Tomorrow Never Dies Vol.2

By laguindiz

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⚡SEQUEL DI "TOMORROW NEVER DIES"⚡ Un anno dopo il divorzio degli Avengers, Mahogany Stark è divisa tra la lot... More

Prologo⚡
Capitolo 1⚡
Capitolo 2⚡
Capitolo 3⚡
Capitolo 4⚡
Capitolo 5⚡
Capitolo 6⚡
Capitolo 7⚡
Capitolo 8⚡
Capitolo 9⚡
Capitolo 10⚡
Capitolo 11⚡
Capitolo 12⚡
Capitolo 13⚡
Capitolo 14⚡
Capitolo 15⚡
Capitolo 16⚡
Capitolo 17⚡
Capitolo 19⚡
Capitolo 20⚡
Capitolo 21⚡
Capitolo 22⚡
Capitolo 23⚡
Capitolo 24⚡
Capitolo 29⚡
Capitolo 30⚡
Capitolo 25⚡
Capitolo 31⚡
Capitolo 32⚡
Capitolo 26⚡
Capitolo 33⚡
Capitolo 34⚡
Capitolo 35⚡
Capitolo 27⚡
Capitolo 36⚡
Capitolo 37⚡
Capitolo 38⚡
Capitolo 28⚡
Capitolo 39⚡
Capitolo 40⚡
Capitolo 41⚡
Epilogo⚡
Ringraziamenti⚡

Capitolo 18⚡

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By laguindiz

"That's the thing about 'what ifs',
They don't matter.
They don't change anything.
All they do is make it unable
For you to heal."

I vantaggi di possedere un jet privato sono molteplici. Sorseggiare una coppa di caipiroska, parcheggiata comodamente su una poltroncina rivestita di pelle bianca si posiziona al primo posto della classifica.

Poso l'aperitivo sul sottobicchiere e il mio sguardo sul paesaggio che, fuori dal finestrino, muta dalla natura quasi incontaminata sulla sponda newyorkese del lago, dove si erano trasferiti i miei genitori dopo lo schiocco di Thanos, alle varie città edificate e densamente popolate di tutta l'America, fino alla mia città natale: Malibù.

La ragione di questo viaggio è puramente logistica: oggi viene infatti trasportata la macchina del tempo usata da Steve per riportare le gemme nel passato, dal cortile di casa nostra a un reparto delle Stark Industries ad accesso limitato. Mi serviva una copertura per giustificare questo "movimento di merci" straordinario e quale scusa migliore di una bella visita di persona a sorpresa nell'azienda di famiglia?

Happy, di ritorno dalla cabina di pilotaggio, prende posto nella dinette opposta alla mia, sul sedile che affaccia sul corridoio, e allaccia la cintura. Poi mi rivolge uno sguardo e dice: "Siamo arrivati."

Replico il suo gesto, ghignando sotto i baffi quando, osservandolo di sottecchi, vedo le sue dita paffutelle avvinghiarsi al bracciolo.

Happy Hogan è tante cose: un ottimo amico, un grande e serio lavoratore, un uomo affidabile, disponibile e premuroso, ma non è di certo un amante degli aeroplani. Potrebbe sfrecciare contromano in una pista di Formula1 durante una gara con la sua berlina nera senza dare il minimo segno di agitazione - e l'ha fatto davvero - ma volare ad alta quota, su un velivolo comandato da qualcun altro, lo mette in uno stato di angoscia estenuante. Per questo, una volta che le ruote dell'aereo toccano la pista di atterraggio, lascia andare una quantità industriale di ossigeno a fior di labbra.

"Sei sicura di non voler tornare in macchina dopo?" Mi domanda, appena scesi dal jet.

Lo sorpasso, raggiungendo l'automobile a grandi falcate. Mi fermo con un piede sul tappetino e la mano appoggiata sulla portiera aperta. Gli lancio uno sguardo indagatore. "E farmi quasi due giorni di viaggio quando posso essere a casa in meno di cinque ore?" Sollevo un sopracciglio.

"Era così per dire," borbotta prima di salire a bordo del bolide, al posto di guida.

Chiudo la portiera posteriore con un sorrisetto divertito sulle labbra.

Happy mi accompagna dall'aeroporto fino alle Stark Industries. Al nostro arrivo, il camion che contiene le parti della macchina del tempo da riassemblare è già parcheggiato davanti allo stabilimento.

Il mio addetto alla sicurezza mi apre lo sportello ed io scendo dall'auto, posando, per la prima volta dopo anni, le mie decolté blu notte sull'asfalto di fronte all'impero costruito da mio nonno. Sollevo la testa per ammirare la scritta recante il mio cognome troneggiare sull'edificio principale.

Ancor prima di varcare la porta d'ingresso, mi si avvicina una giovane donna dai lunghi capelli biondi, due paia di occhi verdi e un sottilissimo punto vita. Tiene in mano un tablet con l'apposita penna, che prende con le dita dell'altra mano non appena si pianta davanti a me. Allunga poi una mano nella mia direzione. "È un vero piacere conoscerla di persona, signorina Stark." Allunga un sorriso sulle labbra, facendo bella mostra di alcune rughette d'espressione ai lati degli occhi. "Sono Karen Page, la sua segretaria."

"Oh, ma certo, Karen!" Le stringo la mano, con un sorriso. "Il piacere è tutto mio."

"Il suo arrivo è imprevisto, ma posso comunque-"

"Non si disturbi, non mi trattengo a lungo," confesso. "Sono stata incaricata di sorvegliare l'arrivo di quel carico laggiù," le spiego, "dopodiché tornerò a New York."

La donna annuisce e sempre con un sorriso sulle labbra, si appunta qualcosa sul tablet. "Perfetto, allora la lascio al suo lavoro," dice. "Se dovesse avere bisogno, chieda di me al centralinista."

"Grazie Karen."

Raggiungo il camion e con un cenno del braccio, faccio cenno all'uomo alla guida di seguirmi all'interno di un capannone.

Con l'aiuto di tre tecnici, i soli autorizzati ad accedere alla struttura che conterrà la macchina, riusciamo ad assemblarne le varie parti entro l'ora di pranzo.

Sono io a chiudere la porta gialle alle nostre spalle e, strisciando il mio badge sullo schermo elettronico, questa si sigilla ermeticamente.

Dopo aver constatato di essere in netto anticipo sulla tabella di marcia, decido di recarmi in portineria per far chiamare Karen. Da quando la mamma è stata nominata CEO, non ho ancora messo piede nel suo ufficio. Rivestire i suoi panni, adesso, è un onere di non poco conto.

Giunta dinnanzi alle porte automatiche però, la voce di Happy mi richiama a rapporto. "Mahogany, se hai finito, è meglio andare," dice. Dal suo tono di voce, traspare di nuovo quell'angoscia di qualche ore fa, sull'aereo.

Il rombo di un tuono squarcia il silenzio, facendomi sobbalzare sui tacchi dallo spavento.

Happy mi apre la portiera, lanciando un cenno del capo ai nuvoloni scuri sopra le nostre teste. "È solo un temporale, ma non sarà divertente volare lì in mezzo."

Alzo gli occhi al cielo. Una saetta, seguita da un secondo borbottio, cade in picchiata sull'oceano. Se ho imparato una cosa nella mia vita, è che niente è mai come sembra.
Muovo i primi passi verso l'auto. "Già," mormoro. "È solo un temporale."

***

La vista appare sfocata, confusa, e così anche la scena che mi si prospetta davanti. Il cielo sembra essere stato dipinto da un'unica pennellata uniforme di arancione, come se fosse un'illustrazione in un libro per bambini. Il mio corpo è immobile, steso su una superficie che non percepisco al tatto: non so se sia liscia o ruvida, dritta o ondulata, liquida o solida, morbida o dura, bianca, nera o colorata e questa cosa mi manda fuori di testa dall'ansia. Inizio a dimenarmi, ma senza muovermi. È come se fossi viva in un corpo morto.

Percepisco un movimento alla mia destra, ma la testa non esegue i miei comandi. Una figura maschile compare nel mio campo visivo offuscato. Percorre un breve tratto di strada prima di bloccarsi dinnanzi a un paio di gradini, che scendono fino a immergersi nello specchio d'acqua che riflette il colore pescato del cielo.

"Io sono già stata qui..."

Non faccio in tempo a finire di formulare il pensiero che un altro rumore di passi echeggia in quello che sembra un portico antico, risalente forse all'antica Grecia. Una donna appare alle spalle dell'uomo. I capelli rossi raccolti in una treccia che appoggia sulla spalla sinistra, mi ricordano quelli della ex spia russa. Posa una mano sul braccio dell'altro, senza proferire parola.

Provo a concentrare tutte le mie forze nella mano destra, nel disperato tentativo di farmi notare: deve esserci un valido motivo se mi trovo qui, ora, in queste condizioni, e le uniche persone che possono darmi una risposta a quanto pare non si sono accorte della mia presenza.

Strizzo gli occhi e digrigno i denti. Non passa molto prima che rinunci. A seguito di un sospiro sconsolato, riapro gli occhi. Mi si mozza il fiato in gola. Senza rendermene conto, il mio sforzo deve aver funzionato perché, in un battito di ciglia, mi ritrovo le due figure a un palmo dal naso, entrambe piegate sulle ginocchia. Da questa distanza, nonostante la vista ancora annebbiata, distinguo perfettamente i tratti che caratterizzavano i volti di Natasha Romanoff e di Tony Stark.

Sebbene lo shock sia tale da potermi tranquillamente causare un infarto miocardico, deglutisco lo sbigottimento e ricambio il loro sguardo.

Il rombo di un tuono spezza dal nulla il silenzio che domina quest'oasi di pace. Il frastuono è tale da rompere quella connessione e ricatapultarmi nel mondo reale.

Mi sveglio di soprassalto, il corpo sudato e scosso dai brividi, e una sola parola che scivola dalle mie labbra. "Papà..."

Mi guardo attorno, con il fiatone, ma il paesaggio è cambiato: non sono più succube di quel tramonto infinito, adesso sono nella mia stanza. Niente Natasha, niente papà. Ci siamo solo io e Steve, che si siede al mio fianco, preoccupato.

Mi accarezza la schiena, rivolgendomi un piccolo sorriso assonnato. "Era solo un brutto sogno," dice. "Va tutto bene."

Eppure... eppure era così reale. I loro volti, il loro respiro, il rumore dei loro passi su quella specie di marmo. E quel posto, quel luogo così famigliare...

Notando la mia reticenza a rimettermi a letto, Steve sposta il lenzuolo dalle gambe. "Ti porto un bicchiere d'acqua," mormora stropicciandosi gli occhi. Ma io lo blocco ancor prima che i suoi piedi tocchino terra.

Con una mano avvinghiata al suo avambraccio e lo sguardo perso a fissare il muro di fronte a me, sussurro: "Posso portarli indietro."

"Cosa..." Steve sbatte le palpebre, confuso. "Cosa puoi portare indietro?"

Giro la testa verso di lui. Un sorriso nasce sulle mie labbra. "Posso riportare qui Natasha e papà." Trattengo uno strillo di entusiasmo.

Il Capitano spalanca gli occhi, incredulo di fronte a ciò che ho appena detto. "Come?"

"Devo solo trovare la gemma."

La gemma dell'anima. Ecco dove avevo già visto quel luogo bizzarro: è lo stesso tempio, lo stesso tramonto, lo stesso lago infinito che ha ospitato la metà della popolazione dell'universo che era stata blippata. Se i due Avengers sono lì dentro, come mi ha suggerito il sogno, ho ancora una possibilità per rimettere le cose a posto.

"Era solo un sogno, Mag," cerca di dissuadermi. "Non vuol dire che-"

"So come farlo, Steve!" Lo guardo dritto negli occhi, determinata più che mai. "Devo solo andare su Vormir, riprendere la gemma dell'anima e..."

"Non dirai mica sul serio?"

"Sono serissima invece! Devo solo contattare il roditore-" Schiocco tra loro le dita, come se questo semplice gesto potesse aiutarmi a ricordare il suo nome.

"Non sai di cosa parli..." Borbotta esasperato. Lo dimostra il modo in cui si strofina il ponte del naso con le dita.

Sbuffo, poi sposto a mia volte lo coperte, così da potermi alzare senza ingarbugliarmi al loro interno.

"Maggy, fermati." Mi afferra il gomito, costringendomi a rimettermi seduta accanto a lui. "Adesso smettila."

Gli rivolgo uno sguardo duro, di sufficienza, ma obbedisco.

Serra la mascella e il suo volto si incupisce al punto tale che i suoi occhi si abbassano sulla sua mano, che adesso indugia sul dorso della mia, abbandonata sulle lenzuola. "Quel pianeta... quella pietra..." Sospira, scuotendo la testa. Nonostante il buio della notte domini la stanza, percepisco il suo sguardo posarsi nuovamente sul mio viso. "Sono costati la vita di Natasha."

Deglutisco, gli occhi spalancati e il cuore che balza in gola. Questa è la prima volta da quando sono tornata, quasi una settimana fa, che qualcuno accenna alla morte della mia amica. Nessuno prima d'ora aveva avuto modo di spiegarmi le dinamiche della sua morte e io, d'altro canto, non ho mai avuto il coraggio di chiederlo. Tutt'ora non sono sicura di essere preparata ad ascoltare il racconto.

"Lei e Clint erano stati assegnati su Vormir, per recuperare la gemma dell'anima... sono partiti in due, ne è tornato uno solo," spiega. Le pozze cristalline brillano al chiarore della luna che penetra dalle persiane. Prende un respiro profondo prima di continuare. "La gemma richiedeva un sacrificio in cambio e Nat... lei si è gettata da quel dirupo e lo ha fatto perché credeva in quello che stavamo facendo, credeva che così facendo saremmo riusciti a riportarvi tutti indietro e lo abbiamo fatto," dice.

Mi stringe la mano per catturare di nuovo il mio sguardo, offuscato dalle lacrime. "Lo ha fatto anche per te... ti prego, Mahogany, non..."

"Non lo farò," sentenzio.

Un sospiro di sollievo, seppur impercettibile, lascia le sue labbra.

Strattono la mano dalla sua presa e torno a fissare il muro davanti a me. "Troverò un altro modo."

Steve apre bocca, ma invece di ribattere si abbandona a uno sconsolato: "Rimettiamoci a letto adesso... ne riparliamo domani, okay?"

Annuisco.

Lo seguo sotto le lenzuola, appoggio la testa sul cuscino e allineo i gomiti ai fianchi. Punto gli occhi sul soffitto, dove si materializza un'altra volta l'immagine dei due volti che mi sono apparsi in sogno. Sembrano impotenti. Ma quando i loro occhi incontrano la mia figura, la speranza si riaccende sui loro volti. Sembra che mi stiano dicendo: solo tu ci puoi salvare.







Spazio Autrice

Avete presente quel detto "il bello deve ancora venire"? Ecco, questo capitolo vi dà un assaggio di quello che succederà. Endgame era solo l'inizio. Questo sogno, invece...

Ma andiamo per gradi.

Prima di tutto, sì: Karen Page è quella Karen Page, la prima segretaria poi giornalista in Daredevil. In questa storia lavora come assistente del CEO alle Stark Industries.

Secondo: il temporale. Non ho ancora deciso se sia casuale o di portata asgardiana, ma è comunque importante per il futuro e scoprirete presto il perché.

Terzo: Mahogany ancora non sapeva cos'era successo effettivamente a Natasha. Non lo scopre nel migliore dei modi, vero, ma almeno si è tolta dalla testa la pazzia di andare su Vormir.

Quarto: quel sogno era solo un sogno? E secondo voi, Mahogany lascerà stare tutto?

Un po' mi dispiace lasciarvi con questi quesiti aperti, ma non ho altra scelta. Vi toccherà arrivare fino alla fine per scoprire come andrà a finire🤷🏻‍♀️

Anyway, noi ci sentiamo domenica prossima con il nuovo capitolo!

Un abbraccio virtuale,
Laura

I still believe in heroes🦸‍♂️🦸‍♀️

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