PISTOLE PUNTATE AL CUORE 🖤

By Sapphire__bookss

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Clarissa Nives Di Salvo è una ragazza testarda. Sì, è una ragazza che non si arrende facilmente. Suo fratello... More

Personaggi 🖤
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Ringraziamenti💙
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Paradiso, primo giorno .
Paradiso, secondo giorno.
Paradiso, terzo giorno.
Paradiso, quarto giorno.
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Paradiso, Quinto Giorno.
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Paradiso, sesto giorno.
Inferno
Inferno, Parte Due
Rinascita
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ringraziamenti 💙

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By Sapphire__bookss

Non ho avuto molto tempo per stare con mio fratello in realtà, perché subito dopo mi hanno portato dalla nuova direttrice, Paola Vinci.

«come ti chiami, nénna?» chiede l'uomo riccio e brizzolato che ci stava guardando insieme all'altro poliziotto che ho scoperto, è il comandante.
«Clarissa, Clarissa Di Salvo.» rispondo.

«io sono Beppe», si presenta lui, sorridendo gentilmente.
Mi sta già simpatico.

Il comandante invece sembra farsi i cazzi suoi mentre entriamo nell'ufficio della direttrice, che indossa una blusa celeste e dei oantaloni a vita alta blu, con delle décolleté bianche. È seduta sulla sedia della sua scrivania, mentre io mi siedo su una delle poltroncine in pelle davanti ad essa.

Mi guardo un po' intorno spaesata.
La direttrice se ne accorge ma non dice nulla, anzi prende il mio fascicolo e inizia a leggerlo.
«Clarissa Nives Di Salvo, quindici anni, arrestata per rissa. Sorella di Carmine Di Salvo.» alza lo sguardo su di me e mi scruta per minuti interminabili, poi si alza e fa il giro della scrivania, venendo esattamente affianco a me. Si poggia sul legno ed io mi tiro leggermente indietro per guardarla negli occhi. Ha un espressione dura sul viso, occhi severi e giudicatori. Come tutti.

«perché hai picchiato quella ragazza Clarissa?» la domanda mi fa rigurare lo stomaco. Non parlo.

La verità è che un motivo c'è.
Angela Fusco è una stronza che mi tormenta dalla elementari.
Eppure rimango in silenzio, mentre fisso la direttrice come se fosse mia madre, come se potesse sgridarmi e darmi gli schiaffi in faccia che ho sempre preso fin da piccola.

Mi sento come una bambina che sa di aver sbagliato e che guarda la mamma con quell'aria pentita e che spera non riceverà una punizione troppo cattiva.

«ti hanno tagliato la lingua? Rispondimi.» il comandante fa un passo avanti alla nostra sinistra ma la direttrice lo blocca col solo sguardo, lui mi lancia un'occhiata ma io non ricambio.
«ha detto e fatto cose cattive.»

«e questo ti dà il diritto di picchiarla?»

Abbasso lo sguardo perché so la risposta “No, non mi dà il diritto di picchiarla” eppure l'ho fatto.
Il punto è che io non l'ho fatto nemmeno apposta, non volevo fargli realmente del male insomma, sì se qualcuno rompe il cazzo lo picchio fino alla morte, ma di sicuro non lo farei per delle provocazioni.

Solo che quel giorno era un giorno di merda ed io stavo di merda e questo ha portato ad una reazione di merda.

Quello che intendo dire è che non volevo picchiare Angela, ma mi ha fatto infuriare ed io... L'ho picchiata, me me sono resa conto solo dopo averlo fatto.
Era come se avessi dimenticato anche perché lo avessi fatto.

Sono del pensiero che picchiarsi e fare quel genere di cose si fa nella vita, la maggior parte delle persone lo fanno solo che poche denunciano.
Il problema è che io sono andata davvero oltre.
Gli ho spaccato la mandibola e rotto il braccio. I miei genitori hanno dovuto pagare una quantità di soldi davvero grande per sdebitarsi del casino che ho fatto.

Ho fatto molte risse, prima di questa, ma sono riuscita a fermarmi quando stavo esagerando, invece con Angela non ci sono riuscita.

Fare risse, ubriacarsi, farsi le canne e tutte le altre cose, è normale, quando si è giovani si ha un cervello di merda e quindi certe cose si fanno ma bisogna sempre riconoscere i limiti.
I confini da non superare.

Non mi ritengo una casa e chiesa, non mi ritengo una santa ma sono sicura di non essere una persona diversa da molte altre. Sono giovane, ho fatto una cazzata, lo ammetto ma non sono cattiva. Non l'ho fatto perché sono una criminale.

«no, non mi dava questo diritto», sospiro, esausta.

«però lo hai fatto.»

Scatto in piedi con la mascella serrata così tanto da farmi dolere i denti, gli occhi iniettati di ira. Per me è facile perdere il controllo ma non posso fare la stronza davanti alla direttrice del fottuto riformatorio, quindi, respiro.
Conto fino a cinque e poi parlo.

«sì, l'ho fatto. Ho fatto una cazzata, non sono una stupida a negarlo. So che ho sbagliato ma non sono una fottuta criminale. Se la mia famiglia è così, io, di sicuro, non posso farci niente. Quindi, cortesemente, si tolga quello sguardo accusatore dal viso.» rispondo con la voce tremante, è difficile per me non urlargli in faccia che è una stronza a comportarsi così. Ma so anche che fa solo il suo lavoro e che io ora, sono troppo coinvolta per pensare razionalmente per dare un giudizio affrettato.

«si sieda signorina Di Salvo e non si permetta di parlarmi in quel modo.» sembra ringhiarlo, ma io obbedisco, come un fottuto cane.
«e comunque, certo che può fare qualcosa riguardo alla sua famiglia.»

Rido.

«trova la situazione divertente?»

«la verità? No, per niente, ma mi fa ridere la sua ingenuità nonostante lei sia la direttrice di un maledetto riformatorio. Perché penso che lei sia ingenua se crede che noi ragazzi possiamo disobbedire alla nostra famiglia o almeno cercare di cambiarla. Quella roba che vede nei film, quella dove la protagonista va dalla famiglia, elenca i motivi oer cui essere i buoni e la famiglia risponde di sì, sono solo fottuti film.»

«moderi il linguaggio», dice.

«oh certo, scusi. Comunque quello che intendevo dirle è questo: noi siamo cresciuti con quegli ideali da mafiosi nel cervello. Lei, direttrice è nata sicuramente cristiana, perché i suoi genitori lo erano, ha mai fatto domande sul perché?» lei, di rimando, rimane in silenzio.
«non sto in alcun modo giustificando i criminali che ci sono qua dentro, ma alcuni semplicemente hanno paura. Detto questo, credo che io ora debba andarmene, giusto?»

Lei annuisce, ancora sbalordita dalla mia sfacciataggine. «sì, portatela via.»

                              *****

«infondo di cosa ti lamenti? Mangi, dormi, ti rilassi e studi gratis, cosa c'è di meglio?»

«stare a casa e non farsi picchiare dai tipi che hai definito: carota, codino, criminale sexy, bello e dannato, biondino psycho e begli occhi.» begli occhi è un ragazzo che si è aggiunto solo ora, alla sala relax con davvero due begli occhi verdi.

Arriccio le labbra. «questo perché sei una persona molto facile da odiare.» dico, con un sorriso da ebete in faccia.
Mi alzo già pronta a scappare ma Carmine sorride tra l'infastidito e il divertito. Fortunatamente non si alza dal divanetto.
Ma io rimango comunque in piedi, sono stanca di essere seduta.

«l'unica cosa per cui sono triste è che non ho più il telefono.»

«sul serio?» chiede Filippo, che ho scoperto è soprannominato chiattillo, abbreviato chiattì.
Socchiudo gli occhi. «ovvio, io non mento mai.» rispondo.

Poi sento una presenza alle mie spalle che mi fa rabbrividire. La sento come se occupasse l'aria, è come impossibile non sentirla nonostante io non la veda.
La sento dietro di me, imponente. Decisa.
E comunque capisco che c'è qualcuno dietro di me anche per lo sguardo di odio che ha sul viso Carmine e quello terrorrizzato che ha Filippo.

«davvero?» chiede, quel qualcuno dietro di me.

Prendo un gran bel respiro e mi giro.
Somo costretta ad alzare lo sguardo perché rimanendo a fissare davanti a me guardarei solo una maglietta nera con delle scritte in oro. Quindi alzo lo sguardo e vedo il ragazzo che ho indicato in cortile, ha occhi scuri neri ed i capelli di medesimo colore, un sorriso strafottente sulle labbra, su cui mi soffermo troppo, e qualcosa che mi colpisce. Un taglio al sopracciglio, nella stessa parte dive lo ho io.
I suoi occhi mi scrutano, come a cercare di capire come sono, chi sono.
In un modo così diretto che mi fa rabbrividire una seconda cosa. E scatta un qualcosa, sento che è come un magnete, attrae e non lo fa nemmeno apposta.

Deglutisco. «sempre, mi caratterizza.» fanculo, ho paura.
Ma che cazzo dico? Non ha fatto niente fin ora. Almeno, non ha fatto niente a me perché mio fratello sembra il suo sacco da boxe.
Ok, pensa in modo razionale Clarissa.
Ce la puoi fare.

«e cos ne piens de o boss?», chiede.

Rispondo subito, senza esitare.
«che si dà troppe arie.» non gli piace molto la risposta, ma sorride comunque, però non è un sorriso vero, è una minaccia. Non so nemmeno come faccia a trasmetterla, dato che non ha detto niente ma lo fa. I suoi modi di fare sono cauti all'impressione, nella realtà però, sono rudi e arroganti. Solo che lo nasconde.

Buona faccia ma cattivo gioco, ti ho già capito, ragazzo.

«sorpreso?» chiedo. Non so con quale coraggio, l'unica cosa che so è che i due ragazzi dietro di me che dovrebbero essere mio fratello e il suo migliore amico, sono dei cazzo di bambini impauriti dato che non mi aiutano.

«decisamente, dato ca' fin a poco fa me guardavi comm se me vuless mangià.» i suoi amichetti dietro di lui ridono, e lui, stavolta, fa un vero sorriso: da vincente. Stronzo.

«non si può negare che sei un bel ragazzo peccato che sei un fottuto coglione.» rispondo, e stavolta i suoi amici fanno un "ushh" che mi fa sorridere, sono soddisfatta, l'ho fatto sentire davvero per il coglione che è.

Lui tramuta il viso in un espressione dura e per niente contenta.
«però tien paura de chest fottuto coglione o me chiam bello e dannato?» questa è difficile da recuperare.
Divento paonazza in viso e ricompare il suo sorriso compiaciuto, cazzo, mio fratello aveva ragione è proprio stronzo. Dio, sento il calore che ho sulle guancie come se mi fossi bruciata.

«ho molta paura di te, ma al momento l'odio la supera quindi l'emozione è contrastata. E comunque il soprannome si è appena evoluto a fottuto coglione», rispondo, sicura di me. È divertito.
«evoluto, eh?» si avvicina pericolosamente al mio viso, e credo di essere diventata rossa come la maglia che Francesco Totti usava per giocare. Non tanto per quello che ha detto, che è innocuo ma per la sua improvvisa vicinanza. Cazzo.

Come ho già detto è inutile dire che non è attraente o bello, perché mi starei prendendo in giro da sola, e questo mi confonde il cervello. Indietreggio, inarcando la schiena all'indietro mentre lui invece si china in avanti.

Distolgo lo sguardo da lui e vedo una tipa che sarà carota numero due, ha una maglia gialla e dei pantaloni neri, cazzo che maglietta di merda.
Comunque mi fissa come se fossi satana, e poi scorgo in lei anche gelosia: è il solito sguardo che lanciavo alle ragazze che guardavano o scherzavano troppo con i ragazzi che mi piacevano.

«non voglio assolutamente farmi gli affari tuoi, sia chiaro, e non è un modo di flirtare con te ma... Carotina è la tua fidanzata?»

«chi cazzo è carotina?»

«la tipa rossa che ci sta fissando in modo molto inquietante.» alza gli occhi al cielo e sbuffa.

«non più.»

«mmh capisco, bene, ora te ne vai con i tuoi amici a fare cose come picchiare qualcun altro che non sia mio fratello?» chiedo, sarcastica.

«me song affezionato assaie a fràteto me dispiacerebbe assaie nun picchiarlo cchiù», risponde.
«io anche ci sono affezionata e per questo vorrei che non facesse come lavoro il sacco da boxe.» lui si arrotola una ciocca dei miei capelli biondi intorno al dito, fa finta di pensarci e poi tira il dito via, facendomi male.

«fottiti stronzo!», gli urlo dietro mentre se ne và.

«non ero fottuto coglione?» domanda, mentre cammina via, in modo davvero molto... No, fanculo, no.

«sei così stronzo che non mi limito solo ad un soprannome!» sento la sua risata mentre se ne và, e vorrei corrergli dietro quanto è pezzo di merda ma non lo farò perché così gliela darò solo vinta.
No rimarrò qui, ad insultare mio fratello perché non ha reagito.

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si fuor chiov nuj...