I Flagelli: Tradimento

Von isabel-giacomelli

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Secondo libro della saga "I Flagelli" Volume 2: "I Flagelli: Tradimento" ~"Non farò niente che la induca a i... Mehr

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Prologo
L'incontro
L'albero rosa
La tribù elfica
Lo specchio magico
Preoccupazione
Rifel'a
I semi
Il perfido re
La scelta
Fuoco
Nascosto nel fienile
Dalila
Cuore confuso
Il nobile ribelle
L'errore del cuore
Scuse forzate
I segreti della Foresta
Dekig
La serata più bella
Pelle macchiata
Il morbillo
I Cacciatori misteriosi
La riunione
La frattura
Il dolore della separazione
Nemici misteriosi
"Le sette Colombe e le sette Mele"
Scoppia la battaglia
Al salvataggio (Parte 1)
Al salvataggio (Parte 2)
Il Gioiello
Tradimento
La forza dell'Ira (Parte 1)
La forza dell'Ira (Parte 2)
A casa
Epilogo
Quiz - A quale territorio di Egaelith appartieni?
Terzo libro pubblicato!

Lo Spettro Bianco

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Von isabel-giacomelli

La mamma stava soffrendo come mai prima di allora, sempre più sporca, sempre più accasciata in una strana posizione mentre cercava di piegarsi ma allo stesso tempo non ne trovava le forze.

«Che cosa le succede?» si allarmò Nathan. «Perché non c'è nessuno con lei?»

«N-non lo so...» Yan scattò in piedi e cominciò a camminare in tondo, continuando a fissare lo specchio stretto tra le mani. «I-io non... Sta male! Sta malissimo! Ha bisogno di aiuto!»

Nathan rimase immobile, incerto su come comportarsi.

Alla fine però corrugò la fronte in tono sicuro. «I portsid? Ce li hai?»

«S-sì, me n'è rimasto qualcuno.»

«Da' qua, vado a chiamare Owen.»

Yan tastò le lenzuola per ritrovare i portsid che Rifel'a gli aveva lasciato.

Nathan ne ingerì uno all'istante e sparì nella luce azzurra.

In attesa del suo ritorno, Yan rimase a fissare la madre che tremava sempre più forte e mugolava alla ricerca di aiuto.

«Perché nessuno viene?!» gridò il ragazzo in preda all'angoscia. «Voglio vedere Tyler Mowbray!»

Lo specchio gli mostrò suo padre nella zona dei soldati, riuniti ad ascoltare re Kayne, in piedi su di una piattaforma in legno affinché tutti potessero udirlo.

Lo stemma del regno, con l'ippogrifo dorato e la corona bianca, svettava sopra i soldati dalle armature dei medesimi colori. Qui e là a quelle bandiere si alternava la campanula violacea del ducato di Bellspring.

«...avremo bisogno di tutti i guaritori disponibili, nessuno escluso» stava dicendo Kayne. «Questo sarà l'assalto decisivo, niente potrà fermarci!»

I soldati esultarono in eco al loro sovrano, ma Tyler Mowbray chinò la testa con aria preoccupata.

La guaritrice che avrebbe dovuto occuparsi di sua moglie era dunque tra loro, era stata costretta ad abbandonare la paziente per obbedire al re. Yan riuscì a scorgere anche Shirley Lucas, tutta tremante e con le mani al petto, terrorizzata all'idea dell'atrocità a cui era prossima assistere.

Yan afferrò un chicco di camougrape bianco. Quasi marcio che fosse, non badò al sapore aspro, le sue papille gustative non funzionavano. Nessun suo senso funzionava, tutti e cinque erano momentaneamente inibiti dall'orrore.

Non trascorse molto prima che Nathan riapparisse accompagnato da Owen, entrambi già con la pelle scura.

Yan guardò implorante quest'ultimo. «Mia madre ha bisogno di te! Ti prego

L'amico annuì. «Va bene.» Era spaventato, si vedeva benissimo, ma non si tirò indietro. «Andiamo.»

«Ti coprirò io.»

Yan mangiò il portsid, afferrò Nathan e Owen e li trasportò con sé.

                                     *

Si trasportarono proprio di fronte alla tenda della madre di Yan.

Il giovane spinse i due compagni all'interno, appena in tempo prima che le facce degli abitanti di Murcuw roteassero in loro direzione.

Sgomenti, fissarono Yan, bianco latteo ma con la faccia arrossata dai lividi, riconoscendolo per quanto avevano udito dal re.

Il ragazzo puntò il dito contro ciascuno di loro. «Se insisterete a stare qui, la pagherete cara!» tuonò.

Si volse poi a mandare giù un portsid, per riapparire presso una nuova tenda.

«Nessuno verrà risparmiato! Questo è un avvertimento! Andatevene! Andate via!»

Prima che il brusio terrificato potesse raggiungere toni troppo alti, Yan era già apparso proprio alle spalle di re Kayne.

Al sussulto di tutti i soldati, il sovrano si volse e strabuzzò gli occhi su colui che credeva uno spettro della Foresta di Hanover. Nei suoi occhi grigi e malefici risplendeva, finalmente, la paura.

Yan lo affrontò stavolta a voce alta: «Se spargerete il sangue sulla terra di questa Foresta, noi non avremo pietà!»

Ma nella sua superbia, Kayne si ostinò comunque e sollevò il mento per rispondere con altrettanta furia: «Questa Foresta è mia, così come ogni granello di terreno di Egaelith!»

«TU NON MERITI ALCUN COMANDO!» sbraitò Yan.

Col pensiero rivolto a sua madre in fin di vita, sfogò la rabbia che gli ribolliva nel sangue, traboccata all'ordine di Kayne di avere con sé tutti i guaritori. Aveva preferito abbandonare una donna debole e indifesa, quando aveva a disposizione molti altri medici.

«TU SEI SOLO UN PEZZO DI MERDA VIGLIACCO! STAI ORGANIZZANDO UN AGGUATO, MA NON INDOSSI NEANCHE L'ARMATURA PER COMBATTERE AL FIANCO DEI TUOI UOMINI! NON HAI INTENZIONE DI SPORCARTI LE MANI, VERO? NON LO FAI MAI, KAYNE! TU NON MERITI QUELLA CORONA! TU NON HAI IL DIRITTO DI DECIDERE SULLA VITA DEGLI ALTRI! TU NON MERITI IL TRONO! IO CONOSCO LA VERITÀ!»

Yan parlava pensando a come il re avesse abbandonato sua madre, al fatto che avesse inviato un sicario a uccidere i signori Seller, a come avesse lanciato Yan stesso nell'arena, al modo in cui aveva tenuto prigioniero James per due interi anni, al trattamento che aveva riservato a Xerxes e a Elijah, a ciò che aveva fatto ai genitori di Skye, e parlava pensando alla distruzione di Murcuw e, sì, anche a come avesse mandato Tyler Mowbray a sacrificarsi.

Eppure non si sarebbe mai aspettato di scorgere un ulteriore terrore negli occhi di Kayne. Era rimasto più spaventato da queste parole che da chi le aveva pronunciate.

Yan aveva appena colpito un punto molto sensibile di quell'uomo crudele, solo che non riusciva a comprendere bene di quale si trattasse.

Dipoi lo sguardo di Kayne tornò assetato di sangue e, nuovamente rigido, strillò: «Pronti a scoccare!»

Yan si affrettò a girarsi e a mordere un portsid.

Stavolta si trasportò direttamente nella tenda di sua madre, trovandola in condizioni ancor peggiori di prima.

Owen e Nathan stavano cercando di farla alzare, mentre quella boccheggiava affogando nel suo stesso vomito. Non aveva le forze per rimanere dritta, ogni volta tornava ad accasciarsi sul cuscino.

Il respiro le si fece flebile, mentre le palpebre si chiudevano lentamente.

Yan le afferrò la mano.

La povera donna sussultò e spalancò gli occhi su di lui. Le sue labbra sporche si distesero in un debole sorriso. «S-sei venuto, te-tesoro... M-mi porti c-con te...»

«N-n-no! Non devi morire! Io...» Yan si ficcò il pugno in bocca.

Qualcuno poteva starli spiando?

Non poteva dire troppo...

Ormai, purtroppo, la signora Mowbray aveva adagiato la guancia contro il cuscino, aveva chiuso gli occhi e il suo corpo si era immobilizzato...

«No...»

Yan premette forte la testa contro il suo petto, ancora caldo come lo aveva sempre ricordato, ma oramai privo del dolce tamburellare del cuore.

                                    *

Non si era neanche accorto di essere stato trasportato altrove.

Improvvisamente si ritrovò in ginocchio vicino alla scarpiera, nel Rifugio dei Poltergeist.

Un attimo prima stava contro l'adorato ventre della madre, finalmente dopo tantissimo tempo, e l'attimo seguente ne era di nuovo lontano, a leghe e leghe di separazione...

In realtà, ora esistevano in due dimensioni diverse...

«Mamma...» chiamò come un pulcino. «No, mamma...»

Nathan era inginocchiato accanto a lui, sentì le sue braccia avvolgerlo e la sua gola emettere un suono altrettanto triste mentre tirava su col naso.

Owen si accucciò vicino. «Mi dispiace, Yan...» mormorò afflitto.

Yan portò le mani al viso, quasi senza riuscire a vedere le dita ancora innaturalmente candide.

Era finita.

Sua madre era morta...

Incrociò lo sguardo di Owen, luccicante quasi lui stesso avesse perduto qualcuno di caro. Doveva sentirsi in colpa non soltanto per non essere riuscito a salvare una persona, ma anche perché quella persona aveva contato molto per un suo amico.

Yan si strusciò il naso, in preda a forti singhiozzi. «I-i-io s-so che hai fatto del tuo meglio.»

«Avrei solo voluto che il mio meglio fosse abbastanza...»

«S-se non ce l'hai fatta tu, n-nessun a-altro a-avrebbe potuto...»

Gli amici lo aiutarono ad alzarsi, e Yan strusciò i piedi lungo quel corridoio così tanto familiare e confortante.

«Ragazzi!»

Skye si affacciò subito dalla cucina, in preda alla preoccupazione.

Non appena vide le lacrime negli occhi di Yan, la sua bocca si storse in una smorfia afflitta e si lanciò a stringerlo forte.

Poi, col viso nascosto, Yan sentì tutti gli altri riunirsi per abbracciarlo.

Non voleva più fare sciocchezze, non voleva perdere anche loro. Erano tutto ciò che gli rimaneva.

Non sarebbe più stato scontento della sua vita, perché se avesse perduto anche solo un pezzo della sua famiglia,  non lo avrebbe sopportato.

                                    *

Purtroppo è andata a finire così per la madre di Yan, ma non credo ne siate troppo sorpresi, sembrava quasi inevitabile...
Se non altro, lui è tornato a casa.

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