𝐅𝐨𝐥𝐥𝐢𝐚 𝐝'𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 ||...

By lovemarilyn88

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«Qual è stata la pazzia d'amore più grande che hai fatto?» «Quella che farò a breve» -Storia ispirata alla c... More

Presentazione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Avviso
Capitolo 40
Capitolo 41

Capitolo 6

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By lovemarilyn88

Adele's pov

Mi trovo nella sala comune e sono appoggiata con le braccia sul pianoforte mentre guardo Naditza suonare.

Mi piace sentirla suonare, è piacevole, ha davvero talento, e non è l'unica.

Oltre a lei c'è anche Filippo che mi ha raccontato di essere un pianista e che studia pianoforte sin da piccolo.

D'un tratto mi viene in mente che ho dimenticato la mia borsetta nello sgabuzzino della sala comune.

Apro la porta e appoggio la mano sulla maniglia. Il mio sguardo è rivolto verso Naditza dato che la sto avvisando che mi allontano qualche minuto.

Chiudo la porta e giro la mia postura verso la stanza ma vado a finire contro qualcosa, anzi qualcuno.

È Ciro.

Che sorpresa... penso ironicamente.

Se si potesse non mi staccherei mai da lui tuttavia subito mi allontano quando mi rendo conto della situazione.

È da oggi che ancora non lo avevo visto e sinceramente non vedevo l'ora di poterlo rivedere, non ho fatto altro che pensarlo.

E già... è da quando l'ho incontrato, pochi giorni, che mi ritrovo a pensarlo spesso, questa cosa non è di certo un bene ma non riesco ad evitare di pensarci.

«Ue ue, fai attenzione!» mi saluta ridacchiando.

«Hey, che ci fai qui?» chiedo curiosa e lui fa un cenno al cellulare che ha in mano ed io annuisco capendo che lo stesse usando di nascosto qui dentro.

Apprezzo il fatto che me l'abbia detto e che si fidi di me. Sembra non avere pregiudizi su di me nel senso che nonostante io sia "la figlia della direttrice" lui non sospetta che io possa fare la spia o altro.

Sono felice di avergli fatto una buona impressione o almeno lo spero.

«Come ci sentiamo stamattina?» incrocia le braccia guardandomi sempre con uno mezzo sorriso che sto iniziando ad adorare.

«Bene grazie» rispondo apprezzando il suo interesse.

Ed è vero, oggi mi sento bene. Sono più risposata rispetto a ieri perché fortunatamente sono riuscita a dormire meglio stanotte.

«M fa piacer» dice compiaciuto.

«E tu? Pke si vnut cà?» aggiunge non smettendo mai di guardarmi intensamente.

«Uh é vero!» esclamo.

Con gli occhi perlustro velocemente la stanza quando trovo la mia borsa e mi affretto a prenderla.

«Sediamoci qua vieni» mi indica un divanetto messo lì forse perché è vecchio e un po' rovinato.

Ci sediamo e lui inizia a parlare.

«Tu capisci il napoletano?» mi domanda curioso.

«Certo che lo capisco, lo adoro. Mio padre è - faccio una piccola pausa e poi mi correggo - era napoletano, mia mamma è di Milano mentre io sono cresciuta per la maggior parte a Roma e quindi saprei anche parlarlo ma evito perché ormai sono cresciuta in un miscuglio di dialetti e temo di fare un casino se ci provassi ecco» rido per smorzare un po' il leggero imbarazzo.

Ho nominato mio padre, di solito sono sempre ben attenta a non farmi scappare nessun argomento che poi potrebbe portare il mio interlocutore a farmi domande su di lui, figuriamoci se sono solita nominarlo spontaneamente.

Stavolta invece è successo.

Nonostante a volte provi un po' di imbarazzo, devo dire che per la maggior parte delle volte che ci sono stata mi sento a mio agio con Ciro ed è una bella sensazione, una di quelle che possono capitare raramente e con pochissime persone.

Faccio fatica a parlare di mio padre al passato ma non posso continuare a parlare di lui al presente poiché la verità è un altra, lui non c'è più da molto tempo ormai.

"A causa tua" aggiunge la mia mente...

«Va bene allora non ti chiederò di dirmi niente in dialetto, per oggi sono buono» mi fa un occhiolino.

Mi piace questo lato scherzoso di Ciro.

In realtà mi piacciono tutti i lati di Ciro penso ironicamente alludendo al doppio senso della mia frase.

«Menomale allora» faccio finta di mostrare sollievo scherzando.

«Quindi se tuo padre era di Napoli conosci la città?» chiede in maniera delicata.

Non ha accennato al fatto che non ci sia più e gliene sono grata. Di solito le persone mi chiedono di più e so che se lo fanno senza cattiveria magari giusto per fare conversazione ma per me è comunque difficile.

La sua domanda porta subito la mia mente a riprodurre varie immagini e istanti dei momenti vissuti qui a Napoli con mio padre quando ero piccola. Quante storie potrei raccontare.

Questa città ha il mio cuore, la sento mia.

Ma purtroppo è da quando mi sono trasferita che ho iniziato a dormire peggio di prima perché mi riporta a galla troppi momenti importanti e in particolare durante la notte vengo assalita da tanta tristezza e malinconia e questo mi porta a non prendere sonno.

«Sì, la conosco bene, ci sono molto affezionata» annuisco con forza.

Vorrei cambiare argomento perché ho paura di non riuscire ad avere auto controllo e se continuo a pensare per qualche minuto in più alla scomparsa di mio padre potrei piangere qui davanti a lui e non mi sembra il caso.

Guardo di sott'occhio le mie mani e vedo che stanno iniziando leggermente a tremare.

Devo uscire di qui subito.

«Ciro ehm mi sono ricordata che devo andare da mia madre per dirle una cosa» esco in fretta e furia dallo stanzino senza aspettare la sua reazione e infatti sento in lontananza la sua voce che mi chiama.

Cammino a spasso molto svelto per tutta la sala comune e noto che nel frattempo è diventata vuota. Meglio, così evito di incrociare qualcuno.

Non posso reagire così ogni volta che qualcosa mi fa pensare a mio padre ma non riesco a fare diversamente. Divento molto vulnerabile.

Mi dispiace aver lasciato Ciro lì da solo all'improvviso ma dovevo uscire per forza.

Arrivo subito nell'ufficio di mia madre e fortunatamente noto che è sola.

Corro verso il divano e mi ci butto a peso morto.

«Ciao anche a te» mi dice ironica guardandomi dalla sua scrivania.

«Mà non mi sento bene» la avviso e lei capisce a cosa mi riferisco.

Soffro d'ansia da qualche anno.

La causa principale è la scomparsa di mio padre poi ovviamente questo disturbo d'ansia ha aggravato la cosa aggiungendo tutta una serie di piccole conseguenze.

Il punto è che somatizzo molto. Ho difficoltà a dormire, a volte ho lievi tremori alle mani insomma ogni tanto provo un sintomo diverso.

Ciò accade specialmente quando mi ricordo di mio padre. Anche se lui è spesso nei pensieri, questi sintomi non capitano proprio ogni giorno ma comunque ultimamente mi stanno capitando abbastanza spesso.

Credo che quest'aumento di frequenza sia legato proprio al fatto di essere ritornata in questa città che mi lega a lui ancora di più e mi porta alla mente tanti ricordi.

Mia madre si alza dalla sedia e prende il suo bastone per iniziare a camminare.

Ormai sono abituata alla presenza di quel bastone ma infondo mi dispiace sempre vederla con quell'oggetto.

I ragazzi le hanno affibbiato quel nomignolo "Punto e virgola" e lo so che non l'avranno fatto con cattiveria ma semplicemente per uno stupido divertimento.

Infatti non me la prendo con loro però quando sento che la chiamano così è comunque spiacevole per me perché so cos'ha passato mia madre in quel periodo e quanto siamo stati male io e mio padre insieme a lei.

È stata coinvolta in un tragico incidente d'auto mentre tornava a casa dal suo precedente lavoro, questo non solo le ha causato una perdita parziale della mobilità a una gamba ma anche la perdita di un bambino.

Ebbene sì, mia mamma all'epoca era incinta.

Io ero solo una bambina ed ero particolarmente felice di questo nuovo arrivo.

Mi ricordo di essere stata molto male quando seppi che non sarebbe arrivato più nessun fratellino anche perché mia madre dopo l'incidente ha subito un isterectomia ovvero una rimozione totale dell'utero.

Quella non fu l'unica perdita che avremmo vissuto io e mia madre perché anni dopo anche mio padre ci avrebbe lasciati, io frequentavo da poco le medie ed ero appena entrata nell'adolescenza.

Decido di provare a mettere un freno ai miei pensieri.

Basta pensarci, per oggi può bastare non ce la faccio più.

Mia mamma intanto ha preso un plaid da uno degli armadietti presenti nell'ufficio e me l'ha poggiato delicatamente sul corpo.

«Ma che ore sono? Dormiamo qua?» dico spiritosa.

«No dai seriamente che ore sono?» aggiungo.

Mia mamma guarda l'orologio che ha sul polso. «Sono le undici. Perché non ti riposi un po'? Ti chiamo io per ora di pranzo» mi dice dolcemente.

Io annuisco e mi sistemo meglio sul divano e lei mi da un bacio sulla fronte prima di tornare a sedersi dietro la sua scrivania.

-

•[SPAZIO AUTRICE]•

Ciao a tutti!

Essendo agli inizi della pubblicazione, vi chiedo gentilmente se vi va di supportarmi con qualche stellina così capisco se la storia vi piace. E soprattutto di farmi sapere cosa ne pensate del capitolo nei commenti, sarebbe di grande aiuto per me ricevere un vostro feedback in modo da poter aggiornare la storia con più carica.

Ps. ricordate di aggiungere la storia alla vostra biblioteca per non perdere gli aggiornamenti!

_Grazie per essere qui!_❤️

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