Ribelle

By erica_savarese

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Joshua Jhonny, anche soprannominato JJ, era un ragazzo di circa 18 anni, felice e solare, ma era anche un rib... More

*Nota della Scrittrice*
Capitolo 1
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10 - pt 1
Capitolo 10 - pt 2
Capitolo 11 - pt 1
Capitolo 11 - pt 2
Capitolo 12 - pt 1
Capitolo 12 - pt 2

Capitolo 2

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By erica_savarese

Il mattino seguente mi alzai presto come al solito, ma fortunatamente era per ragioni diverse.
Prima lo facevo per andare a scuola, adesso finalmente per andare in palestra ad allenarmi e magari trovare anche qualcuna con cui flirtare seriamente.

Mi ero promesso che una volta finita la scuola, avrei messo la testa a posto. Niente arroganza, niente sentirsi superiori a tutti, niente bullismo sui più piccoli e/o deboli. Niente di niente. Avrei messo tutto me stesso e avrei fatto di tutto per essere migliore e questo significava che dovevo farlo immediatamente, perché non sarebbe stato facile nemmeno con la buona volontà.

Per me era una routine.
Mi alzavo, facevo colazione, correvo a scuola e il primo ragazzino che provava solo a guardarmi, si ritrovava con la testa contro il muro e molti insulti sussurrati all'orecchio. Poi, i miei amici facevano il resto.
A ripensarci, un po' di rimorso c'è l'ho, ma è stato ugualmente divertente.
Ero il più popolare e temuto della scuola, tant'è che nemmeno i professori mi sfidavano.
Ma sia chiaro, almeno non toccavo le ragazze. So che moltissimi dei miei compari, invece, non si facevano scrupoli a fare le stesse cose alle donzelle.

Come se non aver mai fatto del male ad una ragazza, potesse risolvere quello che facevo agli altri ragazzi. Ovviamente non risolveva nulla. Ero sempre una merda.

Ma ritornando alla palestra, per colpa di cause scolastiche ci andavo sempre di sera e solo adesso posso, finalmente, spostarla di mattina e avere più tempo per i miei impegni. Non che siano tanti, dato che per ora non ho intenzione di cercare lavoro. Vorrei prima godermi l'estate, almeno fino a settembre e penso che questa cosa è condivisa da tutti i neo diplomati.
Perciò, il mio unico impegno era quello di divertirmi il più possibile.

Feci colazione con un semplicemente cappuccino e 3 biscotti al cioccolato. Questa era la colazione che mi aveva consigliato il nutrizionista. Diceva che muovendomi tanto durante il giorno e per la palestra abbondante, per la colazione potevo esagerare, mettendomi davanti delle opzioni squisite. Questa, nonostante sia estremamente semplice e soprattutto quella meno esagerata, era quella che preferivo e per cui impazzivo di più.

Mettimi davanti anche solo i biscotti al cioccolato e potrei, letteralmente, sposarti all'istante.

A malincuore, finì abbastanza in fretta di mangiare, perciò andai in camera e mi preparai tutto il necessario per fare una corsetta durante il tragitto da casa alla palestra.

Ero estremamente gasato all'idea di testare la mia nuova routine mattutina, anche se sarebbe stato per pochi mesi.

Una volta finito, mi misi a correre più veloce del dovuto essendo in ritardo, ma andava bene comunque. Più veloce ero e meglio mi allenavo nella resistenza e soprattutto col fiato. Anche se non ne ero molto sicuro, perché questa cosa me l'aveva detta il mio vecchio professore di scienze motorie e io non mi sono mai fidato dei miei docenti.

Avevano tutti la puzza sotto al naso

In ogni caso, queste sono due mie caratteristiche. La prima è che sono sempre in ritardo, per qualsiasi cosa, anche se è solo per pochi minuti. Non riesco mai a essere in anticipo o preciso, per quanto io mi impegni ad esserlo.
La seconda è che non mi fido facilmente delle persone, ma probabilmente è perché ho preso me stesso come esempio. Ma volevo seriamente cambiare e diventare una persona migliore.

Arrivato a destinazione, entrai subito andando prima in quella che io definisco "segreteria", ma che in realtà dovrebbe essere una specie di reception. Qui è tutto strano, ma mi piace.
È una palestra grandissima con numerosissimi attrezzi per qualsiasi persona. Hanno diverse zone per chiunque. C'è la zona per professionisti, per chi è alle prime armi, per chi ha problemi di peso, per chi è secco, per chi vuole allenarsi per i mondiali dei bodybuilder e tanto tanto altro e a dire il vero, non mi sono mai reso conto delle metrature gigantesche di questo posto.

Pensando ciò, presi il mio numero, mi andai a sedere su una poltroncina e facendo un po' di stretching, aspettai il mio turno.

Avevo un sorriso stampato in faccia da quando ero uscito di casa. Mi sentivo leggero e felice. Nessuna ansia, nessuna paura per la scuola. Stavo semplicemente bene e Dio quanto amano questa sensazione di freschezza e libertà.

Ero venuto direttamente qui, perché dovevo cambiare l'orario in cui andavo e soprattutto i giorni, in modo da poter venire tutte le mattine della settimana, escludendo la domenica. Ma speravo che ci fosse la possibilità di fare qualche abbonamento, in modo da non dover pagare ogni settimana.

Non notando nessuno, dopo che l'ultimo signore allo sportello se ne andò, feci per andarci io, ma una voce che avevo sentito il giorno prima e che speravo di non sentir più, mi bloccò. Anzi, mi pietrificai sul posto.

«Ragazzino, c'ero prima io» lo potei sentire mentre sorrideva malefico.
Mi girai di poco, ma il giusto per poterlo vedere e confermare la mia ipotesi e nonostante speravo di sbagliarmi, sentì l'ansia impossessarsi del mio corpo appena lo vidi.

Era di nuovo lui. Era di nuovo lui, dannazione!

Magari, però, era tutto casuale e non ero il prossimo, giusto? Solitamente le loro vittime non arrivano alla sera, figuriamoci il giorno dopo.
E poi, dopotutto, ancora non avevano trovato il corpo di nessuno, perciò erano apposto al momento.

Si, lo so. È un pensiero orrendo e da persone egoiste, ma mettetevi nei miei panni. Loro erano le uniche persone che facevano paura a tutti, me compreso.

«Ehm...» volevo controbattere, anche se probabilmente me ne sarei pentito subito all'istante «In realtà no? Sono qui da almeno un'ora e lei è arrivato adesso» gli mostrai il mio numero che era il 57. Non so il perché, ma ad un tratto me ne fregai altamente di chi fosse.

In fondo non sa niente di me, quindi è impossibile che accada qualcosa.

«Tu dici?» Fece una risatina avanzando verso di me
«Ragazzo, si c'era prima lui» si mise in mezzo la ragazza dietro il bancone che mi guardava con fare pietoso «Aspetta il tuo turno, tanto passate tutti a prescindere dal numero» aggiunse facendo un sorriso nervoso.

Io non dissi nulla. Mi limitai a farlo passare prima di me, annuendo.
Ero sicuro che anche stavolta l'avesse fatto apposta. Lui non aveva preso il numero ed era appena arrivato, altrimenti l'avrei visto e sarei andato via subito.

Non so il perché, ma appena sentì che era veramente Kevin Lee, tutta la mia sfacciataggine morì e milioni di paranoie presero il sopravvento.

E se ora mi sono condannato da solo? Magari non aveva intenzione di fare nulla con me, ma adesso? E se per colpa di questo piccolo e insignificante affronto, decidesse di rapirmi? Non riesco a sopportare un pensiero, figuriamoci se diventa realtà.

«Ragazzino» si avvicinò anche fin troppo a me. Essendo seduto, quella troppa vicinanza mi metteva a disagio.

Non ero gay, capitemi. Anche se probabilmente non è una scusa.

«Che c'è? Arrossisci per la mia vicinanza?» cercò di toccarmi i capelli, ma io mi spostai in tempo. Sentì la rabbia ribollirmi nelle vene e nuovamente, tutta quell'ansia e quel timore che avevo, sparì.

Mi alzai, facendolo indietreggiare di qualche passo per lo stupore della mia reazione. Probabilmente è abituato ad avere sempre il potere, ma con me non avrebbe vinto.

Io non mi sarei sottomesso a loro. Io mi sarei ribellato fino alla fine. A costo di consumarmi.

«Non ti avvicinare a me» dandogli una spallata, andai al bancone e non mi girai. Non volevo dargli la soddisfazione che mi fossi girato ed oltre ciò, non lo volevo un secondo di più nel mio campo visivo.

Lo sentì camminare via e potrei scommettere che aveva il suo sguardo incollato addosso a me. La cosa mi disgustava e non poco.
Guardai la ragazza davanti a me che aveva iniziato a fissarmi con compassione.

Perché quest'espressione?

«Che c'è?» domandai «N-niente...» iniziò a tirarsi le pellicine delle unghie «Dai dimmi. Non mi piace come mi stavi fissando» le presi le mani. In realtà potevo perfettamente immaginare il motivo, ma io non sarei stato la prossima vittima. Non mi sarei piegato a loro.
«È che... Sei il prossimo, lo sai vero?» sussurrò in un singhiozzo «Hey, tranquilla. Non sarò il prossimo» cercai di consolarla, anche se dovrebbe essere il contrario «Si, lo sarai. Nessuno gli sfugge. Prendono tutti. Hanno preso mia sorella e mio cugino a distanza di una settimana e ora ho un'altra conferma che non li rivedrò mai più!» questa volta si mise a piangere «M-Mi dispiace» sussurrai «T-Tranquillo» singhiozzò prendendo dei fogli e porgendomeli «Prendili e va via, non voglio che prendano anche tu davanti a me. Non potrei resistere nella consapevolezza che non ho potuto aiutare nemmeno te» tirando su col naso andò via e al suo posto venne un uomo sulla quarantina.

Anche lui mi guardava con compassione.

Presi una penna e iniziai a compilare i fogli, dandoli subito al signore che avevo davanti. Non avevo voglia di aspettare e soprattutto volevo andare ad allenarmi già ora.
«Fai attenzione ragazzo. Noi non possiamo e non vogliamo aiutarti. Chi si mette contro di loro, va in contro ad una morte certa». Gli sorrisi debolmente e annuì, successivamente andai nello spogliatoio abbastanza incerto.

Se fossi stato in pericolo qui dentro, nessuno mi avrebbe aiutato? Mi avrebbero lasciato nelle sue grinfie?
Ovviamente la risposta è sì e non dovrei stupirmi, perché farei la stessa cosa.

Uscì poco dopo dalla stanza che puzzava più del solito di sudore. Avevo un'espressione disgustata per quell'odore pungente e disgustoso. Il solo pensiero di averlo inalato tutto quello, mi faceva venire dei forti conati di vomito.
Cercai di cacciarli via ed entrai nella vera e propria palestra.

Mi guardai intorno per vedere se conoscevo qualcuno, ma purtroppo nessuno delle facce lì presenti era conosciuta.

Tranne una.
Kevin Lee.

Sembrava che mi stesse perseguitando, ma scommetto che era solo una coincidenza. Non credo di essere il prossimo

O forse me ne sto solo auto convincendo.

Non ci diedi troppo peso e andai in un angolino per iniziare i miei allenamenti. Mi misi le cuffie bluetooth e con la playlist di Rocky, proseguì con la mia scheda.

La sera:

Dopo aver passato tutta la giornata fuori casa, tra palestra e amici, entrai nella mia umile dimora più stanco del solito.

Era stata una giornata intensa, ma bellissima.
Quell'uomo non l'avevo incontrato più da quando ero uscito da quella struttura, perciò avevo deciso di passare il resto della giornata con dei miei amici stretti e aspettare con loro i risultati degli esami.
Avevamo anche festeggiato.
Francesco era uscito con un bel 88, Davide con un umile 63, la ragazza di Francy, Charlotte, con un 98 e infine io con un 100.

Più felice di così, non potevo essere e potrei giurare di aver reso fieri i miei genitori.

In questi anni avevano fatto numerosi sacrifici per me e io avevo solo fatto il coglione. Tornassi indietro, cambierei tutto.

«Mamma? Papà? Sono a casa!» Urlai per farmi sentire, ma non ricevetti alcuna risposta e per un attimo fui stranito.
Andai in cucina e la prima cosa che notai era un piatto con carne rossa e patatine fritte al suo interno, acqua frizzante, un bicchiere, le posate, il ketchup e la salsa barbecue.

Guardai l'ora e notai che erano le 22 passate.

Non pensavo che si era fatto così tanto tardi.

Mi sedetti e iniziai a mangiare tutto quello che c'era, anche se ormai era freddo. Nel mentre, scorsi un bigliettino che afferrai subito e lessi.

"JJ siamo molto orgogliosi di te! Abbiamo visto i risultati degli esami e tu hai preso il massimo! Sapevamo che c'è l'avresti fatta senza problemi, sei il ragazzo più intelligente e furbo che esista e non lo diciamo perché sei nostro figlio!
Ti vogliamo bene!!

Comunque se non ci trovi in casa è perché siamo dalla nonna che non è stata molto bene, raggiungici domani appena puoi!
Siamo al solito ospedale.

Un bacio,
Mamma e Papà ♡"

Sgranai gli occhi nel leggere l'ultima parte del biglietto. Mi stavo preoccupando mia nonna Luigina.
Soffre d'asma ed è già qualche settimana che sta male per ciò.
Tutta la mia felicità per l'esito degli esami era svanita, in quel momento avevo solo il pensiero per lei.

Presi immediatamente il telefono, componendo subito il numero di mia madre

Chiamata:

«Pronto?» rispose dopo qualche squillo mio padre
«Papà! Dov'è la mamma? E si, sono a casa e vi ho chiamati appena ho letto il biglietto» dissi velocemente
«Sta parlando col medico. Purtroppo la nonna sta peggio di quello che pensavamo. Oggi ha fatto delle analisi, ma ci hanno detto che ci vorrà almeno un giorno per sapere il tutto»
«Complessivamente come sta? Le hanno dato qualcosa?» domandai
«Si, gli hanno cambiato l'inalatore. Ora ha quello più forte»
«Spero che sia solo quello il problema» sussurrai
«Lo speriamo anche noi. JJ devo andare. Complimenti per il risultato del diploma!»
«Ci vediamo domani, arriverò dopo la palestra»
«A domani, buonanotte JJ. Non preoccuparti per la nonna. È forte, lo sai»

Fine chiamata.

Sorrisi e posai il telefono. Speravo con tutto il cuore che non avesse niente e che il cambio dell'inalatore sarebbe bastato.

Sospirando debolmente, finì di mangiare, lavai il tutto e salì in camera per prendere il pigiama e un boxer, mi diressi successivamente in bagno per lavarmi.

Se non avessi il pensiero fisso sulla salute della mia nonnina, probabilmente mi sarei concesso un attimo di piacere.

Non mi concedevo questo lusso da qualche settimana per colpa dell'esame, quindi era anche giunta l'ora. Ma non riuscivo. Non ora almeno.

Entrai in doccia e accesi l'acqua fredda, solitamente mi toglie la voglia e quel minimo di eccitazione.
Probabilmente è perché abbassa la temperatura corporea.

Nonostante i brividi e quel leggero dolore per il freddo intenso, continuai a lavarmi per bene. Volevo togliermi di dosso tutto lo schifo che avevo, anche se era solo sudore.

Sembro ossessionato da esso. Sono giorni che parlo solo del benedetto sudore. Dovrei smettere.

Appena spensi l'acqua, ansimai per la sensazione di freschezza che mi era rimasta.
Uscì dalla doccia e iniziai ad asciugarmi tranquillamente.
Avevo anche lasciato la porta aperta e me ne ero accorto solo adesso.

Potrei giurare di averla chiusa, però.

Mi vestii non facendoci troppo caso e con passo goffo andai dritto dritto nel mio amato letto.
Schiacciai la faccia sul cuscino e inspirai il delizioso odore delle lenzuola pulite. Mia madre deve averle cambiate prima di sapere della nonna.

Mi misi un po' al telefono e senza un motivo logico ricomposi quel nome su internet.
Cercai tra le notizie una qualsiasi cosa, ma non trovai nulla che non avevo già trovato la sera prima. Non so perché, ma il pensiero di quella ragazza che mi disse quelle cose stava iniziando a riempire la mia testa.

Ossessivamente continuai a cercare qualcosa, anche se non sapevo esattamente cosa cercare.
Ma dopo poco, ormai stanco di cercare, posai il telefono e mi girai dall'altro lato con l'intento di dormire a causa del mal di testa che mi era arrivato e proprio quando mi stavo addormentando notai una strana ombra vicino alla finestra.
All'inizio pensavo di avere un'allucinazione o che stavo già dormendo e fosse un incubo, ma quando la vidi muoversi, sobbalzai sul posto. Mi misi velocemente seduto sul letto, cercando di mettere a fuoco e come per magia, la mia speranza che fosse solo un'allucinazione, morì.
C'era veramente una persona in camera mia e io non sapevo nemmeno da quanto tempo era li a osservarmi o più semplicemente, da quanto tempo era in casa mia.

Vidi l'ombra correre verso di me e saltarmi addosso.
Io feci la prima cosa che mi venne in mente.
Gli tirai un pugno e nonostante si coprì con una mano, con l'altra mi afferrò il collo, stringendo subito la mano attorno ad esso. Riuscì ugualmente a prendere il controllo per qualche istante, anche se non servì a molto.
Mi afferrò con entrambe le mani il collo e iniziò a stringerlo.

Mi voleva strozzare?! Non posso morire così!

Cercai di divincolarmi il più possibile e risparmiare l'ossigeno stando zitto.
Di solito, nei film horror, la gente urla e chiede sempre pietà, ottenendo esattamente l'opposto della loro richiesta. Perciò, se una cosa l'ho imparata da loro, è proprio che bisogna risparmiare ossigeno e forze nel parlare  per concentrarsi nell'autodifesa. O meglio, questo è quello che mi aveva insegnato anche mio padre.

Non riuscivo a staccargli le mani. A volte diminuiva la presa, facendomi respirare e successivamente ritornava a stringere. Sembrava instancabile.
Continuò a fare ciò finché non persi le forze di lottare. Sembrava che i miei sforzi, nel tentativo di stordirlo o anche solo allontanarlo, fossero inutili. Non riuscivo a far nulla. Almeno era umano? Non me ne capacito che dopo tutti i pugni, gli schiaffi e i calci dati, lui era ancora lì. Più avvinghiato di prima.
Iniziai a vedere dei strani pallini bianchi.

Stavo morendo? Non volevo morire.

Decisi di guardarlo negli occhi, perché in tutto quel tempo non l'avevo fatto nemmeno una volta.
Me ne pentì un'istante dopo.

Lui sorrise ghignando e mostrando il dente d'oro. Aveva gli occhi neri. E solo li scorsi quel famoso tatuaggio.

Era venuto a prendermi? Era giunta la mia ora di morire? Perché con loro c'è la morte certa e mi spaventa sapere che non so in quale modo capiterà. Potevano farmi di tutto e se questa era la forza di Kevin, mi terrorizzava sapere quella dei Ridley.

Senza accorgermene tremai. Lui sorrise ancora, senza mai togliere quel ghigno soddisfatto.
Continuava a strangolarmi e lasciare la presa per farmi respirare, anche se in realtà tossivo e basta.

Sembrava non voler cessare questa tortura.

Io, però, non ce la facevo più. Volevo che smettesse. Ma parlare era inutile. Ci avrei scommesso che parlare era inutile e probabilmente si sarebbe solo eccitato.
Ma lui sembrò leggermi nel pensiero. «Dillo ragazzino» strinse di più la sua presa.
Chiusi gli occhi sentendoli scoppiare. Non lo avrei fatto.
«Pregami di smettere e io andrò via» smise di premere contro la mia gola, ma come sempre, non lasciò la presa dal mio collo. Io negai con la testa. Non l'avrei fatto, perché so che non avrebbe smesso. È una persona malata, sadica. Pregarlo sarebbe come dare da mangiare ad un cane rabbioso.
«No? Quindi sei un masochista? Tutto ciò ti piace?» rise stringendomi nuovamente il collo, ma questa volta ci mise più pressione «Dillo!» urlò «O la prossima volta che premo, ci sarà un coltello al posto delle mani» mi lasciò con una mano e prese un coltellino dalla sua scarpa sinistra.

Qualcosa mi diceva che l'avrebbe fatto seriamente e io continuavo a ripetere che non potevo morire così.

«Conto fino a tre, ragazzino» finalmente lasciò andare il collo, ma afferrò i miei polsi, mettendoli sopra la testa.
Facendo così si avvicinò anche lui stesso, bloccandomi ancor di più sotto di lui.
«Uno...» sussurrò accarezzandomi una guancia con la lama «Due...» continuò facendola passare sul mio collo pulsante e dolorante «Tre...» sussurrò al mio orecchio.
Si alzò leggermente, stringendomi di più i polsi e mettendo la lama in posizione per schiacciare nuovamente il mio collo, o meglio tagliarmi la testa.

Continuai a non dire nulla. Per un attimo pensai che era tutta scena, perché non faceva pressione. La lama era solo appoggiata.
«Addio, ragazzino» sorrise «Ti ho lasciato il tempo per fare una preghierina, così sarai accolto nelle braccia di Dio» ghignò nuovamente, ma questa volta iniziò a far pressione sul mio collo.

Il pensiero che stesse fingendo, morì appena sentì una goccia di sangue scorrere giù per la mia gola. Per questo parlai.
«T-ti prego...» sussurrai tossendo. Lui si fermò «Cosa?» vidi i suoi occhi brillare di lussuria «Fermati, t-ti prego» cercai di dire tutto d'un fiato, ma mi strozzai da solo a causa del gonfiore.

Lui rise. E per un attimo credetti che il mio pensiero era giusto e che avevo soltanto fatto il suo sporco gioco. Sentirmi pregarlo e uccidermi subito dopo.
Invece, per mio stupore. Mi lasciò e si alzò. Pulì il coltello, continuando a fissarmi.
Io cercai di mettermi seduto, ma tutto quello che riuscì a fare, fu rannicchiarmi nello stesso punto in cui ero. Quel piccolo sforzo appena compiuto, aveva iniziato a farmi girare la testa. La sentivo esplodere.
Provai ugualmente a guardarlo. Era vicino alla mia scrivania, ma non capivo che stesse facendo. Poi lasciò cadere qualcosa a terra. E prima di uscire dalla finestra, si girò verso di me.
«Potrò sembrare uno psicopatico e forse lo sono. Ma sono anche una persona che mantiene la parola. Io non mento mai»

Detto questo, si buttò giù dalla finestra. Per un attimo, sperai che facendo ciò morì per qualche assurdo motivo. Invece lo potei sentire correre via.
Chiusi gli occhi e tremai.
Il collo mi faceva malissimo e potrei giurare che si stesse gonfiando, i polsi non riuscivo nemmeno a toccarli e il torace mi bruciava per lo sforzo estremo del mio tentativo di respirare. E poi la tosse. Ogni colpo era allucinante.

Non so se mi fossi addormentato o se fossi svenuto. Ma sapevo che stavo sperando in un incubo. In un terribile incubo.

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