Ribelle

By erica_savarese

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Joshua Jhonny, anche soprannominato JJ, era un ragazzo di circa 18 anni, felice e solare, ma era anche un rib... More

*Nota della Scrittrice*
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10 - pt 2
Capitolo 11 - pt 1
Capitolo 11 - pt 2
Capitolo 12 - pt 1
Capitolo 12 - pt 2

Capitolo 10 - pt 1

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By erica_savarese

Inizio prima parte

Noah

Dopo qualche ora che continuavo a cullare Manuel, lo sentì rilassarsi e respirare profondamente. Abbassai il mio sguardo per poterlo guardare meglio e capire se si fosse tranquillizzato veramente. Quasi mi stupì nel vederlo dormire abbracciato a me.
Lo spostai delicatamente e decisi di togliergli quella tunica da cameriera. Mio padre si era fatto convincere da Kevin che facendogli indossare questa vestaglia, avrebbe potuto averlo ogni volta che voleva senza difficoltà.

Ma non capiva cosa stesse facendo. Non capiva che stava spezzando un'altra vita. Non capiva che tutto questo avrebbe segnato la vita di un'altra persona. Non capiva. Non capiva che aveva segnato la mia vita dopo quella notte. Non capiva che stava facendo le stesse cose che aveva fatto a me, ad altri. Non capiva che mentre torturava qualcun altro, torturava anche me. Non capiva che tutto questo mi metteva paura. Non capiva che non era normale. Non capiva che mi mancava mio padre. Lui semplicemente non capiva, perché aveva imparato che il dolore va combattuto con altro dolore e questo a causa di Kevin.

Kevin era stata la nostra rovina e si, so di averlo già detto. Ma io odio con tutto me stesso Kevin. Quell'uomo che ha portato via mio padre, il mio vero padre.
Kevin lo ha rovinato. Kevin ha abusato di me, esattamente come ha abusato di questo ragazzino e di tante altre persone. Kevin è il vero psicopatico, non noi.
Kevin è colui che deve essere sbattuto in gattabuia, non noi.
Kevin è quello che deve essere mandato all'ergastolo e mio padre da uno psicologo o da un terapista. Mio padre aveva solo bisogno di qualcuno che lo facesse ragionare e che lo aiutasse a ritornare in sé, perché io in quegli occhi lo vedo ancora. Vedo ancora la sua anima.

Mi chiedo solo il perché si sia lasciato trasportare in tutto questo schifo e mi domando il perché quella notte abusò anche lui di me. Il perché mi teneva fermo, mentre Kevin faceva di me quello che voleva. Mi domandavo il perché avesse deciso di rovinare per prima la mia vita.

Ma più di tutto, mi chiedevo il perché io avevo deciso di seguirlo e non fuggire quando ancora ero in tempo. Poi mi ricordai di essere un gran codardo. Mi ricordai di essere un egoista, uno stupido, un fifone, uno senza il coraggio.
Io sono senza il coraggio di ribellarmi alla paura, perché io provavo solo quello. Io vivevo con la paura che mi scorreva nelle vene. Io vivevo con la paura che ogni giorno si allontanava quello in cui tutto questo incubo finisse.

Ma veramente questo macello sarebbe finito? O era la mia ultima briciola di speranza a parlare?

Tutto ciò aveva poco valore per me. Perché come potevo pretendere che quel giorno arrivasse, se io stesso non ci credevo? Come potevo sperare che quel fottuto momento arrivasse, se io stesso alla prima vittima gli chiusi la porta in faccia per la paura? Ero io il primo a sottomettermi a questa situazione, come potevo anche solo lontanamente, sperare che tutto ciò avesse un punto che io potessi girare pagina per iniziare a scrivere io la mia vita?

Ritornai alla realtà quando sentì un mugugno. Non mi ero accorto di star ancora spogliando Manuel e non mi ero accorto di essere troppo brusco nei miei gesti. L'avevo svegliato senza volerlo.

Vidi i suoi occhi riempirsi nuovamente di lacrime e il suo viso assunse un'espressione triste e terrorizzata.
Per me era troppo. Era troppo perché avevo raggiunto il limite di sopportazione. Era troppo perché sapevo di essere già morto, quindi tanto valeva buttare via ogni maschera.
Non volevo che avessero paura di me. Né Manuel e né JJ. Volevo salvarli, perché volevo sentirmi bene per una volta. Volevo salvarli, perché per una volta volevo fare quello che ho sempre voluto.

«Ho pensato che volessi mettere dei vestiti normali al posto di un vestitino da cameriera...» sussurrai mentre lo tirai su per abbracciarlo e tranquillizzarlo di nuovo. Sapevo che non si fidava di me. Sapevo che aveva paura di me, ma non sapevo come potergli dimostrare che ero diverso, perché fino a quel momento mi sono comportato come un mostro o meglio dire, come il mostro che Michael e Kevin volevano che io fossi.

«T-Ti prego, non a-anche tu...» singhiozzò flebile e potei sentire il mio cuore spezzarsi definitivamente. Sentì il mio petto farmi male e odiai essere me. Lo strinsi di più, perché non riuscivo a fare altro. Non riuscivo a parlare, perché sapevo che se l'avessi fatto avrei pianto.
Gli accarezzai la schiena e i capelli. Provai a cullarlo ancora, esattamente come so faceva con i bimbi, perché alla fine lui era solo un bambino. Aveva solo quattordici anni.

Avevo la sua età quando abusarono di me.

Gli baciai i capelli e ripetei un "Ssh" leggero. Non sapevo se era più per lui o per me. «Stai tranquillo piccolino» sussurrai trattenendo il forte magone in gola «Non ti faccio niente» sussurrai ancora e questa volta dovetti trattenere anche le lacrime «Te lo premetto che non ti farò mai più nulla» chiusi gli occhi stringendolo ancora un po' «S-significa che mi...» singhiozzò più forte, agitandosi ancora «M-mi u-ucciderai?» provò a spingermi tremando.

Questo ragazzino pensava che volessi ucciderlo e non mi stupivo. Mi aveva sentito dire queste parole parecchie volte e sempre perché stavo conducendo le persone alle loro ultime ore di vita. Lui mi aveva visto portare via l'ultimo respiro di molte persone. Non avevo la minima speranza che mi credesse.

«No Manuel» lo staccai prendendogli il viso tra le mani e lo guardai negli occhi. Lo guardai in quei suoi occhioni gonfi, rossi, stra colmi di lacrime e distrutti per tutto quello che aveva subito. «Non ti u-ucciderò» sorrisi facendomi scappare una lacrima «So che non mi crederai, ma mi impegnerò al fine che tu possa farlo» tirai su col naso, mentre lui rimase immobile per lo shock «Hai tutte le ragioni del mondo per non credermi, ma questa volta sono io a pregare te» gli baciai la fronte e lo abbracciai di nuovo.

Per mio grande stupore ricambiò l'abbraccio e mi strinse forte. Forse guardarmi negli occhi gli aveva fatto capire che ero sincero. O forse mi asseconda per paura.
«Manuel, so che non servirà a nulla ma ti chiedo scusa. Per tutto.» le lacrime avevano preso a rigare copiosamente le mie guance e decisi di non trattenerle. Non l'avrei fatto questa volta.

«Perché?» chiese con un sussurro. «Perché io avevo la tua età quando la mia vita fu distrutta da Kevin e da mio padre. Avevo la tua età quando entrambi abusarono di me. Ed ero poco più grande di te, quando la paura vinse su di me. Sono diventare un mostro perché avevo paura, ma non voglio più essere un mostro.» Singhiozzai e mi staccai da Manuel. Lui mi fissava incredulo. Era totalmente scioccato da quello che gli avevo appena detto, ma non tremava più o almeno non per la paura nei miei confronti.

Mi avvicinai al mio armadio e presi dei vestiti a caso, per poi girarmi e tornare da lui. «Tieni, mettiti questi.» li prese delicatamente e sorrise.
Ricambiai il sorriso e ritornai al mio armadio per prendere un cambio anche per me e optai per qualcosa di più comodo dello smoking.
Mi cambiai velocemente, dando le spalle a Manuel che lo sentì vestirsi anche lui. Poi mi girai e mi sedetti sul letto.

Continuava a fissarmi e sorrideva, ma non capivo il perché «Perché sorridi?» mi decisi a chiederglielo e lui sospirò «Lo sapevo che tu eri buono in fondo. Si vedeva. Però avevo paura che fosse solo apparenza» rivelò.
Quelle parole mi scaldarono il cuore e sorrisi anch'io asciugandomi il viso. Si avvicinò a me e mi abbracciò «Mi dispiace per quello che ti è successo. Perché non ci aiuti a scappare? Potresti venire con noi e denunciarli con noi. Potremo dire che anche tu sei una vittima e magari potresti avere una pena minore se ti giudicano come tale» disse e per un secondo mi eccitai al pensiero di potermi salvare, di poter salvare tutti e tre e chissà quante altre persone. Ma la mia paura era troppo forte «Sarebbe bello se potessi farlo. Quei due riuscirebbero a prenderci e ammazzarci in pochissimo tempo. Non credo ci sia speranza» risposi «C'è sempre speranza» mi guardò in volto e mi sorrise di nuovo.

Ricambiai e gli baciai la fronte.
«Manuel?» lo chiamai serio «Mmh?» mi guardò di nuovo «Sbaglio o non ci sono più i rumori di prima?» domandai preoccupato.
Lui mi guardò serio e il suo viso divenne di nuovo spaventato. Lo spostai e mi alzai, avvicinandomi alla porta. Appoggiai il mio orecchio su di essa, ma non c'era nessun rumore. Era tutto fin troppo silenzioso.
Aprì la porta con la chiave, ma prima che potessi spalancarla fui fermato da Manuel «No, ti prego. Non andare, non lasciarmi qui da solo. Ti prego» i suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime.

Chiusi di nuovo la porta e lo abbracciai forte «Non preoccuparti, torno presto. Tu rimani qui, okay?» gli baciai i capelli e lo staccai poco dopo.
Gli sorrisi e uscì dalla stanza che chiusi subito dopo.

Mi guardai intorno, tornando serio e rimettendo quella maschera da finto duro.
Cercai mio padre e Kevin in ogni angolo di quel piano, ma non c'era traccia di loro. Perciò scesi al piano terra.
Trovai mio padre sul divano. Aveva una bottiglia di qualche liquore in mano e l'alito che puzzava di esso stesso.

Si era ubriacato dopo aver fatto a botte con l'altro, ma se lui era qui, Kevin dov'era?

All'improvviso sentì dei rumori provenire dallo scantinato, ma smisi di allarmarmi pensando che sotto c'era JJ. Magari stava dormendo o gli faceva male la schiena.

Tornai alle ricerche disperate di Kevin, ma non lo trovavo da nessuna parte. Era impossibile che fosse sparito, perciò cercai di seguire le tracce della lotta avvenuta fino a poco prima.
Partì fuori dal mio ufficio, esattamente come mi aspettavo e si allungavano ovunque.
Non ci avevo fatto caso, probabilmente ero troppo preso dal capire se anche io stesso ero in pericolo, ma c'erano impronte ovunque a causa del sangue.

Tutto portava allo scantinato. Le goccioline di sangue, la terra dei vasi rotto, l'acqua dei sottovasi. Tutto.
Perfino i rumori che provenivano da sotto erano aumentati. A volte si stoppava e poi ricominciava dopo un minuto spaccato. Sembrava in loop.

Decisi di scendere a controllare se stesse bene. Kevin poteva aspettare, non era importante trovarlo. Magari era uscito dopo il litigio con mio padre, anche se più che una semplice lite, sembrava che un uragano avesse attraversato casa nostra.

Aprì la porta dello scantinato e subito quel clamore si stoppò.
Scesi alcuni dei pochi gradini che c'erano e mi fermai davanti alla seconda porta. Adesso quei suoni che erano ricominciati, avevano un senso. Li sentivo più nitidi e chiari.
Misi il piede su un altro gradino e fermai subito sentendolo cigolare.
Poi, una voce mi gelò il sangue.
«Mi fermo, perché ho sentito un rumore. Non credere che io abbia finito.»

Kevin era lì. Kevin era lì dentro a torturare Joshua. Ecco il perché non lo trovavo, il perché le tracce portavano a qui ed ecco il perché c'erano dei frastuoni che provenivano proprio da qui.

Mi immobilizzai. Non sapevo cosa fare. Una parte di me voleva entrare dentro e dargli il colpo di grazia, in modo da togliere per sempre Kevin dalle nostre vite. L'altro lato di me, invece, aveva paura e voleva dimostrare che non ero un debole come pensavano.

Rimasi fermo a decidere cosa fare, mentre lo strazio di JJ andava avanti. Sapevo di dover scegliere in fretta, ma non ci riuscivo.

«Ooh, bambino. Piangi per così poco?» disse Kevin e potei sentire il sangue ribollire nelle mie vene.

Dai suoni che emetteva JJ, era molto probabile che quell'idiota si stia divertendo a negargli l'orgasmo.
Era una delle sue cose preferite. Adorava fare ciò. Sapevo con certezza che lo adorava. Ci ero passato anch'io. Il suo scopo era ridurti allo strazio, vederti svenire mentre lui ancora si divertiva a giocare col tuo corpo, per poi lasciarti stare e tornare appena ti risvegli, in modo da portare avanti e peggiorare quella agonia.

Lui non era solo un sadico. Era veramente pazzo e aveva bisogno di essere rinchiuso per sempre.

A causa sua il mio destino era quello di essere come mio padre o forse peggio. La generazione di Kevin funzionava così, prima che perdesse tutta la sua famiglia.

Le figlie femmine venivano addestrate per diventare il medico di famiglia, a non avere pietà e ad essere il più furtive possibile, in modo da non mettere mai in pericolo la famiglia in caso avesse bisogno di cure mediche.
Oltre questo, potevano fare quello che volevano.

Da piccolo volevo fare anch'io il medico. Volevo curare le persone, farle stare bene e dare le belle notizie alla gente, per vederle sorridere ed essere felici. Allo stesso tempo volevo anche consolare chi riceveva brutte notizie.

Ma purtroppo, come già ben sapete, la mia vita è stata distrutta con la morte di mia madre e l'arrivo di Kevin. Da quando ho quattordici anni, vengo addestrato con delle torture a non avere pietà, a sopportare il dolore e a infliggerlo per il puro gusto di farlo. Devo ammettere che ti fa sentire potente, ma non sono come mio padre che si è lasciato manipolare da quel mostro e non sarò mai come loro desiderano, anche se glielo farò credere finché serve. Mi hanno solo fatto conoscere un mondo che avrei preferito non conoscere. Mi hanno obbligato a farmi apprezzare tutto quello che viene comunemente chiamato folle.

In questi giorni, quando tutti dormivano, entravo nella stanza in cui si trovava Joshua e lo osservavo. Molto spesso ha degli incubi ed è lì che so quanto in realtà lui abbia paura.

Si lamenta, trema, sembra che riviva le torture subite e al posto di essere un duro come appare e ci fa credere, frigna come un bambino, piangendo e tremando peggio delle foglie in autunno quando appassiscono e cadono.

So i suoi punti deboli e so quanto spietati possano essere gli altri due se dovessero scoprirli.

Ho fatto tantissime ricerche su di lui e so quasi tutto, ma osservarlo, scrutarlo e studiandolo da cima a fondo non potete nemmeno immaginare cosa si può scoprire.

In quel momento però, ripensai a quelle parole che avevo udito poco prima. JJ stava piangendo e questa volta non stava dormendo.

Lo sta spezzando?

A interrompere i miei pensieri fu proprio Kevin. Stava sbuffando. Era infastidito per qualcosa.
Presi un gran sospiro e in un batter d'occhio entrai a gonfie vele in quel posto.

«Cosa ci fai qui?» chiesi con voce dura «Noah! Che sorpresa!» sorrise come se nulla fosse.
Il suo volto era martoriato esattamente come il suo corpo e nonostante ciò era lì. In piedi davanti a me, dopo aver torturato JJ.
«Te lo ripeterò un'altra volta Kevin» dissi a denti stretti «Cosa. Ci. Fai. Qui?» mi avvicinai a lui «Tuo padre mi ha rinchiuso qui dentro» sbuffò «E cosa ti ha fatto pensare che potevi toccare le mie cose?» lo spinsi leggermente «Mmh, vediamo» fece finta di pensare e proprio in quell'istante la voce di mio padre mi fece girare

«Ha firmato il foglio?» mi domandò «Certo che ha firmato!» risposi sperando che non avessero visto la firma falsificata. «Ho chiesto se "Ha", non se "Hai"» mi lanciò un pezzo di carta che non afferrai nemmeno. La mia speranza era inutile, sapevo già che l'avevano visto «Non mi avete lasciato altra scelta. Mi è stato portato questo ragazzino, perché doveva essere mio» provai a fare il duro, senza emozioni «Ma voi, giustamente, non sapete rispettare i patti. Perciò perché dovrei rispettare i vostri?» ebbi questo piccolo lampo di genio.

Noi avevano il patto che quando una persona ti viene portata in dono, nessuno la può toccare e essa stessa deve firmare la tua liberatoria per poterti dare il consenso a fargli quello che vuoi.
Loro, però, fin dai primi giorni non rispettavano questa cosa.

«Doveva già firmalo quel foglio, ma forse non sei sufficientemente addestrato» Si avvicinò a me con la mascella serrata

So a cosa vuole arrivare. Quando tutto l'addestramento non è sufficiente, c'è quella che Kevin chiama "Fase Bonus" ed è la più dura, quella più brutta e so che prima o poi dovrò affrontarla se non riesco a ribellarmi.
Purtroppo si stanno tutti accorgendo delle mie piccole debolezze, ma so anche che se l'affronto, potrei non resistere e risultare uno scarto per loro. Potrebbero uccidermi senza la minima pietà, anche se non credo che sappiano cosa sia.

«Sarò cauto con te figliolo, ma questo moccioso non è il primo che hai, non vorrai cedere solo perché c'è né uno più duro e più bello da piegare...» Mi tirò uno schiaffo «Vero figlio mio?»
«Dammi tempo» lo guardai «Voglio fare le cose in modo perfetto, come mi hai insegnato tu» mentì «Godermi ogni singolo momento, avere pieno controllo su di lui, piegarlo e arrivare al punto in cui sarà lui a chiedermi la morte» mentì ancora, ma sapevo che quelle erano le parole che voleva sentire.
«Bene...» si girò verso Kevin «Ti diamo tempo tre giorni, Noah. Dopodiché ci penserò io» ghignò «E posso garantirti che nulla sarà vergine in quel ragazzo, sempre se Kevin non mi ha già preceduto» continuò a fissarlo

«Non ho ancora fatto nulla. Voglio lasciare a te l'onore. Io te l'ho tolto con Manuel» sorrise come se fosse una cosa normale.

Niente di tutto ciò era normale.

«Non ci sarà il bisogno di arrivare a quel punto» mi misi in mezzo «Sarà meglio, ma non per lui. Per te» stavolta mi guardarono entrambi. Cercai di resistere a quegli sguardi, ma sapevo che almeno questa cosa era semplice. Erano anni che mi esercitavo in ciò.

Li guardai andare via con nonchalance. Era come se quei due non avessero mai litigato e come se questa conversazione fosse la più normale del circondario.

Mi girai verso Joshua e lo fissai, mentre era inerme contro il muro.
Non gli avrei permesso di toccarlo e soprattutto non gli avrei permesso di toccare me più di quanto abbiano già fatto. Era meglio procurarmi una firma vera, la sua firma.

Fine prima parte!

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