The Sons Of Elements - L'ombra

By blackheart181

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Secondo libro della trilogia "The Sons Of Elements" (Attenzione: possibili spoiler per chi non ha letto il pr... More

Prologo
~Sogni~
~Fuoco~
~Nick~
~Passo avanti~
~Rinata~
~Arde~
~Aiuto~
~Spia~
~Aspettare~
~Piano~
~Tradimento~ (Parte uno)
~Tradimento~ (parte due)
~Nuovo piano~
~Allenarsi~
~Diari~
~Risveglio~
~Evoluzione~
~Occhi aperti~
~Mancanza~
~Sbaglio~
~Visione~
~Caduta~
~Fiamme~

~uncontrollable~

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By blackheart181

«Questo caffè fa davvero schifo»

«Davvero? Lo dici sempre eppure continui a berlo»

«Solo per necessità»

Nicolas, dall'altro capo del telefono, rise.
Jenny prese un sorso di caffè facendo una smorfia.

«Secondo te qual è il migliore?»

«Caffe? Direi quello italiano!»

Non sapeva neanche lei come fossero finiti a parlare di caffè.

Negli ultimi due giorni c'erano state strane raffiche di vento. Nicolas l'aveva chiamata e le aveva chiesto se anche lei la pensasse come lui.
Ovviamente Jenny era sicura che fosse opera di Etere, anche se non capiva il perché.
Che senso avevano le raffiche di vento solo su alcune zone di New York? Guarda caso le zone dove vivevano loro tre? Che diavolo di senso aveva?

Poi Jenny aveva iniziato a parlare di caffè.

«Io non l'ho mai assaggiato» stava dicendo il suo amico.

«Helen una volta me lo aveva portato»

Sentì una stretta al cuore nel dire il suo nome.

«Comunque, hai avuto notizie di Luke o Nathan?»

Jenny apprezzò il suo tentativo di cambiare argomento.

«No, niente di niente. Tu?»

Silenzio. Nicolas rispose poco dopo con un flebile "no"

Sapeva che tra Nicolas e Luke c'era stato qualcosa, e sapeva quanto Nicolas stesse male nel sapere che Luke era scappato di nuovo.

«Secondo te» riprese Nicolas «Come hanno fatto a scoprire come riportare in vita Etere?»

Jenny alzò le spalle anche se non poteva vederla.
«Chissà, ci sono strani libri in biblioteca, sai...»

Sapeva che esisteva la sezione proibita. Libri che parlavano di cose che loro normali figli degli elementi non doveva sapere, eppure erano lì, che senso aveva si chiedeva ancora una volta Jenny. Che senso aveva occupare una parte della biblioteca per poi chiamarla "proibita" e vietare a chiunque di entrare?

«Dici che se torniamo lì scopriamo qualcosa?»

«Alla biblioteca intendi? Nell'accademia distrutta? Dici che dovremmo?» Il suo tono non sembrava convinto

Jenny rimase immobile per un secondo. «Non dovremmo?»

«No, cioè si, penso che potremmo»

Ma lei non aveva chiesto se potevano, sapeva che potevano farlo. Lei aveva chiesto se dovevano.

«Mi confondi Nicolas»

«Tu confondi me Jennifer»

«Chiamami col nome intero di nuovo e ti faccio vomitare terra»

Dall'altra parte Nicolas scoppiò a ridere.

Poi sentì un rumore strano.
«Oh, aspetta» disse Nicolas.

Jenny sentì degli strani rumori, poi Nicolas parlò di nuovo.

«Era Scarlett, mi ha mandato un messaggio, mi chiede se sarebbe un grave danno se bruciasse sua sorella»

Jenny ridacchiò. «Come la capisco» poi si fece seria. «Sai, ieri ho fatto un sogno»

«Ah si?»

«Si. C'era una strana casa enorme in una pianura, le piante crescevano e dismisura e poi appassivano. Sentivo le loro urla, le loro richieste di aiuto»

Chiuse gli occhi ricordando quegli attimi orribile.
«Li sta usando e nessuno può aiutarli»

«Si, ti capisco. Non ho fatto nessun sogno, ma capisco come ti senti. Audley non ci ha ancora scritto niente»

Jenny alzò gli occhi al cielo.

«Non lo farà» disse ferma sulle sue idee.

«Non era una trappola»

«Vedremo col tempo»

•••

Scarlett si trovava al supermercato.
Era da tanto tempo che non andava in un posto così normale.

Si trovava nel reparto delle torte. Ne avrebbe mangiata volentieri una. Ma sua madre non voleva farla quindi sarebbe stata costretta a prepararla lei.

Margaret, accanto a lei, continuava a sbuffare.

«Ma perché non posso? Perché? Dai, Scarlett! Dai, dai, dai!»

Scarlett, come ad imitare la sorella, sbuffò e la guardò male.

«Se vuoi andarci vai e non stare qui ad infastidirmi»

Dall'altra parte della strada c'era un negozio di gioccatoli, Margaret voleva entrarci, ma Scarlett non aveva intenzione di stare in mezzo ai gioccatoli, voleva la sua torta.

Mentre controllava i gusti sua sorella continuò.
«Sei proprio insopportabile, una stronza»
Poi girò le spalle e andò via.

«Ma chi ti insegna queste parole? Poi faremo due chiacchiere »

'sicuro che sono stati i suoi compagni. Ah, i compagni di classe rovinano tutto'

Sospirò. Almeno non c'era più nessuno ad infastidirla.

Dopo aver preso la torta al cioccolato ed aver aspettato che sua madre e suo padre finissero di prendere quello che serviva, uscirono e andarono in macchina.

Margaret accanto a lei, continuava a guardarla male e a borbottare.

Scarlett non riusciva a capire che diceva, ma le dava un fastidio inimmaginabile.

«Non sei una bambina, se volevi andare in quel dannato negozio potevi andarci sola!»

«Scarlett ma cosa-» disse sua madre, anche suo padre lanciò un'occhiata confusa ad entrambe.

«Tu fai sempre quello che vuoi, ogni cosa che vuoi la ottieni, ma quando sono io a chiederti un favore ecco che fai la stronza, vaffanculo»

«Margaret!» Sua madre la guardò male.

«Ma di che diavolo stai parlando? Era dall'altra parte della strada, se sei una fifona a camminare da sola non dare la colpa a me!»

«E invece si, è sempre colpa tua!»

La voce acuta di sua sorella si era alzata e Scarlett trattenne a stento un urlo di rabbia.
Improvvisamente furono lanciate in avanti contro i sedili dei loro genitori e poi sbattute di nuovo indietro.
Suo padre aveva appena fatto una brusca frenata.

Scarlett lo guardò preoccupato poi notò la luce rossa.
Davanti a sé c'era un enorme palma che stava bruciando. Fiamme alte e rosse.
Non riusciva a crederci.

•••

«Scarlett! Scarlett è inutile che scappi, dobbiamo parlare»

La voce di suo padre la fermò. Si girò e fissò entrambi i suoi genitori. Margaret era andata in camera. Dopo l'albero bruciato non aveva parlato più.

Negli occhi dei loro genitori leggeva confusione e preoccupazione.

«Sei stata tu?» chiese cautamente sua madre.

«L'albero, scusa se te lo chiedo, ma sei stata tu?» chiese di nuovo.

«Non lo so» Rispose.

Si disse che era vero, che non avevo voluto bruciare nessun albero. Ma non poteva ignorare le fiamme. Quelle fiamme le conosceva. E non poteva essere stata una coincidenza.

«Eri arrabbiata e poi-» Sua madre si fermò, guardandola.

«Non lo so. Io non volevo, davvero, non volevo» Continuava a sussurrare.

«Ma all'accademia allora cosa hai imparato?» chiese suo padre spazientito.

La madre gli lanciò un'occhiataccia.

«Dico davvero è stata lì mesi e mesi, ma che hai imparato?»

Le faceva male quel tono, quello sguardo. Le facevano male.

Non disse nulla, girò le spalle e scappò in camera sua. Si sentiva strana e aveva paura. Aveva paura di quello che sentiva perché non riusciva a controllarlo.

Come aveva potuto bruciare un albero? Non sapeva neanche che fosse lì. E se invece dell'albero avesse bruciato la loro macchina? Sua sorella? I suoi genitori?

Ricordò quello che Nicolas le disse. Di quando aveva ucciso per sbaglio quella ragazza e di come nessuno era riuscita a salvarla perché quando Nicolas aveva spento le fiamme, lei era già morta.

Sentiva una morsa allo stomaco. Chiuse la porta a chiave e si sedette sul suo letto, abbracciandosi le ginocchia e cercando di calmarsi.

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