Ribelle

By erica_savarese

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Joshua Jhonny, anche soprannominato JJ, era un ragazzo di circa 18 anni, felice e solare, ma era anche un rib... More

*Nota della Scrittrice*
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10 - pt 1
Capitolo 10 - pt 2
Capitolo 11 - pt 1
Capitolo 11 - pt 2
Capitolo 12 - pt 1
Capitolo 12 - pt 2

Capitolo 7

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By erica_savarese

2 giorni dopo:

Erano passati due giorni.
Due giorni che non mi davano una tregua.
Due giorni che ogni due ore venivano e mi torturavano senza un motivo apparente.
Un'ora mi torturava Noah, un'ora Michael e un'ora Kevin.
La cosa divertente è che Noah non sapeva nulla di suo padre e del suo complice.
Ogni volta che tornavano, in caso dormivo mi svegliavano col taser o con un pugno e poi la solita affermazione da parte di Noah: "Firma il foglio".

Come se la mia vita valesse una stupida firma.

In questi giorni avevo capito una cosa.
Le torture di Michael erano le più pesanti, mentre quelle di Kevin erano decisamente più leggere. A volte c'erano dei momenti in cui venivano insieme e il mio corpo non riusciva a sopportare nulla di quello che mi facevano. La testa iniziava a girare vorticosamente e successivamente cedevo.
Non so se loro si fermavano dopo che svenivo, ma lo speravo e lo spero vivamente.

Non possono essere così tanto pazzi, vero?

Noah, invece, si ferma.
Non capisco il perché e non capisco fino a che punto si spingerebbe.
Appena urlo più forte del solito, si blocca e va via senza dire una sola parola, ma non mi dispiaceva perché se ne andava proprio quando non riuscivo più a trattenere le lacrime. Fortunatamente, non mi avevo mai pianto davanti a loro.
In ogni caso, non vengono mai in un ordine preciso, a volte sembra quasi che si scambiano anche se sono convinto che Noah non sappia delle torture che mi infliggono Kevin e Michael.

Erano anche giorni che non facevo un pasto, ma non sembrava che a loro importasse.
Il mio corpo era visibilmente dimagrito e per di più ero privo di forze, proprio perché non mangiavo da almeno cinque giorni.
I bisogni li facevo in un secchio che mi avevano messo a disposizione e per fortuna avevano iniziato a lasciarmi libero in quella stanza, ma forse perché non ho la forza di camminare o tentare di scappare.

Non riesco neanche a stare in piedi, figuriamoci se potevo provare a fuggire.

Oltre questo, avevano aggiunto un materasso su cui dormire e una coperta con cui potevo provare a scaldarmi un minimo, anche se serviva a poco. Sapevo, però, che dovevo tentare di scaldarmi e dormire più che potevo, perché solo così avrei potuto cercare di recuperare abbastanza forze da alzarmi e scappare, provando a cogliere il momento più opportuno.
Nel mentre, stavo studiando i loro comportamenti e anche se era prematuro tentare una fuga così presto, volevo farlo. Mi ero promesso che l'avrei fatto ugualmente, perché nelle peggiori delle ipotesi, al massimo, mi avrebbero ripreso e ucciso.

La morte non mi spaventava più.

In questo momento, ero sotto le mani malvagie e sadiche di Michael.
Mi aveva legato i polsi ad una catena che pendeva dal soffitto e mi frustava come se fosse una cosa normale.
Potevo sentire il sangue che scivolava lungo la mia schiena, mentre sul suo volto c'era stampato un ghigno sadico che avrebbe fatto paura anche alla persona più coraggiosa di questo mondo.
Io, in tutto ciò, cercavo di trattenere le urla che mi stava procurava la frusta ad ogni frustata. Ero quasi sull'orlo di piangere. Ad ogni colpo, il dolore era sempre più intenso e insopportabile. Sentivo la mia pelle lacerarsi e aprirsi senza pietà e anche se era una domanda stupida e a cui la risposta era ovvia,  mi continuavo a chiedere se un minimo di umanità, questo mostro, ce l'avesse.

«Piccolo, vorrei sentirti urlare» si avvicinò toccando i segni che mi aveva lasciato quella maledetta frusta «N-No» balbettai gemendo «Va bene, allora vediamo quanto resisti» iniziò a ridere senza un motivo apparente e schiacciò un dito in una delle tante ferite che mi aveva procurato.
Chiusi gli occhi più forte che potevo e trattenni il respiro. Anche se stava solo premendo contro le mie carni aperte, la sensazione era terrificante.
Bruciava più di quanto potessi immaginare e lui era al dir poco divertito. «Un piccolo osso duro, vero?» finalmente allontanò la mano dalla mia schiena. Era visibilmente infastidito. «Per una volta che mio figlio non c'era e potevo farti quello che volevo, tu non mi soddisfi e non urli» tirò uno schiaffo sulle mie ferite e anche se non ci aveva messo troppa forza, mi mozzò il fiato.

Lo sentì allontanarsi e posare la frusta, così mi girai a guardarlo, sperando che la sua delusione fosse così alta da farlo andare via.
Invece, era lì. In piedi davanti ai suoi amati arsenali della tortura. Sembrava indeciso su quale prendere e utilizzare.
Tutto ciò mi scoraggiò, perché speravo con tutto il cuore che la smettesse. Non ce la facevo a sopportare ancora qualcosa, ma sapevo che doveva ancora venire Noah a darmi anche la sua parte.
«Sai» disse Michael iniziando a camminare in giro per la stanza «Quando mio figlio non c'è e io mi ritrovo davanti a dei soggetti come te» si grattò il mento ridendo.

«Solitamente ho due opzioni per godere delle vostre bellissime urla disperate» ritornò alla sua postazione e prese qualcosa che non ero riuscito a vedere. Si girò verso di me e nascose le mani dietro la schiena.
Mi guardò lussurioso e avanzò verso di me lentamente.

«Non sei curioso di sapere quali siano?» si mise davanti a me sorridendo.
Io deglutì e scossi la testa, sentendo un brivido freddo percorrermi tutta la spina dorsale.
Sinceramente non volevo saperlo, ma ero più che sicuro che l'avrei scoperto a breve se nessuno mi avesse salvato o se non mi fossi riuscito a liberare da solo.
«Oh piccolo, ti agiti solo per delle semplici parole?» rise con gusto notando il mio leggero tremolio «Beh» continuò a ridere «Se serve così poco» tornò serio nel giro di pochi secondi e mi afferrò i capelli.

Ora era anche bipolare?

«Di solito, una delle cose che faccio è stuprarvi» si avvicinò col viso al mio.
Potei sentire il mio cuore iniziare a battere all'impazzata. Sembrava volesse esplodere nel mio torace.
Tutto quello che riuscì a fare, però, fu sgranare gli occhi e paralizzarmi per un istante.

Avrebbe abusato di me? Adesso? Dopo avermi frustato per non so quanti minuti, solo perché non gli ho dato la soddisfazione di sentirmi urlare, sarebbe arrivato veramente a tanto?

Si, idiota. Sei davanti ad un pazzo, sadico e pervertito. Non c'è tanto da sperare e neanche tanto da stupirsi.

Mi presi a schiaffi mentalmente e provai a liberarmi dalla sua presa, anche se naturalmente fallì. Ero troppo debole e mi venne da piangere nuovamente, ma non potevo farlo. Non davanti a lui.
«Vedo che l'idea ti fa impazzire» rise lasciando i miei capelli. «Ma non lo farò. Non oggi almeno» ridacchiò «Devi sapere che mi sono divertito abbastanza con Manuel in questi due giorni» sorrise malizioso «C-Cosa gli hai fatto?» sussurrai sgranando gli occhi.

«Proprio quello che hai sentito ragazzino» si allontanò di un passo «È stato così bello sentirlo urlai, sai?» sorrise «Se ci tieni a saperlo, era così teso che mi eccitava di più. Ma scommetto che è piaciuto alla fine» mentre pronunciava quelle parole, si percepiva la sua soddisfazione nel ricordare tutto.
Io ero pietrificato. Come poteva aver fatto seriamente una cosa del genere e non sentirsi in colpa? Come faceva a pensare che quello stupro, fosse piaciuto a Manuel? E poi, non avrebbe abusato di me quest'oggi, solo perché erano due giorni che abusava di Manuel?
Perché? Perché questa crudeltà? Perché proprio a Manuel che è così piccolo. In fondo ha solo 15 anni. Erano anche dei pedofili?

Tutto quello che gli era capitato è ingiusto. Tutto quello che fanno è ingiusto.

«Vuoi sapere qual è la seconda cosa che mi fa impazzire?» mi prese il volto con una mano e iniziò a stringermi le guance «Sai, dovrebbe interessarti perché è quello che sto per fare a te» ridacchiò mostrandomi il coltello che aveva in mano.
Sgranai nuovamente gli occhi.

Voleva uccidermi?

«Cosa vuoi fare con quello?» mi lasciò il viso e indietreggiai per quello che potevo «Oh piccolo, adesso lo vedrai» rise facendomi rabbrividire.
Si avvicinò ancora a me, appoggiando la lama sul mio petto e mi graffiò.
Non era profondo, ma era abbastanza per vedere il sangue scorrere lungo il mio addome.
Mi tagliò ancora e ancora.
Tutto il mio torace era pieno di sangue che lui guardava scorrere con lussuria.
Nonostante trattenessi ancora le urla, lui era visibilmente soddisfatto mentre guardava il mio sangue.

Senza nemmeno accorgercene, qualcuno entrò in quella stanza.
«Che diavolo stai facendo?!» la voce di Noah rimbombò nelle mie orecchie violentemente, ma fortunatamente riportò alla realtà suo padre.
«Non è ovvio? Sto giocando col ragazzino» sbuffò allontanandosi e posando il coltello.
Noah ignorò Michael e corse da me. Il suo sguardo era totalmente disgustato e preoccupato nel vedere le mie condizioni e per un attimo mi vergognai. Mi sentì uno stupido in quel momento.

Perché era preoccupato?

«Chi ti ha dato il permesso di poterlo toccare?» si girò verso il padre «Tesoro, non ho bisogno del permesso. Lui non è ancora di tua proprietà e se ci tieni tanto a saperlo, non è la prima volta che mi diverto con lui» rise «Cosa?» vidi gli occhi di Noah diventare cupi e vuoti «Oh sì, ci ho già giocato altre volte ma non riesco a farlo urlare. Credo che ci sia solo una soluzione per poter sentire bene come urla» si appoggiò al muro soddisfatto della sua deduzione. «Non lo toccherai più» disse fermo nella sua posizione «Ah si? E chi ti dice che non lo farò più?» rise «Ha firmato e questo ti proibisce anche solo di guardarlo» tirò fuori dalla tasca un foglio e glielo mostrò, ma prima che lui potesse prenderlo per vederlo meglio, lo ripiegò e lo mise nuovamente in tasca.

Firmato? Io non avevo firmato un bel niente!

«Ora vattene» io guardai entrambi a bocca aperta. Ero scioccato e non capivo cosa stava accadendo. Michael si avvicinò senza smettere di guardare suo figlio. Sembrava quasi che volesse picchiarlo per non averglielo detto fin da subito.
«Se ha firmato, allora devi insegnare a questa troia masochista di non farsi toccare dagli altri. Poteva dirlo e io non gli avrei fatto nulla.» si innervosì e andò via dopo il silenzio che si creò qualche istante dopo lasciandomi, così, da solo con un Noah fuori senno.
«Perché non me l'hai detto che anche lui ti toccava?» mi tirò uno schiaffo in pieno volto «I-Io non...» sussurrai balbettando in preda al panico di quel momento.

Ero appena stato torturato da Michael e ora c'era Noah che probabilmente avrebbe ricominciato quel tormento orrendo.
Non riuscivo a pensare a nulla in quel momento, se non che il mio incubo stava per ripetersi a breve.

Lo vidi andare a quella dannata postazione e toccare ogni oggetto lì presente. Li stava scrutando uno ad uno.
Successivamente tornò da me, guardandomi attentamente e girandomi intorno.
«Dovrei torturarti adesso che sono qui» appoggiò le dita sulla mia schiena, contornando i segni lasciati dalla frusta.

Sussultai e sospirai.
Sapevo che mi toccava anche la sua mano crudele e che non mi avrebbe lasciato in pace almeno oggi, nonostante le mie brutte condizioni.
Mi lasciai sfuggire un singhiozzo contro la mia volontà.

Non avevo voglia di subire ancora.
Non avevo voglia di trattenermi ancora.
Non avevo voglia di resistere ancora.

Avevo fame, sete, avevo bisogno di una doccia. Volevo dormire, rivedere la mia famiglia e i miei migliori amici.
Non chiedevo tanto.
Eppure ero ancora li. In quella prigione.

Mi girai e guardai Noah. Volevo capire cosa avrebbe fatto. Come mi avrebbe torturato e se fosse sopportabile.
«Non lo farò» disse guardandomi in faccia e contro ogni mia aspettativa  mi slegò i polsi.
Caddi immediatamente. Fino a quel momento mi stavo tenendo in quelle catene e ora non mi tenevo a nulla, nonostante lui cercò di prendermi subito.

Gemetti di dolore quando appoggiò le mani sulla mia schiena. Era troppo preso nel tenermi in piedi per fare attenzione a dove schiacciava le mani.
«Mettiti seduto qui e non muoverti. Io arrivo subito, okay?» mi aiutò sedermi delicatamente sul materasso e se ne andò, lasciandomi tra i miei pensieri e le mie domande dubbiose.

Perché non lo ha fatto? Perché mi sta aiutando? Lui aveva un minimo di umanità o era tutta finzione per ottenere quello che voleva? E perché continuo a farmi queste domande stupide, alla quale la risposta è ovvia?
Avevo troppe domande a cui le risposte non c'erano o se c'erano erano solo delle supposizioni. Non avevo nulla di concreto in mano che mi facesse pensare alle cose giuste e di sicuro non ero abbastanza lucido per poter pensare.

Non stavo diventando pazzo anch'io, vero?

A interrompere i miei pensieri fu Noah che tornò da me correndo.
Si mise dietro dietro di me e sospirò «Qui ci vanno dei punti» mi girai il giusto per poterlo guardare in viso «Mio padre non ci è andato leggero con te e non posso negarti che farà male» mi guardò anche lui, porgendomi un asciugamano un secondo dopo «Prendilo e mettilo tra i denti. Cerca di stare dritto, perché devo ricucire metà della tua schiena» deglutì rumorosamente e feci come disse.
Avrebbe fatto male? Quanto? Sfortunatamente lo scoprì subito.

Sentivo le mie carni venire ricucite, la pelle che si tirava e il bruciore aumentare per un istante. Poi, però, più mi cuciva e più rimaneva solo quel senso di calore a invadere la mia schiena. Probabilmente, mi sembrava di essere ustionato solo perché avevo carne viva a contatto diretto con l'aria circostante.
Non so quanto tempo era passato da quando aveva iniziato il suo lavoro da finto medico, ma a me andava bene. Il dolore che provavo stava diminuendo e non riuscivo a spiegarmi il motivo.

Non doveva farmi più male? Forse sono solo sciocco io che non capisco nulla in medicina.

«Ho finito» appena disse quelle parole, sputai il panno che stavo stringendo in bocca e lo guardai senza dire nulla «Ora devo disinfettare il tutto e per tua fortuna ho solo il betadine con del cotone» me li mostrò.
Non riuscì a trattenere il mio sollievo nel sapere ciò. Il betadine non bruciava essendo un disinfettante più delicato rispetto all'acqua ossigenata e non sapevo se dovevo ringraziare qualche divinità che avessero solo quello.
Lo vidi sorridere e scacciare quel sorriso umano dal suo volto.
Tornò immediatamente cupo, come se avesse appena commesso un crimine o semplicemente, come se sorridere fosse un crimine.

Fece finta di nulla e prese a curarmi la schiena con premura, facendo attenzione a non schiacciare troppo per non farmi male. Nonostante ciò, qualche gemito per il lieve bruciore mi scappò e lui si fermava ogni volta.
Non lo capivo. Non lo riuscivo a capire.
«Dai, manca poco. C'è l'ultimo segno e poi ti metto questa pomata al cortisone che ha anche funzione cicatrizzante. Non ne abbiamo altre e non ho il tempo di andare a comprare quella più giusta per tua condizione» disse mentre completò il suo lavoro «Non importa. È già tanto se mi stai curando le ferite...» sospirai sapendo che quella era la pura verità.
Lui non rispose e prese a cospargere quella crema su ogni punto che ne avesse bisogno. Successivamente mi fece girare e pulì il mio busto dal sangue. «Questi non sono profondi» indicò i tagli sul petto «Basterà disinfettare e metterci la stessa pomata» mi guardò in faccia «Perché lo fate?» chiesi mentre iniziò a curarmi anche quelle ferite «Cosa intendi?» domandò senza distrarsi dal suo lavoro «Perché fate queste cose alla gente?» riformulai la domanda e lui si fermò per un istante, come se si fosse appena perso nell'oblio più profondo.

Tutto ciò, per una domanda così banale? Forse non era così banale.

Rimasi a guardarlo senza dire nulla. Aspettai solo una risposta che non arrivò. Ritornò alla realtà e mi ignorò, ricominciando a fare quello che stava facendo.
Deglutì e abbassai lo sguardo. Non il motivo per cui mi aspettassi una risposta, ma ci rimasi male per non averla avuta. Probabilmente mi ero fatto condizionare da quel minimo spiraglio di umanità che aveva fatto trapelare dalla sua maschera fredda e rigida.

Senza rendermene conto, aveva cominciato a fasciare tutto il mio corpo con delle garze e delle bende.
Un lavoro completo e perfetto, ma mi sentivo mummificato. Non potevo muovermi più di tanto.
«Ti conviene dormire a pancia in giù. Così non aprirai i punti che ti ho messo» disse alzandosi e prendendo tutto quello che aveva usato «Grazie» sussurrai rimanendo nella stessa posizione in cui ero da diversi minuti «Hai fame?» alzai la testa e annuì. Il mio corpo agì senza che la mia testa potesse pensare a una qualsiasi truffa da parte sua. In quel momento avevo così fame che avrei fatto qualsiasi cosa per un pezzo di pane. «Ti farò portare un pasto completo da Manuel» si guardò le mani sporche del mio sangue «E anche dei vestiti».

Senza dire altro e senza aspettare una mia possibile risposta, andò via.
Spense anche la luce, lasciandomi nel buio.

Provai a stendermi, ma ogni movimento era un capogiro per la mia testa.
Non so quanto tempo passò, ma ad un tratto sentì la porta aprirsi e la luce si accese, rivelando la figurati martoriata di Manuel. Aveva una busta con dei vestiti al suo interno, un enorme vassoio in mano e lui era vestito esattamente come una cameriera.

Come diavolo l'avevano conciato?

«M-Manuel?» sussurrai guardando scioccato. Lui si avvicinò e posò il vassoio sulle mie gambe. Era pieno di frutta, verdura, pane, pasta in bianco e acqua. C'era perfino un dolce.
Mi venne subito l'acquolina in bocca nel vedere tutto quel cibo.
«JJ?» mi richiamò Manuel. Così chiusi la bocca che non mi ero accorto di avere aperto e lo guardai «N-Non firmare quel foglio. Promesso?» disse mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime «Cosa ti hanno fatto?» domandai spostando il vassoio «Tu non firmare. Promettimi che non lo firmerai» si fece scappare una lacrime.

Non riuscivo a guardarlo così, ma non riuscivo nemmeno a stare in piedi. Perciò lo tirai verso di me. Si abbassò e lo abbracciai con le forze che avevo. «Te lo prometto» sussurrai baciandogli i capelli. Lui, in tutto ciò, scoppiò a piangere appena lo strinsi a me. «Manuel?» lo chiamai provando a staccarlo un minimo per poterlo guardare in faccia, ma lui si strinse di più facendo attenzione alle garze «Manuel, posso chiederti chi ti ha fatto questo?» domandai indicando tutto il corpo e lui annuì «È stato Kevin. Poi anche Michael» singhiozzò «Mi hanno...» si interruppe per qualche secondo e mi guardò mentre le lacrime continuavano a il volto «O-Okay, non preoccuparti. Ho capito.» in realtà non avevo capito. A vederlo così, avrei potuto pensare che l'avessero picchiato e torturato ancora, ma avevo assistito a quella conversazione tra Kevin e Noah. Me l'aveva detto anche Micheal stesso. Sapevo già che avevano abusato di lui, ma avevo sperato fino a quel momento che non fosse vero.

«Devo andare» si alzò piano «Ti prego, JJ. Non firmare quel foglio, non fidarti di loro e promettimi che riuscirai a scappare almeno tu» si asciugò le lacrime «Te lo prometto, ma non te lo assicuro. Non ho ancora capito come fare» sospirai «Con Noah. È quello più debole. Da quando sto sopra con loro, lui è quello che sembra ancora umano. Ma non fidarti ugualmente, perché magari è il peggiore tra i tre.» posò a terra la busta con i vestiti «L'ho visto anch'io che sembra quello più umano» guardai un punto vuoto «Forse lo è. Mi chiede sempre come sto e quando non ci sono gli altri due mostri, si prende cura di me ma non come un oggetto. Mi tratta normalmente. Da persona a persona.» sospirò con un singhiozzo «Devo andare, altrimenti Michael mi punirà. Pensavo di avere veramente più libertà. Invece...» mi guardò e mi sorrise. Ricambiai quel gesto e se ne andò.

Ero nuovamente solo, ma questa volta con del cibo e dei vestiti.
Mangiai e bevvi tutto.
Mi gustai ogni cosa e pensai ad una possibile fuga. Manuel mi aveva dato un suggerimento troppo prezioso per ignorarlo, perciò l'avrei usato a mio vantaggio contro quei psicopatici.

Adesso avevo anche una promessa da mantenere e l'avrei mantenuta, ma Manuel sarebbe scappato con me.
Ci saremo riusciti. Avremo la nostra libertà insieme.

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