I Flagelli: Tradimento

By isabel-giacomelli

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Secondo libro della saga "I Flagelli" Volume 2: "I Flagelli: Tradimento" ~"Non farò niente che la induca a i... More

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Prologo
L'incontro
L'albero rosa
La tribù elfica
Lo specchio magico
Preoccupazione
Rifel'a
I semi
Il perfido re
La scelta
Fuoco
Nascosto nel fienile
Dalila
Cuore confuso
Il nobile ribelle
L'errore del cuore
Scuse forzate
Dekig
La serata più bella
Pelle macchiata
Il morbillo
I Cacciatori misteriosi
La riunione
La frattura
Il dolore della separazione
Lo Spettro Bianco
Nemici misteriosi
"Le sette Colombe e le sette Mele"
Scoppia la battaglia
Al salvataggio (Parte 1)
Al salvataggio (Parte 2)
Il Gioiello
Tradimento
La forza dell'Ira (Parte 1)
La forza dell'Ira (Parte 2)
A casa
Epilogo
Quiz - A quale territorio di Egaelith appartieni?
Terzo libro pubblicato!

I segreti della Foresta

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By isabel-giacomelli

Yan apparve proprio di fronte a re Kayne.

Era così vicino, l'uomo che odiava con tutto se stesso, che aveva provocato così tante pene a lui e ai suoi amici.

Il sovrano si pietrificò, spiazzato dell'apparizione, la boccetta di veleno tenuta sollevata a mezz'aria.

Yan invece aveva il pugnale all'altezza dello stomaco, la punta rivolta proprio verso il re.

Sarebbe bastato uno scatto...

L'uomo indossava l'armatura, eppure era certo di riuscire a conficcare la lama in una giuntura e da lì a raggiungere le costole.

"È il padre di Xerxes..."
"Ma è un mostro..."
"Ma è il re..."
"Sta provocando questa guerra..."
"Ma la ragione è dalla sua parte..."
"Però sta per uccidere Elijah, e ci ha dato così tanto dolore..."
"Ma noi siamo "bestia"..."
"Elijah però non lo è..."

Quegli attimi di esitazione bastarono al monarca per sollevare le mani e creare un campo di forza attorno al corpo, che su Yan non ebbe comunque alcun effetto.

«Uno spettro! Guardie! Sacerdoti!» cominciò a strillare il sovrano.

"Uno spettro! Mi crede uno spettro per la mia pelle bianca e perché attraverso il suo scudo!"

Ora aveva più chiaro come poter agire.

Yan nascose il pugnale e puntò l'indice contro il volto del re, il quale, per quanto veloce si ritraesse, emanava superbia e furia distruttiva da tutti i pori.

Il giovane percepì il terreno tremolare sotto ai piedi, segno che Kayne stesse smuovendo la terra, mentre in una sua mano crepitava il fuoco e in quella col veleno scintille elettriche.

Quando Yan udì un rumore alle spalle, si girò per accertarsi che Elijah fosse fuggito, allora ne approfittò per incastrare un portsid tra i denti.

Poi, grato che nell'ultimo anno la sua voce avesse abbassato i toni, tornò a rivolgersi al re: «Sono stufo di questa guerra! Sono stufo della vostra presenza nella mia foresta! Esigo che ve ne andiate! Altrimenti...» e mentre parlava spezzò il portsid e si trasportò altrove, frattanto che il re scagliava lingue di fuoco e saette contro il suo corpo.

Yan riapparve nel bel mezzo dell'accampamento, proprio accanto a Elijah.

Il principe si fermò d'improvviso a scambiare un'occhiata con lui prima di scattare via, mentre il "bestia" si voltava ad affrontare i soldati attorno alle tende.

Li puntò girando lentamente su se stesso e inchiodandoli con lo sguardo mentre tuonava: «Sarà il primo avvertimento! Non vi voglio nella mia foresta! Andatevene! Niente sangue qui! NIENTE SANGUE!»

Poi si voltò, intanto che i guerrieri si gettavano su di lui, ma Yan aveva già inghiottito un ennesimo seme e riapparve sulla cima di un albero, proprio sopra il falò che scoppiettava.

«Nessuna battaglia! Tornatevene a casa vostra! Andate via! ANDATE VIA!»

«Arcieri!»

Masticato un terzo portsid, Yan riapparve al di fuori dell'accampamento, ma non abbastanza lontano perché i soldati non riuscissero a scorgere il bagliore. Aveva semplicemente richiesto di comparire vicino a Elijah, che avvertì infatti al suo fianco, per quanto non riuscisse a vederlo.

Quando Yan buttò giù un nuovo portsid, trascinò l'amico con sé.

*

I due ragazzi comparvero in una zona più oscura della Foresta di Hanover.
Lì gli alberi erano parecchio più alti, con i fusti dal diametro equivalente alla larghezza di un elefante, contorti e nodosi quanto i rami. Alcuni cespugli brillavano di luci abbaglianti, arancioni e azzurre, e dei fiori alti tanto quanto Yan s'innalzavano creando inquietanti giochi di luci e ombre che lo fecero pensare a tutte le fiabe dell'orrore che conosceva.

Adesso di nuovo visibile, Elijah gli afferrò il viso con tanta forza da costringerlo a ritrarsi. «Yan... Yan, che diavolo è successo?» Cominciò a girare in tondo, ansante. Sebbene lottasse per ricacciare le lacrime, non riuscì a trattenere un singhiozzo. «Yan, m-m-m-mio zio stava... v-v-voleva...»

Yan si avvicinò a stringerlo, parlando con il tono più calmo che riuscì a forzare: «Va tutto bene, El. Va tutto bene».

«Voleva che torturassi tuo padre, m-ma io... io non volevo fargli del male, Yan. Il goblin torturatore era lì, pronto, invece Kayne voleva che lo facessi io. P-p-però n-non potevo...»

«Grazie, El. Grazie per averlo risparmiato. Ascolta, adesso andrà tutto bene, te lo prometto.»

Elijah si spostò, stropicciandosi gli occhi. Con le nocche ancora sulle palpebre, tirò su col naso e produsse profonde smorfie che a Yan, più alto e sviluppato, ricordarono dolcemente un bambino molto piccolo.

«Yan, ho p-paura... M-mi dispiace che tu mi veda come un frignone, n-non voglio andare nel panico, m-ma ho paura...»

«Ehi, El, ho visto come hai affrontato tuo zio. Sei stato davvero coraggioso.»

Il giovane principe calò le mani per guardare implorante l'amico. «Portami con te... Portami con te, Yan. N-non posso più fare niente per Byron, non posso tornare, n-non ho dove andare... Voglio venire con te e rivedere Xerxes e Skye...»

Yan lo scosse gentilmente per ottenere la sua completa attenzione. «Elijah, ascolta, non posso portarti con me. Non subito» si affrettò a dire quando quello tentò di protestare. «Devo parlarne con gli altri. Sono sicuro che ti vorranno, ma ho bisogno di spiegare loro la situazione.»

«E i-io intanto che cosa faccio?»

«Sarai al sicuro, ti ho portato qui apposta.» Yan si volse su se stesso per indicare l'ambiente circostante. «Siamo a ovest della Foresta di Hanover, qui gli eserciti non possono arrivare. Questa zona è protetta da incantesimi arcani messi su dagli unicorni.»

«E-e come siamo riusciti a entrare?»

«I portsid superano qualsiasi barriera. Possiamo chiedere alle creature del posto di offrirti asilo.»

«E m-mi a-accetteranno?»

Yan parlò appositamente a voce alta: «Tranquillo, sono gentili e dall'animo nobile», e strizzò l'occhio, mentre si avvicinava cauto a un cespuglio arancione. «Sanno riconoscere il bene dal male, ed è ovvio che noi siamo il bene, o quantomeno tu.»

Quando si accucciò di fronte alle foglie luminescenti per spostarle appena, si ritrovò dinnanzi al piccolo viso triangolare di un esserino alato.

Questo stralunò gli occhi sproporzionatamente grandi e liquidi, prima di scattare fuori dal cespuglio per girare attorno a Yan, illuminando l'ambiente ombroso con la sua luce arancione.

Quando si fermò, posò i pugnetti sui fianchi - un gesto che al ragazzo ricordò tantissimo Dalila - e squittì come un topino: «Chi mai siete voi? Umani? Soldati?»

Yan sollevò le mani. «Umani, sì, ma non soldati. Siamo fuggiaschi, o almeno il mio amico lo è. Ha bisogno di un posto dove nascondersi. Vi prego, è qui per chiedere la vostra ospitalità.»

Si accorse che tutto intorno le foglie e i rami stavano frusciando, dopodiché scorse delle sagome indefinite camminare sugli alberi, mentre sul terreno strisciavano altri esserini magici. Prima che Yan riconoscesse gnomi, folletti, spiritelli delle piante e ondine, tutta la scena gli aveva fatto battere il cuore dalla paura a causa dell'oscurità sfumata dalle luci sfarfallanti delle fate.

«Come avete varcato i nostri confini?» continuò a indagare la fatina arancione.

«Ecco, noi...»

Dal cespuglio azzurro sgusciò fuori un'altra fata, luminosa quanto la compagna, ma rimase accucciata tra le foglie a fissare la scena. «Avete ferito gli unicorni?»

«No, no, tranquilli. È che vogliono uccidere il mio amico. Per favore,» implorò Yan, «aiutatemi a proteggerlo...»

Tutte le creature si scambiarono occhiate sorprese, mentre mormorii di dubbio serpeggiavano sottili ma inquietanti in mezzo a loro.

La fata arancione si strusciò le mani con nervosismo, volta a guardare Elijah. «Perché mai vogliono ucciderlo? È cattivo?»

«No. Sono loro i cattivi. Elijah invece è una persona fantastica. Chiederà protezione per poco tempo, poi lo porterò con me.»

Uno gnomo dalla calzamaglia alta fino al petto saltellò da Elijah per tirargli il pantalone, per poi annusarlo e fare smorfie con il grosso naso da maiale. «Lui non mi piace» dichiarò ai presenti. «Puzza. Puzza in una maniera orribile!»

«Ha ragione, sento il suo tremendo odore da qui!» strillò un'ondina.

Elijah stava alzando le braccia per verificare che avessero ragione, ma la fata arancio si rivolse a Yan per spiegarsi meglio: «Il tuo amico emana un'aura tutt'altro che piacevole».

«No!» Il ragazzo chinò il capo con rispetto, giungendo le mani in segno di preghiera. «Io lo conosco, e non c'è niente di male in lui. E se c'è... allora chi vuole ucciderlo è ancor peggiore. Vi prego, ho bisogno di qualcuno che lo protegga, sarà per breve tempo...»

Un secondo gnomo zampettò più claudicante fino a Yan, per scrutarlo arcigno dal basso all'alto con i suoi occhi gonfi ma puntuti. Fece cenno alla fata di avvicinarsi, e quando ella porse l'orecchio, lui le bisbigliò qualcosa che la lasciò alquanto stupefatta.

Allora si esibì in un giro su se stessa e prese a sorridere. «Oh, va bene dunque, aiuteremo il tuo amico.»

Yan avrebbe tanto voluto sapere cosa le avesse fatto cambiare idea, cos'avesse detto quello gnomo di così convincente da ribaltare la situazione come se nulla fosse.

Preferì tuttavia non mostrarsi curioso, aveva troppa paura di offenderli e rischiare che declinassero la richiesta come erano stati vicini a fare poc'anzi.

«Grazie, ve ne sarò eternamente grato. S-se posso fare qualcosa per voi...»

«Tu non ci devi niente, giovane umano. Non abbiamo bisogno di un favore di ricambio.» La fata si posò le mani sul petto. «Puoi chiamarmi Tife, mentre mia sorella si chiama Poffi», e fece un cenno verso la compagna azzurra, che alzò la piccola mano in un gesto di saluto.

Lo gnomo incrociò le braccia e sbuffò burbero, facendo ondeggiare i baffi scuri da pescegatto. «Io mi chiamo Kokro, capitano della Guardia della Foresta.»

«Ci sono delle guardie in questa Foresta?» sussurrò Elijah. «E perché permettete agli eserciti di restare? Perché non vi siete ribellati per scacciarli? E gli unicorni? Non mi sembra di averli visti arrivare tutti arrabbiati e con i corni a forma di dito medio.»

Poffi non colse il sarcasmo, anzi sospirò affranta. «Il nostro regno comprende soltanto questa porzione. Il resto... una volta ci apparteneva, ma oramai è comandato dal re...»

«Gli esseri umani sono troppo potenti per noi. Tentare un confronto aperto con loro equivarrebbe a un suicidio.»

Yan girò la testa all'unisono delle creature magiche, puntando gli occhi su un essere di cui non conosceva il nome.

Era enorme, aveva le fisionomie da uccello, ma il suo corpo era composto interamente di corteccia. Somiglianti esattamente a robusti rami di quercia, dalla testa spuntavano lunghe corna, ricoperte di foglie scure e scintillanti, intrecciate tra loro come a formare una corona. La bestia sfoggiava un becco d'aquila, e le ali erano ricoperte non di piume, bensì di foglie, mentre non possedeva artigli, poiché le sue zampe magre si interrompevano a metà, sbiadendo sino alle ginocchia.

Il ragazzo rimase a bocca aperta, tanto incantato che s'inchinò a imitazione delle altre creature soltanto quando la fata Tife gli tirò un orecchio.

Eppure non poté resistere dal sollevare lo sguardo per osservare quell'entità sconosciuta, che si avvicinò librandosi leggiadra per soffermarsi di fronte ai due ragazzi, sbattendo placida le ali come se in realtà non ne necessitasse.

«Alzatevi, Elijah Brooker e Yan Mowbray.»

I due obbedirono, ancora scossi.

"Conosce i nostri nomi?" pensò Yan. "E se sapesse che cosa sono?"

Al contrario, l'aquila chinò il capo con rispetto: «La Foresta è sempre disposta a proteggere coloro che cercano rifugio. O almeno si parla di coloro i quali non abbiano cattive intenzioni nei nostri confronti».

«Nei... vostri confronti?» mormorò Elijah.

«Nei Nostri e in quelli dei Nostri sudditi. Ci presentiamo: Noi siamo Dekig, lo...»

«Lo Spirito di Egaelith...» sussurrò Yan.

I suoi piedi si mossero senza comando alcuno, il cuore rimbombava tanto forte da rischiare di farlo collassare.

Quanto stava accadendo gli risultava impossibile, ma allo stesso tempo meraviglioso!

Aveva sentito parlare delle leggende secondo cui ogni terra di Pure viveva grazie al proprio Spirito, ma aveva sempre creduto, così come chiunque altro, che si trattasse soltanto di una fandonia, di figure immaginarie partorite dalla fantasia per spingere la gente a rispettare l'ambiente.

Invece esistevano veramente!

Yan aveva uno di quegli Spiriti proprio dinnanzi!

Si trattava dello stesso Spirito del suo Paese natio.

Dekig non era solo lo Spirito che cedeva la vita a Egaelith: Dekig era Egaelith, in ogni suo pezzo di terra, in ogni suo filo d'erba!

Per quanto sentisse tirarsi all'indietro, Yan non riuscì a resistere dal farsi sempre più vicino allo Spirito della sua patria, Il Quale chinò il capo per poterlo guardare, occhi verdi negli occhi verdi.

«Dekig, V-voi esistete davvero...» esalò.

«Sì, giovane Yan Mowbray. Noi esistiamo, e sappiamo qualsiasi cosa.»

«Oh...» Il giovane si trattenne dal deglutire. «Qualsiasi?»

«Qualsiasi. Non devi però temere.»

Yan tirò un sospiro di sollievo.

Poi Elijah si sporse verso di lui. «Ma "noi" chi?»

«Lui. Parla usando il "noi" per Se Stesso.»

«Oh.»

Yan tornò a rivolgersi allo Spirito: «V-vi chiedo perdono, Dekig. I-io mi sono finto uno spettro della Foresta... i-io mi sono finto Voi... Ma l'ho fatto inconsapevolmente! D-della Vostra... esistenza, intendo...»

«Le tue intenzioni erano quelle di proteggere il tuo amico. Le tue azioni sono onorevoli, Yan Mowbray, e noi ti rispettiamo per questo. Sei il benvenuto qui, tra la Nostra gente. Tu ed Elijah Brooker.»

«Sarà per poco, davvero. Devo soltanto...»

«Non abbiamo mai avuto degli umani qui prima d'ora. Non nella nostra zona.» Il Dekig spostò lo sguardo su Elijah, il quale ricambiò l'occhiata con la medesima curiosità. «Ci piacerebbe allietarci della tua compagnia. Ci prenderemo molta cura di te, tutti quanti noi. Desideri far parte del nostro regno, Elijah Brooker?»

«Oh, accidenti!» Elijah si grattò la nuca con fare sbruffone. Adesso le iridi violette brillavano della solita scintilla di spirito. «Mmm, è una decisione davvero importante, e sta accadendo tutto così in fretta. Ho proprio bisogno di rifletterci su...»

Yan gli calpestò il piede.

Mentre principe balzellava sul posto e sibilava dal dolore, bofonchiò un: «Va bene, sì, grazie, mi piacerebbe...»

Il Dekig strizzò le palpebre con affetto, noncurante della loro scenetta comica. «Ti ringraziamo, Elijah Brooker. È un onore averti qui con noi.»

«Che esagerati! Addirittura un onore

Nel sentire la tensione sciogliersi nell'aria, Yan fece un cenno rispettoso verso il Dekig. «Dovete perdonarmi, ma io non posso rimanere.»

«Lo sappiamo bene, giovane Yan Mowbray. Ma sarai sempre il benvenuto, se vorrai tornare a far visita al tuo amico e a tutti noi.»

«Oh, ci potete contare! Ho un sacco di domande da porVi, Dekig, non avete idea di quante!»

«Ne abbiamo idea. Noi saremo qui in attesa, per poterti rispondere.»

«Grazie! Peccato che adesso debba andarmene...» Yan si girò verso Elijah, a sferrargli pacche sulle spalle. «Torno il prima possibile, promesso. Da' retta al Dekig e portaGli rispetto.»

«D'accordo, papà, mi comporterò bene!» L'amico sorrise, prima di posare il mento sulla sua spalla. «Grazie. Se non fosse stato per te, a quest'ora sarei morto...»

Yan gli lasciò un rapido abbraccio. «Vedrai che si sistemerà tutto, El.»

«Senti, non parlare agli altri di me.» Elijah scoccò un'occhiata alle creature magiche che li circondavano. «Lasciami trascorrere qualche giorno con loro, poi decidiamo. Non voglio metterti nei pasticci.»

«Sicuro? Per me non è un problema. E poi, prima non sembravano molto contenti...»

Elijah scrollò le spalle con un certo divertimento. «A primo impatto faccio sempre schifo agli altri.»

«Per me non è stato così.»

«Aww, che caro! Ma non temere, qui starò bene.»

Yan avrebbe tanto voluto potersi trattenere ancora un po', sia con lui che con il Dekig, ma i suoi amici lo stavano aspettando, probabilmente si stavano già chiedendo dove si fosse cacciato.

Fece un ultimo inchino al Dekig, Il Quale, con sua enorme sorpresa, ricambiò, prima che il giovane spezzasse il portsid e venisse avvolto dalla luce azzurra.

*

Beh, sembra che Elijah sia salvo.
Mi spiace avervi fatto patire per una settimana... cioè, mi spiace solo un pochino, eheh.
Che cosa ne pensate del Dekig e di questo manipolo di creature magiche?
Credete che Elijah si troverà bene con loro?

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