I Flagelli: Tradimento

By isabel-giacomelli

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Secondo libro della saga "I Flagelli" Volume 2: "I Flagelli: Tradimento" ~"Non farò niente che la induca a i... More

Copyright
Prologo
L'incontro
L'albero rosa
La tribù elfica
Lo specchio magico
Preoccupazione
Rifel'a
I semi
Il perfido re
La scelta
Fuoco
Nascosto nel fienile
Dalila
Cuore confuso
Il nobile ribelle
L'errore del cuore
Scuse forzate
I segreti della Foresta
Dekig
Pelle macchiata
Il morbillo
I Cacciatori misteriosi
La riunione
La frattura
Il dolore della separazione
Lo Spettro Bianco
Nemici misteriosi
"Le sette Colombe e le sette Mele"
Scoppia la battaglia
Al salvataggio (Parte 1)
Al salvataggio (Parte 2)
Il Gioiello
Tradimento
La forza dell'Ira (Parte 1)
La forza dell'Ira (Parte 2)
A casa
Epilogo
Quiz - A quale territorio di Egaelith appartieni?
Terzo libro pubblicato!

La serata più bella

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By isabel-giacomelli

Per il Solstizio d'Estate, gli elfi prepararono una cena composta prevalentemente da frutta e verdura. La carne era stata sistemata soltanto per le loro voglie, dato che la mangiavano cruda e fredda.

«Inutile che vi lamentiate» commentò Owen, mangiucchiando la torta alle mele preparata per Xerxes. «La frutta e la verdura possono farvi solo bene.»

«Io lo avevo detto di usare il cioccolato per la torta» sussurrò Yan con un'occhiata complice verso Nathan.

Xerxes sembrò sentirli, ma scrollò le spalle e, sempre sorridente, aspettò di mandare giù il boccone prima di parlare: «A me va benissimo così, dico sul serio».

Yan lo fissò, rosso in volto quanto i suoi capelli.

Gli elfi avevano esposto un nutrito assortimento di alcolici tipici della loro tradizione, ma a sentire il metodo di lavorazione e gli ingredienti, i sei ragazzi avevano preferito rinunciare – Owen non si era trattenuto dal sottolineare che il sangue di civetta non dovesse rientrare nella dieta di un essere umano.

Fortunatamente avevano avuto la buona maniera di portare un po' del proprio vino, una delle tante bottiglie che gli abitanti di Shiwh, nella loro inconsapevolezza, avevano regalato all'Umhïrtröfa.

Non era la prima volta che assumevano vino, birra o idromele: dopotutto, liberi dagli adulti e nascosti dalle leggi, potevano fare ciò che volevano.

Stavolta però Yan aveva preferito bere poco, non volendo essere troppo annebbiato per l'appuntamento con Dalila.

Gli altri invece si erano lasciati andare. Xerxes, Nathan e Owen avevano le guance un arrossate, ma erano Skye e James quelli più preoccupanti, che non facevano altro che ridere fuori controllo.

Non era una novità, erano sempre loro due quelli a esagerare. La cosa sorprendente, i primi tempi, era stato vedere lei che spingeva lui a scolare quanti più calici possibili.

«James Carter! È vero che avete battuto la mia sorellona?» Una piccola elfa di nome Huye'e saltellava attorno al ragazzo tirandogli la camicia.

In un breve attimo di lucidità, James smise di ridere e la fissò titubante, prima di scambiare un'occhiata con gli amici.

Anche Yan sentì salire la pelle d'oca. Si trovavano nella grotta che faceva da posto di gioco per gli elfetti, ma gli adulti avevano un udito tanto fino che avrebbero potuto sentire benissimo anche dalle altre caverne.

I piccoli continuavano a balzellare attorno a James, mentre Huye'e squittiva entusiasta: «Siete davvero così forte, James Carter? Ci date una dimostrazione? Per favore

Lui allora distolse lo sguardo, tornando a ridere. «Va bene! Sì, vi faccio vedere. Però lasciatemi.»

Una volta libero dai bambini, i quali sedettero in disparte con gli occhioni obliqui spalancati, James si avvicinò alla chetichella a Skye, occupata a spiegare a Rifel'a cosa fosse un segna-ore – con tanto di risate e singhiozzi a interrompere il discorso.
Non appena il ragazzo le fu alle spalle, la sollevò a sorpresa e la rigirò per tenerla ferma a testa in giù.

«Ehi!» Skye rise più forte. «Ti conviene mettermi giù, Carter! Potrei vomitarti sugli stivali!»

Lui, di contro, cominciò a saltare sul posto per scuoterla. «È un rischio che sono disposto a correre!»

Mentre i piccoli elfi cominciavano ad applaudire, James mise l'amica a terra e si avvicinò a Owen per riservargli lo stesso trattamento.

«Lasciami andare, idiota!»

«Beh, se me lo chiedi così, allora no!»

Anche Owen scoppiò a ridere, del tutto fuori controllo. «Liberami, Jamie! S-sto per rigettare tutto...»

«Nah! Fatti una dormita, che presto sarà tutto finito!»

Owen non smise di ridere neanche quando venne posato a terra – specialmente perché subito dopo Skye cominciò a fargli il solletico.

Yan era contento di vederlo rotolarsi allegramente sul pavimento.

Aveva aspettato che il suo pianto si placasse per poter fingere di svegliarsi, e di lì a poco avevano fatto rientro anche gli altri ragazzi. Owen e James si erano comportati come se fosse tutto a posto, ma da quando la celebrazione era cominciata, il giovane guaritore aveva mangiato e parlato davvero poco.

«Anch'io!» cominciò a urlicchiare un elfetto. «Fatelo anche con me, per favore!»

«Anch'io voglio venire sollevato come un pipistrello!»

«Oppure potrebbe sollevare un altro dei suoi amici!»

Yan si ghiacciò nel vedere James puntare gli occhi su di loro.

Fortuna che Rifel'a arrivò tempestivo al suo orecchio: «Si sta facendo tardi».

«Infatti! Ehm... Rif, mi mostri il bagno?»

«Il... bagno?»

«Sì! Il gabinetto, Rif. Il cesso. Un posto dove pisciare, insomma!» Yan arrossì nel sentire gli elfetti sbellicarsi.

Almeno Rifel'a si riscosse. «Oh, sì, la caverna dell'espulsione. Vieni con me.»

Prima di allontanarsi, il ragazzo lanciò un'ultima occhiata verso gli amici: Skye e Owen stavano ancora ridendo insieme per terra, e frattanto James si era lanciato ad afferrare Xerxes, con Nathan che incitava alla lotta insieme ai bambini.

Yan seguì Rifel'a non nella caverna dell'espulsione – fortunatamente – bensì in una radura più periferica e libera da qualsiasi addobbo o presenza elfica.

«Non impiegare troppo tempo, Yan» si raccomandò l'elfo. Il suo sguardo era strano, quasi severo e scontento. «Io sono dalla tua parte, ma credo che questa volta avresti potuto trattenerti. È il compleanno del tuo amico.»

Il ragazzo arrossì, le mani che racchiudevano il sacchetto di portsid quasi contenesse un uovo da proteggere. «Mi sento davvero tanto in colpa. Però non potevo deludere Dalila.»

Stavolta Rifel'a sorrise addolcito. «Va bene, lo comprendo. Ti copro le spalle, amico mio.» Fece poi un'espressione strana, mentre sollevava la mano, nella struggente attesa di una sua reazione.

Yan sorrise e batté il cinque, prima d'ingurgitare uno dei portsid.

                                    *

Il giovane apparve nel fienile, da cui uscì quatto nella speranza di cogliere Dalila di sorpresa.

«Joshua?»

Si riscosse nell'udire la sua voce.

Piano fallito, lei lo aveva visto per prima.

Lo stava aspettando vicino alla casa. Presso il giardino in cui trascorrevano il tempo libero, aveva preparato un tavolino con una tovaglia sorprendentemente pulita, su cui aveva sistemato un cesto di pane, due barattoli di marmellata, due grossi pezzi di cioccolata e una bottiglia d'idromele.

Yan si affrettò a raggiungerla, arrossendo nell'ammirare tutta quell'organizzazione in suo onore. «Lila, non dovevi! Mi dispiace essere arrivato così tardi, ma...»

«Tsk, non ti preoccupare!» lo frenò lei, che dopo averlo salutato con un bacio sulla guancia lo spintonò a sedersi. «Per noi due ho preparato solo una cenetta di mezzanotte. Beh, non è ancora mezzanotte, ma ci accontentiamo, eh?»

«Finché è il Solstizio!» rise lui. Acchiappò la bottiglia d'idromele e stavolta se la versò fin quasi a far traboccare il bicchiere. «Dove hai preso l'alcol?»

«Le mie amiche mi hanno portato la bottiglia stamattina. Un regalo da parte loro, che i numi le benedicano! Mi avevano chiesto di andare a festeggiare con loro in città, ma non mi andava di darti buca.»

Yan arrossì dal piacere. Allora anche Dalila aveva rinunciato a trascorrere la festa con le amiche soltanto per lui.

Il ragazzo sollevò il bicchiere. «Beh, ringraziale anche da parte mia!»

Dalila ricambiò il gesto, fecero tonfare i bicchieri e mandarono giù l'idromele.

Yan avvertì la gola frizzare, ma oramai era abbastanza abituato all'alcol da riscontrarlo subito piacevole. Per questo insistette a tracannare fino a che Dalila non gli tolse il bicchiere dalle mani.

«Ohi ohi! Vacci piano, novellino! Finirai per farti male!»

Yan si asciugò le labbra e diede in una risatina sciocca. «Che esagerata! Adesso fai la mammina?»

«Ecco, sei già andato...»

«Nah! Io sono fatto così!»

«Uhm, perfetto...»

Yan andò avanti a sghignazzare durante tutta la modesta cena, fino a ritrovarsi accasciato sul tavolino. Soltanto il pane e la marmellata spiaccicati sul viso riuscirono a zittirlo.

Si sentiva più felice del solito, avrebbe voluto che la serata durasse per sempre.

Tutto il senso di colpa per aver abbandonato Xerxes nel bel mezzo della sua festa di compleanno si era affievolito: adesso pensava soltanto a Dalila e a quanto si stessero divertendo insieme.

"Quando mi ricapiterà un momento bellissimo come questo? Invece ne avrò di compleanni di Xerxes da festeggiare! Certo, questi sono i quattordici, sono piuttosto importanti..." pensò poi, titubante. "A quattordici anni si cominciano ad assumere molte più responsabilità... I miei amici hanno organizzato una festa favolosa per me. E abbiamo fatto lo stesso per Skye e Nathan... e faremo una festa altrettanto grandiosa sia per James che per Owen..."

Non appena la ragazza tornò a sorridergli, lui si distrasse un'altra volta.

"Ho passato tutta la sera con Xerxes. Dalila invece non ha neanche messo piede in città, per me. Adesso posso stare un po' con lei."

A un certo punto la giovane si alzò, gli afferrò le mani e lo trascinò lungo tutto il giardino a volteggiare in una danza scoordinata.

Yan sentiva la testa girare insieme al resto del corpo, la nausea gli ribollì nello stomaco fino a sfiorargli la gola.

Forse aveva davvero esagerato...

Poi, per fortuna, Dalila si fermò, per puntare l'indice canzonatorio contro di lui. «Sei ridotto a uno straccio! Ti avevo detto di non bere così tanto!»

«Sto bene!» ripeté lui, accogliendola in un abbraccio quando posò la fronte contro la sua spalla.

«Sei un ballerino davvero pessimo! Hai i piedi troppo grandi!»

«Mi stavi guidando tu! Sei un po' troppo scatenata, non trovi?»

«Ehi ehi! Tu non puoi dirmi come devo essere, tontolone!»

«Non lo farei mai!»

Lo sguardo vispo della ragazza intercettò il dolce sorriso di Yan.

«Non oserei mai provare a cambiarti. Tu sei perfetta così.»

Dalila ridacchiò lusingata. Alla poca luce delle candele, il giovane scorse le sue guance farsi più scure del solito.

Improvvisamente, e sorprendentemente, il bagliore della luna si tinse di rosa. Quando sollevarono gli sguardi scoprirono però trattarsi di Flarì che, una volta scoperta, scheggiò via scoppiettando allegramente.

«Ma stava ridendo?» esclamò Yan, tra il divertito e l'affascinato.

Dalila scrollò le spalle. «Quella furbetta me la pagherà più tardi.»

I due ragazzi si sorrisero ancora, prima di puntare gli occhi alle stelle della volta celeste.

Dalila continuò a tenere stretta la mano di Yan mentre lo trascinava attorno al giardino e indicava diverse costellazioni. «Belle, non è vero? Non ho idea di come si chiamino né cosa rappresentino, ma non m'interessa proprio! Almeno posso immaginare quanto voglio!»

«Già... è vero...»

Yan però non riusciva a tenere lo sguardo sulle stelle. I suoi occhi erano attratti da Dalila, dal suo chignon che teneva ristretto sulla cima del capo, dal rigido ciuffo che le ricadeva sfuggente sul sopracciglio sinistro, dalle sue iridi color liquirizia che racchiudevano la luce delle stelle, dalle sue labbra scure piegate in un sorriso felice...

Profumava di fieno e terra, la sua risata squillante gli punzecchiava le orecchie in maniera piacevole.

Probabilmente sentendosi osservata, Dalila tornò a guardarlo.

Nel vederla sorridergli ancora, Yan non seppe trattenersi dallo sfiorarle la guancia. Il suo viso era imperfetto, carico d'impurità, ma lui lo trovava comunque stupendo.

Dalila ricambiò il tocco, le sue dita strusciarono lungo il suo collo per andare a infilarsi tra i capelli.

I brividi attraversarono il corpo di Yan, il sangue pompava tanto forte da fargli impazzire il cuore...

Non pensò a niente, non ragionò, seguì soltanto i sentimenti mentre si chinava in avanti per andarle incontro.

Posò le labbra su quelle di Dalila, la quale lo accolse premendo con la stessa passione, avvolgendo con più forza le braccia attorno alle sue spalle, e lui attorno alla sua vita ristretta.

Fu un bacio lungo, traboccante d'amore, la passione che esplodeva dai loro tocchi.

E Yan non rimpianse nulla.

Nonostante ciò che avrebbe potuto comportare, non voleva pentirsi di quello splendido bacio.

                                    *

Passarono praticamente tutto il tempo a baciarsi, abbracciarsi, dondolare sul posto e coccolarsi.

Yan non voleva lasciarla, desiderava rimanere ancora per moltissimo tempo... per sempre...

Quando si sdraiarono sull'erba, Dalila continuò a rimanergli vicina, girata per tenere la testa posata sul suo petto e il braccio avvolto attorno al suo corpo.

Felice come non mai, Yan la stringeva sempre più a sé.

«Come vanno i tuoi poteri?» gli domandò lei, giocando a tamburellargli la punta del naso. «Adesso riesci a trasportarti anche quando sei nervoso?»

«Non proprio...» mormorò il ragazzo, stizzito dal doverle mentire ancora. «Invece Moe? Come se la sta cavando?»

«Non ci sono stati altri sovraccarichi di energia, ed è un maghetto elementale davvero abile» rispose orgogliosa.

«Tu lo sei ancora di più.»

«Tonto, io sono una "debole". Va be', c'è da dire che pratico la magia da due anni e mezzo, a differenza sua.»

«Due anni e mezzo? Avevi detto di avere un anno più di me.»

«Sì, ma sono nata il primo giorno del Capricornus, perciò devo ancora compiere quindici anni.»

Yan le colpì lo chignon con delicatezza. «Ehi, mi prendi sempre in giro perché sono più piccolo di te, ma si tratta soltanto di due mesi! Io sono nato il nono giorno di Pisces!»

«Rimango comunque più grande di te!»

Lui alzò gli occhi al cielo, divertito.

Poi, improvvisamente, il tono di Dalila mutò, più serio e teso: «Manca solo un anno e mezzo...»

«Mmm?»

Nel sollevare la testa, Yan si accorse che la ragazza aveva ritratto il braccio per stringerlo attorno alla propria pancia.

«Cosa succede?»

«Tu ci pensi mai?» mormorò lei, senza guardarlo. «Al giorno in cui compirai sedici anni?»

«Ehm...»

«Lo sai... per l'operazione...»

«Oh...»

Certo, Dalila stava parlando della sterilizzazione: a Egaelith i "deboli" non avevano il permesso di riprodursi, perciò, una volta compiuti sedici anni, dovevano venire sottoposti a un'operazione per rimuovere gli organi riproduttivi.

Yan non ci aveva mai pensato, ovviamente.

Dalila invece sì. Per quanto il suo carattere fosse forte, quella era una cosa che la spaventava molto, bastava ascoltare come ne parlava.

«Sinceramente non ci penso...»

«Beato te... Credevo che per un uomo fosse più imbarazzante, perdere la virilità, sai...» Al silenzio di Yan, Dalila sollevò la testa per dargli un altro bacio, poi posò la fronte contro la sua guancia. «Non voglio che il mio corpo venga violato...»

Yan la strinse ancor di più, provando il potente desiderio di salvarla, di portarla via con sé, per risparmiarle quel futuro dolore. "Mi dispiace... mi dispiace tantissimo..."

Baciò ancora le mani di Dalila, si sfiorarono con le labbra e le dischiusero per potersi legare ancora.

Dopo poco tempo, la ragazza prese un lungo sospiro infastidito. «Devo andare. Un amico di Moe sta venendo a prenderlo con sua madre. Passerà qualche giorno da loro, gli ho concesso un po' di divertimento... e un po' di pace per me».

«Vuoi che lo accompagni io?»

«Il punto d'incontro non dista molto, puoi farlo? Io preferirei rimanere con Huge.»

«Nessun problema.»

«Sei un tesoro.»

Si baciarono ancora, dopodiché Yan aspettò che lei entrasse in casa per chiamare il fratello, il quale uscì al suo seguito con una sacca sulla spalla.

«Joshua ti accompagnerà.» Gli pizzicò la schiena per dispetto. «Fai il bravo, marmocchio. Se la signora Whitney mi viene a dire che ti sei comportato male, non te la farò passare liscia.»

«Anch'io ti voglio bene.» Moe però non la guardò neanche, teneva gli occhi puntati su Yan.

«Allora andiamo, piccoletto» canticchiò lui.

Allo sguardo micidiale del bambino, comunque, si azzittì.

Yan e Dalila si scambiarono un'ultima occhiata dolce.

Nonostante tutto, anche se il dolore della separazione fosse più tremendo del solito, il ragazzo non riusciva a perdere il sorriso. Non faceva altro che voltarsi per guardare Dalila, la quale a sua volta rimaneva sul posto per continuare ad ammirarlo. Ogni qualvolta lui si girava, lei agitava la mano in segno di saluto.

Rimasto da solo con Moe, Yan perse il sorriso, sentendosi adesso a disagio. Aveva creduto di risultare ormai un po' più simpatico a quel bambino sbruffone. Almeno per il momento le sue mani non scoppiettavano.

Rimasero in silenzio a lungo, Moe continuava a puntarlo quasi stesse cercando d'incenerirlo con lo sguardo.

"Chissà se ci sta provando davvero..."

Avanzavano piuttosto velocemente, il bambino sembrava non vedere l'ora di arrivare. Forse era impaziente d'incontrare il suo amico e di trascorrere i prossimi giorni in sua compagnia.

Invece, quando raggiunsero un gruppetto di cespugli, si volse di scatto e sibilò con acidità: «Non mi piace quel che c'è tra te e mia sorella».

Yan si arrestò, stralunato. Dunque Moe era geloso della sorella!

«Io...»

«Non voglio sentire scuse! È tutto ciò che ho da dire! Tra voi non funzionerà niente, chiaro? Non puoi stare con lei, in ogni caso. Dalila starà sicuramente meglio con qualcun altro.»

Yan sentì ribollire il sangue. Come osava quel bamboccio venirgli a dire che tra lui e Dalila non poteva esserci amore?

Sembrava quasi conoscere la sua vera identità...

Poi qualcosa scattò fuori dai cespugli e si lanciò addosso a Yan, atterrandolo e mandandolo a rotolare per terra avvinghiato all'aggressore.

«Va tutto bene!» risuonò la voce di Moe.

Yan però aveva già sfruttato la caduta così da darsi la spinta all'indietro per fermarsi sopra all'avversario, il cui alito puzzava di cioccolata, caramelle e denti non lavati.

La zaffata lo stese quasi del tutto quando lo sconosciuto scoppiò in un urletto.

Si trattava infatti di un altro bambino, dalla pelle pallida.

«Ciao...» mormorò Yan, confuso dal quella comparsa.

Il ragazzino si accasciò ancor più contro il terreno, quasi desiderasse attraversarlo per fuggire. Aveva attaccato, caparbio, ma adesso era troppo spaventato. Perlomeno ci aveva provato.

Yan si rese presto conto di essere lui, con la sua pelle da albino, a spaventarlo. «Oh, scusa, ti faccio paura», e scoppiò in una risatina mentre si spostava.

«Sì, beh, non posso biasimarlo» lo rimbrottò Moe, accorso per aiutare il coetaneo ad alzarsi.

«Tutto bene laggiù?» sentirono una donna urlare.

«Tutto bene, signora Whitney!» rispose Moe, premendo la mano sulla bocca del suo compagno prima che quello potesse chiamare aiuto. «Tranquillo, lui è un conoscente di mia sorella. È venuto per accompagnarmi, ma adesso se ne va. Vero?»

Yan annuì. «Sì, vado. Ehm... allora ciao, Moe, divertiti.»

«Sì, ciao» il saluto del bambino fu spiccio, detto mentre si girava per sospingere via l'amico.

Più che rimanere offeso dal suo comportamento, Yan avrebbe voluto sferrargli un calcio nel didietro. Quel bimbetto aveva bisogno di una lezioncina sull'educazione, anche se il caratterino lo aveva molto simile a quello della sorella.

                                    *

Felice mercoledì a tutti!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ogni tanto anche a me piace mettere momenti di puro romanticismo 🙈

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