[ Sopra, un esempio di angolo di piega estremo eseguito da Marc Marquez durante una gara ]
Dopo la gara, che venne vinta da Marc, con un Dovizioso e un incredibile Lorenzo che riuscì a raggiungere la zona podio, fu tempo di rimettere a posto la propria attrezzatura. Per me significava solo una cosa: ritorno in Italia e inizio di tre intense settimane divise tra allenamenti in palestra e prove con la Honda di Marc, che dovevo mettere a punto insieme al suo capotecnico Santi Hernandez e alla sua equipe.
Prima del volo diretto a Bergamo, Marc riuscì a raggiungermi per augurarmi buon viaggio, nascosto dagli occhi di mio zio. Inoltre, volle saperne di più riguardo a Lucía: forse aveva il timore che lei mi avesse detto qualcosa di scandaloso su di lui? Io lo rassicurai, conscia che la conversazione tra me e la sua ex fidanzata era stata una chiacchierata piuttosto tranquilla. Lui mi abbracciò e io percepii di nuovo quella sensazione di benessere pervadermi nel corpo.
« Te voy a echar de menos ( mi mancherai) » mormorò lui « Tres semanas sin vernos ( tre settimane senza vederci) »
« Passeranno, vedrai » sussurrai io. In quell'istante le nostre labbra furono pericolosamente vicine, ma entrambi mantenemmo l'autocontrollo. Io gli arruffai i suoi capelli mossi, così morbidi ma sbarazzini; lui invece mi lasciò un bacio sulla fronte.
« Cuídate, que en tres semanas quiero verte de nuevo ( Stammi bene, che in tre settimane voglio vederti di nuovo) » mi salutò lui, raggiungendo suo fratello Alex.
Furono cinque giorni di pura palestra: mai avrei pensato di riprenderla così intensamente dopo dieci anni. Quando ancora correvo in moto per i campionati, l'allenamento in palestra con mio padre era una cosa obbligatoria: migliorare l'elasticità del proprio corpo era fondamentale per attutire le cadute, mentre sviluppare la massa muscolare serviva per avere più capacità nella gestione del peso della moto alla guida. In sole quattro settimane non avrei potuto fare molto, ma era comunque necessario, anche solo in minima parte. Fu così che trascorsi i soli cinque giorni disponibili che avevo a Bergamo senza mettere naso fuori da casa o dalla palestra. I restanti tredici giorni liberi che mi separavano dall'avvento del Gran Premio d'Italia al Mugello li dovetti trascorrere proprio sul quel circuito. Ma come poter stare tredici giorni là, senza dare alcun sospetto alla mia famiglia? Su Aida quella volta non avrei potuto contare: lei avrebbe voluto sapere per quale motivo dovessi passare così tanti giorni fuori casa e di certo non potevo dirglielo. Non volevo scomodare di nuovo nemmeno Gigi, anche perché avrebbe comunque destato l'attenzione di mio zio.
Poi ebbi un'idea, tanto geniale quanto stupida e rischiosa.
Avrei detto ai miei familiari che sarei dovuta recarmi in un posto chiamato Firenzuola (che casualmente era nei pressi del circuito del Mugello) per un corso specialistico da mediatore, promosso da un'organizzazione no profit. In particolare erano previste attività con dei bambini che non sapevano parlare italiano. La scusa resse incredibilmente per mio zio, tant'è che ero su un treno diretto proprio a Firenze. Da lì avrei preso la coincidenza per recarmi a Firenzuola ( o per meglio dire, al Mugello).
Per mia madre fu diverso: dopotutto, le mamme capivano sempre le cose, no?
« Quindi finito il seminario, ti rechi direttamente sul circuito, incontrandoti con lo zio? » chiese mia mamma.
« Si, l'idea era quella » confermai io.
Lei sospirò, parandosi davanti a me.
« Che c'è? » le domandai, confusa e titubante.
« Dovrei chiedertelo io » disse mia mamma « Dove stai veramente andando, Sofia »
In quel momento tentennai: come aveva fatto a capire?
« Stai...» mormorò lei « stai facendo qualcosa con le...moto? »
Mi bloccai: in quel momento non seppi che fare. Continuare a mentire a mia mamma, mantenendo la linea della bugia, oppure essere onesta con lei e dirle tutto? D'altro canto sì trattava di mia madre e non riuscii a mantenere la mia storia fasulla.
Con un cenno del capo feci segno di sì, tenendo la testa abbassata e con gli occhi fissi sul pavimento, incapace di sostenere il suo sguardo.
Lei rise, amaramente: « Glielo avevo detto a tuo zio, glielo avevo sempre detto »
« Detto cosa? »
« Che se ti avesse impedito di continuare con le moto, tu ti saresti intestardita e avresti trovato ogni modo pur di ritornare a correre » dichiarò mia mamma.
Io feci scena muta: su questo aveva avuto ragione.
« L'ho sempre saputo, Sofia » rivelò lei « sono anni che so che hai ripreso ad andare in moto, anche se non ufficialmente »
La sua affermazione mi prese contropiede, impanicandomi.
« Non guardarmi così, Sofia » notando la mia espressione scioccata « qualche volta ti ho pure vista correre insieme ad Andrea. Eri così felice e spensierata, oltre che brava »
Lei mi aveva vista. E non aveva mai detto nulla.
Ma lei mi aveva vista correre. Lei, che sì era sempre rifiutata di vedere le mie gare per il terrore di vedermi cadere a terra.
« Non sei...arrabbiata? »
Lei incrociò le braccia: « Oh sì, sono arrabbiata e delusa per tutte le bugie che mi hai detto negli ultimi anni » affermò lei.
« E non per...? »
« Per le moto? » disse lei, terminando la mia domanda precedente « Sofia, tu sei cresciuta con le moto. Eri e sei tutt'ora brava in sella. Chi sono io per dirti che non puoi andare in moto? »
Io abbassai di nuovo lo sguardo, mormorando con gli occhi lucidi: « Tu sei mia mamma. Io sono tua figlia. Tu puoi dirmi cosa posso e non posso fare »
« Tu sei mia figlia, non mia suddita. Io sono tua madre, non il tuo despota »
« E tu non hai...paura? » le chiesi, percependo delle lacrime scendermi lungo le guance.
« L'ho sempre avuta prima e l'avrò tutt'ora. Ora pure di più, dopo...tu sai cosa » proferì lei abbracciandomi « Ne avrò molta di più ora, ma non puoi lasciare che la mia paura ti impedisca di fare ciò che vuoi e ciò che soprattutto ti piace »
Quella conversazione rese il mio tragitto verso il circuito più leggero: avevo un peso in meno sullo stomaco. Avevo raccontato tutto a mia madre, perciò lei era al corrente di ciò che stavo per fare. Lei aveva acconsentito a coprirmi temporaneamente da mio zio, a patto che prima o poi, gli avessi confessato tutto anche a lui. Sapevo che non ce n'era bisogno, perché al ritorno dalla gara, mio zio avrebbe saputo tutto, a prescindere che io glielo dicessi o meno.
Approdata sulla pista del Mugello, mi incontrai con Santi, che mi presentò la piccola equipe: molti meccanici parevano scettici nei miei confronti, ma bastò qualche giro in sella alla Honda di Marc per farli ricredere. Quelle due settimane furono impegnative: sì lavorò sodo per creare un asset infallibile, studiando bene le traiettorie e i punti dove bisognava prestare attenzione. Sì girava tutti i giorni, soprattutto nelle ore più fredde o quelle al buio, proprio per simulare il più possibile le condizioni atmosferiche e dell'asfalto presenti verso la sera: infatti la sfida tra me e Andrea sì sarebbe tenuta dopo cena, a porte serrate.
Il team di lavoro era davvero stimolante, molto unito e Santi era letteralmente un lifesaver: aveva sempre la soluzione al problema. Ammisi che ci furono diverse cadute negli allenamenti, a volte così imponenti da distruggere la moto, ma i meccanici riuscirono sempre a sistemarla. E nel caso in cui non fosse stato possibile salvare qualcosa, sì sfruttava la seconda moto, mentre l'altra veniva comunque riparata.
Furono tredici giorni complessi, ma alla fine riuscimmo a progettare una moto adatta sia al mio stile di guida che alla conformazione del circuito. Avevamo studiato nel dettaglio come entrare ed uscire dalle curve con la miglior traiettoria possibile.
« Avrò qualche speranza secondo te, Santi? »
Lui mi guardò serio: « Si, si además del motor también utiliza esta ( Sì, se oltre al motore utilizzerai anche questa) » affermò lui, toccandomi più volte la testa « no se trata solo de velocidad, sino también de estrategia, inteligencia y astucia, así como de riesgo ( Non sì tratta solo di velocità, ma anche di strategia, intelligenza e astuzia, così come il rischio )»
« Alla ricerca del proprio limite » commentai « Come fa Marc, insomma »
Santi accennò ad un si: « Pero a menudo él exagera demasiado y tú no puedes hacer lo que él hace. Sus ángulos de flexión son demasiado grandes para ti, tu no soportarías el peso de la moto y caerías al suelo ( Però spesso lui esagera e tu non puoi fare ciò che lui fa. I suoi angoli di flessione sono troppo grandi per te, non riusciresti a sopportare il peso della moto e cadresti per terra) »
Aveva ragione: il mio angolo di piega in moto doveva essere più piccolo rispetto a quello che di solito viene fatto in gara. Non c'era stato tempo per prepararmi a sufficienza fisicamente, perciò dovevo adeguarmi; sarebbe stato un leggero svantaggio per me già in partenza, ma era un punto debole gestibile: alla giusta velocità, avrei potuto pure eseguire angoli di quel genere.
Un rumore di motori proveniente dal paddock attirò la nostra attenzione: le prime motorhome e i primi team stavano arrivando.
E io non dovevo farmi vedere nel box Honda.