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By RainbowCockatoo

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By RainbowCockatoo


Cosa consiglio di ascoltare: "Farewell" di Apocalyptica.

Dolore.

Sottile, tagliente e fulmineo dolore. Una breve, vaga e lontana sensazione di perdita fisica, di una debole fiammella che dentro di lui, all'improvviso, si era arresa al passaggio di una prepotente e gelida folata di vento.

Fu questo che da principio, in maniera confusa e intermittente, riuscì a rimembrare quando riaprì le palpebre e si mosse sopra la dura, fredda e umida superficie sopra la quale capì di trovarsi.

Non ricordava, però, di aver chiuso gli occhi. In realtà non ricordava niente, se non fugaci e confusionari squarci di un passato che gli appariva nebuloso e caotico, in qualche maniera sconnesso dalla sua persona, anzi da qualcosa che forse andava oltre di essa, più in profondità.

Mentre pian piano metteva a fuoco ciò che lo circondava, inspirò ed espirò. Ci provò, almeno, ma poi si accorse che qualcosa non andava: era come non possedere più dei polmoni che si contraevano e rilassavano a seconda dell'aria che in teoria avrebbe dovuto irrorarli. Non fecero nulla di tutto ciò. Non c'erano più, anzi.

Non subito ce la fece a far collaborare gli arti che tuttavia sentiva esser ancora parte di lui, per quanto al tempo stesso sembrassero non esserci o, meglio ancora, non esistere fino in fondo. Contrasse appena le dita e un po' alla volta ordinò alle proprie mani di sollevarsi e accostarsi al viso per essere esaminate e non trovò in esse nulla di strano. Erano mani qualsiasi. Le sue mani, ma guardando meglio vide che erano avvolte in un flebile e sovrannaturale bagliore e, se osservate da una certa angolazione, a tratti apparivano semitrasparenti, non del tutto concrete, tanto che poteva intravedere il buio e cavernoso soffitto dell'ambiente in cui si era risvegliato.

Devo alzarmi.

Quelle parole risuonarono dentro di lui come un imperativo al quale gli era impossibile sottrarsi. Obbedì ad esso e si tirò su, ma lo fece troppo in fretta, in modo scoordinato, come se avesse dimenticato le regole basilari della deambulazione o del rimanere semplicemente saldo sui piedi. Crollò sulle ginocchia, tuttavia l'impatto con quella superficie di dura e umida pietra non fu doloroso come si sarebbe aspettato. Non avvertì quasi affatto l'effetto della gravità che in teoria lo aveva appena schiacciato a terra. Come se non fosse più una norma imprescindibile, bensì una traccia da seguire, qualcosa di opzionale e relativo che poteva essere aggirato tramite l'impiego della sua stessa volontà.

Mentre tentava di tornare su una seconda volta, nella sua mente una sequenza di suoni, immagini, pensieri e ricordi di ogni sorta prese a giostrare vorticosamente. No, non a giostrare, bensì a riversarsi dentro di lui, nella sua coscienza, come avrebbe fatto il contenuto corposo di una caraffa dentro un calice che necessitava di essere riempito. Piombarono su di lui, dentro di lui, ed ebbero l'impatto medesimo della corrente di un torrente in piena che corse il serio rischio di trascinarlo via, chissà dove.

Si premette una mano sulla fronte e serrò le palpebre, provò invano a fermare quel prorompente fiume di informazioni e alla fine non ebbe altra scelta che soccombervi, accettare l'assedio e attendere che terminasse. Non appena ciò avvenne, però, di colpo capì e ricordò tutto. Ricordò chi era e perché si trovava lì. Ricordò tanti, tanti volti sparsi nel passato, remoto o meno che fosse, e ricordò anche di essere morto per la seconda volta e di suo stesso pugno. Rimembrò di aver volutamente o quasi posto fine alla propria esistenza e di averlo fatto per motivi ben precisi, come ad esempio la disperazione e il senso del dovere.

Rimembrò dunque la lama del pugnale che di sua sponte, fra le lacrime, aveva fatto scorrere sulla propria gola. Nella sua mente risuonò un grido lacerante, ma quasi subito esso si interruppe in maniera brusca, proprio come sarebbe accaduto se una radio fosse stata all'improvviso spenta. Era stato Andrew a lanciare quel terribile lamento non appena lo aveva visto uccidersi per consentire a Grober di appropriarsi del suo corpo e ottenere ciò che desiderava.

Benché avrebbe voluto così tanto indugiare nei ricordi, rivedere almeno in tal maniera il suo amato compagno, sapeva di non poter rimandare oltre qualcosa di inevitabile, qualcosa che andava fatto a qualsiasi costo, che lui lo volesse o meno.

La Fonte!

Si alzò con una buona dose di cautela e barcollando girò su se stesso. Vide la Nera Fonte a pochi metri di distanza, minacciosa e catramosa come al solito, intrisa di palpabile e avvilente malvagità. Tutto il Male, che fosse di Sverthian, della Terra o dell'Oltrespecchio, e forse di altri mondi, altre realtà, alla fine era lì che andava a confluire ed era sempre da lì, forse, che in tempi remoti si era originato. Ogni singola goccia di nefandezza, di odio, rancore e tutto ciò che conduceva un'anima a passare il confine oltre il quale non v'era ritorno né perdono, nutrivano di oscurità quelle acque che in un tempo lontano e perduto erano state corrotte. La Fonte era diventata, un po' alla volta, in modo involontario, uno scarico dentro il quale l'energia negativa e refrattaria dei mondi cui era annessa si depositavano e ristagnavano come in una malsana e tossica palude.

Adesso o mai più. Devo farlo prima che lui si accorga delle mie intenzioni.

Grober era lì, insieme a lui. Come lui era sospeso in quel limbo, in attesa di venire assorbito completamente dalle membra che un tempo erano state sue, di Alex.

Si fece coraggio e camminò verso la Fonte, ben attento a non scivolare né a far rumore. Anche se in quel momento non era più una creatura di carne, in quel luogo era come se lo fosse ancora, almeno in parte. Le regole di quel personale inferno dove lui e Grober avevano fatto ritorno dopo mesi divergevano da quelle di qualsiasi altro luogo ove la logica regnava invece sovrana.

Giunse alla sponda. Era così vicino da poter specchiarsi vagamente sulla superficie nera e borbottante del liquido antro di malvagità. Dopo un bel po' che non aveva più avuto modo di vedere se stesso com'era stato fino a prima di partire per Sverthian, finalmente ebbe modo di notare come i suoi capelli fossero tornati alla solita tonalità dorata. Non aveva il viso scavato e macilento, ma solo un po' smagrito, proprio come quando ancora era in forze e non sotto l'influsso tossico e assassino dell'Oscurità che, un po' alla volta, gli aveva risucchiato via la vita stessa.

Sorrise della propria civettuola superficialità nel pensare, solamente per un secondo, a come avrebbe fatto piacere a Andrew, a suo marito, vederlo di nuovo in buone condizioni, libero dal giogo delle Tenebre. Delle Tenebre, dell'Oscurità, non di Grober. Quello vero era prigioniero della Fonte, vi annegava in un eterno e ingiusto girone infernale, incapace di riemergere del tutto e di salvarsi. Si dibatteva e moriva all'infinito, lo avrebbe fatto finché qualcuno non lo avesse salvato prendendo il suo posto e consentendo alla Fonte di consumare un altro povero ostaggio, un'altra origine di parassitario sostentamento, o fino a quando le forze di Grober e la sua Scintilla non si fossero consumate del tutto e spente per sempre. Ciò era tutt'altro che accettabile, sarebbe stato un disastro per Sverthian. Sverthian le cui sorti dipendevano anche e soprattutto da lui, da Grober, il solo e unico capace di regnare su quel mondo creato dai genitori e perfezionato da lui e dai fratelli. Sverthian aveva bisogno di Grober, che lui si occupasse nuovamente di ogni singola forma di vita presente nell'ecosistema, altrimenti anche laggiù la fine sarebbe presto giunta.

Erano troppi i motivi che non consentivano ad Alex di dubitare delle proprie intenzioni.

Si inginocchiò e attese, conscio che ogni singolo secondo fosse fondamentale e prezioso, fatidico, e alla fine vide Grober o, per meglio dire, la sua parte benevola e originale rimasta invischiata in quelle acque nere e melmose come un insetto in un bozzolo di ambra liquida. Come un gabbiano nel mare lordato dal petrolio.
Alex lo vide affiorare a fatica dal pantano e annaspare in cerca di aria che non fosse pregna dei venefici miasmi della Fonte. Si fece coraggio. «Grober» disse a voce alta e chiara, sperando che lo udisse anche attraverso quel caotico sciaguattare. «Grober, sono Alex!» aggiunse. «Segui la mia voce! Cerca di nuotare fino alla riva!» Il disgraziato era coperto di sostanza nera, densa e oleosa, così tanto da non poter neppure aprire gli occhi e da sembrare un manichino fatto di catrame. Sembrò però udirlo e tentare di seguire i suoi consigli per tentare di raggiungere la sponda della Fonte.

Alex forzò se stesso a non pensare a Andrew, a nulla che potesse sviare le sue intenzioni, e allungò una mano. «Afferrala, Grober! Ora o mai più, ti prego!» Era importante agire in fretta, prima che le Tenebre seguissero il frammento di coscienza ormai corrotto di Grober nel corpo che doveva occupare. Sapeva che non era ancora accaduto. Sapeva che in caso contrario se ne sarebbe reso conto, che lo avrebbe percepito. Era essenziale agire prima che tutti i frammenti dello spirito di quella sfortunata divinità venissero riuniti in un unico involucro e lì sigillati per sempre. A quel punto il frammento di Grober imprigionato nella Fonte non avrebbe più avuto scampo e sarebbe stato prigioniero per sempre delle Tenebre, almeno finché ce l'avesse fatta a resistere e a sopravvivere.

Grober, quello vero e privo di colpe condannato a placare la fame vorace delle Tenebre racchiuse nella Fonte fino all'esaurimento della Scintilla, a fatica e a tentoni riuscì ad aggrapparsi alla rocciosa sponda del nero e catramoso lago. Sussultava e tremava. Sembrava così stremato e debole, inerme... innocente, tanto da spezzare il cuore.
Alex, pensando che fosse troppo stanco per muoversi ancora, si sporse di più e cercò di afferrare le dita affusolate e coperte di melma nera che giacevano sul bordo della Fonte, ma quelle, con un debole scatto, si sottrassero al contatto.

«Non avere paura. Non voglio farti del male. Voglio aiutarti, te lo giuro» insisté Woomingan, implorante. Provò di nuovo a toccarlo, ad afferrare la sua mano, ma ottenne il risultato di prima. «Se resti qui le Tenebre ti uccideranno! Faranno estinguere quel che rimane della tua Scintilla, non lo capisci? Devi liberarti prima che sia tardi! Lascia che prenda il tuo posto!» sbottò disperato Alexander. Non capiva perché Grober stesse esitando. Non era ciò che voleva, che sempre aveva voluto? Ricordava il momento in cui, in una sorta di sogno, avevano parlato e stabilito un patto ben preciso, ma ecco che di colpo la divinità sembrava aver cambiato idea.

Grober si ritrasse un pochino davanti a quella lieve esplosione di colui che era in poche parole un suo discendente a tutti gli effetti. Sangue del suo sangue. Scosse la testa. Persino i capelli erano a malapena distinguibili, sporchi e impregnati di sostanza nera com'erano.

«Devo prendere il tuo posto! Devo farlo o tutto crollerà!» insisté Alex. «Non ti importa di Sverthian? Di tutto ciò che tu stesso hai contribuito a creare? C'è in gioco anche il destino del mio mondo, Grober! Non possiamo far vincere le Tenebre! Hanno tutti bisogno di te!»

In quella sagoma gocciolante e scura vide aprirsi un piccolo varco dal quale scorse di sfuggita una perlacea dentatura. Grober parlò, ma la voce era così flebile che Alex riuscì a capire solo una parola. «Sbagliato? Che significa?» incalzò perplesso, guardandosi per un attimo attorno e poi alle spalle. Aveva paura che l'Altro, il Grober fasullo, la marionetta usata dalle Tenebre per agire attraverso una forma definita, piombasse lì da un momento all'altro per impedirgli di salvare il suo prigioniero più prezioso, quello che lo sfamava da millenni.

«Loro... loro vogliono... questo» tentò di scandire Grober. «Ingannato. Ti... ti hanno ingannato. Scappa. Devi... devi tornare indietro. Lo... lo Squarcio... presto si... si richiuderà e allora... sarai prigioniero come me per... per sempre.»

«Cosa?» esalò Alex, incredulo. «Ma... ma non ha senso! Perché le Tenebre vorrebbero che...»

«Altro... altro cibo. Vogliono altro cibo» lo interruppe sfiancato Grober. «Ormai... io... non basto più.»

Fu allora che tutto acquisì un senso. Un senso orribile e al tempo stesso spregevole. Fu allora che Alex comprese di esser stato raggirato dalle Tenebre proprio come lui aveva fatto con loro a sua volta. Lui aveva promesso di cedere ad esse Valknut, sapendo invece che lo avrebbe concesso in eredità a Andrew, a qualcuno degno di recarlo dentro di sé e della sua protezione. Le Tenebre, tuttavia, erano state altrettanto doppiogiochiste e lo avevano indotto a provare pietà, a spingerlo alla conclusione che l'unico modo per ristabilire l'equilibrio e porre fine al male che affliggeva Grober fosse di prenderne il posto nella Fonte. Lo avevano convinto a credere che non vi fosse altra maniera, che quella fosse la sola cura possibile e che a parlare fosse il frammento ancora non del tutto corrotto di quella divinità, ma... non era così. Non aveva mai parlato con il vero Grober. Questi era sempre rimasto lì, in quelle acque nere ed empie, ignaro dell'inganno.

Alle Tenebre interessava solo di avere qualcuno cui aggrapparsi e dal quale attingere nutrimento perché il loro attuale prigioniero stava pian piano svanendo, morendo fino in fondo, e v'era al più presto bisogno di carne fresca, di nuova energia, e il piano era di sigillarli entrambi in quel luogo non appena tutti i tasselli fossero tornati a formare un'unica immagine. Sarebbero stati parte delle Tenebre, per sempre rinchiusi ed esiliati in una prigione dalla quale niente e nessuno avrebbe potuto salvarli mentre poco a poco sarebbero stati consumati come un carburante. Il Male, grazie a loro, avrebbe continuato a proliferare come un morbo e divorato ogni singola cosa sulla sua strada, e loro non avrebbero potuto far nulla per fermarlo. Si sarebbe espanso e nutrito, riprodotto e moltiplicato fino a distruggere tutto quanto e a regnare su ossa e ceneri.

«M-Ma allora... allora siamo perduti!» gemette Alex in preda allo sconforto più totale. Talmente si sentiva sopraffatto dalla disperazione che le ginocchia gli cedettero e lo portarono a crollare sulla riva della Fonte.
Tutta quella sofferenza che aveva patito, tutto il dolore che aveva inflitto a Andrew, a suo figlio, alle persone a lui care, erano stati vani, parte del piano delle Tenebre sin dal principio. Che stupido era stato a pensare di poter beffarsi di loro. Stupido, ingenuo e sprovveduto fino all'ultimo istante.

Alla fine Andrew aveva sempre avuto ragione, ma ormai era tardi. Troppo tardi per tornare indietro, per seguire i suoi consigli, i suoi avvertimenti. Aveva tentato in ogni maniera di riportarlo verso la Luce, verso la logica e la ragione, ma lui aveva ancora una volta scelto il male e le Tenebre. Aveva commesso di nuovo gli stessi, identici errori, e aveva perso tutto in modo definitivo. Non ci sarebbe mai più stata un'altra occasione.

Grober, però, scosse ancora una volta la testa. «Vita...»

«Cosa? Vita?»

«Fonte... della Vita» ripeté con enorme sforzo la divinità. «È l'unico modo! Trovala! Solo così le Tenebre lasceranno... questo... questo posto!»

Alex si domandò cosa diamine fosse la Fonte della Vita.

«Come faccio a trovarla? Dove si trova? Come può salvare tutti quanti?»

Un suono lo indusse a tacere. Si voltò e vide una figura familiare avvicinarsi e raggiungerlo. Qualcuno che, tuttavia, non si sarebbe più dovuto trovare lì, ma altrove, nel corpo che gli era stato destinato.

«Tredar?» Alex era sconvolto. «Che succede? Perché sei qui?»

Per quanto gli facesse male pensarci, a quell'ora James doveva essere già morto, proprio come lui, e il suo corpo era in attesa di venire reclamato da Tredar, ma quest'ultimo era invece nel posto sbagliato. Sembrava più malinconico e abbattuto del solito, incerto. «È... È un po' lungo e complicato da spiegare» replicò, la voce dolorosamente simile a quella di James e di Iago. «Stavo per attraversare il varco che si è aperto in questa dimensione, ma poi...»

«Si è richiuso? Non sei riuscito a passare?» incalzò inorridito Alex, convinto che fosse andato tutto a monte fino in fondo. Non lo confortava che nel mondo umano non ci fosse neppure Tredar a vegliare sulla situazione, pronto a frenare la sete di distruzione delle Tenebre. Tutte le persone alle quali Alexander voleva bene, in quel preciso momento, erano prive di protezione, alla mercé del male.

Tredar deglutì. «Non esattamente.» Sembrava non sapere come proseguire. «So che il piano era quello di tornare grazie al sacrificio di James, che così era stato deciso dal Fato, ma poi... poi ho ripensato a lui.» Accennò al fratello ancora aggrappato alla sponda. «Ho pensato a mio fratello, quello vero e che ha sofferto per millenni a causa mia. Non potevo lasciarmelo alle spalle, abbandonarlo come feci già una volta. Niente di quanto pianificato era giusto e poi... poi ho finalmente capito che qualcosa non tornava, che era tutto troppo facile. Ho capito che stavamo facendo il gioco delle Tenebre e che tu eri in grave pericolo. Sono tornato indietro di corsa, sperando che non fosse troppo tardi.» Si avvicinò e si inginocchiò a propria volta. «Ora so cosa va davvero fatto.» Guardò Alex. «Ha ragione lui: la Fonte della Vita può risolvere tutto. Può mondare queste acque corrotte, riportarle al loro stato originario di purezza. Questo posto, Alex, un tempo era gemello di altri due luoghi presenti uno nell'Oltrespecchio e l'altro sulla Terra. Uno di loro è stato distrutto dagli Angeli per evitare che finisse per corrompersi a sua volta e offrisse uno sbocco alle acque della Fonte originale, ovvero questa. Non so cosa ne sia stato, invece, della Fonte nel reame degli Efialti. Forse esiste ancora, spiegherebbe perché le Tenebre desiderassero avere quel regno sotto il loro controllo. Magari era per impedire a qualcuno di avvicinarsi alla sorgente.»

Alex era in preda alla confusione. «Oppure è andata perduta anche quella o... o è stata distrutta.» Si strofinò la fronte. «E comunque non serve a nulla che io ora sappia la verità. Non c'è modo di avvertire gli altri. Sono morto, Tredar, e poi... se il varco si è richiuso...»

«È ancora aperto, Alex, e dovete sbrigarvi! Non resta molto tempo.»

«Che vuoi dire?» Woomingan si accigliò, poi lanciò un'occhiata fugace a Grober. «Aspetta un attimo...» Tornò a guardare il Signore delle Albe. «Tu non verrai con noi?» domandò incerto e al tempo stesso persuaso che vi fosse eccome un modo per uscire da quella situazione di stallo. «Non so neppure cosa troverò là fuori, ammesso e non concesso che lo Squarcio non stia iniziando a richiudersi.»

Tredar inspirò profondamente. «Sarò io a prendere il posto di mio fratello. È giusto che vada così. Le Tenebre si ciberanno della mia forza e rimarranno quiete, almeno finché non capiranno che non sei caduto nella loro trappola. È l'unica maniera in cui io possa rendermi utile, almeno finché sono costretto a rimanere in questo luogo d'esilio».

«Ma...»

«Grober sa dove si trova la fonte nell'Oltrespecchio» spiegò il Signore delle Albe. «Lui un tempo era capace di dare la vita, di crearla e plasmarla a seconda della volontà. Era... diciamo... simile all'entità che voi sulla Terra chiamate Madre Natura, capisci? L'origine delle tre Fonti è da imputare a lui, Alexander. Creò quella di Sverthian per fare un dono ai mortali che tanto gli erano cari e riconoscenti. Erano acque miracolose e curative, un puro concentrato di vita e di altre qualità straordinarie messe a disposizione per coloro che avevano bisogno di farne uso. Per qualche motivo, però, si corruppero e... alla fine... accadde quel che accadde. Questa Fonte, all'epoca, era già compromessa da tempo e Grober venne con me perché voleva capire il motivo di tale trasformazione e rimediarvi, se possibile. Io fui debole, venni soggiogato dall'Oscurità che lesse nel mio cuore la gelosia per mio fratello. Le Tenebre erano affamate, volevano qualcosa che avesse la medesima energia, lo stesso sapore delle acque che avevano corrotto. Riconobbero in Grober una preda perfetta, l'origine di ciò che tanto le stuzzicava, e io feci il lavoro sporco.»
Era chiaro come il sole quanto ancora facesse male a Tredar narrare di quell'orribile vicenda e, soprattutto, ricordare a se stesso di esser stato lui a scatenare un disastro che poi gli era sfuggito di mano.
«Invano tentai di rimediare, di tenere sotto controllo mio fratello dopo che era tornato dalla Nera Fonte. Non so se si trattò di una sorta di risurrezione favorita dalle Tenebre che volevano renderlo uno strumento attraverso il quale operare ogni genere di nefandezza, so solo che lui tentò fino alla fine di combatterle, di limitare i danni che lo costringevano a causare. La Scintilla lo protesse fino allo stremo delle forze, lo schermò dalla malvagità, ma alla fine le Tenebre ebbero la meglio e Grober smise di essere per sempre chi avevo conosciuto e amato un tempo. Divenne un estraneo, rancoroso e assetato di rivalsa nei miei riguardi e in quelli della nostra famiglia. Già da allora capii che la rovina di tutti noi era alle porte. Quella fu la prima volta in cui lo spirito di Grober si frammentò ed erose, e ogni cosa andò in rovina completamente quando io, Gylar, Lucifero e Rasya lo assassinammo. Rasya provò a metterci in guardia, ma non volemmo dargli ascolto. Credevamo volesse fare il solito guastafeste, ma aveva ragione. Sapeva e vedeva cose che a noi sfuggivano, credo.»

Alex, inquieto, non disse nulla e si limitò ad ascoltare la divinità, pur essendo già a conoscenza della verità a lungo taciuta da Tredar. Per mesi e mesi la sua mente era stata tempestata di ricordi, sentimenti e sensazioni che mai gli erano appartenuti. Aveva visto coi propri occhi tutto ciò che aveva contribuito a peggiorare la situazione già precaria di Grober, nonché a far prevalere la volontà delle Tenebre che si erano fuse al suo essere. Purtroppo erano uniti in un modo che andava oltre la semplice carne; l'Oscurità si era aggrappata come un parassita all'essenza di quella divinità, alla sua forza vitale, e proprio come una zecca che succhiava il sangue, così le Tenebre succhiavano via man mano quel poco che ormai restava del vero Grober.

Era orribile. Lui lo sapeva per esperienza, ci era passato di persona ed era un vero inferno.

Tredar scosse la testa come a voler scacciare i ricordi di un passato che mai aveva potuto dimenticare. «Se vuoi aiutarlo davvero, allora lascia che io prenda il suo posto e portalo via con te.»

Alexander lo fissò con tanto d'occhi. Non si era aspettato quel genere di piano. Non da parte di uno con la reputazione che Tredar aveva. Si era atteso azione, magari una rocambolesca fuga dopo aver salvato Grober dalla Fonte, non di certo che Tredar volesse offrire se stesso a quel luogo infernale pur di liberare il fratello. «Portarlo con me?» ripeté con voce flebile. Non ce l'aveva con Grober, non sapendo che in fin dei conti era la prima vittima di quel disastro, ma stavano parlando di un'enorme responsabilità. Grober era debole e lo sarebbe stato probabilmente fino alla fine, fino a che fossero riusciti ad annientare il suo riflesso malvagio, per così definire la creatura che forse, proprio in quei minuti fatidici, stava prendendo possesso di un cadavere che era stato immolato appositamente in suo onore. Un cadavere con all'interno sangue speciale, il sangue dell'ultimo discendente di Grober che, come altri prima di lui, aveva dovuto recare dentro di sé il famoso Sigillo Valknut, nonché un sapore familiare alle Tenebre e da esse anelato.

«Non può rimanere qui e non ho intenzione di tirarmi indietro. Non stavolta» replicò Tredar. «So di star chiedendoti molto, Alex, specialmente dopo ciò che hai dovuto passare di recente, ma... lui è parte della mia famiglia e la sua reputazione è stata a lungo infangata da una creatura, da qualcosa che non è altro che la sua versione distorta, avvelenata dalla Nera Fonte. Parte di lui è connessa all'Oscurità e l'unico modo per tagliare il cordone che li unisce e far tornare Grober chi era prima è purificare la Fonte. Solo così fermeremo le Tenebre e le rispediremo da dove sono venute. Spetterà poi ad altri tenerle sotto controllo e impedire loro di fare altri danni e riaffiorare in superficie.»

Alex sapeva cosa gli stava chiedendo di fare Tredar: proteggere quel frammento di Grober ancora non del tutto corrotto e dotato di un minimo dell'antica purezza. Proteggere quella che, a quanto pareva, era a tutti gli effetti l'ultima fiamma di speranza per contrastare il buio. Doveva offrirle riparo dal vento che ormai si era fatto gelido, inclemente e pronto a uccidere tutto il calore e la luce che avrebbe incrociato sulla via.

Che gli piacesse o meno, forse era giusto che spettasse a lui quel compito così gravoso e rischioso. Grober era parte di lui e della sua stessa famiglia, ecco qual era la verità, e a quanto pareva c'era ancora un modo per proteggerlo e aiutarlo. Era un sacrificio, certo, ma ben diverso da quello subdolo suggerito dalle Tenebre. Era quella la vera via del bene e lui doveva seguirla, per quanto difficoltosa e impervia. Doveva riemergere dall'abisso e aiutare Grober a fare lo stesso.

«Cosa ne sarà di te? Cosa ti accadrà se le Tenebre dovessero scoprire che hai preso il posto mio e di Grober?» chiese, anche se la risposta lo spaventava.

Tredar si strinse nelle spalle. «Nulla, credo. Sono comunque una forma di sostentamento per loro e sono più forte di mio fratello. A differenza sua non sono stato sfruttato fino allo stremo per alimentare l'Oscurità.» Pose una mano sulla spalla di Alex. «Lui ti aiuterà a rintracciare la Fonte dell'Oltrespecchio. Spero solo che non sia stata corrotta. Ti darà a sua volta una mano, Alex, credimi. Ricordo ancora com'era mio fratello e non era uno che si tirava indietro di fronte alle difficoltà altrui, e so che è ancora così.»

Alex avrebbe voluto fargli presente che quella fosse una missione folle e suicida, ma poi ricordò di essere già morto, di essere un fantasma o qualcosa di ancor più impalpabile e flebile. Forse non era che un frammento di memoria ambulante. Non aveva molto da perdere, ormai, ma si domandava cosa potessero fare due spettri come lui e il vero Grober contro forze primordiali feroci e agguerrite quali erano le Tenebre.

Sembrava una battaglia già persa in partenza, ma in fin dei conti era la sua specialità imbracciare le armi per una causa che pareva destinata al fallimento.
Non si era arreso con Andrew e non lo avrebbe fatto neppure con Grober.

«Così sia» esalò infine. «Che cosa devo fare? Cosa accadrà non appena avremo raggiunto il varco?»

«Sarà difficile arrivarci. Questo luogo è la replica perfetta delle Terre dei Græber, è vero, ma non è che un'imitazione, una sua versione distorta e ancor più oscura e ostile. È sotto il pieno controllo dell'Oscurità e ciò significa che sarà il territorio stesso a ostacolarvi. Sarà come tentare la fuga da una prigione inespugnabile piena di trappole e la parola d'ordine, Alex, sarà la velocità. Dovrete correre senza guardarvi indietro e varcare lo Squarcio non appena lo scorgerete, capito?»

Alex, suo malgrado, sorrise debolmente. «Non è un'impresa nuova per me cimentarmi in una fuga da una prigione che a detta di tutti è invalicabile» ribatté. «Ci sono già passato. Se l'ho fatto una volta, posso farlo ancora.»

«Meglio così, allora. Ti avverto che qui non hai alcun potere magico, Alex.»

«N-Niente magia?» incalzò sconfortato il giovane spettro. «Niente di niente? Neanche un minimo accenno?»

«Le Tenebre non sono così stupide da imprigionare una persona senza prima averla spogliata delle sue armi. Riacquisirai tutte le tue facoltà speciali non appena sarai libero.»

«Mi sembra giusto» borbottò Alexander, maledicendo l'Oscurità, ovunque essa si trovasse. «Quanto tempo pensi che ci resti?»

«Non molto. Ormai sta per scadere, quindi ascolta ciò che sto per dirti e cerca di tenerlo a mente. Se ogni cosa andrà per il meglio, forse ci rivedremo alla fine, quando tutto si sarà risolto.»

Se solo avesse potuto, Alex si sarebbe munito del proprio telefono per appuntarsi ogni cosa nelle note o avrebbe puntato sull'ormai desueto duo composto da penna e taccuino. Purtroppo doveva invece riporre fiducia nella propria capacità mnemonica e sperare che essa non lo tradisse. «Farò del mio meglio» assicurò al dio sverthiano. «Dimmi tutto, ti prego.» Era consapevole di non poter permettersi errori né gingillarsi. Ogni secondo, minuto, ora e giorno erano fondamentali. Più avrebbe atteso e più sarebbero stati i danni inflitti dalle Tenebre al mondo che lui aveva riscoperto tutto sommato di amare e di voler proteggere a costo della vita. Sapeva che Andrew sarebbe stato al sicuro grazie allo scudo conferitogli da Valknut, ma se Alex lo conosceva bene come ormai credeva di fare, allora Thorne non avrebbe badato a spese e a sacrifici per vendicarsi degli eventi di Græb'ar Volak. Era un uomo vendicativo che tendeva ad aggrapparsi al rancore, inutile negarlo, e fin troppo impulsivo. Non era sufficiente ricordare che avrebbe avuto accanto Skyler e gli altri per convincersi che Andrew, agguerrito come sapeva essere quando gli veniva fatto un grave torto, un affronto, non avrebbe commesso qualche stupidaggine spinto dal dolore e dalla rabbia.

Non posso fare nulla per lui, ora come ora, si disse rassegnato. Il suo destino va oltre le mie capacità, almeno per il momento.

Sussultò avvertendo la roccia sotto di sé vibrare e oscillare, come se fosse in arrivo una lieve scossa di terremoto, e il soffitto costellato di enormi stalattiti aguzze come punte di lance tremare, perdere qui e là granelli di pietra che, anziché cadere, frenavano la caduta e galleggiavano tutti attorno come bolle di sapone. Qualcosa stava mutando nell'aria, lo si avvertiva chiaramente, e non poteva significare nulla di buono.

Tredar se ne accorse a sua volta e si sbrigò a proseguire: «Oltre lo Squarcio, varco o comunque lo si voglia chiamare troverete uno dei tre reami popolati dai defunti di Sverthian e dell'Oltrespecchio. Se avrete fortuna, allora imboccherete la via che vi condurrà alle Terre Beate. Nel peggiore dei casi ad attendervi ci saranno gli Inferi».

«E... uhm... la terza via?» incalzò preoccupato Alex, non del tutto sicuro di voler sapere altro dopo aver udito la parola ‟Inferi". Diamine, non credeva potesse esserci qualcosa di peggio, ma niente andava dato per scontato quando si trattava di quella roba.

«Il Cammino della Reincarnazione» ribatté teso Tredar. «Sarebbe un vero disastro.»

«E non potremmo tornare indietro?»

«Non si torna indietro, non da lì. La strada è a senso unico, Alex, e sappi che il varco ha una volontà propria. Avverte ciò che pensi e se avrai le idee chiare, allora non avrai problemi a scegliere la via giusta.»

«E quale sarebbe?»

«Beh, le Terre Beate, ma adesso che la Tenebre stanno tornando all'apice del loro potere distruttivo e che ora come ora non v'è nessuno a proteggere i confini di quei reami, ho paura che l'Oscurità sia già riuscita a penetrare laggiù e a germogliare. Forse le Terre Beate si stanno corrompendo e per questo non dovrete abbassare la guardia.»

«D'accordo» fece Alex, stremato ancor prima dell'inizio di quell'ennesimo calvario. E pensare che a quell'ora, se solo non fosse stato cieco e stupido, sarebbe potuto trovarsi di nuovo a casa con Andrew e in procinto di riabbracciare Anthony. Di certo non sarebbe stata una rimpatriata allegra e ci sarebbe stato di che preoccuparsi con la minaccia di Grober alle porte deciso a impossessarsi di lui, ma almeno non si sarebbe sentito così terribilmente solo e impotente, minuscolo di fronte a un male privo di forma e tuttavia potente come l'Oscurità. Quella cosa che aveva molti nomi e volti capace di penetrare ovunque, in qualsiasi cuore, persino il più puro e innocente. «Altro da sapere?»

«Arriverà un momento in cui il mondo dei vivi e quello dei morti cesseranno di essere due realtà separate e si mescoleranno. Ciò venne predetto millenni fa e accadrà perché le Tenebre avranno la meglio su coloro che tenteranno di proteggere quel confine. Sarà allora che si aprirà uno spiraglio per te e per mio fratello, Alex. Il cosiddetto Velo si solleverà e potrete fare ritorno sulla Terra o in qualsiasi altro luogo sceglierete di recarvi. Non ci saranno più limitazioni né confini, ci sarà il caos, ma almeno potrai entrare di nuovo in contatto con le persone a te vicine e proteggerle. Potranno vederti e interagire con te come se fossi vivo.»

«Mio Dio» si lamentò sgomento Alex. «Sarà un vero delirio. Letteralmente la fine del mondo!» Non osava immaginare quanto subbuglio avrebbe scatenato uno scenario del genere e sapeva come avrebbe fatto Grober ad approfittarne: quale esercito migliore di uno composto da chi era già morto e non poteva essere ferito né fermato? Un conto era servirsi degli Specter, un altro di esseri con una volontà tutta loro e capaci di parlare, di fare consapevolmente del male.

«La cosa peggiore è che quando tutto ciò avverrà... ai defunti ostili, ai malvagi, verrà concesso un potere che mai hanno avuto: nuocere ai vivi. Non parlo di oggetti che si frantumano contro il muro e di gemiti nel buio, Alex. Parlo di persone terribili che hanno commesso atti atroci provenienti da ogni epoca e contesto della storia del tuo mondo che potranno fare davvero del male ai viventi che incroceranno sul loro cammino. Se Grober darà loro un motivo valido per scatenarsi, e temo che lo farà, arriveranno tempi difficili. Molto difficili. Ogni regola e ogni freno verranno destituiti.»

«Vorrà dire che nell'attesa cercherò di convincere tutti i morti che incontrerò a schierarsi dalla parte della Resistenza» sentenziò Alex. Gli tremavano le mani, ma non per la paura, bensì per la rabbia. Una rabbia che gli si era sedimentata dentro da quando aveva capito di esser stato raggirato e sfruttato dall'Oscurità, di aver fatto il suo gioco anziché esser riuscito a ingannarla per un bene superiore. «Dovrà pur esserci qualcuno che desidera avere una seconda occasione, la possibilità di riscattarsi!» Ora che ci pensava, visto e considerato che Kyran Rivers era stato ucciso, poteva approfittare della situazione per rintracciarlo finalmente e riportarlo a casa dalla sua famiglia, e non solo lui...

Misha! Di sicuro è nelle Terre Beate che è andato a finire dopo esser morto. È quello l'Aldilà riservato all'Oltrespecchio e a Sverthian!

Quello sì che sarebbe stato un buon alleato, uno che aveva tutte le ragioni del mondo per vendicarsi e riscattarsi. Il punto, però, era che sarebbe stato come cercare due aghi in un enorme pagliaio.

Non importa. Devo almeno provarci. Voglio farlo per Viktor, per Iago che ancora soffre per la sorte di suo fratello che è stata così crudele e ingiusta.

Tredar sorrise. «Vedo che ci sei arrivato da solo e che sembri avere già una mezza idea di cosa fare.»

Di nuovo la conversazione venne interrotta da scosse di terremoto tutt'altro che abbozzate e appena percepibili come le precedenti. Erano di intensità decisamente maggiore e potevano significare una sola cosa: il Male si era ridestato, prova ne era che la Nera Fonte stava ribollendo allegramente, come una cosa dotata di volontà propria e di intelletto. Sentiva che il grande momento era ormai prossimo.

Tredar, dunque, si sbrigò a dire ad Alex un'ultima cosa, forse la più importante: «I miei fratelli. Devono essere liberati e per fare questo avrete bisogno di una cosa: la chiave della loro prigione, ciò che li trattiene in un luogo molto simile a questo».

«E dove trovo questa chiave? E dov'è la porta?»

«No, no, nessuna porta! Non vi sono serrature da forzare né chiavistelli, Alex. Parlo di un oggetto antico e dalla bieca reputazione, un oggetto di cui non conosco l'attuale ubicazione. So solo che all'epoca, quando alcuni dei miei fratelli scomparvero nel nulla, indagando scoprii che cosa aveva fatto di loro Grober: li aveva imprigionati tutti quanti in una dimensione diversa da qualsiasi altra e in un modo che mai si era visto fino ad allora.»

«Ossia?» incalzò frettolosamente Alex.

«Un medaglione, Alex. Un medaglione creato da Azrael, colei che viene definita dalla tua gente ‟Angelo della Morte". Tentai di raccogliere più informazioni possibili e venni infine a sapere che ne esisteva una copia totalmente fedele all'originale. Era in possesso di colui che mi braccò e infine annientò, ma non seppi mai se fosse quello vero o meno.»

«E com'era fatto? Perché non eri sicuro che non fosse il vero medaglione? Chi ti stava braccando?» insisté Alexander, riuscendo a stento a rimanere in piedi a causa delle scosse sempre più forti. Tredar lo sorresse e a sua volta cercò di non perdere l'equilibrio e di sovrastare i boati provenienti da ogni anfratto dell'antro. «Lo vidi prima di morire e prima che il mio spirito venisse confinato qui. Era... era rotondo e con una pietra color del sangue al centro. Sembrava un occhio famelico , pulsava di luce propria. Non so dire se la malvagità che avvertii fosse da imputare solamente alla creatura che lo aveva in mano o all'oggetto stesso, ma so che ne venne creata una copia proprio per evitare che l'originale finisse nelle mani sbagliate. A rivelarmelo fu Azrael, anche se dovetti insistere prima di ottenere una risposta.»

Woomingan si accigliò, perplesso. «Chi aveva, allora, l'altro medaglione, originale o meno?»

«Azrael mi riferì che all'epoca era in possesso di uno dei signori che governavano sul mondo chiamato Obyria. Parlò di un principe. Era... il Principe della Notte. Sì, era questo il nome!»

Un orribile e sconvolgente presentimento tornò a impossessarsi di Alex. In realtà, a pensarci bene, lo tormentava sin da quando era partito per Sverthian e si era fatto sempre più insistente, sempre più insidioso, man mano che la spedizione era proseguita e ora... ora temeva di aver finalmente risolto l'enigma dietro a quanto accaduto laggiù secoli addietro.
«Tredar, chi diede la caccia a te e ai tuoi fratelli?» insisté, la voce pregna di ansia. «Ti prego, dimmelo!» Sapeva che era come aveva sempre sospettato e non attendeva altro che una conferma.

La divinità lo guardò negli occhi con amarezza. «Conosci già la risposta, te lo leggo negli occhi.»

«Richard» mormorò angosciato il defunto. Finalmente la verità dei fatti era emersa dalle ombre del passato e il quadro complessivo lo lasciava attonito. «Ecco che cosa gli chiese di fare Grober in cambio della salvezza di Obyria. Richard lo implorò di infrangere il legame di Arian e Reida con il mondo che avevano creato tutti e tre insieme e, inoltre, di fare in modo che le difese della Dimensione Parallela divenissero sì e no inattaccabili attraverso i Sigilli custoditi da ogni singolo regnante. I Sigilli che Richard stesso, come ho visto nelle sue memorie, provvide a legare ai suoi pari a loro stessa insaputa. Fece tutto questo per proteggere Obyria, per garantirne la protezione e la sopravvivenza, ma in cambio... in cambio dovette sistemare te e i tuoi fratelli perché Grober non poteva farlo, visto che non aveva più un corpo. Lo fece e Léonard, ovviamente, gli diede una mano! Ecco il segreto dei Carbenais, della famiglia di Sophie e di Andrew!»
Ecco quale memoria era stata tramandata per secoli di padre in figlio. Una memoria da custodire e da proteggere, della quale essere consapevoli perché probabilmente Léonard, da uomo arguto qual era, sentiva in cuor proprio che prima o poi quella faccenda si sarebbe ritorta contro tutti quanti loro. Forse, a differenza di Richard, aveva riconosciuto dietro al sedicente spettro di Grober le Tenebre e magari aveva persino tentato di avvertire il suo amante, ma senza riuscirci. Non aveva potuto farlo, visto che Richard, in seguito al loro ritorno a Obyria, aveva interrotto con lui ogni rapporto fino a quando Carbenais non era deceduto qualche anno più tardi a causa di un male imprevisto quando, purtroppo, ben noto ad Alex: l'Oscurità, temendo di certo che prima o poi Léonard ce la facesse a mettere in guardia Richard, a rivelargli i propri sospetti, aveva deciso crudelmente di togliere di mezzo quell'uomo.
Oppure c'era un'altra causa dietro alla scomparsa di Léonard e non era per nulla scontata. La prima cosa che Alex aveva compreso circa il patto fra il primo Principe della Notte e il sedicente Grober era che Richard non avesse infine mantenuto la promessa di cedere il proprio corpo all'essere con cui aveva interagito a Sverthian. Aveva infranto i patti e, si sapeva, non v'era cosa peggiore al mondo del venire meno a un accordo fatto con forse oscure e primordiali che non perdonavano. Le Tenebre, consce di esser state usate e raggirate, avevano punito Richard nel modo peggiore, colpendo l'uomo da lui amato.

Era così che stavano le cose, purtroppo. Alla fine la storia era sempre la stessa, come una canzone che riecheggiava nell'eternità. Una melodia astiosa e dolorosa basata su promesse infrante, giri di vite e colpe dei padri ricadute su figli e discendenti.
Aveva fatto bene, si disse, a consegnare il proprio Sigillo a Andrew. Era stata la mossa giusta, specie considerando che l'Oscurità molto presto avrebbe indovinato il gioco suo e di Tredar e, dunque, forse tentato di fare quel che aveva un tempo fatto con il duca di Liesmôtier e il Principe della Notte. Alex, cedendo quell'enorme protezione a Andrew, aveva scongiurato la tragedia e dato ascolto a un istinto che, forse, non si era originato solamente grazie al suo amore per quell'uomo, ma anche per semplice riflesso, per via di refrattarie rimembranze di Richard che, al contrario suo, aveva condannato il proprio amante a una fine terribile.

E in quanto al medaglione... diamine, la risposta era piombata su di lui come una bastonata dritta sul capo non appena aveva unito tutti i punti. Scosse la testa come a voler scrollarsi di dosso lo sconvolgimento che attualmente provava. «Conosco quella collana, Tredar, e so chi ce l'ha con sé!» esclamò, non sapendo se essere sollevato o meno. Chi gli diceva che Dario o Esther non fossero in possesso della copia del medaglione, anziché dell'originale? Se solo avesse prestato più attenzione a quel gingillo, accidenti!
Lo aveva scorto una sola volta al collo di Dario, ma non gli aveva dato peso, non si era mai interessato in maniera approfondita a quel ninnolo e il suo proprietario, d'altronde, aveva in un modo o nell'altro aggirato le poche domande che lui si era arrischiato a porre in merito alla singolare e inquietante collana. Si era detto che in fin dei conti fosse un gioiello qualsiasi o che facesse parte dell'eredità dei Principi della Notte, ma mai avrebbe immaginato che avesse una mole d'importanza di tale calibro. Al massimo si era ritrovato a pensare che, in qualità di gioiello in sé per sé, fosse un po' di cattivo gusto e dozzinale.
Mai si sarebbe immaginato che quell'aggeggio fosse fino a tal punto essenziale, ma col senno di poi veniva da domandarsi quale dettaglio, dei molti affiorati nel corso del tempo, non si fosse rivelato determinante, in un modo o nell'altro. Era vero, dunque, che il diavolo si celasse proprio in essi!

Non restava che risolvere l'ultimo enigma, oltre alla questione della Fonte della Vita: il medaglione dei Principi della Notte era la chiave di cui parlava Tredar o una duplicazione priva di qualsiasi valore?

Tredar si passò una mano tra i capelli biondi e sospirò. «Il solo modo per accertarci che sia quello vero è rintracciarlo ed esaminarlo, temo. So che come piano di azione non è dei più fantasiosi né facili da applicare, nella tua situazione, ma Azrael non volle dirmi se vi fosse un metodo per riconoscere il falso medaglione. Parlando con lei capii solamente che tutti e due i ciondoli fossero identici sotto ogni singolo aspetto, tanto che nessuno, tranne lei e il suo legittimo possessore, loro e nessun altro, avrebbe mai potuto distinguerli. Dovrete rintracciare lei o l'attuale proprietario del medaglione e chiedergli se quello di cui parli sia l'originale o meno. Non penso vi sia un'altra strada.»

Alexander deglutì. «E se fosse quello vero?» chiese con un velo di esitazione. «In quale modo permetterebbe a me e a Grober di ritrovare gli altri vostri fratelli?»

«Se quello in possesso del Principe della Notte fosse il medaglione originale... allora è là dentro che sono rinchiusi tutti loro. È lì che li troverete.»

«Cosa?» Alex non poteva credere a quel che aveva appena udito. Doveva aver per forza capito male. «Ma... ma hai detto che era la chiave! Insomma, una chiave apre qualcosa, una porta o che so io! Come può essere al tempo stesso un luogo di prigionia e il solo modo per accedervi? Non ha senso, Tredar!»
Si chetò non appena si ricordò che ben poco aveva senso in quella faccenda. Nulla aveva senso, ma quella storia superava qualunque altra assurdità!

«Una chiave e anche una prigione» ribadì Tredar. «Quale che sia il suo meccanismo, si trova all'interno del medaglione stesso. Di nuovo, purtroppo, non so dirti in che modo sia possibile risolvere un enigma del genere e credo che Azrael sia la sola che possa rispondere a tali domande. Nessuno meglio di lei conosce quell'oggetto sin dei minimi particolari.»

«E chi ti ha detto che il medaglione sia davvero la prigione dove si trovano i tuoi fratelli? Chi fu a raccontarti una simile storia strampalata?» esclamò Alexander, non sapendo proprio se mettersi a ridere o piangere, dato che si sentiva sull'orlo di una crisi isterica o di panico, anzi ambo le cose. Non fosse stato a un passo dal restare imprigionato là dentro, volentieri si sarebbe messo a sbattere la zucca contro ogni singolo centimetro di parete all'interno dell'antro. Tanta, troppa era la frustrazione che provava. Quella storia sembrava non avere una conclusione e la luce in fondo al tunnel appariva sempre più distante e difficile da raggiungere. La nostalgia di casa, la minaccia di farsi ancora una volta in quattro e di ottenere solamente l'ennesimo fallimento, non facevano che peggiorare il suo già precario stato d'animo.

Era una pazzia. Tutto quanto lo era.

Diamine, non era mica Sherlock Holmes ed era sempre stato una frana con gli indovinelli e quant'altro. Come avrebbe fatto a sbrogliare anche quell'ennesima matassa? Come avrebbe fatto a liberare delle divinità da una prigione che era al tempo stesso anche la chiave di suddetto luogo di costrizione? Era possibile, poi, un paradosso del genere?

Che vi fosse dietro lo zampino di Richard era poco ma sicuro e ancora una volta Alexander Woomingan si ritrovò a maledire il proprio avo. Quel Richard e le sue trovate balorde! Solo un matto come lui avrebbe potuto studiare una cosa arzigogolata come quella!

Tredar esitò. «Mi è ancora ignoto chi fu a rivelarmi tutto questo in una breve e concitata missiva che poi scelsi di affidare alle fiamme per evitare che incappasse nelle mani sbagliate. Non vi era una firma né altro. Chiunque fosse, però, sembrava sapere di cosa parlava ed essere parecchio informato. Come se conoscesse con una certa dose di esperienza il medaglione e i suoi poteri. All'inizio pensai ad Azrael, ma nel messaggio lei venne naturalmente citata e definita la creatrice della collana. Fu per questo che decisi di chiederle spiegazioni e lei mi assicurò di non aver mai scritto nulla del genere. Non ne avrebbe avuto alcuna ragione.»

Sbuffò tra sé o, almeno, fece tale gesto senza però soffiare alcunché attraverso le labbra. Era snervante non avere neppure la soddisfazione di esprimere a pieno regime il nervosismo che provava. «Ma allora chi lo fece?» incalzò perplesso, socchiudendo appena l'occhio sinistro come sempre faceva quando era confuso. Un particolare del suo modo di fare che Andrew, come Alex ricordava bene, aveva a più riprese definito adorabile. «Sono davvero pochi quelli che sapevano di una storia simile, se ho ben capito. Azrael non aggiunse nient'altro? Non dovrebbe essere, in teoria, onnisciente? I-Insomma, perbacco, è la Morte in persona! Ci segue dalla culla alla tomba, no? Sa vita, morte e miracoli di tutti quanti!»

«Onnisciente e con le labbra ben sigillate» lo corresse, mesto, Tredar. «Non le è concesso rivelare ciò che sa al prossimo e in ogni caso è libera di omettere tutto quel che desidera, se le garba. Le è imposto di essere sincera, certo, ma non di riferire ogni singola cosa per filo e per segno. Possiede la facoltà di tener per sé quel che le pare, il che è ben diverso dal mentire.»

Alex avrebbe voluto tanto chiedere a cosa servisse essere onniscienti se poi quel che si sapeva bisognava tenerselo per sé. Non aveva alcun senso, proprio come era insensato che quelli come lui, i Sibillini, non potessero rivelare il futuro agli altri. Eppure, se aveva ben capito, Azrael non era soggetta a un divieto o a un'imposizione, a parte il non poter in alcun modo mentire. Lei aveva la possibilità di parlare liberamente, eppure, lo stesso, taceva. Aveva taciuto in merito a una questione della massima importanza, il che la rendeva sotto certi aspetti un tantino diabolica e ambigua almeno la metà della sua controparte Sverthiana, ovvero Rasya. Fra i due Alex proprio non avrebbe saputo scegliere chi ritenere più snervante e criptico. Si vedeva proprio che erano entità complementari e per giunta imparentate.

«Credo sia dovuto al ruolo che ricopre» suppose allora la divinità, quasi leggendogli nella mente. «Spetta a lei scegliere chi deve morire e chi deve vivere, così come dove indirizzare i defunti. Per farlo deve conoscere ogni cosa di chi le sta di fronte, ma ciò non vuol dire che la stessa cosa debba valere per i suoi interlocutori, per chiunque sia talmente determinato da voler approcciarsi a lei. Va anche detto che... beh, dipende da con chi ha a che fare. Quando parlai con lei ebbi più di una volta la sensazione che nei suoi occhi vi fosse un'ombra di crudele giudizio. In teoria non dovrebbe parteggiare per nessuno, ma è chiaro che la questione delle Tenebre e, soprattutto, della sorte di Rasya, l'abbia indispettita, se non fatta proprio imbestialire. Vedeva in me la causa di tutto quanto e magari è per questo che non ha voluto scendere più di tanto nei dettagli. Sapeva che, in ogni caso, non sarebbe spettato a me risolvere la faccenda.»
Detto ciò, il Signore delle Albe scacciò la questione con una mano. «Devi sbrigarti, Alex. Il tempo inizia a scarseggiare.»

«Buono, buono! Aspetta un attimo! Dov'è finito Gylar? C'era anche lui qui, la prima volta che sono stato in questo posto!»

«Gylar vi attende a metà del percorso. L'ho implorato affinché abbandonasse anche lui questo luogo maledetto una volta per tutte. Non voglio resti intrappolato per l'eternità e per voi sarà un ulteriore aiuto su cui contare. Come già sai, da vivo fu un eccellente guerriero e avrete bisogno di qualcuno che vi guardi le spalle. È determinato quanto me a chiudere per sempre la questione. Oserei supporre che anche per tale motivo sia rimasto bloccato qui per tanto tempo: dichiarò guerra all'Oscurità e alla sua immonda prole e giurò a se stesso che in qualche maniera avrebbe lavorato al fine di trovare una soluzione, ma... come ben sai, morì per le ferite riportate in seguito allo scontro con Grober, il giorno in cui ebbe luogo la congiura. Fu il più coraggioso fra tutti noi e a volte mi fermo a pensare che se non fossero stati i danni fisici a ucciderlo, quella volta, sarebbe morto in ogni caso di crepacuore, corroso dai sensi di colpa e dal rimorso per ciò che aveva fatto alla divinità che tanto aveva amato e fino all'ultimo aveva tentato di riportare agli antichi fasti.»
Nessuno di loro, neanche uno dei presenti alla congiura, aveva esultato dopo aver pugnalato ripetutamente a morte Grober e, come se non bastasse, Rasya addirittura si era arrischiato a uscirsene con oscuri presagi e severi ammonimenti, nonché con una proverbiale predica circa la cecità di tutti quanti loro. "Ascoltate le mie parole e datemi retta" aveva detto, tetro come non mai, "questa faccenda è ben lungi dall'essersi conclusa e prima o poi, uno a uno, la pagheremo cara. Io pagherò il mio tradimento e voi la vostra ignoranza priva di limiti." Non avevano voluto stare a sentirlo, avevano ignorato il suo suggerimento di non abbassare la guardia e, soprattutto, di accertarsi che fosse davvero finita. A conti fatti Rasya era stato, ancora una volta, il più scaltro e lungimirante. A ragion veduta si era dato piano piano, poco a poco, alla latitanza e, infine, aveva pensato bene di celarsi in bella vista, anziché comportarsi da animale braccato. Si era goduto l'esistenza finché aveva potuto, dando persino origine a una stirpe semidivina alla quale aveva lasciato in eredità non solo i propri geni, ma anche il proprio sapere, e solo quando era stato pronto aveva deciso di sua spontanea volontà di ritirarsi in un lungo sonno senza sogni fino a quando non fosse giunto il momento propizio per fare ritorno e portare a termine quel che lui, Tredar, Lucifero e Gylar avevano lasciato a metà millenni addietro. Era la Morte a decidere quando e se andarsene, e così aveva fatto Rasya, l'Ombra Divoratrice.

In passato Tredar aveva giudicato con durezza Rasya, guardandolo dall'altro del proprio piedistallo e solo perché, a differenza sua, non era natio di Sverthian e aveva portato con sé cambiamenti radicali per tutti quanti loro, un terrore sordo e silenzioso in un'atmosfera dominata un tempo dall'armonia e dalla gioia imperiture. Come un corvo nero e sgraziato era atterrato su un ramo d'albero in fiore, in mezzo a splendidi e colorati uccelli, ed era stato proprio a causa di questa sua abissale differenza con tutti quanti loro che i rapporti con lui mai erano stati sereni né approfonditi. Uno dei dubbi cocenti che per millenni aveva tormentato Tredar era quello circa la corruzione improvvisa e inspiegabile della Fonte della Vita presente a Sverthian. Persino Grober, lo ricordava bene, era rimasto di sasso, e la sola ragione che aveva spinto Tredar a non guardare subito in direzione di Rasya era l'aver cercato di non seminare altri dissapori, di non spingere il resto delle divinità sverthiane a detestare quel dio straniero più di quanto egli già non lo fosse stato fino ad allora.
Aveva cercato di non scendere a conclusioni affrettate, di non pensare che fosse per forza colpa dell'ombroso, sfuggente e solitario Signore dei Morti e dei Tormenti, ma chi altro, se non lui, avrebbe potuto avere la faccia tosta e le giuste risorse per corrompere appositamente la Fonte della Vita, se non qualcuno capace di portare ovunque morte e desolazione?
Neppure durante uno degli incontri antecedenti alla congiura Tredar aveva avuto il coraggio di puntare il dito contro l'Ombra Divoratrice, ma ora... ora più che mai era convinto che ad aver spinto Rasya a non andarsene senza aver lasciato in eredità disposizioni ai propri Eredi, un compito da svolgere e da portare finalmente a termine, fossero stati i sensi di colpa che egli in apparenza sempre aveva mostrato di non possedere.

Forse, rifletté amareggiato Tredar, erano stati tutti quanti odiosi oltre ogni sopportazione con Rasya e quest'ultimo, irato e umiliato, aveva scelto di punirli a dovere, anche se Grober era stato fra i pochi a non guardarlo dall'alto in basso e, anzi, ad aver ripreso più volte gli altri, compreso Tredar stesso, per via dell'atteggiamento indisponente e superbo riservato alla cupa divinità. Se davvero era quella la verità dietro alle origini funeste della Nera Fonte, allora la canzone era la stessa. Lo era stata sin dal principio: chi veniva lasciato a se stesso, spinto in un angolo, lontano dal branco, da quella che in effetti era pur sempre una famiglia allargata, prima o poi avrebbe cercato rivalsa e vendetta, rifilando ai propri aguzzini la medesima punizione.
Avevano reso quel dio un reietto e lui, dunque, li aveva condannati tutti quanti alla paura dell'ignoto, alla caduta che sempre era preceduta dalla superbia. La superbia che tutti, eccetto uno, eccetto colui che meno avrebbe meritato di cadere vittima della Nera Fonte, avevano sbattuto ripetutamente in faccia alla Morte in persona.

Di fronte a tutto ciò, Tredar si vedeva costretto ad ammettere che fossero andati a cercarsela sul serio e che stessero solamente pagando per la loro ipocrisia.

Altre scosse di terremoto seguite da cupi boati che risalivano dalle viscere del sottosuolo riportarono con violenza al presente Tredar, il quale si guardò con ansia attorno e decise di mettere in guardia da un'altra cosa quel povero ragazzo costretto a una titanica impresa a causa dell'idiozia di molti: «È probabile che il Regno Ultraterreno stesso stia collassando un po' alla volta. Lo sta facendo persino mentre parliamo, quasi sicuramente. Forse le Tenebre stanno già cercando di penetrare al suo interno per fagocitarlo pezzo dopo pezzo, per quel che possiamo saperne. Dovrete passare anche per di lì per tornare nel regno degli umani. Sai cosa significa, giusto?»

Alex si morse il labbro inferiore e cercò di tenere a bada l'accesso improvviso di tristezza e mancanza quasi totale di speranza che l'aveva colto. «Che dovremo fare attenzione?» tentò abbattuto.

«Non solo. Vuol dire che dovrete attraversarlo e abbandonarlo più in fretta che potrete. Se dovesse collassare completamente mentre voi siete nei paraggi temo che verreste trascinati a fondo con tutto ciò che contiene. Non so bene cosa potrebbe accadere, forse imploderebbe o semplicemente si sfalderebbe, ma non penso sarebbe un bello spettacolo e voi non dovrete per nulla al mondo fermarvi allo scopo di scoprirlo.»

«Ma se dovesse crollare che fine farebbero, a quel punto, le anime che vi risiedono?» insisté Woomingan, la voce sul punto di spezzarsi. Trovava un atto come quello di fuggire mentre il caos e la fine dilagavano ovunque un atto di estrema crudeltà, di egoismo. «È vero, sono tutti defunti, angeli e così via, ma... s-sarebbe terribile se... voglio dire... non sarebbe giusto!»

«Lo so» fece rattristato Tredar. «Capisco alla perfezione il tuo stato d'animo e prego che non succeda nulla del genere, ma ormai la situazione è talmente instabile che qualsiasi previsione potrebbe rivelarsi inesatta.» Esalò un profondo respiro e si avvicinò ulteriormente alla sponda della Fonte. Alex lo raggiunse e capì che era arrivato il momento di dire addio a quella divinità tutto sommato benevola, nonché colma di rimpianti e rimorsi, fallibile, capace di sbagliare come un mortale qualsiasi.
«Ho... ho visto cosa accadde quella volta» disse Woomingan con un filo di voce. «Ti ho visto piangere mentre pugnalavi tuo fratello. Ho visto Grober andarsene fra le braccia di Lucifero. Lui... lui lo stringeva a sé mentre lo guardava dissanguarsi e spegnersi un po' alla volta. Ho visto nei suoi occhi tutto l'amore e la disperazione che stava provando. Gylar che gettava via il proprio pugnale come se la sua sola vista lo disgustasse e crollare in ginocchio accanto a loro mentre tu, invece, arretravi e piangevi.»
Una delle scene più strazianti cui gli era capitato di assistere durante quelle "capatine" nella memoria di Grober. Grober con il quale, ormai ne era consapevole, condivideva una sorta di legame simbiotico attraverso cui il poveretto, di tanto in tanto, sfidando forse la pazienza dell'Oscurità sua carceriera, aveva cercato di raccontare la propria triste storia e di indirizzarlo verso la verità. Quella autentica e tenuta ben nascosta dalle Tenebre.
Ora sì che riusciva a capire alla perfezione il motivo per cui fosse attribuito il buio all'oblio e all'ignoranza. Nelle ombre ogni sagoma era distorta e ambigua e, spesso e volentieri, era impossibile scorgere qualcosa per ciò che era realmente.
Grober aveva tentato fino all'ultimo di salvarlo dagli intrighi orditi dal loro nemico in comune. Aveva provato a proteggerlo, a modo suo, proprio come ci aveva provato disperatamente Andrew. Andrew che sicuramente, in quel momento, era impegnato a flagellarsi con ingiusti sensi di colpa e un dolore che mai si sarebbe sopito fino in fondo. Un dolore che lo avrebbe costretto ancora una volta a cambiare pelle e a ricominciare da zero, lui che invece avrebbe meritato un po' di sana pace e tanta, tanta felicità. 

Era terribile realizzare di aver dato più ascolto all'Oscurità, di averla addirittura ritenuta una degna consigliera, anziché aver riposto fiducia incondizionata verso coloro che davvero avevano tentato fino alla fine di salvarlo dal baratro. Aveva ignorato la mano che il suo Guardiano gli aveva teso e scelto lo stesso di gettarsi nel vuoto, pur consapevole che avrebbe potuto salvarsi in ogni momento a prescindere dalle conseguenze. 
Perché non aveva ascoltato il suo personale angelo custode? Perché, ancora una volta, aveva deluso a quel modo Andrew? Perché non imparava mai la lezione e commetteva sempre gli stessi, identici sbagli?

E cosa dire, poi, di come avesse costretto quel pover'uomo ad assistere alla sua lenta fine, nonché al suo suicidio rituale? Quell'urlo lanciato da Andrew lo avrebbe perseguitato in eterno, in cuor proprio lo sapeva, e così doveva essere. Non meritava altro dopo aver provocato a suo marito l'ennesimo trauma da portarsi appresso per il resto dell'esistenza.

Si augurava quasi che, semmai fosse riuscito a tornare indietro dal baratro e a compiere la propria missione, ad attenderlo avrebbe ritrovato l'uomo che amava in compagnia di qualcun altro, di qualcuno decisamente più degno di lui di affiancarlo. Non avrebbe meritato altro che un simile risvolto di eventi dopo quell'ennesima pugnalata.

Tredar non si volse e strinse appena le labbra per ricacciare indietro un silenzioso singhiozzo. Tacque e basta, incapace di proferir parola mentre le ombre di quel giorno funesto e terribile tornavano a tormentarlo come dolorose spine attorno al cuore.

«Quando sognai tutto questo, i ricordi di Grober, avvertii anche ciò che provava come se fossimo stati un solo essere e tutto ciò che sentivo era il dolore, Tredar. Né odio né rabbia, solo dolore. Io... io penso che all'epoca, prima di soccombere del tutto alle Tenebre, lui ti volesse ancora bene. Nel profondo provava vergogna per se stesso, per cos'era diventato e ciò che aveva provocato. Era il primo a odiarsi.»

Il Signore delle Albe si terse le guance col dorso di una mano. «Non ce la feci a guardarlo negli occhi. Ero terrorizzato e sapevo che se lo avessi guardato dritto in faccia non ce l'avrei fatta a colpirlo. Per quanto male avesse causato all'epoca, restava pur sempre mio fratello e non era colpa sua se si era tramutato in quell'orrido abominio. La colpa era mia e di nessun altro.»

Alex si accostò a lui e gli posò una mano su una delle forti e ampie spalle. Era incredibile come Tredar gli facesse tornare in mente, in alcuni momenti, sia Iago che James, persino Petya, e non solo per l'aspetto fisico, ma per la malinconia che emanava, per quel comune destino delineato da sensi di colpa e disperata ricerca di espiazione. Pareva quasi che malgrado a separare le persone in questione vi fossero millenni interi di esistenza, di sangue che era andato mescolandosi a quello di molti individui, la canzone rimanesse sempre la stessa per tutti loro: v'era sempre al centro di ogni cosa una famiglia dilaniata, una speranza infranta, una promessa non mantenuta o, ancora, un fratello che aveva fatto scempio di un altro fratello. Lo dimostrava la triste e tragica storia di Ilya e Petya che si erano distrutti a vicenda o il vano tentativo di Iago di proteggere dal male del mondo Misha e Desya.
Povere anime, tutti quanti loro. Compreso Tredar che, chiaramente, mai si era perdonato per aver pugnalato alle spalle Grober quando forse avrebbe invece dovuto tendergli un ramo d'ulivo o, meglio ancora, braccia fra le quali rifugiarsi in un momento di grande tempesta.

«Riusciremo a salvarlo e a risolvere tutto. A quel punto potrete finalmente chiarire ogni cosa e mettere una pietra sul passato» disse Alexander per dargli un minimo di speranza, seppur flebile. «Tutti possono essere perdonati, Tredar. Anche tu. Non fu colpa tua, non del tutto. Non eri forte abbastanza da resistere al potere della Fonte, ma questo non fa di te una cattiva persona. Ora stai provando a rimediare ed è questo a contare.» Detto ciò si inginocchiò e si sporse verso Grober un attimo prima che egli scivolasse lontano dalla riva, risucchiato di nuovo nel cuore del pantano e sul punto di rivivere per l'ennesima volta il solito supplizio. Lo tenne saldamente stretto per una mano, ma non parve bastare e Tredar, dunque, intervenne e dovette farlo prima che lo spettro del vampiro venisse a sua volta trascinato via dal gorgo al centro della pozza nera che aveva tutta l'intenzione di inghiottire sia lui che Grober in un colpo solo, di certo ingolosita dall'offerta che le era stata avanzata in maniera involontaria.

Il Signore delle Albe scattò in avanti e cinse con le braccia il fratello per tirarlo fuori dalla Fonte, incurante di come la sua veste bianca e la pelle esposta si fossero appena macchiate di liquido color catrame. Fu come guardarlo lottare per strappare Grober dai tentacoli di una creatura marina e alla fine riuscì nell'intento: mentre risuonava nella caverna l'inquietante eco di un viscoso strappo, Tredar sostenne il fratello minore e lo affidò in fretta ad Alex che non riuscì a impedire a Grober di crollare sulle ginocchia al pari di un edificio colpito da un violento terremoto. «T-Tranquillo, ora sei al sicuro» lo rassicurò e al contempo strappò una buona porzione di stoffa dalla propria veste, la stessa con cui era morto; con essa cercò di tergere almeno il viso e le vie respiratorie della divinità che annaspava e tossiva mentre giaceva in posa fetale e su di un fianco. Difficile a dirsi, ricoperto di sostanza nera com'era, se avesse addosso degli abiti o meno. Ricordava proprio un gabbiano lordato fino all'osso di velenoso petrolio. «Va tutto bene» lo apostrofò di nuovo, ripulendogli meglio il volto e i capelli intrisi di Oscurità liquida e pestilenziale. L'odore non era dei migliori, era come se Grober fosse rimasto fino ad allora immerso in liquami organici in putrefazione, ma ad Alex non importava più di tanto. Era strano poter adesso osservare un viso totalmente uguale al suo, seppur con evidenza più giovane di almeno una decina d'anni. Gli sembrava di avere davanti a sé l'Alexander Woomingan che ancora cercava di riprendersi dopo la terribile esperienza con Logan Durby durata anni, quella che lo aveva indotto a perdere peso, a consumarsi e a credere di non poter più essere felice né meritevole di salvezza, di comprensione.

Fu molto strano e a tratti angosciante.

Grober ebbe un altro spasmo seguito da un'altrettanto flebile convulsione durante la quale tossì altro materiale nero e denso. Non sembrava affatto messo bene ed era terribilmente magro, lo si poteva capire vagamente osservando non solo la faccia, le guance smunte, ma anche le braccia fragili e più sottili del normale. Se qualcuno di esterno alla situazione lo avesse visto in circostanze normali lo avrebbe definito un ragazzo in piena fase anoressica, per giunta aggravata.

Come farò a farlo tornare in forze? Può mangiare, poi? E cosa mangia una divinità defunta? Insomma, gli spettri non devono nutrirsi, di solito! Nei film non lo fanno mai, accidenti!

Paradossalmente si sentiva alla stessa maniera in cui si era sentito subito dopo la nascita di Anthony quando non aveva la più pallida idea di come ci si prendesse cura di un fragile neonato del tutto dipendente da lui per sopravvivere.

«Riesci a stare in piedi?» gli chiese dandogli dei gentili schiaffetti su una guancia, allarmato dalla sua volontà pressoché simile a quella di un vegetale. «Grober, ti prego, rispondi!»

«T-Tredar» rantolò in un sussurro la divinità. «Dov'è mio fratello?»

Alex, col cuore in gola, sollevò lo sguardo e rimase di pietra vedendo che Tredar volutamente si era immerso nelle dense e nere acque fino alla cintola e guardava lui e Grober a propria volta. Sorrideva mestamente, gli occhi velati di lacrime. Forse, a differenza di uno spettro normale, una divinità poteva ancora piangere, anche se morta. «Buona fortuna, Alex. Ti affido il destino di mio fratello e di tutto ciò che amiamo sapendo che si trovano in buone mani. Tollererò con il cuore in pace la prigionia, sapendo di aver fatto l'unica cosa giusta possibile in simili circostanze.»

«N-Non lasciarglielo fare, ti prego» implorò Grober a Woomingan. «N-Non ne uscirà più!»

Alexander si lasciò sfuggire un singhiozzo, ma le sue guance rimasero asciutte. Piangeva, ma al tempo stesso non poteva farlo, non come sempre lo aveva inteso prima di morire. Poteva immaginare cosa stesse passando per la mente di Grober, ma sapeva che ormai i piani erano quelli e di avere un compito ben preciso. Si limitò a sfiorare con una cordiale carezza i capelli dal colore indefinibile di quel dio morente. Mi dispiace, ma tu ed io abbiamo una missione da portare a termine. Sii forte come lo sei stato fino ad ora, Grober. Sii forte, ti prego!

«Farò tutto quello che potrò, lo prometto» rispose con voce rotta e flebile a Tredar, tornando a guardarlo. «Tu... tu cerca di resistere finché puoi. Ti prego, provaci.» Si fece forza e, più in fretta che poteva, riuscì a far alzare Grober. Lo sostenne ed entrambi si voltarono mentre alle loro spalle riecheggiava un cavernoso, terribile e gorgogliante suono di risucchio.

Solo una volta Alex si guardò indietro e lo fece appena in tempo prima di vedere una pallida mano svanire in un gorgo nero come lo stesso oblio.

Udiva Grober singhiozzare, lo sentiva agitarsi debolmente nel vano tentativo di liberarsi, di tornare indietro per salvare il fratello al quale, a quanto pareva, voleva ancora bene, tanto da non desiderare la libertà se era quello il prezzo da pagare, ma Alexander continuò a stringerlo saldamente a sé e insieme, in un modo o nell'altro, ostacolati dalla grotta che ormai era attraversata ovunque da violente scosse di terremoto, ce la fecero ad uscire dall'antro prima che delle rocce nere e porose sigillassero, forse per sempre, lo stretto ingresso che conduceva alla Nera Fonte.

Non erano ancora salvi, però, e non c'era tempo per scendere dalle pendici della fedele copia del monte Arnak. Gylar li attendeva a valle e laggiù, lontano, si vedeva con chiarezza un'intera porzione di cielo e terra aperta come un autentico squarcio aperto in un enorme velo di cartapesta. 

C'era una sola via di fuga ed era la più spaventosa, resa ancor meno allettante dalla fobia di Alex nei riguardi delle altezze, dei luoghi situati troppo in alto e ripidi.

La montagna tremava, emetteva furiosi boati che riecheggiavano dappertutto nella silenziosa e sempre più buia valle.

Il vento gelido sferzava il viso di entrambi i fuggiaschi e sembrava voler spingerli di nuovo verso l'entrata della caverna. Tutto in quella dimensione li detestava e voleva che tornassero al loro posto, proprio come aveva detto Tredar.

Siamo già morti entrambi. Non credo che cadere, neppure da una simile altezza, potrebbe farci del male in modo irreparabile.

Non c'era altra via. Dovevano gettarsi nel vuoto e affrontare una sorte ignota.

Sempre tenendo saldamente stretto a sé Grober, sperando di non sbagliarsi, Alexander scattò verso il bordo del precipizio davanti a loro e tenne gli occhi ben serrati mentre cadevano nel vuoto, preparandosi a dover poi correre per aver salva la vita. Più o meno.

N.d.A

E questo è quel che è accaduto mentre Andrew se la vedeva con la rinascita di Grober e poi, beh, con tutto quel che è successo negli ultimi capitoli di "Tenebre"!
Come avevo detto nel precedente capitolo della serie avremmo detto addio ad Alex solo in un certo senso e in questo libro, invece, la parola sarebbe stata passata anche e soprattutto ai "morti" lol
🤣
Okay, no, non è divertente. Soffro di humour macabro, scusatemi 🫣🤷🏻‍♀️
Comunque niente, intanto godetevi questi due capitoli di anteprima in attesa del resto!
Cercherò di non far trascorrere un'altra eternità prima di aggiornare di nuovo.

A presto, cari! ♥️


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