Ribelle

By erica_savarese

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Joshua Jhonny, anche soprannominato JJ, era un ragazzo di circa 18 anni, felice e solare, ma era anche un rib... More

*Nota della Scrittrice*
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10 - pt 1
Capitolo 10 - pt 2
Capitolo 11 - pt 1
Capitolo 11 - pt 2
Capitolo 12 - pt 1
Capitolo 12 - pt 2

Capitolo 3

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By erica_savarese

Un brivido.
Fu esattamente quello a svegliarmi.
Un dannato brivido che percorreva ogni centimetro del mio corpo.

Cercai di stiracchiarmi e ricordare cosa fosse accaduto, ma il mio corpo non aveva dimenticato.
Il mio torace mi bruciava ancora, il mio collo si era gonfiato così tanto che non riuscivo nemmeno a deglutire e i miei polsi avevano dei segni evidenti, erano rossi ed erano esattamente come le mie nocche.

Una lacrima rigò il mio viso al ricordo di quello che era accaduto la sera prima.

Faticando, mi misi seduto e mi guardai intorno. La finestra era ancora aperta, così decisi di alzarmi e avvicinarmi ad essa.
Guardai fuori, cercando di capire come avesse fatto a scendere per di lì e proprio quando mi arresi dal volerlo comprendere, ebbi l'illuminazione.

Parkour? Dopotutto, sotto la mia finestra c'è un piccolo balconcino del piano rialzato. Era facile salire per di lì. Il muro aveva dei ganci per appendere delle decorazioni come, ad esempio, dei vasi. A mia madre piaceva decorare anche l'esterno della nostra casa.
Era particolare.

Sorrisi al suo pensiero, ma tornai serio sentendo una fitta alla gola.

Mi girai, dando le spalle agli infissi. Scrutai attentamente ogni millimetro della stanza. Non so il motivo, ma una parte di me aveva il timore che avesse installato delle telecamere e proprio per ciò frugai ovunque disperatamente.
Mi calmai solo quando ebbi la sicurezza che non ci fosse nulla.

Il mio sguardo, però, cadde a terra. Su un biglietto.

Inizialmente indietreggiai spaventato, ma mi ripresi un attimo dopo.
Alla fine era solo un biglietto, se pur stropicciato.

Lo presi tentennando per qualche secondo e cercando di non deglutire troppo forte per l'ansia, lo aprì e lo lessi.

"Ti vengo a prendere ragazzino.
K.L."

E per la seconda, un'altra lacrima rigò velocemente il viso provato.
Se non ero morto ieri sera, sarò morto domani o oggi.

Piegai quel pezzo di carta e lo appoggiai sulla scrivania. Guardai il mio armadio e con uno scatto veloce lo aprì e presi le prime cose che capitavano, mi vestì velocemente e ripresi il biglietto.

Corsi fino all'ospedale dove c'era la nonna, perché quella mattina avrei saltato gli allenamenti.
Volevo passare del tempo coi miei genitori, fargli vedere il biglietto e non farli preoccupare più del dovuto.

Sapevo perfettamente che sarebbero impazziti se fossi scomparso senza un motivo a loro apparentemente. Almeno, così, sapevano cosa mi era capitato.

Entrato nella struttura, cercai i miei al solito piano dove mettevano mia nonna e fortunatamente li trovai nello stesso punto in cui ci mettono sempre.
Quando mi videro non potei non scoppiare a piangere.
I loro volti erano un misto tra la preoccupazione e il voler rompere qualcosa.

«Joshua! Che diavolo ti è successo?!» mi abbracciò mia madre. Ma io non riuscivo parlare. La gola mi faceva sempre più male.
«JJ» mi chiamò mio padre «Ora, devi dirmi chi è stato il figlio di puttana ad averti fatto questo!» mi tolse dalle braccia di mamma, stringendo un po' troppo forte il mio braccio.
Potevo capirlo e avrei voluto ringraziarla, ma non c'era molto da fare.

Con un doloroso singhiozzo, gli lasciai in mano il bigliettino che avevo ancora stretto nel mio pugno. Lui mi lasciò e lo lesse velocemente.
«È firmato K. L.» sussurrò in trans «Non è possibile» disse mia madre mentre gli tolse dalle mani quel biglietto «JJ, dicci che K. L. è solo una casualità. Ci sono tante persone che hanno il nome e cognome che inizia con quelle lettere» io scosso la testa.

Iniziò a piangere anche mia madre ed era l'ultima cosa che avrei voluto vedere.
Quei psicopatici erano in grado di far soffrire famiglie intere, colpendo solo una persona. Avevano un potere pazzesco e io non sapevo come sfuggirgli. Nessuno ci era mai riuscito.

«Pensiamoci dopo, adesso andiamo da un medico e vediamo cosa può fare per tutto...» mi indicò «Questo...» sospirò debolmente a causa del pianto, mia madre. Le sorrisi e annuì in segno di risposta. «Io chiamo la polizia» disse mio padre e senza nemmeno avere una risposta, partì subito.

Salto temporale:

Passarono giorni da quel momento e da allora ebbi più ricevuto altre visite indesiderate da Kevin.

Solo bigliettini con numerose minacce e descrizioni dettagliate sui possibili modi in cui mi avrebbero rapito.

In questo momento ero in camera mia, sdraiato sul letto e con le orecchie ben aperte per ascoltare ogni singolo rumore. Era oltre una settimana che fingevo di avere mal di pancia per non andare in palestra, rimandandola alla settimana successiva. Non volevo più uscire di casa, perché avevo la costante paura che potessi assistere all'omicidio degli agenti che mi avrebbero accompagnato, perché si. Mio padre ha fatto la denuncia ed è stata accolta immediatamente. La procura aveva assegnato a tutte le pattuglie di essere sempre nei dintorni, ovunque io sia e di avvertirli per ogni nostro spostamento.

Ero alla loro massima sorveglianza, eppure non vedevano mai nessuno entrare in camera mia.

Nonostante tutto, non mi sentivo al sicuro, ma non avevo paura che mi potesse rapire, perché molto probabilmente avrei cercato di scappare fino a quando non ci sarei riuscito.

La cosa che mi metteva timore era la morte. Non volevo morire, anzi non voglio morire. Voglio vivere la mia vita così com'è e non rischiare di essere ucciso da degli psicopatici.

Mi alzai dal letto con l'intento di andare in bagno, ma un rumore al piano di sotto mi fece sobbalzare.

Ero sicuro di essere da solo in casa.

Decisi comunque di andare in bagno e chiudermi dentro, madre natura chiamava troppo per andare a controllare cosa fosse stato. Cercai di convincermi che fosse stato il gatto.

Feci i miei bisogni naturali e mentre pulivo il tutto, sentì la maniglia cigolare.

La iniziai a fissare e potevo sentire il mio cuore accelerare i battiti. Lasciai cadere nel water la carta igienica e tirandomi su i pantaloni leggermente abbassati, scaricai.
Tolsi le ciabatte e silenziosamente entrai nella doccia che chiusi subito dopo.

Mi sedetti e fissai la maniglia per uno svariato numero di tempo, ma non successe nulla.
Poi mi ricordai che per qualche qualsiasi cosa avrei dovuto avvisare le guardie, così mi affrettai a cercare quel pulsante di allarme che dovevo tenere sempre con me, ma non lo trovai.

Mi sarà caduto sul letto dato che ho le tasche larghe. Dannazione!

Uscì dalla doccia pensando e convincendomi di aver avuto un'allucinazione dovuta dall'ansia che ho avuto in questi giorni, scaricai nuovamente l'acqua del water senza un motivo logico e mi lavai le mani, ma proprio mentre mi asciugavo, la maniglia iniziò a muoversi freneticamente.

C'era qualcuno in casa ed io ero convintissimo di essere da solo.

Entrai nuovamente nella doccia e mi accovacciai in un angolino di essa, come se potesse proteggermi.

Era lui? Era Kevin Lee? O era semplicemente mio padre che adora farmi questi scherzi da sempre? Anche se non li fa più da quando ho avuto il primo bigliettino.

Una parte di me continuava ad essere speranzosa, ma l'altra parte sapeva perfettamente che era lui.

Appena sentì dei passi allontanarsi, mi alzai e aprì la porta lentamente.
Scesi silenziosamente al piano di sotto senza girarmi indietro e diressi in cucina in modo da avere a disposizione qualche arma con cui difendermi.

Presi il primo coltello che trovai e lo impugnai saldamente, cercando di calmare il mio respiro che stava aumentando.
Nonostante il mio collo fosse guarito nel giro di dieci giorni, ero ancora un po' indolenzito.

D'un tratto sentì una porta aprirsi e qualcuno entrare. Poi dei passi venire verso la cucina, ma appena vidi i miei genitori fare il loro ingresso con le buste della spesa, tirai un sospiro di sollievo e la mia tensione svanì nel nulla.

«Joshua, che ci fai con un coltello in mano?» domandò mia madre preoccupata
«Ah ehm... Volevo mangiare una mela» feci una risatina nervosa «Cosa avete comprato di buono?» cercai di cambiare argomento
«Quello che ci serviva...» iniziò a scrutarmi
«Campione tutto bene? Sembri sconvolto» ridacchio mio padre sdrammatizzando «Sembra che hai visto un fantasma»
«Si! Si! Tutto a meraviglia» Ridacchiai anch'io
«JJ, sei sicuro? Non è che hai visto o sentito qualcuno? Va bene che ci sono numerose guardie qui in giro, ma non si sa mai» si avvicinò mia madre togliendomi il coltello dalle mani e riposandolo sul piano della cucina
«Si, tranquilla mamma» sorrisi «È tutto okay» l'abbraccia stretta per rassicurarla, anche se in realtà quell'abbraccio doveva rassicurare me.

Salì al piano di sopra poco dopo, nel mentre iniziai a tagliare la mela che avevo preso poco prima e la mangiai.
Entrai in camera e chiusi la porta, presi il telefono e iniziai a scorrere la home di instagram.
Dovevo distrarmi in qualche modo, perciò, decisi di farlo nel modo più facile che potessi conoscere.
Ora che è estate, ci sono tantissime foto di ragazze in costume, anche se sembra che indossano dei fili interdentali.
Ma non mi lamento. Così ci si può masturbare senza troppi problemi. Al solo pensiero di rivedere il paradiso su instagram, sentì i boxer stringersi.

La distrazione più veloce del mondo è questa.

Finì di mangiare velocemente la mela e chiusi a chiave la porta, ormai ero troppo voglioso e desideroso.
Mi rimisi sul letto, coprendomi con le lenzuola e chiusi gli occhi.
Mi abbassai i pantaloni e i boxer il giusto per liberare il mio membro e pian piano iniziai a toccarmi e stuzzicarmi sempre di più, fino a quando il piacere che stavo provando non era così elevato da farmi vedere le stelle.

Proprio mentre stavo per venire aprì gli occhi e solo allora notai la stessa ombra di qualche notte prima, nella mia stanza. Solo che adesso non era notte e si vedeva benissimo.

Preso dallo spavento sobbalzai e tirai su i pantaloni, ma quell'uomo mi saltò addosso il più silenziosamente possibile, bloccandomi immediatamente e tappandomi la bocca con una mano, mentre con l'altra teneva ferme le mie.

Mi dimenai e cercai di urlare, ma più cercavo di fare ciò e più mi mancava l'aria. Stavo fallendo nel tentativo di liberarmi

Non riuscivo a respirare a causa della sua mano, ma lui sembrava divertito e in sua risposta strusciava il suo cazzo contro il mio.
«Smettila di dimenarti ragazzino» mi sussurrò all'orecchio mordendomi il lobo e iniziando a baciarmi il collo e il petto

Ignorai ciò che disse e continuai a muovermi cercando di liberarmi invano.
«Tanto non puoi liberarti da me...» sussurrò sulla mia pelle continuando a baciarmi il collo «Sono più forte, ragazzino» sussurrò nuovamente, mentre scendeva sempre di più fino al mio membro pulsante e ancora eccitato da prima.

Ritornò su e mi blocco le braccia con le sue ginocchia. Prese dei calzini e dopo avermi costretto ad aprire la bocca, me li mise in bocca.
Provai a sputarli, ma stava pensando a tutto. Prese un calzino più spesso e lungo e lo legò sulla bocca, in modo che io non potessi liberarmi da essi. Dopodiché prese una corda nera che aveva in vita, mi girò a pancia in giù e legò stretto i miei polsi dietro la schiena. Successivamente mi girò nuovamente.
Mi sentivo un salame e odiavo questa sensazione.
Cercai di liberarmi, ma non riuscivo. Sentivo solo la mia pelle lacerarsi a causa di quella sottile corda nera.

«Hai finito? Vorrei concludere il mio spettacolo» mi afferrò il membro ancora duro e lo strinse il giusto da farmi gemere di dolore. «Beh, anche questo è un bellissimo spettacolo ragazzino» sorrise e si abbassò, dando le sue attenzioni al mio pene.

Tirò giù il pantalone e iniziò a soffiare sul mio membro, ma capendo l'ipersensibilità che avevo ancora, leccò la punta più volte.

Ero disgustato da tutto ciò, anche se il mio corpo pensava e diceva altro. Mi vide gemere nonostante la mia faccia disgustata parlasse chiaro e sorridendo lussurioso prese in bocca tutto, iniziando a succhiare quel poco per far sì che gli venissi in bocca.
In tutto ciò, non aveva smesso nemmeno un secondo di guardarmi, mentre il mio corpo si contorceva per la forte sensazione di piacere.

Inutile dire che avevo provato a resistergli, che avevo provato a non venire per non dargli questa soddisfazione, ma il piacere era veramente troppo per poter resistere, infatti, dopo nemmeno un minuto mi ero riversato nella sua bocca.
Mi aveva colto proprio quando ero al mio limite.

Per un attimo mi detestai. Mi detestai perché prima di fare certe cose, dovevo assicurarmi che non ci fosse nessuno. Soprattutto dopo quello che avevo sentito fino a poco prima che entrassero i miei genitori.

«Mmh, ci divertiremo un sacco ragazzino» sussurrò ghignando, dopo aver buttato giù i miei liquidi «Ci puoi scommettere che ci divertiremo un sacco» si alzò da me soddisfatto e mi liberò la bocca da tutti quel calzini. Successivamente si mise a cercare qualcosa, ma non capivo cosa.

«Che cosa vuoi da me?» Chiesi cercando di recuperare il fiato. Insultarlo sarebbe stato inutile e probabilmente si sarebbe solo arrabbiato. Non penso che sia il caso di farlo innervosire con le mie stupide parole.
«Lo scoprirai presto ragazzino» ghignò e tirò fuori dalla tasca un fazzoletto.
«Cos'è quello?» sgranai gli occhi e fissando quel coso, cercai di allontanarmi per quel che riuscivo.
«Oh, non ti preoccupare» mi saltò nuovamente addosso, mettendomi quel fazzoletto a coprirmi sia la bocca che il naso. Trattenni il respiro, non volendo inalare il contenuto di esso.
«Da bravo, fai un bel respiro» mi accarezzò i capelli con fare tranquillo.

Naturalmente però, non riuscì a trattenere a lungo il respiro e pian piano iniziai a sentire le forze mancarmi, la testa era sempre più pesante e la vista si era annebbiata. L'ultima cosa che avevo visto, era il soffitto di camera mia Poi il buio più totale mi avvolse e pregai.
Pregai perché la mia vita non sarà più la stessa. Pregai perché non volevo che la mia vita finisse di lì a breve.

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