I Flagelli: Tradimento

Від isabel-giacomelli

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Secondo libro della saga "I Flagelli" Volume 2: "I Flagelli: Tradimento" ~"Non farò niente che la induca a i... Більше

Copyright
Prologo
L'incontro
L'albero rosa
La tribù elfica
Lo specchio magico
Preoccupazione
Rifel'a
I semi
Il perfido re
La scelta
Fuoco
Nascosto nel fienile
Dalila
Cuore confuso
Il nobile ribelle
L'errore del cuore
I segreti della Foresta
Dekig
La serata più bella
Pelle macchiata
Il morbillo
I Cacciatori misteriosi
La riunione
La frattura
Il dolore della separazione
Lo Spettro Bianco
Nemici misteriosi
"Le sette Colombe e le sette Mele"
Scoppia la battaglia
Al salvataggio (Parte 1)
Al salvataggio (Parte 2)
Il Gioiello
Tradimento
La forza dell'Ira (Parte 1)
La forza dell'Ira (Parte 2)
A casa
Epilogo
Quiz - A quale territorio di Egaelith appartieni?
Terzo libro pubblicato!

Scuse forzate

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Від isabel-giacomelli

Nonostante Yan provasse il prepotente desiderio di allontanarsi con lo specchio per raggiungere Dalila, quel giorno si era già preparato a trascorrerlo senza la sua vista sublime. Si era infatti recato alle caverne degli elfi non per poterla incontrare, bensì per aiutare la tribù con i preparativi per la festa del Solstizio d'Estate.

«Voi elfi dell'inverno siete davvero bizzarri» disse a Rifel'a, intanto che appendevano amuleti di legno in una radura affacciata su di un dirupo. «Odiate l'estate, ma ne festeggiate l'inizio.»

«Ci nascondiamo dall'estate, ma la rispettiamo» rispose l'elfo. «Tutto esiste secondo un delicato equilibrio. Se fosse inverno durante l'intero anno, le piante non si rigenererebbero mai. Il ciclo donato dagli dèi deve venire rispettato da tutti, nei suoi pregi e difetti.»

Uno strillo melodioso interruppe la conversazione, e Yan si girò a osservare la bella aquila calva atterrare non troppo distante dalle sue gambe. Il rapace avanzò lentamente, con il collo rivolto in avanti, gli occhi che tenevano puntati Rifel'a, a lei estraneo.

Quando Yan si piegò per sfiorarle il dorso del becco, l'aquila frullò le ali e premette la fronte contro le sue dita, per infine innalzarsi sfiorandogli il viso e allontanarsi per tornare al nido.

La osservò salire sopra le caverne, mentre Rifel'a mormorava attento: «Non ho mai incontrato un'aquila empatica come lei, soprattutto così fiduciosa negli esseri umani. Mi assicuri che è educata?» Indicò il punto in cui era sparita. «Lassù si trova il nostro santuario dell'amore.»

Incapace di rispondere a parole, Yan si limitò ad annuire, porpora in volto mentre si affrettava ad appendere le ultime decorazioni.

Una volta terminato il lavoro, Rifel'a andò a cercare suo padre per chiedere nuove direttive, mentre il ragazzo si allontanava a riposare nella grotta dove solitamente giocavano i piccoli elfi.

Trovò Skye e Nathan intenti a scherzare con i bambini, i quali assumevano pose buffe a imitazione degli animali. Yan riconobbe il gioco perché lui stesso era stato solito farlo da piccolo, e infatti era Nathan a portarlo avanti: gli elfetti dovevano imitare le sue pose strambe, con Skye che se la rideva alle sue spalle.

Allungato su una gamba sola per fingere, forse, una gru, Nathan venne interrotto da una piccola elfa che cominciò a sbracciarsi saltellando sul posto. «Adesso posso decidere io? Posso?»

«Ma certo! Vieni pure al mio posto, Mint'et.»

La piccina si posizionò di fronte ai compagni di gioco e si accucciò a imitare i balzelli di una rana, subito seguita da tutti gli altri.

Adagiata lì vicino, Niawn si girò a guardarli gracidando, prima di cadere su un fianco.

Una mossa che fece sbellicare i piccoli prima che ciascuno di loro riproponesse la sua caduta, facendo arrabbiare Mint'et, ancora ritta sulle quattro zampe.

Skye rideva a sua volta mentre Nathan si avvicinava. «Ci sai proprio fare con i piccoli, eh?»

«Diciamo che me la cavo, sì. In fondo, sono abituato alla tua compagnia.»

«Ehi, aspetta un momento, cosa staresti insinuando? Che io mi comporto come una bambina?» lo sgridò, pur facendolo ridere sempre più forte. «Yan, aiutami! Nathan mi sta prendendo in giro!»

Yan però sollevò le mani. «Non mettetemi in mezzo ai litigi di coppia!»

Fortunatamente per Nathan, un suono simile a un ringhio risuonò dalla grotta vicina, un verso che Yan riconobbe come quello di James.

«Oh oh, che cosa starà combinando?»

«Si allena con alcuni elfi. Hanno insistito tanto per insegnargli qualche mossa.»

«Vogliono insegnare il combattimento a James? Sono impazziti? Se la prenderà a morte e li sbranerà vivi!»

Skye sventolò la mano. «Che esagerato!»

«Sicura?» borbottò invece Nathan. «Stiamo pur sempre parlando di James. Meglio verificare.»

Nella radura adiacente trovarono un gruppo di dieci elfi, tutti intenti a parlottare attorno a James e a spiegargli come eseguire determinate mosse, mostrandole con la loro silenziosa grazia.

Il giovane sembrava al contrario annoiarsi a morte, ma almeno non aveva ancora morso nessuno.

Venne poi trascinato al centro della radura affinché duellasse contro un'elfa armata di lancia.

Accortosi dell'arrivo degli amici, James lasciò a Yan gli occhi-di-vetro, dopodiché si calò la benda sugli occhi.
D'improvviso la sua espressione sfacciata svanì, lasciando il posto a un sorriso larghissimo e inquietante.

L'elfa scattò in avanti con sicurezza, certa che lui avrebbe potuto nulla da cieco. Invece James saltò per schivare il colpo dabbasso della lancia, piantò i piedi e si girò velocemente per ghermire le spalle dell'avversaria, sollevarla e gettarla contro la parete. Prima ancora che lei venisse sbalzata via, James riuscì ad afferrare la lancia e a sbarbargliela dalle mani. Mentre l'elfa sbatteva la schiena e ricadeva per terra, il ragazzo scattò in sua direzione con un movimento felino ma allo stesso tempo pesante e la minacciò con l'estremità non appuntita dell'arma, a un soffio dalla sua guancia.

Lei non fece in tempo a parlare, che James si era già rialzato per voltarsi e allontanarsi dalla radura, togliendosi teatralmente la benda dagli occhi.

Solo quando fu vicino agli amici passò la lancia a uno degli elfi e si riappropriò degli occhi-di-vetro. «Cosa ne pensate del mio stile di combattimento, elfi? Chi ha bisogno di allenamento, eh?»

Nessuno di loro riuscì a parlare.

Quella che poc'anzi era stata la sua rivale si rialzò e si riunì ai compagni, senza togliergli gli occhi di dosso.

Lui sbuffò sfrontato, prima d'imboccare la direzione verso il corridoio principale.

Sgomento, Yan si affrettò a seguirlo. "È completamente impazzito!" «James!» Lo afferrò. «Cosa ti è saltato in mente?! Sei forse uscito di testa?!»

James fece per replicare, ma venne subito interrotto dalla voce pigolante di Skye: «Non puoi comportarti in quel modo con gli elfi! Non sono come noi umani, sono molto molto più orgogliosi!»

«Che cosa sta succedendo qui?» Xerxes si era appena unito a loro insieme a Owen.

Non badandogli, James diede in un ringhio profondo. «Sono stati loro a provocarmi! Non facevano altro che ripetermi quanto noi umani necessitiamo di uno stile di combattimento migliore! Ma che diavolo ne sanno di come combattiamo noi, poi? Vivono isolati dal resto del mondo, scommetto che siamo gli unici umani coi quali siano mai entrati in contatto!»

Yan sospirò nervoso. «Rifel'a e io alle volte ci divertiamo a duellare, hanno visto me.»

«Allora ti stavano prendendo per il culo.»

«M-ma non dovevi comunque comportarti in quel modo! Duellare e compiacersi della vittoria non è un comportamento onorevole, e se lo fai verso un elfo è quasi come dichiarargli guerra!»

Owen strabuzzò gli occhi. «È la verità, James?»

«E io che ne so come sono fatti gli elfi!»

«Anche un idiota sa che non bisogna mai stuzzicare un elfo!»

«Abbassiamo la voce. Ci fissano...» lì intimò Nathan.

Molti della tribù, in effetti, li stavano osservando, e a Yan parve di scorgere solo occhiate di biasimo.

Xerxes tornò a parlare a voce più bassa: «James, perché ti sei comportato in questo modo? Ti ho visto vincere decine di battaglie, ma non ti sei mai vantato del tuo successo».

«Perché uccidere non mi è mai piaciuto. Ma in questo caso non ho fatto del male a nessuno. E vincere è una sensazione davvero appagante, sai?»

«Ma non vogliamo gli elfi come nemici.»

James però aveva già cominciato ad allontanarsi fingendo d'ignorarli, facendoli solo inviperire ancor di più.

«James!» gli urlò dietro Xerxes. «Per una volta puoi ascoltarci, per favore

Prima di seguirlo all'aperto, Yan lanciò una seconda occhiata agli elfi intorno a loro.

Le caverne, già di per sé fredde a causa del ghiaccio magico luminescente, sembravano star toccando una temperatura parecchio più bassa.
Stavolta gli abitanti non fingevano di non far caso alla presenza degli stranieri, anzi li guardavano bellamente, in accusa.

Non seppe cosa dire, ma sapeva che la mossa migliore fosse andarsene in silenzio. Se avesse provato a chiedere perdono, gli elfi si sarebbero infuriati ancor di più, poiché lui non era il colpevole.

Le scuse dovevano venire da James e da nessun altro.

Di nuovo all'esterno, tirarono su i cappucci e stettero molto attenti a tenere i visi celati mentre costeggiavano in silenzio la parete rocciosa.

James stava per svoltare e tornare al Rifugio, ma Xerxes lo afferrò continuando a non dire niente e lo trascinò verso la galleria che li portò alla loro valle.

Liberi di scoprire il volto senza rischio di venire visti, Xerxes tornò a parlare infuriato: «James, maledizione! Tu non hai proprio idea di che cosa hai fatto!»

«La state rendendo più tragica di quanto in realtà non sia!» ribatté lui a suon di ringhi. «Tutto questo per una presa in giro? Fate sul serio? Ho solo difeso la nostra razza!»

«Non fingere di averlo fatto per tutti gli esseri umani. Sappiamo che hai solo pensato a te stesso» lo accusò Nathan.

James non si scompose comunque. «E allora? Dovevo rimanere in silenzio?»

«Sì, era esattamente quello che dovevi fare!» urlò Owen. «Gli elfi sono permalosi, molto permalosi. Non possiamo offenderli in questo modo. Devi tornare da loro e chiedere scusa.»

«Che cosa?! Io non chiedo scusa a nessuno! Non ho fatto niente di male. E poi, di che cos'avete paura? Non credo che un'amicizia si spezzi per una semplice presa in giro. A meno che voi cinque non mi consideriate solo un conoscente.»

Yan sospirò con quanta più calma riuscì a raccogliere. «James, hai colpito l'onore della loro razza, capisci? È gravissimo. Che tu l'abbia fatto con consapevolezza o meno, lo hai fatto. Gli elfi non hanno il nostro stesso senso dell'umorismo, non riescono a cogliere gli scherzi.»

«Ma, conoscendoti, era proprio quello che volevi, vero?» lo sfidò Xerxes. Non suonava spietato, quanto piuttosto come un genitore che tenta di far sentire in colpa un bambino.

James lo guardò in cagnesco. «Sono stati loro i primi a colpire l'onore della nostra razza, no?» scimmiottò in tono sciocco. «Io davvero non riesco a capire cosa ci sia di sbagliato. Avete paura che subentrino in casa nostra e ci facciano fuori? È protetta!»

«Dagli incantesimi di Vow'a...» ricordò Nathan.

James li stava guardando sempre più offeso. «Possibile che siate tutti contro di me?»

«Jamie, noi crediamo che tu abbia ragione, p-però...» Skye giunse le mani  come in preghiera, «però agli elfi non importerà...»

«Volete che chieda scusa? Bene. E una volta che l'avrò fatto? Torniamo in pace e in amore e facciamo festa insieme?»

«Gli elfi tengono il broncio a lungo,» Owen scoccò un'occhiata tetra in direzione di Xerxes, «non potremo festeggiare con loro.»

A quel punto gli occhi di James persero un poco di scintilla rabbiosa, scemante nel senso di colpa. «Io non... io non volevo rovinare la festa, va bene?»

«Non è questo il punto» Xerxes rispose finalmente con più calma. «Non mi interessa della festa a sorpresa. Voglio soltanto che non arrivino i guai.»

Skye sbarrò gli occhi. «Oh no! Sei venuto a sapere della festa a sorpresa? Chi è stato a dirtelo? N-non io, vero? Oh, so di essere una chiacchierona, m-ma stavolta sono sicurissima di non avere colpa...»

Le labbra di Xerxes si rilassarono in un sorriso. «L'ho capito da solo.»

Yan si accorse che il cipiglio degli altri si era spostato sul principe, così gli venne in mente come poter migliorare la situazione.

«Potresti fingerti almeno un tantino sorpreso?» bisbigliò. «Ricomincia da capo.»

«Oh, ehm...» Xerxes si schiarì la gola prima di fingere, in maniera davvero pessima, un'espressione sorpresa. «Ma non mi dite! Una festa a sorpresa? Per me? Non dovevate, ragazzi, non dovevate davvero!»

Skye scoppiò a ridere per prima, poi Yan constatò soddisfatto che anche Nathan e Owen si stavano rilassando.

James invece non riusciva ancora a prenderla sulla risata. «Mi dispiace veramente» borbottò secco. «Non m'interessa del Solstizio, ma non volevo rovinarti la festa.»

«Jim, celebrare il compleanno con gli elfi è indifferente per me. Mi basta stare con i miei migliori amici. Però vorrei farlo in pace, per favore. Potresti fare un piccolo sforzo?»

James annuì e, senza guardare in faccia nessuno di loro, tornò sui propri passi per riattraversare il tunnel.

Ripercorsero la strada al contrario per raggiungere le grotte degli elfi, e Yan si accorse subito di come gli abitanti lì si girassero a salutarli sorridendo, come se non fosse mai accaduto niente di sbagliato, quasi li vedessero per la prima volta quel giorno...

«Oh, ecco dove eravate» li accolse Yeru'a.

Preso un respiro profondo, James cominciò a parlare a denti stretti: «Mi scuso per... per avervi... offesi... Non era mia intenzione, ecco».

Yan gli concesse un'occhiata di carità. James a malapena ammetteva i propri errori quando litigava con gli amici, figurarsi chiedere scusa di fronte a un'intera tribù di elfi al di fuori della famiglia.
"Certo che non è del tutto nel torto" si rese conto. "Gli elfi sono stati molto saccenti, lo hanno trattato come un inetto del combattimento. Hanno proprio scelto la persona sbagliata con la quale fare i furbi."

Poi Xerxes si fece avanti prima che Yeru'a potesse rispondere. «Tuttavia vorrei permettemi di dire che James si è sentito offeso.»

Sia James che Yeru'a lo guardarono disorientati, perciò Owen si affrettò a intervenire: «Infatti. Alcuni elfi hanno insistito per insegnargli mosse di combattimento, quando James in realtà è già un ottimo lottatore».

«E lui si è sentito preso in giro» spiegò Nathan.

«Il fatto è che noi esseri umani siamo piuttosto orgogliosi» soggiunse Yan. «E James è forse l'umano più orgoglioso al mondo.»

«Quello che vogliamo dire è che James ha la sua parte di colpa, ma... solo una parte, ecco» terminò Skye.

Yan si aspettò di vedere tutti gli elfi guardarli nuovamente adirati, eppure lui non si pentiva.

Che James avesse ragione, torto o solo una parte di ragione, lo avrebbero sempre sostenuto di fronte agli altri.

Ciononostante Yeru'a sollevò la mano con calma. «Vi prego, placatevi. Non siamo arrabbiati con voi.»

«Ah no?» scappò detto a Yan.

«No. Voi siete nostri amici, e ammettiamo che noi elfi tendiamo a essere molto petulanti e superbi, certe volte.»

Attorno a lui, tutti coloro che si erano fermati ad ascoltare annuirono in accordo.

Yan rimase interdetto.

Gli elfi che accettavano un loro errore e ammettevano un proprio peccato?

Questo non corrispondeva a quanto aveva studiato!

«Le ultime decorazioni per il Solstizio sono quasi pronte, tornate domani per terminare il tutto» disse poi Yeru'a, cambiando argomento come se niente fosse.

Rivolse loro un cortese cenno del capo e si allontanò, così come gli altri elfi tornarono alle proprie occupazioni.

Mentre i ragazzi uscivano di nuovo, James borbottò un: «È stato semplice».

Yan scosse la testa, ma aspettò di essere fuori e poi al sicuro dentro il Rifugio prima di parlare: «Ho letto tutti i libri riguardanti gli elfi, ma nessuno parlava di facile perdono. Quando un elfo si offende può perdonarti, ma non dimentica facilmente. È per questo che, dopo la guerra, gli umani hanno deciso di relegarli entro determinati confini: per tenere a bada sia loro che il rancore che covano verso l'umanità.»

Nathan rabbrividì mentre si sfilata il mantello. «Dunque dite che stavano fingendo?»

«Così bene?» Skye ripose gli stivali nella scarpiera. «In tutte le storie che conosco, gli elfi che subiscono un'offesa non si preoccupano di nascondere l'indignazione, anzi.»

«E diciamocelo, gli elfi sono più abili nel combattimento» aggiunse Owen. «Non hanno motivo di fingere con qualcuno di un'altra razza, perché hanno molta più probabilità di vittoria.»

«A dire la verità, non sono forti come ho studiato dai libri» ammise Yan, facendosi da parte per lasciar modo agli altri d'infilarsi le pantofole.

«Almeno James ha chiesto scusa, quindi dovremmo essere al sicuro da qualsiasi vendetta. Al massimo riceveremo qualche frecciatina» mormorò Xerxes. «Tuttavia è così strano... Il fatto che l'abbiano presa con tanta noncuranza e che Yeru'a abbia cambiato discorso...»

Yan scosse le braccia per richiamare l'attenzione di tutti. «Amici, possiamo prendere in considerazione che tutto ciò che ci è stato insegnato sugli elfi sia sbagliato e che loro siano in realtà una razza magnanima e insensibile alle canzonature?»

Se Skye parve rifletterci su, gli altri quattro si volsero a guardarlo con esasperazione.

«Io non abbasserei così tanto la guardia, Yan» sussurrò Xerxes, senza accorgersi che l'amico gli stava facendo i versacci alle spalle. Portò poi la mano alla testa sospirando. «Mi sembra di trovarmi di nuovo in mezzo agli affari di corte...»

«Oooh, povero principino!» James gli cinse il collo col braccio per passargli il pugno tra i capelli, guidandolo verso il salotto. «A proposito», e si girò di un quarto per guardarli. «Grazie.»

Xerxes si liberò di lui. «Non ringraziare. Nessuno deve azzardarsi a prenderti per i fondelli. A parte me, s'intende.»

Stavolta James gli cinse le spalle con meno impeto, ma con ancor più affetto. «Lo apprezzo tanto.»

La loro scaramuccia venne interrotta dall'improvviso bussare alla porta, quella sul retro, da dove erano rientrati.

Doveva essere per forza Vow'a, o Rifel'a. Solo loro due bussavano da lì.

Eppure Owen corse prima a indossare il travestimento, per non rischiare niente, e aprì solo quando gli altri si furono nascosti dietro l'angolo.

«Yan.»

Il diretto interessato sussultò nell'udire la voce di Rifel'a e si affacciò a guardarlo.

Gli occhi gli brillavano di preoccupazione. «Yan, possiamo parlare un istante? Si tratta delle... decorazioni.»

Yan si girò a guardare gli amici accanto a lui, dubbiosi.

Aveva i nervi a fior di pelle.

Aveva capito che Rifel'a si stesse riferendo alla Foresta di Hanover o a Dalila, tuttavia l'idea di essere l'unico umano nelle grotte elfiche non lo stuzzicava troppo al momento.

"Dalila potrebbe aver bisogno di me, oppure Elijah."

Non poteva tirarsi indietro.

«Vi raggiungo presto» promise agli amici.

Avrebbe desiderato che la smettessero di guardarlo con tanta incertezza. Potevano diffidare di qualsiasi altro elfo, ma non di un suo amico! Non voleva che Rifel'a si offendesse.

«Fidatevi di me

Non dette loro il tempo di replicare, che si girò per reindossare gli stivali e seguire l'elfo.

Yan non aveva idea di cosa il futuro gli stesse riserbando. Probabilmente sarebbe dovuto tornare a Bellspring per intervenire su qualcosa.

Ciononostante sapeva che gli altri non lo avrebbero mai abbandonato in mezzo agli elfi proprio quando tra loro si era creata così tanta tensione. Se non lo avessero visto tornare entro poco, sarebbero tornati alle grotte per cercarlo.

"Perché devo avere degli amici così leali?"

Non avrebbe potuto chiederne di migliori, ma sicuramente loro meritavano un amico migliore di lui...

Yan corse dietro a Rifel'a fino alla tribù, ma qui, anziché condurlo nella sua caverna, lo trascinò nel corridoio che sboccava in una zona differente del bosco, là dove i decoratori non avevano ancora messo mano.

«Mi auguro di essere stato abbastanza svelto.» L'elfo estrasse lo specchio magico da un cespuglio di lamponi. «Mostrami re Kayne Cavendish.»

Yan sbirciò il monarca nel momento in cui spostava il lembo della sua lussuosa tenda, facendo cenno a Elijah di seguirlo all'interno.

Kayne aveva sempre quell'espressione così crudele e beffarda, ma stavolta a Yan ricordò molto uno dei demoni dell'affresco...

«Ho assistito a uno scatto d'ira da parte del re» spiegò intanto Rifel'a. «Una delle sue squadre è stata assalita e denudata.»

Yan non si azzardò a spostare gli occhi di dosso dal re e da suo nipote.

«Kayne è certo sia stato un agguato da parte dei nemici e si è infuriato con le vittime per il disonore recatogli. Bramava qualcuno da poter torturare come punizione, per far intendere che nessuno dovrà mai più dimostrare tanta inettitutine. E il prescelto era tuo padre, Yan...»

Il ragazzo alzò lo sguardo disperato sull'amico.

«Re Kayne Cavendish ha ordinato al tuo amico Elijah Brooker di torturarlo. Ma il principe si è rifiutato.»

Yan tirò allora un sospiro di sollievo, che durò comunque poco non appena capì come mai re Kayne stesse fissando Elijah con più disprezzo del solito.

E adesso erano soli, l'uno di fronte all'altro.

Il sovrano tirò su col naso e dischiuse solo un angolo della bocca per parlare, a denti stretti: «Ti ho offerto l'occasione di dimostrare la tua lealtà nei miei confronti, invece tu hai osato sfidarmi e umiliarmi dinnanzi ai miei uomini, Elijah».

Si fece avanti a passo veloce, così da costringere il nipote a indietreggiare fino a ricadere all'indietro sul letto.

Si accucciò poi su di lui per tenere una mano sul suo braccio e avvolgere l'altra intorno alla sua gola.

«Tu non sei niente, Brooker. Sei vivo soltanto perché tua zia mi ha implorato di prenderti sotto la mia protezione. Io però sapevo che non avresti portato alcun beneficio. La tua famiglia ha il sangue malato, tu hai dentro di te il gene del "bestia", così come lo avevano i tuoi stupidi genitori. Così come lo ha tua zia. È stata lei a trasmetterlo ai miei figli, è per colpa sua e della vostra famiglia se Xerxes è morto. Capisci, Elijah? La colpa è della tua famiglia. Ora,» schioccò le labbra e sollevò appena la testa per poter analizzare il volto terrorizzato del nipote, «mi chiedo, perché sto continuando a tenerti in vita? Per me sei sempre stato una delusione. Ho fallito nel tenere Xerxes alla larga dalla tua pessima influenza, e adesso cerchi di sedurre Byron a passare dalla parte peccatrice. Vorresti addirittura divenire suo consigliere, così da poter controllare l'intero regno. Lo so che è sempre stata la tua ambizione, Elijah. Probabilmente il tuo obbiettivo è attentare alla vita di mio figlio, così come certamente avevi programmato di aggredire Xerxes in un fururo che non si avvererà mai.»

«I-i-io non avrei mai...»

«Shh... Shh...» Kayne gli sfiorò rudemente la guancia. «Tu non meriti niente, Elijah. Per quanto io tenga a tua zia, non m'interessano più i suoi desideri, dunque non voglio più prendermi cura di te. Adesso ti ucciderò, Elijah. Tu devi morire, nipote, capisci? È giusto così, per impedirti di appestare questo mondo. So che sei invaghito della tua amica Bianca Gael, ma non posso permettere che vi uniate in matrimonio. Anche lei è un'appestata. E se il gene del "bestia" si risvegliasse nei vostri figli? Sarebbe un circolo vizioso, non trovi? Varrebbe lo stesso anche per Byron e Melissa, ma sai bene che non farei mai del male ai miei bambini. Purtroppo il segreto di Xerxes è stato messo a nudo dal Red Lion, io non ho avuto altro potere che mandarlo sull'Isola della Purga, per evitare che i miei sudditi mi si ribellassero. Ma non sacrificherò Byron e Melissa finché il popolo non saprà che la malattia del "bestia" si eredita geneticamente. Però non amo te, Elijah, e preferisco di gran lunga ucciderti. È giusto così, entrambi lo sappiamo bene.»

«Non puoi uccidermi...» esalò Elijah con onorevole coraggio.

Suo zio gli sferrò però uno schiaffo che lo gettò a terra, poi si avvicinò a un mobile per aprirne i cassetti. «Ci sono tanti modi per ucciderti. La spada sarebbe il metodo più semplice, ma mi sporcherebbe le mani e ti provocherebbe poca sofferenza.»

Elijah strabuzzò gli occhi viola, strisciando sul terreno per indietreggiare in direzione dell'uscita.

Suo zio invece gli si avvicinò veloce e gli tirò un secondo ceffone per stordirlo, prima di tornare a cercare nel mobile.

Pur non riuscendo a sollevare testa, appoggiato tremante su un gomito, il principe sibilava con forza. «Tu ti mostri tanto clemente e amorevole verso i tuoi figli, ma non li ami davvero. Se qui c'è un mostro, quello sei tu.»

«Ci sono tante cose che la gente non sa di me, Elijah. Ma per quale motivo ne stiamo parlando? Dopotutto, tu stai per morire.»

Elijah riuscì a strusciare le punte degli sfivali e tentò uno scatto disperato verso l'uscita, ma i lembi della tenda si chiusero improvvisamente. Il principe vi rimbalzò contro e barcollò all'indietro. Tentò di staccare i lembi, ma quelli rimanevano saldi l'uno contro l'altro.

Senza mai voltarsi, Kayne sollevò una boccetta di vetro contenente un liquido denso e verde menta, scuotendolo poi per ammirare deliziato le gocce che si appiccicavano alle pareti trasparenti. «Linfa di spikythistle, pura e letale. Ti darà il tempo necessario per allontanarti, ma non ti permetterà di parlare. Cadrai in coma, soffrirai molto. La tua mente verrà stimolata dai tuoi ricordi più dolci, ma anche dai più terribili, come l'annuncio della perdita di tuo padre e della tua lercia madre, la cui linfa è stata disgustosamente succhiata da quel vampiro. Infine morirai da solo, con il cervello esploso, in mezzo agli alberi. E quando rinverrò il tuo cadavere, quanto piangerò per la perdita del mio nipotino...» la voce rattristata ma accompagnata dal sogghigno sprezzante gli uscì tanto bene da suonare veramente afflitto per quanto stava per accadere.

Ansimante e orripilato, con le spalle contro i lembi della tenda ancora incantati, Elijah scuoteva flebilmente la testa. «N-no...»

«Anche tu puoi piangere, Brooker. Oramai non ha più importanza.»

«Che cosa vuoi fare, Yan?»

Yan aveva già afferrato due chicchi di camougrape bianca e li aveva infilati in bocca, e adesso stava estraendo una manciata di portsid. «Devo salvarlo!»

Allora Rifel'a, per quanto turbato, gli afferrò le spalle e sganciò il suo pugnale di corno di cervo per passarglielo. «Fa' attenzione, amico mio. Che gli dèi ti proteggano.»

Yan strizzò gli occhi e mangiò il portsid, concentrandosi sulla tenda reale.

Se non si sbrigava, sarebbe divenuta lo scenario di un omicidio.

                                    *

Credevate davvero che vi avrei lasciato un capitolo con soltanto uno screzio tra gli elfi e i protagonisti? :)

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