Ribelle

By erica_savarese

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Joshua Jhonny, anche soprannominato JJ, era un ragazzo di circa 18 anni, felice e solare, ma era anche un rib... More

*Nota della Scrittrice*
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10 - pt 1
Capitolo 10 - pt 2
Capitolo 11 - pt 1
Capitolo 11 - pt 2
Capitolo 12 - pt 1

Capitolo 12 - pt 2

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By erica_savarese

Inizio seconda parte.

«Andiamo?» domandai incitandolo di nuovo.
Lui annuì e mi seguì.
Arrivati all'ultimo gradino, prima di aprira la porta, mi girai verso JJ «C'è la fai a correre un pochino?» domandai «Non credo» rispose tenendosi sullo scorrimano «Allora stammi il più attaccato possibile, d'accordo?» chiesi «O-Okay» balbettò 

Gli sorrisi per confortarlo un minimo e aprì la porta.

Uscì fuori e sentì la mano tremante di Joshua, aggrapparsi ai bordi della mia maglia.

Avanzai piano, andando verso la mia stanza senza fermarmi troppo a cercare quei due e fortunatamente, durante quel breve tragitto, non si videro nemmeno di sfuggita.

La casa era apparentemente vuota. 

Una volta entrati nella mia camera, JJ mi lasciò e come se fosse una cosa spontanea, cercò di stare ben lontano dal mio letto dove dormiva beatamente Manuel.

Chiusi la porta a chiave, in modo da non avere visite indesiderate e lasciai la chiave nella toppa. Nella mia testa, quella era una maniera per dire "Hey, se vuoi andartene puoi farlo".

Mi avvicinai al letto e ci misi sopra il vassoio «Puoi mangiare anche qui, basta che non sporchi il copriletto. Non ho voglia di lavarlo, l'ho messo ieri pulito» dissi avvicinandomi a Manuel, sotto lo sguardo attento di JJ.

«Manu?» chiamai il più piccolo, picchiettando sulla sua spalla per svegliarlo.
Mugugno qualcosa di incomprensibile che mi fece sorridere «Manuel, amico mio. Guarda chi c'è» lo scossi ancora ridacchiando.

Si alzò di poco e guardò in giro per stanza, finché non mise a fuoco la figura di Joshua, ancora in piedi e lontana da noi.
«JJ!?» quasi urlò per la sorpresa «Ma cosa...» rimase scioccato «Ha dovuto firmare. Ha rischiato molto.» dissi «Vuoi rimanere lì a fissarci?» chiesi a JJ.

Lui scosse la testa e lentamente si avvicinò, si sedette sul letto e io gli avvicinai il vassoio col cibo che gli avevo preparato almeno un'ora prima. «Mangia. Io ti riscaldo l'acqua per la doccia e ti trovo qualcosa per dormire. Hai bisogno di rimetterti in forza, solo così posso aiutarvi a fuggire» dissi alzandomi per fare esattamente quello che avevo appena detto.

Joshua

Vidi Noah fare esattamente quello che aveva detto. Guardai anche Manuel e per un attimo tornò il mio odio per lui. Se lui non mi avesse venduto, adesso non mi ritroverei in questa situazione.

Scacciai subito questi pensieri, perché in quel momento dovevo solo escogitare un piano per fuggire.

Probabilmente, il modo migliore era di notte. Mi guardai intorno in cerca di un orologio e lo trovai subito.
Erano le 18:43 di sera, quindi non mancava molto alla mia prima possibilità di fuggire.

D'un tratto sentì il mio stomaco brontolare. Fissai quel vassoio davanti a me e sospirando iniziai a mangiare.
Dove potevo andare se non avevo forze? Come potevo lontanamente pensare di riuscire ad arrivare lontano, nello stato in cui ero?

Il mio corpo era fortemente indolenzito e il solo stare in piedi mi stancava.
Mi girava la testa ad ogni più piccolo movimento, perciò anche mangiare era diventato terribile.

«Stai bene?» mi domandò il più piccolo. Annuì semplicemente. La gola mi bruciava, mi faceva così male che faticavo anche a deglutire la mia stessa saliva.
«Sicuro?» continuò Manuel ed io annuì nuovamente. Gli sorrisi per tranquillizzarlo e fortunatamente ci riuscì. 

Non mi ricordavo che gli bastava poco per far sì che fosse tutto okay e in quel momento lo invidiai. Dopo tutto quello che gli era successo, era capace di rimanere tranquillo in questo posto.

Deglutì sonoramente, mandando giù un boccone dietro l'altro, assaporando con gusto ogni singolo morso.
A malincuore, finì presto tutto quello che avevo a disposizione. Avevo ancora fame in realtà, ma sapevo di non dover esagerare. 

«JJ quando vuoi, in bagno è tutto pronto. Ti ho lasciato degli asciugamani, l'asciugacapelli, un pettine e i vestiti. Se hai bisogno di una mano, chiedi pure.» entrò nella sua camera da letto e si diresse verso il suo armadio. 

Si cambiò davanti a noi senza pudore. Non aveva la minima vergogna, ma nonostante questo io non riuscivo a togliere i miei occhi dal suo corpo.
Era pieno di cicatrici e segni simili a quelle che probabilmente avevo io.
Aveva persino delle macchie di un rosso estremamente scuro. Erano piccole,  circolare e abbastanza precise, ma non capivo cosa fossero.

«Che c'è?» chiese Noah notando che lo stavo ancora fissando «Emh. N-Niente. Vado, grazie.» mi alzai e mi diressi verso il bagno con milioni di domande.

Perché ha tutte quelle cicatrici? Perché il suo corpo è così martoriato? Perché ha voluto che vedessi tutto ciò? L'ha fatto ingenuamente o c'è un motivo? 

Mi chiusi a chiave in quel bagno e senza pensarci due volte mi spogliai ed entrai nella doccia.
Avevo un estremo bisogno di lavarmi e togliere tutta la sporcizia che avevo addosso, ma nel mentre non riuscivo a smettere di pensare al corpo di Noah.

Avevo tante domande e poche risposte o per lo più, erano risposte incerte.
Magari era veramente una vittima anche lui. Magari non è come tutti pensano. Probabilmente è l'unico dei tre che potrebbe essere salvato e magari sta cercando un modo per salvarsi, ma non sa effettivamente come fare.

Ma perché ha scelto di aiutare me e Manuel? Perché proprio noi e perché proprio adesso. Dopo tutto questo tempo ad aver sparso il terrore in giro. Perché?

Uscì dalla doccia così. Con miriadi di domande a farmi esplodere la testa.

A me cosa interessava? Esattamente, cosa dovrebbe interessarmi di uno che mi ha venduto e di un altro che in fin dei conti e ugualmente un complice?

Mi guardai intorno mentre mi vestivo e notai una finestra. Era abbastanza grande da poter scappare da lì.

Lentamente mi avvicinai ad essa e subito sentì il mio cuore battere all'impazzata.
Misi una mano sulla maniglia e sospirando l'aprì.
Purtroppo, però, suonò l'allarme e in breve tempo la porta del bagno si spalancò

Ma non l'avevo chiusa a chiave?

«Cosa diavolo stai facendo?» si avvicinò velocemente, chiudendo la finestra e stoppando l'allarme «Sei uscito fuori di cervello?!» mi urlò. Io non riuscivo a dire nulla. Semplicemente indietreggiai di qualche passo, fino a sbattere contro il muro.
«Queste stronzate non devi farle, hai capito!?» avanzò verso di me visibilmente arrabbiato.

«Devi ringraziare che quei due non ci sono, altrimenti saresti già di sotto!» continuò ad urlare «Vai sul mio letto adesso.» ordinò, ma io non mi mossi.

Stavo iniziando a eliminare ogni cosa positiva che avevo pensato di lui e per un attimo ricominciai a tremare. Non riuscivo a controllarmi, perché mi sentivo un completo idiota.

«Joshua, vai sul mio letto e mettiti a dormire. Io devo assicurarmi che non ci siano tracce del tuo tentativo di fuga, hai capito?» fece un passo indietro e sospirò «Ancora non hai capito che sto cercando di aiutarti» mi prese da un braccio e mi accompagnò fuori da quella stanza, ma si bloccò prima di raggiungere il letto.

«Ti ho già detto cosa devi fare e ti conviene farlo, prima che sia troppo tardi» disse serio, lasciando il mio braccio e ritornando nel bagno. 

Lo guardai non capendo cosa stesse facendo, poi capì.

Si stava bagnando i capelli, ma perché?

Poi, una porta dal piano di sotto sbatté all'improvviso. «JJ, dannazione. Mettiti nel letto e fai finta di dormire!» mi disse.
L'ansia mi stava assalendo, perciò feci come mi disse.
Entrai nel letto e feci finta di essermi addormentato.

Qualche istante dopo, qualcuno bussò incessante la porta. 
«Arrivo!» sentì Noah urlare dal bagno.
Potei udire i suoi passi e aprire la porta di camera sua «Abbiamo visto il segnale dell'allarme del tuo bagno. Manuel era in cucina tutto il tempo» disse Kevin «È stata colpa mia» risposte Noah «Ah si?» domandò Michael «Si. Mi sono dimenticato di mettere la password e poi aprire la finestra. Ogni tanto capita anche a me.» sbuffò «Avete finito di essere così guardinghi? Posso andare a giocare col mio giocattolo?» continuò Noah.

Sentì delle risate e dei passi allontanarsi. Successivamente la porta si chiuse e un sospiro uscì dalla bocca del più grande.
Aprì gli occhi e lo guardai. «Ora capisci il perché non devi fare queste cazzate?»

Sbuffò e tornò nel bagno, lasciandomi solo tra i miei pensieri.

Mi aveva appena salvato da qualche possibile tortura. Si era appena preso la colpa di un qualcosa che avevo commesso io.
Poteva sembrare niente, ma in realtà era moltissimo.

Mi sentì in colpa, perché l'avevo giudicato. Io ero solo capace a puntare il dito e a giudicare chi non aveva la mia fiducia

Fine seconda parte.

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