Evermore - 𝑆𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝐶...

By dyrneromance

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Dorothea ha ventiquattro anni e un sogno custodito nel cassetto della sua scrivania, tra bobine consumate dal... More

Disclaimer e Cast -
Intro -
𓆰𓆪
𝐑𝐄𝐂 𝟎𝟏
1 - Universi
2 - Portland, OR
3 - Sciarpe di Lino
4 - 15 years, 15 million tears
5 - Concime per le primule
6 - Tinta sbagliata
7 - Fort Aberdeen
8 - Solo una stupida ragazzina
9 - Abissale
10 - Arvo
12 - Poker e Umiliazioni
13 - Nei corridoi del Monev
14 - Noodles
15 - Ginevra
16 - June Kennedy
17 - La nostra più grande delusione
18 - Buon anno, sorellina
19 - I giardini di Babilonia
20 - Ragno Lupo
21 - Spike
22 - Qui o in camera, scegli tu
𝐑𝐄𝐂 𝟒𝟓
23 - Jack&Rose
24 - Poligamia malfunzionante
Avviso

11 - In picchiata

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By dyrneromance

Ré nao (热闹) - è una parola cinese solitamente tradotta come "vivace", ma il suo vero significato va oltre. Si riferisce a un luogo divertente e vivace con un'atmosfera invitante che ti fa venire voglia di essere lì.

«Chissà se è così che si perdono le parole, quando tutto è sbagliato ma nessuno ci spiega. E tacere pare il modo migliore per non soffocare.»


Quel giorno faceva terribilmente freddo e quando scese in cucina sperò di trovare un bollitore d'acqua da poter usare per farsi del tè. La neve cadeva giù come una docile cascata gelida, ricoprendo i bordi esterni della finestra di uno spesso strato ghiacciato e le venne da pensare che quasi sicuramente, dalle tegole sporgenti del tetto, sarebbe potuta cadere qualche stalattite di ghiaccio.

La vista con cui si era svegliata era penetrante e confortevole, sembrava la tela dimenticata da un pittore in anonimato. Chiara, limpida, bianca, fresca ricoperta d'inverno, t'invitava a scendere sui prati nascosti per camminarci su a piedi nudi.

Trovò Annalize seduta al bancone della cucina. Tra le mani aveva una tazza fumante di caffè, mentre dall'altra parte della stanza, di fronte alla porta finestra che portava sulla veranda, Oakley Sullivan osservava l'esterno ammirando il cielo costernato di nuvole bianco candido.

«Buongiorno...», li salutò e qualche secondo dopo si sentì restituire il saluto da entrambi.

Quando Oakley si voltò nella sua direzione, la osservò avvicinarsi all'elettrodomestico per versarsi dell'acqua calda in una tazza blu. Chiese se ci fossero delle bustine da tè, l'altra donna le indicò il mobile superiore, alla sua destra, dal quale poi cacciò ciò che desiderava.

Indossava gli stessi vestiti della sera precedente, concentrata com'era nel non versarsi l'acqua bollente addosso, si spostò distrattamente i capelli che le cadevano disordinati sulle spalle e davanti al viso. Aggiunse un solo cucchiaino di zucchero e quando si voltò per poggiarsi di spalle alla superficie, sorseggiando con cautela la bevanda, Oakley dovette forzarsi per portare di nuovo lo sguardo all'esterno. Facendolo, si accorse che Annalize lo osservava di sottecchi da un po' ma, intelligente com'era, deviò subito il discorso.

«Verso che ora usciamo?» Le chiese guardando poi il fondo della sua tazza, ormai vuota da ogni liquido.

«Tra mezz'ora, circa.» Rispose procedendo a lamentarsi di Tyrone e Alex che erano già fuori casa da un'ora. «Avrebbero potuto aspettarci, che fretta c'era di avviarsi?»

«Ieri sera li ho sentiti parlare e mi pare che c'entri qualcosa il fatto che si siano presentate persone in più rispetto al numero di quelle prenotate.»

«Ma suo zio non lavorava lì? Non dovrebbero esserci problemi, no?» Oakley alzò le spalle di risposta.

Poi la loro attenzione fu catturata dalla voce di Dorothea che, sottile ma spezzata ancora dal sonno, disse: «Io non credo di voler venire, non ho la più pallida idea di come si scii.»

«Oh ma nemmeno io, stai tranquilla.» Annalize provò a rassicurarla in un tono leggermente divertito ma, dalla sua espressione, Dorothea non sembrò del tutto convinta.

«Ci saranno sicuramente degli istruttori.» Fu lui ad intervenire, ragionando su quelle probabilità. «E tuo fratello non sa neanche camminare senza stravaccare le gambe, quindi ci sarà da divertirsi.»

Provò a sdrammatizzare nel migliore dei suoi modi, sentendo Annalize ribattere per difendere il proprio ragazzo che in quel momento era assente. Dorothea strinse le labbra in un sorriso arreso, annuendo in un sospiro remissivo e consapevole che, se non si fosse presentata, sarebbe stato peggio.

Le parole di Oakley la convinsero e un quarto d'ora dopo si ritrovò col resto dei ragazzi fuori dalla struttura su cui si levava in alto l'insegna sportiva Heavenly Valley. L'ingresso era caldo e accogliente e portava dritto alla reception dove l'addetta, Cindy, indicò loro dove trovare l'attrezzatura.

Indossarono tute sottoforma di salopette imbottita, tutte identiche in quel blu elettrico che sarebbe risaltato inevitabilmente in mezzo ad una valanga di neve. Gli scarponi furono la parte difficile, erano rigidi ma non abbastanza da impedire i movimenti, con lacci spessi che si incastravano lateralmente in modo più che sicuro. Ognuno aveva portato dei guanti e berretti in pile o flanella per coprirsi le estremità, indossati questi si diressero fuori dalla struttura.

Lo spettacolo era da mozzare il fiato.

Vette alte e puntigliose che si elevavano tutte intorno, tinte di grigio e bianco e di quel poco verde rimasto dalla stagione precedente. Alberi di pino circondavano lo spazio delineato dal resort, piantato ai lati di quelle pianure che si calavano in discese abbastanza ripide. Da quel punto, il più alto della collina, era concessa una visione a trecentosessanta gradi di quella meraviglia. Lontano a nord, dopo un lungo sottobosco, il lago Tahoe si stendeva per chilometri indecifrabili, tetro nelle sue sfumature ombrose ma riflettente il cielo limpido e annuvolato.

Quando raggiunsero Luke, l'istruttore della tana 86, questo spiegò loro come agganciare gli scii agli scarponi e poi, quando si fu assicurato sul numero di persone che sarebbero rimaste con lui, congedò gli altri. A restare fermi lì ad aspettare che Luke desse loro direttive, furono Annalize, Tyrone, Paul e Dorothea.

«Allora ragazzi, prima di tutto vi spiego la regola generale: le persone davanti a voi, quelle in direzione della valle, hanno il diritto di precedenza. Dovete schivarle anche se vi cascano ai piedi, ed ora vi spiego come.»

Sciare si rivelò divertente. Dorothea seguì le istruzioni alla lettera: per spingersi bisognava utilizzare le bacchette così da camminare nella direzione scelta e invece, per fermarsi, bisognava avvicinare le punte degli sci, allargando i talloni per formare un triangolo che punta verso la discesa.

Circondati dalla boscaglia, quest'ultima a tratti sembrava lontana e limitava il panorama alle vette più alte e maestose. Non c'era ombra di fauna, probabilmente in letargo, e la flora si limitava a cortecce e massi. Percorsero qualche metro, seguendo Luke che li precedeva a meno di qualche metro, quando il divertimento salì alle stelle.

D'improvviso Dorothea sentì dei borbottii lagnosi al suo fianco, così rallentò per capire cosa fosse successo. Tyrone, non si sapeva come, scivolava al suo fianco piegato in due, con il busto e la testa chinati in avanti e il sedere in aria. Guardò gli scii del fratello allontanarsi l'uno dall'altro man mano e rapidamente, mentre lei e Annalize non riuscivano a fare altro che scoppiare in risate isteriche.

Quando Luke se ne accorse era troppo tardi: Tyrone gli passò accanto, sorpassandolo con velocità mentre urlava aiuto all'istruttore sbalordito.
Dorothea dovette accovacciarsi o avrebbe preso la stessa piega del fratello. Facendo così, però, cadde all'indietro sganciando i piedi dagli sci. Annalize, a quel punto, non seppe decidere per chi ridere. Era tutto tremendamente esilarante, un teatrino che fu adocchiato persino dal resto del gruppo che si trovava dall'altra parte della pista.

Oakley e Ronnie si avvicinarono ma non capirono subito cosa stesse succedendo. Il primo si fermò a meno di un passo dalla testa di Dorothea e, con lo sguardo tra il confuso e il preoccupato, la guardò dall'alto aspettando che si riprendesse. Lei aveva le lacrime agli occhi e la testa infreddolita perché, nonostante avesse il berretto a coprirle il capo, il tessuto non poté far a meno di inumidirsi a contatto con la neve.

«Stai bene?» Le chiese spostandosi al suo fianco, le porse la mano protetta dal guanto e Dorothea dovette rimproverarsi mentalmente pur di smettere di ridere e darsi una mossa a riprendersi. Afferrò la sua mano, stringendola ma facendo leva sui piedi per rialzarsi. Ma per poco non cadde di nuovo, rischiando di trascinarsi dietro Oakley che cercava di aiutarla nonostante avesse ancora gli scii ai piedi. Le mise una mano sul fianco e l'altra stretta intorno al braccio, lei imitò i suoi gesti e, chissà come, riuscirono ad evitare un'altra gaffe. Il volto di Dorothea si tinse di rosa e anche quello di Oakley, solo che nessuno avrebbe potuto accorgersene dato che era per metà coperto da un passamontagna.

«Cos'è successo?» Le chiese poi, ricordandosi che c'erano altre due persone ad osservarli. E infatti fu Annalize a rispondere, puntando l'indice destro in direzione di qualcuno ad almeno un chilometro distante, sdraiato supino a terra, si stava facendo soccorrere dall'istruttore. Gli si aprì in volto un sorriso divertito e a Dorothea venne da tiragli giù quel tessuto che le impediva di ammirare quell'evento più unico che raro.

Nel corso dei giorni avrebbe imparato quanto pacato e raccolto fosse nei confronti delle persone, che si trattasse di amici o conoscenti. Rideva in modo sommesso, era meno che loquace con i suoi amici ma incredibilmente attento ai più piccoli dettagli. Eppure Dorothea ebbe la sensazione di qualcuno sempre ostinato a difendere qualcosa, in quel caso se stesso, come se Oakley avesse paura di lasciarsi andare a qualche parola in più fuori dal suo ordinario.

Qualche ora dopo, rientrarono in casa per pranzare, e fu lì che iniziarono i suoi sospetti. Quando metà del gruppo si divise per fare una doccia e l'altra restò ad oziare in salotto, Dorothea si offrì di pulire i fornelli, che, colpa delle non capacità culinarie di Ronnie e Tyrone, erano un vero e proprio disastro. Mentre insaponava il piano cottura, si accorse di non essere sola e che, anzi, Oakley era appena entrato in stanza per rimettere ordine. Lo osservò sottecchi, voltando ogni tanto il volto nella sua direzione, analizzando la concentrazione che gli dipingeva il volto mentre riuniva i bicchieri di carta usati.

Oakley sentiva il suo sguardo addosso, un sesto senso che non l'avrebbe mai tradito, così decise di giocare col fuoco, proprio come avevano iniziato a fare ogniqualvolta si trovavano insieme da soli.

«Non era male il minestrone di tuo fratello.» Puntualizzò gettando i bicchieri nella pattumiera, proprio accanto a lei. Quest'ultima allungò astrattamente l'orecchio, un gesto che lei sentì in modo impercettibile ma che le risultò automatico dato il campo minato in cui si stavano inoltrando.

«Potresti chiedergli di farti da chef personale.» Propose ironicamente mentre le mani entravano in contatto con l'acqua corrente per strizzare lo strofinaccio. Oakley la guardò alzando il mento, temporeggiando sul pensare a come avrebbe potuto risponderle.

«Me ne ricorderò...», replicò poi guardandosi intorno per capire cos'altro avrebbe potuto occuparlo. «A te sembra non essere piaciuto, proprio come la cena di ieri sera o il tè di stamattina.»

Dorothea si morse la lingua drizzando le spalle, stava controllando se stessa e qualsiasi cosa impertinente che avrebbe potuto dire, rischiando di creare altro e inconcludente imbarazzo.

«Che intendi dire?»

Oakley sospirò, parte di sé era consapevole che quello che aveva intuito non fosse affar suo. Sapeva anche che, se le avesse risposto continuando a mantenere la sua tesi, la situazione sarebbe precipitata proprio come le altre volte. Eppure non poté far a meno di palesare: «Che lasci sempre tutto a metà.»

La sentì spazientirsi nei movimenti, veloci e dall'impugnatura rigida delle sue mani. Era proprio così che si sentiva, innervosita da quell'atteggiamento insolente che avrebbe dovuto ricordarle che, la maggior parte delle volte, era proprio lei a comportarsi così.

«E quindi?»

«Che non è gentile da parte tua, offendere chi ha preparato del cibo per te.»

«Oh...», rise velatamente girandosi nella sua direzione. «Non sei la persona adatta a parlare di gentilezza.» Oakley mosse la testa alzando gli occhi al cielo, lei lo osservava con le braccia incrociate, i palmi stretti attorno agli avambracci fini mentre lui sbuffava per l'ennesima frecciatina.

«Ancora con quella storia? Mi sembrava ti fosse passata.»

«Cosa te l'ha fatto pensare?»

«Stai cambiando discorso.»

«Non sono affari tuoi se mangio, quanto mangio e come lo faccio.»

«Non ho mai detto di esserne interessato.»

«Allora stai zitto.»

Ad interrompere il circolo di quel botta e risposta fu Paul che entrò di soppiatto, cogliendo i due in quella simil-discussione. Dall'atmosfera, il ragazzo capì che qualcosa non andava e a confermare la sua tesi fu proprio Dorothea, la quale gli passò accanto a passo svelto e con l'espressione di chi sarebbe potuto scoppiare in fiamme da un momento all'altro.

«Ma che le hai detto?» Paul corrugò la fronte spostando lo sguardo dall'entrata della cucina al suo superiore. Oakley concluse dicendo che non era successo nulla di particolare e che, evidentemente, si sentiva poco bene.

Non si fece vedere per l'intero pomeriggio, restò chiusa in camera lontana da tutti ma nessuno parve rendersene conto. Forse era lui ad essere stato troppo invadente, ci sono idee sulle quali non è permesso valicare un certo limite. Pensò di averlo fatto, di essersi addentrato troppo velocemente in territorio nemico e di aver pestato una mina vagante. Oppure si era immaginato tutto e che lei, come qualsiasi altra persona molto timida, tendeva ad essere intimorita in determinate situazioni.

Ci pensò così a lungo che gli si acutizzò un mal di testa latente dalla sera precedente, impedendogli di concentrarsi su ciò che gli stava accadendo intorno. Come, ad esempio, l'oggetto di discussione del gruppo di amici che quel primo pomeriggio sedeva come al solito nel salotto di casa. Ginevra e Annalize non erano presenti ma non si domandò dove fossero, dedusse nelle loro camere.

Alex, seduto sulla poltrona di fronte, catturò il suo orecchio con un'inutile frecciatina.

«Chissà quanto ci vorrà al nostro Sergente Capo.»

«Gli do un giorno e mezzo.»

«Nah, due giorni almeno.»

Oakley cadde coi piedi a terra e, in un impercettibile movimento del viso, si scosse dalla sua posizione. Raddrizzandosi si guardò di lato e notò gli occhi degli altri tre che vagavano in aria con fare distratto.

«Di che state parlando?»

«Bentornata Alice!» Tyrone lo prese in giro posando la sua tazza a metà piena di caffè fumante sul tavolino da tè, poi spiegò. «Ginnie.»

Oakley alzò gli occhi al cielo ascoltando la solita barzelletta. Era qualcosa che gli premeva evitare, sia come discussione che come fatti concreti. Faceva di tutto pur di non restare solo con la collega o di permettere a quei balordi dei suoi amici di architettare. Nonostante le portasse rispetto in quanto donna e collega decennale, proprio non riusciva a non provare fastidio.

Concretamente non gli stava addosso, il contatto fisico che avevano avuto si era sempre e solo limitato a strette di mano e qualche abbraccio occasionale. Ma gli occhi di Ginevra, ambrati come il miele, lo tenevano stretto a lei più di quanto Oakley avesse voluto.

«Ho prenotato in un posto, per lunedì sera.» Alex sorrise sotto i baffi, alzando l'arcata delle sopracciglia quanto bastava per sottintendere ciò che avrebbe detto successivamente. «Potresti chiederle di farti da dama.»

Oakley sbuffò alzandosi per avvicinarsi al camino, i presenti lo guardavano con sorrisi a metà tra il divertimento e la burla. Amavano istigarlo e, più di tutto, si riempivano la pancia ad osservarlo trattenersi il più possibile pur di non esplodere come raramente, fortuna loro, accadeva.

«Le relazioni tra colleghi vi attraggono così tanto?» Ronnie osservò sistemando attentamente del tabacco su una cartuccia.

«Non mi attrae niente e nessuno, chiudete il discorso.» Oakley sbottò infastidito e, con quel suo fare imbruttito, spinse lo sguardo oltre la finestra ad osservare il cielo nuvoloso.

Tyrone provò ad accomodarselo un po', proprio come l'addestratore fa con il leone. Si alzò, fece qualche passo e lo affiancò portando la mano destra sulla spalla dell'amico.

«Io non ci trovo nulla di male.»

«Beh, le cose possono incasinarsi...», rispose Ronnie alzando le spalle, con l'aria di chi ne sapeva abbastanza se non troppo di quelle cose. Non era l'unico.

«Io e Lizzie andiamo d'accordo, non abbiamo mai litigato per il lavoro.»

«Attento a non allenare troppo il braccio destro.» Fu Alex ad esordire, rivolgendosi a Tyrone ma allungando lo sguardo verso un Oakley la cui espressione facciale sarebbe bastata a far arretrare il re della Savana stesso. «Potresti chiedere a tua sorella di invertire le stanze.»

Tyrone sospirò portandosi le braccia al petto e, con fare arreso, disse: «Non ha molta confidenza con Ginnie.»

«Tu passi in stanza con Lizzie, Ginevra passa nella mia ed io nella sua. Così le coppie si risolvono e quelle irrisolte si annullano.» Spiegò ingegnoso, buttando lo sguardo astuto da Tyrone a Oakley. «E poi, secondo me, io potrei piacerle.»

«Arretra di dieci chilometri.» Tyrone lo avvertì e questa volta fu Oakley a cercare un contatto fisico con lui, dandogli una leggera pacca dietro la schiena come per avvisarlo di non esagerare. In cuor suo, però, giurò che avrebbe preso a pugni quel faccino da figlio di papà strafottente non appena avessero messo piede in Oregon.

Alex non rispose ma si limitò ad alzare le mani in segno di difesa, così intervenne Ronnie, il quale precisò: «Non mettetemi in mezzo a queste cose da sergenti frustrati e innamorati...», poi cambiò argomento e chiese: «Dorothea quanti anni ha?»

«Ventiquattro.» Tyrone lo informò, aggiungendo che ne avrebbe compiuti venticinque a maggio.

«Cazzo, sembra più piccola.»

«Ѐ già piccola.»

«Lo è relativamente.» Fu Oakley a mormorarlo, interrompendo lo scambio di battute tra i due.

Allora Tyrone aggrottò la fronte e mormorò a sua volta un «Mh?».

«Ti sembra piccola perché è tua sorella...», Sullivan spiegò con fare calmo e riflessivo. «Non farti ricordare cosa combinavi a venticinque anni nell'arena delle apprendiste.»

Il gruppo scoppiò a ridere e fu Paul a spiegare per Ronnie, il quale non ne sapeva nulla, di quando l'amico fu beccato almeno un paio di volte, sotto gli spalti dell'area, intento a guardare con fin troppo poco pudore tanta di quella bellezza femminile.

Tyrone, imbarazzato, deviò la strada che con quell'argomento rischiavano di intraprendere: «Si ma, Dorothea è diversa da me.»

«Cosa ne sai?» Paul fece un tiro dalla sigaretta di Ronnie prima di essere rimproverato con lo sguardo da Oakley stesso, con quel suo fare da superiore anche quando erano fuori dalla base.

«Che intendi dire?»

«Non avevi detto che non vi parlavate da tempo?»

«Si ma so che è una persona riservata e pressoché sensibile.»

«Pressoché sensibile...», ripeté Paul a mezzo sorriso. «L'altra sera per poco non ti mangiava.»

Ci fu un borbottio divertito generale nel ricordare quel momento d'imbarazzo condiviso che avrebbe potuto mutarsi in qualcosa di più sgradevole. Oakley pensò che la ragazza fosse tremendamente simile alla sua famiglia o, per meglio precisare, che avesse ereditato i difetti più rilevanti ed evidenti del Maggiore Adams e del suo migliore amico.

«Ha il carattere di papà, le cose non riesce a tenerle per sé.»

«Già, però è uno schianto come tua madre.» Provò un fastidio alla bocca dello stomaco quando Paul fece quell'osservazione, trovando in suo appoggio Alex che, come al solito, non perdeva occasione per istigare. Sentì Tyrone muoversi a disagio, al suo fianco, voltandosi verso il camino per nascondere l'espressione seccata.

Poi gli uscì un brusco: «Statele lontano o vi faccio sbattere il culo fuori da Aberdeen» . Lo disse in modo deciso, col tono leggermente più morbido per non appesantire l'aria nella stanza. Oakley rivolse ai due uno sguardo sottile e allusivo, allertandoli con un'espressione che avrebbe dovuto convincerli ad alzare bandiera bianca.

Capì, in quel momento, che Tyrone avrebbe dato di matto con qualsiasi essere vivente si fosse avvicinato alla sorella. Mostrava quella gelosia fraterna che pochi sono disposti a svelare, probabilmente trattenuta dalla distanza che li aveva costretti a rimanere separati per tutto quel tempo. Non l'aveva mai sentito parlare direttamente di sua sorella, né aveva capito quanto in fondo le persone avrebbero potuto spingersi in sua presenza, a parlare di Dorothea, prima che lui decidesse di averne abbastanza.

Sarebbe esploso se Alex, Ronnie o qualcun altro avesse continuato a punzecchiarlo in quel modo? Quanto tempo gli ci sarebbe voluto prima di passare ai gesti? E l'avrebbe fatto, sarebbe passato alla violenza per sua sorella? Continuò a chiederselo per l'intera giornata, pensando a come avrebbe reagito se avesse saputo quello che sua sorella provocava al suo migliore amico.

Alex ruppe quel momento di riflessione.

«Mi spiace Adams, il mio culo è troppo pesante.»

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