𝐅𝐨𝐥𝐥𝐢𝐚 𝐝'𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 ||...

By lovemarilyn88

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«Qual è stata la pazzia d'amore più grande che hai fatto?» «Quella che farò a breve» -Storia ispirata alla c... More

Presentazione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Avviso
Capitolo 40
Capitolo 41

Capitolo 7

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By lovemarilyn88

Ciro's pov

Dopo il momento di prima in sala comune non ho più rivisto Adele.

Se ne è andata via velocemente all'improvviso e mi chiedo cosa sia successo. In realtà mi sono accorto che le tremavano leggermente le mani.

Sono un po' in pensiero, spero non si sia sentita male. Penso che forse ho sbagliato a lasciarla andare così, forse dovuto correrle dietro.

Scuoto la testa per scacciare via queste paranoie.

Da quando mi faccio tutti questi problemi verso gli altri o meglio verso una ragazza?

E poi io non ho mai corso e non correrò mai dietro a nessuno.

«Mamma mí sto murenn e famm» esclama con fare teatrale Totò appoggiandosi alla rete.

Siamo fuori in cortile ed abbiamo appena finito di giocare.

«Tra poco jamm a magnà forz» Edoardo gli dà una pacca sulla spalla.

«Eh, per quel poco che ci danno» si lamenta facendo una smorfia.

«Ma comme fai a esser accusi secco si piens semp a magna?» lo sfotte Pino.

«So fortunato, a faccia toja» gli risponde il rosso scherzando.

«Stu strunz» gli da una spallata Pino ridendo leggermente.

Totò ricambia il gesto e i due continuano a scherzare insieme con Edoardo che scuote la testa mentre guarda la scena.

«Io vado un attimo dentro» avviso i miei amici ma penso che non mi abbiano nemmeno sentito essendo presi dalle loro chiacchiere.

Inizio a camminare diretto verso l'interno dell'istituto con l'obiettivo di trovare la solita ragazza che ormai occupa i miei pensieri dal momento in cui ha messo i piedi in questo luogo.

La prima stanza che si vede è il grande ufficio della direttrice, sulla sinistra. Dalle pareti leggermente trasparenti noto una piccola figura stesa sul divano. È lei.

Senza che io faccia nulla, le mie gambe iniziano a camminare da sole dirette verso l'ufficio come se sapessero meglio di me quello che voglio.

Eccola.

Sta dormendo ma il suo viso non sembra essere del tutto rilassato, c'è qualcosa che la tormenta.

Anche prima l'ho vista particolarmente tesa.

Forse è per il padre?

Non è scontato, lo so. Tuttavia ipotizzo che possa essere per questo perché prima mentre parlavamo, dalle parole che ha usato, mi è sembrato di capire che non c'è più.

Mi dispiace per lei.

Anche io ho perso mia mamma, so bene cosa significa e quanto faccia male perdere un genitore che amavi e che ti amava, questa cosa in un certo senso ci accomuna.

D'istinto allungo un braccio verso il suo viso per accarezzarla e le mie dita percepiscono la sua pelle morbida.

Non so che mi prende ma vorrei restare tutto il tempo qui a guardarla.

Le mie dita si allontanano dal suo viso quando inizia a cambiare posizione sul divano e a rannicchiarsi meglio sotto il plaid. Sembra una bimba e inizio a sorridere come un coglione.

Per quanto vorrei restare qua mi rendo conto che devo andarmene.

Potrebbe arrivare la direttrice o qualcun altro e a quel punto come farei a spiegare la situazione?

Apro la porta cercando di fare meno rumore possibile, muovo delicatamente i piedi e quando ne ho messo uno fuori la porta sento una dolce voce chiamarmi.

«Ciro» mi guarda dal basso mentre è ancora stesa sul divano.

Il suo sguardo è sorpreso ma sembra felice di vedermi qui.

Dopo poco si mette a sedere in maniera buffa, prova a sistemarsi i capelli e penso che vorrei tanto affondarvici le mani.

«Buongiorno» le dico ironicamente e lei sorride.

«Che ci fai qui?» chiede curiosa, io intanto sono ancora in piedi accanto alla porta.

«Mi sono preoccupato prima volevo vedere dov'eri» rispondo sinceramente.

Non avrebbe avuto senso inventarmi una scusa.

«Preoccupato per cosa?» domanda con un tono di voce incerto.

Fa uno sguardo di chi non capisce la domanda che gli si viene posta. Vuole fare finta di niente e nascondere il fatto che prima sia accaduto qualcosa.

«Sei andata via all'improvviso» dico e lei sembra trovarsi un po' a disagio, non sa come spiegarsi.

«Lo so è che dovevo andare da mia madre» spiega velocemente utilizzando la stessa scusa di prima ma capisco che sta continuando a mentire.

Faccio qualche passo e mi siedo sul divano.

«So che non é questo il motivo» mi volto a guardarla con un'espressione seria.

«Perché pensi questo?» incrocia le braccia e si nota che è leggermente infastidita a causa del fatto che non sono uno che molla la presa così facilmente.

«Perché tu vivi il mio stesso dolore» le rispondo guardandola dritto negli occhi.

Non so perché le ho detto questa frase, così d'impulso. Forse ho sbagliato a dire una cosa così intima anche perché sappiamo poco l'uno dell'altro. Eppure mi sento vicino a lei più di come mi senta con chiunque altro.

Lei schiude le labbra e ricambia il mio sguardo intensamente. È sorpresa dalla mia affermazione.

Passiamo secondi, minuti a guardarci così. Non lo so di preciso quanto tempo ma so che non mi dispiacerebbe continuare così ancora per un po'.

«Passerà?» spezza il silenzio.

Mi fa questa domanda come se io possa sapere a cosa si stia riferendo. Ma alla fine il dolore è un concetto universale, indipendentemente dalla causa per la quale si soffre, credo che ogni individuo provi la stessa sofferenza.

Mi pone questa domanda come se fosse una bambina e io con tutto il mio cuore vorrei risponderle di sì e che andrà tutto bene ma non posso prenderla in giro.

Mi avvicino e allungo una mano verso di lei per accarezzarle dolcemente i capelli. Le scende una lacrima che io mi affretto ad asciugare.

Mi fa male vederla così.

Cosa mi sta facendo questa ragazza? Perché mi importa così tanto di lei?

Sospiro guardando davanti a me. «Per quel poco che ho vissuto ti dico che no, non passa o meglio, come per ogni cosa della vita si impara a conviverci e affrontarla con tutta la forza che si ha e se non la si trova dentro sé, bisogna trovare il modo di crearla, non c'è altra scelta» le rispondo di getto con tutta la sincerità che ho.

Mi guarda profondamente e annuisce tirando su col naso.

Dopo poco mi chiede: «E se ci si trova in un periodo in cui si sente di non avere forze?» mi guarda in attesa di una risposta come se da essa dipendesse tutta la sua vita.

Ridacchio con amarezza poi mi volto a guardarla e il mio sguardo si ammorbidisce.

«Si cerca di andare avanti al meglio che si può, e poi si aspetta: la forza prima o poi arriverà, te lo giuro» le rispondo cercando di infonderle un po' di speranza.

Anche se non ha posto la domanda riferendosi a se stessa in prima persona ho capito che è lei a trovarsi in un periodo del genere.

Se potessi vorrei darle io la forza di cui ha bisogno ma non si può.

Dalle persone che ci stanno accanto possiamo ricevere solo il loro sostegno e affetto ma nulla di più. Siamo noi stessi a dover lottare da soli, possiamo contare solo sulle nostre forze.

Non è per un fatto di egoismo. È che già ognuno di noi fa fatica ad andare avanti giorno per giorno, per questo c'è spazio solo per i propri problemi.

Ogni tanto si può percorrere un tratto di strada con una persona e condividere per breve tempo lo stesso problema ma poi si ritorna inevitabilmente a camminare da soli sulla propria strada.

D'un tratto sento in lontananza le voci animate dei ragazzi e quella di Gennaro, segno che è finito il tempo per stare in cortile e che dobbiamo ritornare nelle nostre celle.

Inizio a guardare furtivamente fuori la porta. Bene, non c'è ancora nessuno quindi posso uscire fuori e raggiungere i ragazzi senza destare sospetti.

Mi alzo dal divano velocemente e mi incammino per aprire la porta ed uscire non prima di rivolgerle un ultimo sguardo.

«Ce verimme piccrè» la saluto con un occhiolino.

Adele mi saluta e mi fa un sorriso che mi capovolge il cuore il quale pensavo essere ormai seppellito in chissà quale parte della mia anima.

-

Adele's pov

Non ci credo, Ciro mi ha chiamato con lo stesso nomignolo con il quale mi chiamava mio padre.

Lo so che è stata una coincidenza però non so se vederla come un segno, ma mi piace crederci e pensare che si, possa essere un segno.

Un segno di cosa poi?

Non lo so ma questo ragazzo mi sorprende ogni giorno di più e sento di avere, non lo so, una sorta di connessione speciale con lui e stranamente sto iniziando a sentirmi legata a lui dopo le sue parole.

È venuto a cercarmi perché era preoccupato.

Com'è possibile che lui, Ciro Ricci, si sia preoccupato per me?

Cosa potrebbe mai importargli?

Durante la chiacchierata che abbiamo avuto oggi mi ha dato l'impressione che fosse in grado di leggermi dentro e capire tutto quello che stavo passando. 

Non mi conosce così bene, non abbiamo un rapporto, eppure a volte mi sembra di conoscerlo da una vita.

Lo so, sono le classiche frasi banali che si sentono dire da chiunque ma è la verità.

Ci conosciamo da a stento un paio di settimane ma a me davvero sembra di conoscerlo da molto più tempo ed è anche vero che delle volte mi sembra di essere così vicina a lui.

-

•[SPAZIO AUTRICE]•

Ciao a tutti!

Che bello il punto di vista di Ciro in questo capitolo, non trovate?

Cosa ne pensate delle sue riflessioni?

Essendo agli inizi della pubblicazione, vi chiedo gentilmente se vi va di supportarmi con qualche stellina così capisco se la storia vi piace. E soprattutto di farmi sapere cosa ne pensate del capitolo nei commenti, sarebbe di grande aiuto per me ricevere un vostro feedback in modo da poter aggiornare la storia con più carica.

Ps. ricordate di aggiungere la storia alla vostra biblioteca per non perdere gli aggiornamenti!

_Grazie per essere qui!_❤️

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