(Ri)trovarsi 2, quando da sol...

By Alis_Wonder

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!!SEQUEL DI: (Ri)trovarsi, quando da soli non bastiamo.!! Alyssa e Blake sembrano destinati a non riuscirsi m... More

Primo capitolo.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
Capitolo10.
Capitolo 11.
Capitolo 12.
Capitolo 13.
Capitolo 14.
Capitolo 15.
Capitolo 16.
Capitolo 17.
Capitolo 18.
Capitolo 19.
Capitolo 20.
Capitolo 21.
Capitolo 22.
Capitolo 23.
Capitolo 24.
Capitolo 25.
Capitolo 26.
Capitolo 27.
Capitolo 28.
Capitolo 29.
Capitolo 30.
Capitolo 32.
Capitolo 33.
Capitolo 34.
Capitolo 35.
Capitolo 36
Capitolo 37.
Capitolo 38.
Capitolo 39.
Capitolo 40.
Epilogo.

Capitolo 31.

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By Alis_Wonder

Blake POV

Avevo dei colori nuovi nello zaino, ecco la cosa a cui stavo pensando quando il bus si fermò davanti casa mia aprendo il portello principale per farmi scendere.

Avevo dei colori nuovi nello zaino ed erano tutti per me, non mi importava altro se non di quella piccola scatolina che li conteneva sbattendo ad ogni mio passo. Era una bella giornata ma non perché stava arrivando finalmente il primo caldo, lo era solo per questo motivo: i pastelli che finalmente avrei potuto iniziare ad utilizzare.

Le chiavi erano attaccate alla serratura, come ogni giorno mi misi in punta di piedi e girai la maniglia con forza fino ad ascoltare il click che mi segnalava l'apertura. Con la borsa sulle spalle mi affacciai al salone dove il vecchio stava dormendo, lo fissai in viso certo che non avrei interrotto il suo riposo pesante, per la prima volta volevo che leggesse nei miei occhi la felicità che per nessun motivo al mondo sarebbe riuscito a portarmi via quel giorno. Volevo capisse che stavo diventando grande e che il suo potere stava diventando sempre meno influente su di me, avrei vinto io prima o poi.

Senza avere il coraggio di svegliarlo andai in cucina e afferrai un pacchetto di patatine dal cassettone ormai semi vuoto, da qualche settimana non stavo più neanche facendo un pasto normale a causa delle sue assenze sempre più frequenti. Pensai, quel giorno, che doveva essere proprio cieco per non notare come le mensole e il frigorifero rimbombavano in un eco solitario ma semplicemente le bottiglie che giacevano al suolo vuote in salone erano il vero motivo del suo disinteresse verso il cibo, o verso me.
Non siamo una famiglia che può permettersi lo sfarzo di giocattoli inutili, su questo è stato chiaro ad ogni festività ignorata, io ho smesso così di chiedere qualcosa che avrebbe giovato sulla nostra tavola già impoverita. Lui però non aveva mai rinunciato a quei distillati costosi, al contrario, stava raddoppiando la dose di alcool che faceva puzzare la nostra casa come fosse un bar di periferia.

Così sgranocchiai quelle patatine certo che non sarebbero bastate a placare la mia fame, ma ignorai il brontolio del mio stomaco perché avevo in mente solo una cosa in quel momento: volevo disegnare il nostro giardino con i nuovi colori.

Ci misi ben poco a capire che esistevano al mondo più tipologie di gradazioni, almeno tre o quattro per tonalità, e che gli unici pastelli che avevo in casa erano solo una minima percentuale in confronto a quelli che si trovavano all'interno della nuova scatolina. Impiegai così un'ora a scegliere quale verde utilizzare per l'erba e quale azzurro invece per il cielo, per il giallo fu abbastanza semplice perché il sole era sicuramente il colore più accesso da dover utilizzare ma quando arrivai a dover decidere chi disegnare all'interno di quel giardino immaginario fui colto da un po' d'ansia. Era il mio prato quello che stavo colorando, io non potevo inserirmici dentro e mio padre non era mai all'aria aperta in questo punto della casa raffigurato, così abbozzai una piccola farfalla azzurra, precisamente sopra la mia altalena.

Allontanai il foglio dalle scalette dove ero rannicchiato a ideare le mie idee e lo portai di fronte ai miei occhi per osservare l'insieme degli schizzi comporre la mia prima realizzazione con quei pastelli, fui soddisfatto di quello che era venuto fuori.

Prima ancora che riuscii a complimentarmi con me stesso però, il rumore proveniente dalla porta principale richiamò la mia attenzione e sobbalzai quando i passi del vecchio mi raggiunsero rapidamente sotto lo scricchiolio del legno.
<<Solo le femminucce disegnano in questo modo.>> Disse solamente, prima di strapparmi via il foglio dalle mani e accartocciarlo in una piccola palla che gettò al di là del cancelletto. Neanche mi guardò negli occhi quando iniziai a lacrimare silenziosamente, non volevo fargli ascoltare la mia sofferenza ma fu impossibile contenerla soltanto per me e sono sicuro qualche singhiozzo arrivò chiaro anche alle sue orecchie. Tuttavia questo non lo fece desistere dall'afferrare la mia scatolina per rigirarsela tra i palmi con un'indifferenza tale che mi fece temere per i miei colori.

<<Devi crescere, queste cazzate lasciale fare a chi può permetterselo. Assecondare i tuoi capricci non ti porterà mai da nessuna parte, se non riesci a capirlo tu te lo farò fare io.>> Così, in un gesto repentino, vuotò i pastelli dentro al suo pugno e se li infilò nella tasca del suo giubbetto sgualcito. Mi stava portando via un regalo che le maestre avevano fatto a tutta la classe e io sarei stato l'unico l'indomani a non averli nell'astuccio come gli altri bambini. A questo pensiero strinsi i pugni e mi alzai in piedi per fronteggiarlo anche se stavo tremano come una foglia.

<<Ridammeli, mi servono per andare a scuola!>> Sentii il cuore pompare veloce e i polmoni bruciare, quando gli urlai come non avevo mai fatto prima di quel giorno.

Tuttavia mi ritrovai ben presto a chiedermi se le mie parole fossero state chiare perché mio padre non ebbe alcuna reazione, era assorto nei suoi pensieri con i bracci tesi lungo ai fianchi, come se la mia presenza talmente disprezzata non lo toccasse nemmeno. Ero immobilizzato dal terrore di ciò che poteva fare se l'avessi di nuovo provocato, dall'altro canto però non volevo mi portasse via il mio passatempo.

Così mi avvicinai, tentai per la strada della dolcezza, alzando il braccio verso di lui per stringergli la mano come un vero figlio avrebbe fatto con quella del suo papà.

Avvolsi tra le dita il suo palmo rude guardandolo dal basso con gli occhi arrossati dal pianto, non volevo si arrabbiasse ma in un certo senso mi illusi nell'immaginarmi che se ci fosse un rapporto normale con lui, avrei fatto proprio così per richiedere la sua attenzione. Ovviamente mio padre mi riportò velocemente con la terra sotto ai piedi, interrompendo il nostro contatto con uno scatto repentino e mi rivolse un'occhiata carica di disgusto per il mio gesto non richiesto.

<<Ho degli impegni, non starò qui a perdermene altro tempo con te.>> Mi lasciò in piedi ad osservare la sua figura scomparire oltre lo sportello della sua macchina arrugginita, con il mento tremolante e le gambe che non ne volevano sapere di rientrare in casa con quel peso sullo stomaco.

Aspettai due lune e due soli darsi il cambio nei giorni a seguire, prima di sentire di nuovo il rombo dell'auto parcheggiarsi nel vialetto.

La porta si chiuse con un tonfo assordante e quando avvertii dei passi sulle scale allora, corsi a chiudermi nell'armadio sperando di non farmi trovare.


Sbatto gli occhi ripetutamente per ritornare al presente, quando leggo la notifica da parte del nerd che con un semplice messaggio finalmente si fa vivo.

Ho la lista che mi hai chiesto.
Mi affretto a digitare il numero di telefono che mi interessa controllare come risposta al ragazzino per avere conferma dei miei dubbi.

Allungo il collo da entrambi i lati, per allentare la tensione che un semplice sms mi ha scaturito sotto forma di ricordi che vorrei soltanto voler dimenticare. Tra tutti i flashback il mio cervello ha scelto di elaborare proprio quelle giornate, le ultime che ho incise indelebili prima di incontrare solo un buio di oscurità ad invadere i miei occhi. Da quel momento, rannicchiato dal mio piccolo guardaroba, non so più nulla.

Un altro suono riecheggia tra le mura della mia camera, afferro il cellulare senza alcuna delicatezza e mi avvio verso la finestra per spalancarla completamente. Perché, d'un tratto, non sento più l'aria filtrare nei miei polmoni e mentre il polpastrello del mio indice sfiora il display per sbloccarlo, inizio a tremare per il timore di ciò che sto per scoprire. Se, da un lato, il numero di Matthew è nella lista delle persone che sono state aggiornate sull'ultimo combattimento allora non può che essere stato lui, ad informare mio padre su dove trovarmi; al contrario, se non è stato lui non saprei da dove partire per dare una spiegazione alla presenza del vecchio quella sera in un capannone abbandonato solo per vedere me.

Sì, c'è anche lui.
Scuoto la testa, dapprima sollevato, ma poi una strana tensione inizia ad impossessarsi dei miei muscoli, partendo dalle mani che stringo a pugno.

Il mio fratellastro sta mettendo a dura prova i miei nervi da anni, sembriamo opposti se messi a confronto e provenienti da genitori completamente distanti, ed è forse davvero così viste le nostre differenze caratteriali. Lui crede di sapere tutto della mia vita, tutto sul mio passato, ma la verità è che conosce solamente com'è suo padre.
Non quello con cui io ho convissuto tutta la prima parte della mia vita.

E posso dire con assoluta certezza che sono state due persone diverse, io ho vissuto con un mostro e lui ha goduto della beatitudine di ciò che considera un eroe, nell'aspetto uguali ma completamente distaccati dalla visione dei miei occhi.

Non so cosa gli abbia raccontato il vecchio per renderlo così sordo anche dalla verità che ho provato a spiegargli, ma è stato sicuramente più bravo di me ad illuderlo mascherando la sua infima moralità in una apparentemente onesta.

Matthew mi considera un folle, un malato mentale con la colpa di avere troppo spirito di immaginazione e alla ricerca di attenzioni barattate con la pietà. Crede di difendere un bravo padre incolpando il mio egocentrismo che mi porterebbe a seguire le fantasticherie puramente inventate dalla mia testa e che scostano totalmente dalla realtà.
Praticamente, non ci ha mai capito un cazzo.

E questo non sarebbe neanche troppo un problema, se non fosse che le sue stupide convinzioni stanno riportando il vecchio a cercarmi senza un valido motivo.

Mi accendo una sigaretta portandomela alle labbra socchiuse. Prima di prendere la mia moto e fare una cazzata impulsiva mi metto a cercare Nathan che trovo seduto in salone intento a giocare alla play con addosso solo un paio di pantaloncini.

Non appena mi vede si acciglia, sorpreso quanto me di averlo raggiunto sedendomi vicino al suo corpo. Lo anticipo dando una risposta alla sua perplessità, getto fuori una nube di fumo che evapora verso il soffitto in legno e mi affretto a parlare.

<<Devo chiederti una cosa.>> Ammetto brusco, passandomi una mano tra i capelli.

<<Riguardo?>> Mi chiede sospetto, lanciando una rapida occhiata sulla mia mano chiusa ancora a pugno. Non deve essergli sfuggito il mio umore, in questo siamo simili io e lui, i segnali che trapelano dai nostri gesti sono pochi ma inconfondibili.

<<Su cosa fare del mio dannato fratellino, perché non credo che assecondare il mio istinto stavolta gioverebbe a qualcosa.>> Asserisco sfilandomi la felpa che sento avvolgermi i muscoli in una stretta ora troppo presente. Rimango con una semplice maglietta scura e un paio di pantaloni a cavallo basso neri solo perché Nathan è qui con me, perché la tensione che avverto crescermi dentro mi sta facendo incendiare.

<<Che è successo?>> Tira il joystick sul tappeto vicino ai nostri piedi, prima di girarsi verso di me concedendomi la sua totale attenzione. Non è da me, chiedere un parere prima di agire, è forse questo il mio più grande punto di debolezza che mi ha portato troppo spesso a sbagliare in passato. Sarebbe più facile lasciarmi dondolare dal mio fervore, assecondare le fiamme della mia rabbia e farmi cullare dalle voci che mi sussurrano nella testa quello che vorrei fare piuttosto che parlare, ma a differenza di tutte le altre volte non posso permettermi di commettere un errore.

Ho giurato di aiutare Alyssa, con ogni fibra del mio corpo le ho promesso che ce l'avrei fatta a snodare l'oscurità che avvolge i suoi pensieri, lei in questo momento ha bisogno di me più che io di me stesso, e non lascerò che la mia indole rischi di distruggere tutto. Non posso fare errori che potrebbero comprometterla di nuovo.

<<Ho la conferma che mio padre sapeva esattamente dove mi trovavo perché quel bastardo di Matthew l'ha informato. Non so cosa cazzo vuole lui, né tantomeno perché il mio caro fratello lo sta aiutando visto che mi considera uno psicopatico.>> Il mio respiro accelera bruscamente, così come la tentazione di prendere il mazzo di chiavi da sopra la scrivania per raggiungere la loro villa e porre fine una volta per tutti a questo ammattimento che mi annienta ogni altra forma di pensiero.

<<Vuole parlarti Blake, se tuo padre si è fatto vivo dopo tutto questo tempo è solo per questo motivo.>> I miei occhi si assottigliano nella sua direzione, forse gli sfugge una cosa di fondamentale importanza e non è da lui.

<<Non mi interessa! Voglio che sparisca per sempre dalla faccia della terra, figurati se muoio dalla voglia di incontrarlo o di parlarci.>> Sbuffo adirato, torturando il mio labbro inferiore per placare il desiderio di spaccare qualcosa proprio adesso.

<<L'ultima volta che vi siete visti Blake, avevi sette anni. Sei diverso dal bambino che lui ricorda, adesso riesci perfettamente a dare una direzione precisa alle emozioni senza farti sovrastare. Sei tu stavolta a decidere cosa ascoltare, dove farlo arrivare e stabilire quando è arrivato il momento di farlo tacere, non il contrario.>> Sonda bene il mio viso contratto, prima di continuare. <<Potrebbe essere utile soprattutto per te, quella persona è l'unica che può raccontarti cosa è successo in quelle ore che ti hanno... cambiato.>> Mormora afflitto da un senso di colpa infondato nel dire ad alta voce quello che è successo davvero da quel pomeriggio. Da allora sono diverso e se questa realtà non è più dolorosa per me, non deve esserlo neanche per lui.

<<Praticamente mi stai suggerendo di andarmi a buttare tra le braccia del mio più peggior incubo, certo che sarò in grado di dominare il nostro incontro per ottenere le risposte che voglio ma senza subire la prevaricazione che per sette anni mi hanno fatto inginocchiare al suo cospetto.>> Volto le labbra all'insù, in un ghigno sarcastico e derisorio. <<È da folli Nathan, sei un pazzo incosciente!>>

<<Sei tu che invece non riesci a distinguere chi eri da chi sei diventato. Cosa pensi potrebbe accadere da non essere in grado di saperlo gestire?>> La fermezza con la quale scandisce le sue parole mi fa innervosire, portandomi ad alzarmi dal divano per afferrare una bottiglia di qualche superalcolico dalla mensola dietro il televisore. Non ne leggo neanche il nome, giro il tappo senza alcuna difficoltà per portarlo alla bocca e ne faccio traboccare un sorso amaro direttamente alla gola, guadagnandomi un'occhiata irrequieta da parte sua.
Non voglio ubriacarmi, ho solo bisogno di annebbiare l'inclinazione che sento mi sta trascinando verso una strada conosciuta.

<<Vuoi sapere come ho festeggiato il mio sesto compleanno?>> Allargo le braccia senza aspettare una sua risposta, distrattamente il liquido marrone della bottiglia fuoriesce in parte e si schianta direttamente sul parquet ai miei piedi.
<<Sono stato chiuso fuori casa, tutto il giorno, ed era la giornata più fredda dell'anno. Da almeno una settimana tutti i notiziari parlavano dell'allerta meteo che avrebbe colpito la nostra città, invitando le persone a non uscire se non per motivi necessari. Indovina chi non si trovava nella sua abitazione quel giorno?>> Tracanno un'altra boccata di liquore senza staccare i miei occhi da quelli di Nathan.

<<Non voglio ascoltarti in queste condizioni Blake.>> Mi ammonisce con un cenno del capo in direzione della bottiglia di vetro che sto sorreggendo vicino alla bocca.

<<Quel bastardo di mio padre, ecco chi non era in casa il nove dicembre alle due del pomeriggio! Sono rimasto in veranda per sette ore, ad osservare la pioggia incessante allagare dapprima i marciapiedi e poi il nostro giardino prima di vederlo tornare.>> Ignoro le parole di Nathan, continuando il mio racconto quasi come se stessi narrando la storia di un'altra persona perché non riesco a percepire il velo di amarezza che avvolge il suo sguardo cupo. Io, al contrario, non sento niente.

<<Ehi non essere triste, alla fine me li ha fatti gli auguri!>> Alzo la voce ironico, prima di continuare. <<Avevo le labbra viola quando sono rientrato in casa, non riuscivo a muovere le dita dei piedi e delle mani per il cazzo di freddo che avevo avvertito durante quelle ore infinite ma una cosa ce l'ho fatta a farla: mi sono infilato sotto l'acqua bollente per dieci minuti prima di riuscire di nuovo a gesticolare appena, nonostante le fitte di dolore mi rendevano impossibile perfino non piangere. Anche il vecchio però, nonostante fosse frastornato da non riuscire a sorreggersi in piedi senza l'aiuto del muro a fianco, una cosa è riuscita ad esprimerla senza difficoltà: mi ha intimato di smetterla di frignare perché se c'era qualcuno che quel giorno aveva davvero sofferto sei anni prima non ero né io, né tantomeno lui. E ha aggiunto che mi sarei dovuto vergognare per essere così ingrato, chiudendomi l'acqua calda perché le bollette non si sarebbero pagate da sole.>> Sollevo la bottiglia verso il soffitto, come per brindare a qualcosa. <<È così che mi ha fatto gli auguri, si era addirittura ricordato! Mentre io, anziché urlargli in faccia quanto fosse umiliante essere suo figlio sai cosa gli ho detto? Scusa! Gli ho chiesto scusa!>> Rido per una cosa che invece fa rabbrividire Nathan, consapevole che lo sto spaventando.

<<Quel pezzo di merda è stato capace di farmi sentire in torto anche quel giorno, lo faceva sempre, era in grado di manipolare la mia testa e mi trasformava nel responsabile di tutte le sue disfatte. E se all'inizio riuscivo a discostarmi dallo stereotipo che mi attribuiva, poi non sono più stato in grado nemmeno di controbattere. Ho creduto di essere esattamente, il mostro che lui mi definiva.>> Mi avvicino alla figura di Nathan, seduta sul divano e con i muscoli delle braccia contratti in un ammasso di nervi tesi. Non parla ma il petto si alza e abbassa ad una velocità irrazionale, non ha mai saputo niente del mio passato se non ciò che i suoi genitori gli hanno raccontato e qualche parte dei miei ricordi inizialmente sconnessi.

È la prima volta che gli sto confidando quello che non ho mai detto a nessuno.

<<Allora dimmi, Nathan, secondo te sarei in grado di bussare alla porta di mio padre senza lasciarmi tormentare di nuovo? Riuscirei davvero a tenermi distante da questi ricordi senza avvertire costantemente quella sensazione di impotenza addosso?>> Mi inginocchio davanti alla sua immagine, per arrivare alla sua altezza e guardarlo dritto negli occhi.

<<Io non mi fido di me stesso perché a distanza di tutti questi anni, lui riesce ancora a padroneggiare tutti i miei pensieri, si è conficcato talmente in profondità che non credo sarò mai in grado di fronteggiarlo. Ha ucciso una parte di me, non potrò mai far finta che non sia mai successo, ma mi fido anche di te Nath e so che tu non mi lasceresti mai correre il rischio se questo potesse danneggiarmi.>> A ruota libera a causa dell'alcool o della necessità per la prima volta di ricevere un consiglio sincero, mi appoggio su di lui perché non credo di essere obiettivo adesso.

<<Dimmelo tu, dimmi tu cosa fare perché io non sono in grado di decidere.>> Lo sussurro quasi come fosse una vergogna, chiedere l'aiuto di qualcuno. Ma forse per me lo è davvero, perché mi rendo conto che qualcosa dentro me sta cambiando.

<<Non penso sia questo il problema Blake...>> Si tira avanti col busto e appoggia i palmi ai lati del mio collo, da così vicino posso vedere le venature delle iridi arrosate e le sue pupille appena ristringersi. La presa salda mi fa percepire la sua presenza, mentre io sento di essere sul punto di dissiparmi nelle sue stesse mani, le sue iridi mi tengono incollato con forza qui con lui. Ho la sensazione di essere meno solo adesso.

<<Non hai paura di affrontare tuo padre, hai paura che se dovessi iniziare di nuovo a soffrire ne risentirebbe lo stato di Alyssa. Non riesci a dedicarti pienamente ai suoi problemi perché i tuoi sono dietro l'angolo, ma allo stesso tempo non credi di essere abbastanza forte da poterli controllare senza rimanerne distrutto se tentassi di farlo.>> Fa un sospiro, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa appena.

Non ho mai ragionato sotto questa prospettiva all'indecisione che mi fa aleggiare nel limbo tra i miei mostri e quelli di Alyssa ma forse lui ha ragione perché scegliere me potrebbe danneggiare lei, e scegliendo lei non potrò esserci nel modo in cui vorrei.

Come posso prendere una decisione simile?

<<È terribile quello che hai vissuto, totalmente ingiusto e completamente immorale Blake. Nessuno potrà mai capire quanto profondamente quello che doveva essere la forma più pura dell'amore di un genitore, ti abbia lacerato. Io non posso capirti, né darti un consiglio su quello che mi stai chiedendo.>> Nathan ha il fiato corto come se avesse appena corso una maratona e io, ormai arreso dall'idea di trovare una scappatoia da questo enigma per me impossibile da decifrare, mi alzo di nuovo in piedi allontanandomi da lui.
Nessuno può aiutarmi, che cazzo mi aspettavo?

<<Non andrò da mio padre finché non sarò certo che Alyssa starà bene, a quel punto deciderò cosa fare.>> Termino così la nostra conversazione attaccandomi di nuovo al collo della bottiglia, o almeno è quello che credo fino a quando Nathan con uno scatto repentino me la strappa dalle mani per allontanarla da me.

<<Non c'è bisogno che ti ubriachi fino a non capirci più un cazzo e non avevo finito di parlare.>> Mi redarguisce rivolgendomi un'occhiata minacciosa potendo già immaginare quello che sto per fare, ma prima che possa allungarmi verso la sua mano Nathan fa un passo indietro facendomi appena barcollare a causa del mio equilibrio al momento non perfetto.
Che si fotta, lui e i miei cambiamenti d'umore.

<<Vuoi sapere come la penso giusto? Sei venuto a parlarmi per questo, no?>> Senza bisogno di una mia risposta si affretta a ritappare la bottiglia per riporla al suo posto.

<<Se tutto questo fosse accaduto qualche mese fa, ti avrei impedito personalmente di prendere la direzione di casa di quello stronzo. Mi hai detto una volta che per te ricordare quello che hai vissuto potrebbe essere più pericoloso della sopravvivenza che stai tentando di avere, e quindi non avrei in alcun modo permesso di andarti a ricercare nelle parole di tuo padre un significato ai tuoi lapsus.>> Ed è ancora lo stesso, il motivo per cui dovrei evitarlo di farlo proprio adesso, mi ripeto tra me.

<<Cos'è cambiato adesso?>> Gli chiedo confuso dalle sue parole, non riuscendo a trovare una valida giustificazione per prendere questa decisione ora.

<<Il fatto che ora hai un motivo abbastanza forte da non farti permettere di fallire!>> Prorompe come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo mentre io non ci sto più capendo un cazzo. Devo aver assunto un'aria confusa, perché lui scuote la testa e si affretta a spiegare il significato di ciò che ha detto.

<<Se c'è una sola cosa ormai che posso affermare con assoluta sicurezza, è il fatto che tu non permetteresti mai di mettere Alyssa in pericolo di sé stessa o degli altri. Ed è per questo che a discapito di quello che puoi pensare, sono sicuro che neanche al tuo peggior incubo permetteresti di farle accadere qualcosa.>> Corrugo la fronte per tentare di seguire il filo logico del suo discorso. <<Se tu andrai a parlare con tuo padre, qualsiasi cosa ti dirà, qualsiasi sia la verità che ti ha condotto verso la strada del dimenticatoio, tu non ti lascerai annientare. Perché saprai di dover tornare da lei, perché adesso più che mai Alyssa ha bisogno di te!>> Come se avesse spazzato via le nubi che non mi permettevano di osservare la direzione dei suoi ragionamenti, ora riesco a comprendere il motivo della sua espressione sollevata.

<<Non ci sarà mai più un momento migliore di questo per farlo.>> Aggiunge andandosi a sedere sul divano per congiungere le mani tra di loro e aspettare una mia reazione.
Okay, ammetto che forse potrebbe avere senso.

<<Ma così è come se lo assecondassi, ancora una volta. Lui vuole parlarmi dopo più di tredici anni e io gli permetto di farlo senza problemi.>> Perché se fino ad ora si è trattato di una questione di timori, adesso diventa una faccenda di principio.

Non può, dopo tutto questo tempo, avere la briga di decidere lui.

<<Vedila così, sei tu che lo stai fruttando per avere un vantaggio in questo momento e non il contrario.>> Quando ho deciso di aprirmi con Nathan non avrei mai pensato di arrivare ad una conclusione simile, non avevo considerato questa via d'uscita che forse potrebbe essere la soluzione per non rinunciare né a lei, né ai miei problemi.

Quasi mi pare di vedere un senso in tutto ciò che ho vissuto finora, dalla presenza di quella piccola ragazzina che mi ha scombussolato l'esistenza, alla persona che per anni mi sono imposto di diventare. Adesso mi sembra avere un significato perfino il mio carattere, perché ciò mi sta portando finalmente a poter chiudere per sempre un cerchio rimasto per troppo tempo incompleto impedendomi di vivere in maniera normale. E paradossalmente è grazie al fatto che lei ha bisogno di appoggiarsi su di me, il presupposto per non lasciarmi inginocchiare in alcun modo.

<<Perché non ci ho pensato prima...>> Sussurro più a me stesso, guadagnandomi un'occhiata compiaciuta da parte di Nathan. Così, preso da un senso di fuga improvviso, mi dirigo verso la mia camera per afferrare le chiavi della moto e il mio telefono. Oggi potrò porre fine a tutto e tornerò da lei, questa è ora una certezza.

Quando torno in salone mi sembra di essere tornato quasi a respirare, con un senso di leggerezza a sollevarmi i polmoni e una calma insolita nella mia testa.

<<Vuoi che ti accompagno?>> Mi domanda lui alzandosi in piedi, avvicinandosi.

Sto per rispondere che non ce n'è bisogno perché l'alcool che poco fa annebbiava i miei sensi adesso non mi fa più nessun effetto, e l'adrenalina che mi sta scorrendo in corpo mi aiuterà a compiere la linea che non sono mai riuscito ad oltrepassare.

Ma dei colpi insistenti alla porta mi impediscono di confessare tutto questo.

Rivolgo uno sguardo interrogativo a Nathan per capire se sta aspettando qualcuno, dai suoi occhi però capisco che anche lui è sorpreso tanto quanto me. Così ruoto la maniglia e in un unico movimento spalanco la porta principale, costringendomi a compiere qualche passo indietro quando la figura di Jace mi si palesa davanti.

<<Ma che cazzo, fai sul serio?!>> Sbotto, spazzando via tutti i buoni propositi che mi ero convinto stare per compiere. Giuro che se è venuto qui senza una valida scusa oggi è il giorno in cui si ritroverà il naso spaccato dalle mie stesse mani.

<<Jace, non è un buon momento.>> Nathan che sicuramente sta anticipando i miei pensieri, cerca di mediare la situazione frapponendosi tra me e il suo corpo.

<<Non sono venuto qui per infastidirti Blake...>> Deglutisce nervosamente, non riesce neanche a parlare senza tremare e io non capisco se è per quello che sta per dire o la paura di trovarsi qui quasi con la certezza di ricevere un pugno a breve.

<<Allora che vuoi?>> Il tempo che mi sta facendo perdere il biondo mi porta a serrare le mani, non voglio perdere neanche un minuto in più in sua presenza.

Così mi avvicino alle spalle di Nathan, che non si sposta per farmi passare ma al contrario mi rivolge un'occhiata ostile. Che cazzo gli prende anche a lui?

<<Non prendere scelte affrettate, senza sapere neanche che è venuto a dirti.>> Mi chiarisce perché è l'unico in questo momento ad essere il più oggettivo tra noi.

<<Però tu datti una mossa...>> Stavolta si rivolge a Jace, impassibile.

<<Ho visto una cosa che non potevo nasconderti, dopo tutto quello che già ti ho fatto.>> Gli occhi del biondo mi incastrano e non mi sfugge il fatto che ha appena iniziato a sudare. Un senso di oppressione d'un tratto mi serra il respiro, c'è qualcosa che non va e il senso d'agitazione appena scomparso ritorna a scorrere prepotentemente nelle mie vene, portandomi ad irrigidire i muscoli delle spalle.

<<Che hai visto?>> Chiedo non distogliendo i miei occhi dai suoi, certo che quello che ascolterò da qui a breve farà precipitare tutto, ancora una volta.

<<Matthew ha accompagnato Alyssa all'università in macchina stamattina, l'ha salutata con un bacio sulla guancia o sulla bocca, non lo so. Potrebbe non significare niente ma so il pericolo che lui significa per te, e non potevo non dirtelo.>> Con uno scatto della testa Nathan si gira verso me, alzando i palmi verso il mio petto per intrattenermi ancora un attimo.

<<Ragiona bene Blake, non fare passi falsi.>> Mi dice, più serio che mai.

<<Se prima avevo un motivo per parlare con mio padre, adesso ne ho uno per spaccare la faccia al mio fratellino.>> Sentenzio avvolto dal flusso di rabbia che lentamente si sta cibando di ogni parte di me.

————————-
Non era previsto oggi, l'aggiornamento, ma non potevo non festeggiare con voi il traguardo raggiunto del primo libro... 1 milione di letture.
Non potrei essere più grata, davvero, grazie soprattutto a voi che siete arrivate fin qui e continuate a seguirci in questa folle avventura.
Vi voglio bene.

Da questo momento sono più chiari forse, tutti i comportamenti insoliti che contraddistinguono il comportamento di Blake. I flashback del passato sono solo alcuni momenti, di ciò che ha vissuto per anni, e che l'hanno portato ad essere chi è.
Vi anticipo che i prossimi capitoli saranno un turbinio di alti e bassi, scelte inevitabili e conseguenze definitive.

Alcune mi hanno scritto quanto manca alla fine, non molto in realtà...e io non so ancora con quale spirito affrontare tutto. Sono un po' triste, un po' felice, e già malinconica.
Ma sono sicura mi capirete.

Mettete una stellina se il capitolo vi è piaciuto, fatemi sapere le vostre impressioni, come sempre.
A presto.

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