantissimi! Altrimenti come si fa a chiamarci a vicenda?»

A James tremolò l'angolo della bocca. «È consapevole che gli animali comunicano con i versi e non con le parole?»

«Dustin!» Skye li sorprese tutti battendo il pugno sul tavolo, facendo balzare il ratto e cadere Niawn all'indietro. «Il suo nome è Dustin!»

Nathan, che aveva afferrato la rana in tempo, inclinò la testa. «Perché si accosta a "dust" e al fatto che sia cresciuto nella polvere?»

«Oh, Nate, ma come posso saperlo io? Me lo ha detto lui di chiamarsi Dustin.»

«Come no...» tossicchiò James.

Xerxes aveva appena posato le ciotole in tavola e si erano riuniti per mangiare, quando disse: «Prima che mi dimentichi, Yan, ho pensato alla fiaba di cui mi hai parlato. Per caso te l'ha nominata Elijah?»

«Già.» Yan raccontò loro del tunnel che aveva esplorato con Elijah e di come avessero scoperto l'affresco delle quattordici figure sovrannaturali.

«E non mi hai mai parlato di una cosa simile?» Owen brandì il cucchiaio a mo' di minaccia. «Sai che adoro questo tipo di misteri!»

«E tu sai che Yan è un tipo riservato» commentò James con leggerezza, beccandosi un'occhiata esasperata dal diretto interessato. «In ogni caso, dovresti guardare alle tue di piume, gufetto. Considerato che tu e Xerxes non fate altro che passare le serate in laboratorio.»

«Cos'è? Sei geloso?»

«Smettetela, voi due!» li fermò Skye mentre i due ragazzi si guardavano forse fin troppo male. «Anch'io sono interessata a questi affreschi. Se parlate di una fiaba, a me viene in mente Le sette Colombe e le sette Mele

Sia Yan che Xerxes si girarono di scatto a guardarla, entrambi con le posate immobili a un palmo dalle labbra.

«Tu la conosci?»

«Ce la raccontò tuo nonno, Xer. Eravamo molto piccoli, però la ricordo bene, perché fu la mia fiaba preferita!»

«Ce la puoi raccontare?»

Skye si agitò sul posto per l'eccitazione di fare da bardo. «Certo! La protagonista è una gioielliera, che vuole assolutamente creare un accessorio magico e perfetto: un accessorio la cui vista non conti, quanto piuttosto che permetta a chiunque di poter acquisire una saggezza universale, pari a quella delle divinità, per arrivare a comprendere le origini del mondo e la sua futura apocalisse!»

James batté svogliato il cucchiaio sulla ciotola. «Il mondo avrà un'apocalisse? Che bello.»

«È una fiaba, Jim.»

«Beh, scusa se mi preoccupo, principino. E, per la cronaca, il mio primo pensiero è andato alla tua splendente acconciatura.»

Il principe gli scoccò un sorrisetto, prima d'intimargli il silenzio.

Allora Skye proseguì: «A parere di questa Gioielliera, per far sì che un tale accessorio potesse impregnarsi di cotanta saggezza, non doveva essere lavorato né dall'oro, né dall'argento, né dal rame. Doveva invece essere modellato dalla terra e dall'acqua, poiché sono gli elementi primari che compongono Pure e le sue creature.»

Nathan sorrise. «Allora mamma aveva ragione quando diceva che nasciamo da sotto i cavoli.»

Skye gli tirò una spintarella. «Insomma, la Gioielliera non usò la magia, ma recuperò un po' d'acqua di mare e vi gettò della terra. Raccolse la zolla bagnata e la modellò con le sue stesse mani per darle la forma di una piccolissima sfera, dalla superficie tanto liscia da non poter fare a meno di toccarla e pura come la prima goccia di una fonte montana. Se poi avesse aggiunto quella sfera a un bracciale, una collana, un anello o un orecchino, lo avrebbe deciso in seguito. Mancava soltanto la saggezza magica e divina per far sì che la sfera divenisse dura e stabile come la pietra.

«Così si recò al Plurisantuario in Ukera, il tempio più grande di Pure, dove si può trovare l'altare dedito a qualsiasi divinità e semi-divinità. La Gioielliera s'inchinò proprio in mezzo all'edificio, ove pregò tutti gli dèi affinché le concedessero ciò di cui aveva bisogno.

«A quel punto, sette Colombe calarono dal lucernario e cominciarono a svolazzarle intorno cantando con voci ancestrali. Atterrarono leggiadramente e si chinarono alla Gioielliera, pronte a farle dono di quanto desiderava.

«Tuttavia le Colombe la avvisarono: "La saggezza suprema implica tutti gli aspetti puri e tutti gli aspetti maligni. Se desideri che la tua creazione permanga, devi separare noi Colombe della Luce dalle Mele dell'Oscurità. Torna quando avrai in tutto quattordici sfere."

«Al che la Gioielliera rimase interdetta. "Altre tredici sfere? Ma io voglio creare un solo accessorio che contenga tutta la saggezza divina!"

«Una delle Colombe, dunque, rispose: "Guardati dalla superbia e dall'avidità, cara erudita dalle abili mani. Puoi donare tanto al mondo e a te stessa, ma non lasciarti accecare dalla sete di potere. Non ha mai giovato a nessuno e mai gioverà. Torna con quattordici sfere".

«"Non era questo il mio progetto" replicò la Gioielliera. "Desideravo creare un'unica cosa che venisse ricordata e che potesse appartenere solo a me."

«Una seconda Colomba sembrò arrabbiarsi e rispose: "Guardati dalla superbia e dall'avidità, cara artigiana dalla grande mente. Non lasciare che il tuo sogno cada nel baratro dell'oscurità, non farlo per essere migliore di altri, o non troverai mai piacere nel tuo lavoro."

«"Non posso fabbricare solo un'altra sfera?" insistette la Gioielliera. "Perché voi buoni spiriti non potete rientrare in una medesima sfera?"

«"Perché anche un potere del tutto puro, se gigantesco, può essere troppo per un corpo terreno" rispose un'altra delle Colombe. E, di nuovo, alla gioielliera venne detto: "Guardati dalla superbia e dall'avidità, cara signora dal cuore curioso. Puoi donare tanto al mondo e a te stessa, ma non lasciarti andare al desiderio di essere una divinità. La vera saggezza sta anche nel conoscere le verità ma senza abusarne, e un mortale rimane naturalmente troppo peccatore per riuscire a trattenersi. Torna con quattordici sfere".

«Infine la Gioielliera s'inchinò dinnanzi a loro e se ne andò, promettendo di tornare con altre tredici sfere.»

James alzò mano per fare una domanda. «La Gioielliera si è poi ricordata che le colombe non parlano e si è ripromessa di bere di meno?»

«James!» lo sgridò Skye, mentre i ragazzi scoppiavano a ridere. «Volete sentire la fine della storia o no? Perché io posso anche azzittirmi e ingozzarmi!»

«Siamo seri...» Yan si sforzò di trattenere le risate. «Continua pure.»

Lei sospirò stizzita. «Dunque... La Gioielliera creò altre tredici sfere, piccole, lisce e perfette come la prima, così tornò al Plurisantuario.

«Le Colombe calarono nuovamente e, ammirando il bel lavoro svolto dalla donna, accettarono di donarle la saggezza che richiedeva, confidando nella purezza del suo cuore. A quel punto penetrarono ciascuna in una sfera: queste sette assunsero la forma di piume sottili e leggere, per quanto di pietra, fresche e di diversi colori vivaci.

«Nel mentre che la Gioielliera rimirava estasiata le piume, vide spuntare attorno a sé sette piantine, che crebbero fino a maturare in alti meli dal fusto contorto. Ogni albero aveva un ramo sporgente verso la donna, da cui pendeva una Mela.»

«Non dirmi che le Mele si misero a parlare.»

«Le mele non parlano, James!» Skye gli ficcò un tozzo di pane in bocca, per poi tornare sul discorso: «La Gioielliera sporse le sfere restanti, ciascuna verso una Mela. Allora i frutti si aprirono, come tagliati dal sussurro di un'entità superiore, e un seme s'insinuò in ciascuna delle sfere. Quelle sette divennero ancor più piccole, della stessa grandezza dei semi, e di una pietra brutta, bitorzoluta e incandescente, con colori nauseanti.

«Finalmente la Gioielliera poté tornare a casa con i suoi nuovi tesori, che rese ciondoli per bracciali, collane, anelli e orecchini.

«Coltivò le sue riflessioni, appuntò quanto ormai sapeva riguardo i misteri del mondo e a quelli divini, fino a riempire lunghissime pergamene.

«Tuttavia, quando fu vecchia ed ebbe ormai messo tutto per iscritto, le rimaneva un unico esperimento da attuare: voleva studiare con i propri occhi cosa sarebbe successo se fosse riuscita a unire le sette piume e i sette semi.»

Yan s'irrigidì, lasciatosi coinvolgere dalla fiaba. «Ma le era vietato! E non immaginava che sarebbe accaduto qualcosa di spaventoso?»

«Lo sapeva eccome! Lei aveva visto! Ma si disse che nulla era reale finché non prendeva atto... Perciò sfruttò la sua magia per unire un seme a ciascuna piuma, fino a formare sette coppie. Ne appese due all'orecchio destro e cinque al sinistro».

«E cosa successe poi?»

«La Gioielliera venne assuefatta da qualcosa che non è dato sapere. Si dice che impazzì ulteriormente, che perse il controllo del suo stesso corpo e che cominciò a mettere in scena atti inizialmente puri ma che alla fine passavano alla malvagità, e anche viceversa...»

«Perché le Colombe non erano intervenute?» domandò Nathan. «Avrebbero potuto fermarla in tempo, dopotutto la Gioielliera aveva disobbedito al patto.»

«Non c'era stato un patto, Nate. Loro l'avevano semplicemente avvertita. O forse neanche la loro forza era stata abbastanza contro di lei.

«In ogni caso, non era più la persona di una volta. La curiosità l'aveva rovinata, portandola a non premurarsi più del mondo che la circondava: lei voleva sperimentare, che l'ambiente e le altre persone ne risentissero o meno.

«Adorava poter plagiare e far scorrere gli eventi del mondo a suo piacimento.

«Era accaduto ciò da cui le Colombe l'avevano messa in guardia: si era lasciata accecare dalla sete di potere e dal desiderio di essere una divinità.

«Una parte di sé odiava quanto provocava, ma un'altra era tanto felice da non potersi fermare.»

Owen si strusciò il mento. «Doppia personalità. Interessante. Dunque che cos'altro combinò la Gioielliera?»

«Ancora delirante, prese con sé tutti e sette gli accessori e li lavorò per formare una tiara che unisse tutte e quattordici le potenze divine di Luce e Oscurità.

«D'un tratto percepì qualcosa scaturire da quella coroncina: le parve di udire come suoni d'infinite battaglie, urla di morte, di paura...

«Solo allora la personalità sana della Gioielliera tornò a galla, disgustata e terrificata da se stessa e da tutte le azioni maligne che aveva compiuto, ma anche da quelle più benigne, poiché erano tanto innaturali per una creatura mortale come lei che comprese di essersi comportata al pari di una divinità, un onore che non avrebbe dovuto concedersi e che sentiva come se le avesse irrimediabilmente inquinato l'anima.

«Dunque pronunciò le parole: "Chiunque troverà le sette Colombe e le sette Mele, avrà in mano la base dell'esistenza, della salvezza e della rovina di ciò che conosciamo".

«Poi scavò una buca e vi nascose la tiara. Scelse un luogo all'estremo Ovest del mondo, protetta dalle creature guardiane più traboccanti fascino e incanto.

«Infine, vecchia e debole per la quantità di energia che l'aveva spossata, cadde e spirò.

«Si dice che chiunque trovi la corona possa estrarla dalla terra trovando il seme giusto per farla fiorire e la piuma esatta per farla volare.»

A Yan occorse qualche attimo prima di rendersi conto che la storia fosse conclusa.

Si raddrizzò, lasciando ricadere il cucchiaio nella ciotola, i tranci di pollo dimenticati ormai freddi come la zuppa.

«Elijah aveva ragione. Le sette Colombe potrebbero richiamare a quelle figure angeliche, mentre le sette mele si ricollegherebbero alle figure dei demoni. Però non capisco ancora...»

«Non che tu debba rivederle di nuovo, vero, Yan?» lo stuzzicò ancora James, incapace di capire quando fosse il momento di smettere. «Mamma Skye, prima di dormire ce ne racconti un'altra? La quantità di disastri raggiungeva quasi il punto giusto per me, serviva solo un po' di sangue esplicito. E niente più animali parlanti, per favore.»

                                  *

Spero che la fiaba vi sia piaciuta 🙈
Mi dispiace solo non averle dato toni un po' più adatti a un racconto, ma dovevo considerare anche che era Skye a raccontare.
Che cosa ne pensate?
E credete che gli elfi si faranno passare la delusione?
Grazie ancora che portate avanti questa storia, mi fa davvero piacere 🥰

*La fiaba, insieme al libro, ha il copyright con il mio nome come autrice anche al di fuori di Wattpad*

Continue Reading

You'll Also Like

195K 13.3K 54
Una squadra di giovani esploratori sbarca sul pianeta azzurro dopo che quest'ultimo era stato abbandonato per più di mille anni. L'arca sta finendo l...
400K 15.1K 20
La normalità della vita di Seline verrà presto sconvolta e si troverà rinchiusa in uno stanzino tra le grinfie di un uomo mascherato che si fa chiama...
19.4K 1.3K 59
Diciotto anni fa, la Scissione sconvolse i Due Regni. La leggenda narra che il drago della luce e quello del buio si sacrificarono per far pentire g...
178K 5.4K 36
Era trascorso un anno, Skylar Anderson frequentava la Philadelphia College of Arts e non aveva più nulla di cui preoccuparsi, a parte appisolarsi tra...