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By workingclasscheroine

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By workingclasscheroine

A Forthlin Road, la luce della camera di Paul era ancora accesa.

Il resto della casa era buio; John era sollevato, a dir la verità, di trovare Paul ancora sveglio, dato che aveva dovuto aspettare quindici preziosi minuti per prendere un bus che, come al solito dei bus notturni, aveva proceduto a girare tutto intorno alle case, prendendosela con calma.

Era fin troppo tardi per suonare al campanello, se non voleva beccarsi una strigliata dal vecchio Jim.

Cercò nel buio qualche sassolino che non avrebbe davvero spaccato la finestra di Paul per l'impatto, e poi si rimise dritto con qualche difficoltà, imgombrato dalle due chitarre sulla schiena.

Ridotto così, la sua mira non era al suo meglio, ma almeno metà dei ciottoli tintinnarono contro il riquadro luminoso della finestra di Paul, e John si fece un po' indietro, trattenendo il respiro.

"Andiamo, Paul" mormorò, rivolto a se stesso. Non era stata una giornata fredda, ma faceva più fresco ora, con l'aria notturna umida.

John batté i piedi sulla ghiaia e rabbrividì.

Non era del tutto sicuro di ciò che aveva intenzione di fare, ma una cosa era certa: dipendeva dal fatto che Paul si affacciasse alla finestra.

John era sul punto di prendere un respiro profondo e chinarsi per raccogliere un'altra manciata di ciottoli quando vide delle ombre muoversi dietro la tenda – poi la tenda aprirsi, il telaio alzarsi.

Paul si sporse al di fuori, il suo viso buio, in controluce.

"Che c'è" chiamò Paul, piatto.

La sua voce era appena più alta di un sussurro, ma spiccava nel quartiere silenzioso, con tutte le sue case buie e immobili.

John sollevò il basso di Paul e sorrise speranzoso.

"Hai dimenticato il tuo basso"

"Sì" disse Paul dopo un secondo sospirando. "Credo mi aspettassi che sarebbe stato George, a portarlo"

Il tono della sua voce era cauto, chiuso.

John percepì il proprio strizzare lo sguardo, come se vedere meglio Paul potesse aiutarlo a capirlo meglio.

Paul non sembrava infelice del fatto che non fosse stato George il portatore del basso perduto, ma non ne sembrava neanche felice. Non del tutto.

John oscillò sui propri piedi e tentò, "Stava per farlo. Ma gli ho detto che volevo portarlo io". Mandò a puttane il proprio autocontrollo e si forzò a dire "Dato che sono stato un coglione con te"

"Sei stato un coglione" disse Paul. La sua voce si stava alzando un po', come se l'argomento lo infuocasse. "Sei stato un fottuto bastardo, Lennon"

"Lo so" disse John, docilmente. Sospirò, alzò il viso verso la luce fioca che filtrava dalla finestra. Curiosamente, il nodo nel suo stomaco sembrava sciogliersi un po' ad ogni insulto che Paul scagliava verso di lui, a ogni batosta che riceveva, perché George, ora lo sapeva, aveva ragione.

Paul era felice di avere John lì, appostato a scusarsi sotto la sua finestra, perché, anche se Paul era arrabbiato con lui, John gli era corso dietro.

John gli era corso dietro. E così come questo era ciò che John desiderava, era anche esattamente ciò di cui Paul aveva bisogno da lui.

Piano, mestamente, John disse "Guarda, Paulie. Mi dispiace. Non volevo. Non voglio mai"

"Diresti qualsiasi cosa, tu" mormorò Paul, e John annuì, sì sì sì.

"Sì... ma non posso darti il basso attraverso la finestra, sai, dovrai scendere. Ti prego?"

Paul lo fissò per un po', ma John sapeva che adesso stava solo procrastinando, non stava davvero riflettendo; quel lungo sguardo era solo Paul che tratteneva il perdono ancora per qualche secondo, solo perché poteva.

John mantenne il mento in alto e subì, docilmente, e poi Paul disse "D'accordo – dammi un secondo" e John sentì l'ultimo nodo nel suo stomaco dissolversi in brividi e scintille di sollievo.

Nel momento in cui la porta principale si spalancò, c'era un nuovo nodo al suo posto, tutto fatto di anticipazione, ma non era così male. Era bello.

Il battito del cuore di John era forsennato.

Quando Paul aprì la porta, John sorrise, un piccolo e stupido sorriso alla "mi ami?", e Paul fece schioccare la lingua e guardò altrove, ma John poteva vedere il divertimento strattonare l'angolo della sua bocca.

"Dammi la chitarra, allora"

Paul tese la mano.

John vi mise il basso e Paul lo depositò nell'ingresso dietro di lui, poggiandolo premurosamente contro il muro prima di tornare a voltarsi verso John.

Sembrava... cauto, immobile, ma non così chiuso.

Paul non sembrava mai chiuso, con quegli occhi.

Per un folle momento, John valutò l'idea di lasciar scorrere la propria chitarra sul davanti e lanciarsi in una canzone, ma ancora, il pensiero di quella strigliata lo fermò.

La chitarra rimase dov'era, ma sprofondò impulsivamente su un ginocchio, invece, e la piccola risata incredula di Paul confermò che il suo impulso era stato corretto.

"Paul" disse John, malinconico, e stava facendo una voce buffa ma Paul gli stava sorridendo dall'alto, e sembrava un po' seccato ma più affettuoso, quindi John proseguì. "Guarda, canterei la canzone che ho scritto per te sul bus, piccolo, ma è tardi e non vogliamo allarmare i vicini –"

"Non vorremmo pensassero che siamo delle maledette piccole checche" lo interruppe Paul, con qualcosa di pericoloso nella voce, un'ultima sfida, e John annuì, accusando il colpo senza ribattere. Se lo meritava.

"Non lo vorremmo" concordò. "Sai, sono venuto qui in cerca di una ragazza che conosco. Volevo dirle che mi dispiace di essere un verme bastardo e che sono grato lei mi sopporti comunque. Volevo dirle che nessuna regge il suo confronto, e che se lei vuole fare sul serio come nei film, a me andrebbe bene. Chiunque altro sembra schifoso accanto a lei in ogni caso".  John si scrollò languidamente le spalle. "Ma suppongo che lei non sia qui, quindi..."

"Sempre così drammatico, John" lo rimproverò Paul, ridendo, ma John poteva sentire il modo in cui il suo respiro era cambiato, trattenuto. "Lei –" Paul si morse il labbro. "Mi stai prendendo in giro, non è così?"

John scosse la testa, in silenzio. All'improvviso era molto, molto importante che Paul sapesse quanto mortalmente serio lui fosse, anche se John non avrebbe saputo spiegare, neanche a se stesso, cosa intendesse.

"Lo sai" disse, cauto, "Non c'è niente di cui essere gelosi – con me, intendo. Non hai nessuno di cui essere geloso, in ogni caso. Io sono –" Tuo. John deglutì. "Ti sceglierei sopra chiunque altro, in qualsiasi momento"

Il silenzio che seguì fu lungo abbastanza perché lo stomaco di John annegasse nello sconforto. Guardò in alto, aprì la bocca. Era proprio sul punto di dire qualcos'altro, qualcosa di rude e su come stesse solo scherzando, quando Paul disse, un po' teso, "Chiudi gli occhi"

John batté le palpebre.

"Perché, così puoi darmi un pugno?"

Paul rise, questo piccolo suono mozzato. "Chiudi il becco" disse, "E chiudi gli occhi".

John li chiuse.

Essere così cieco – lui era sempre cieco, ma stavolta del tutto – rendeva tutto il resto in qualche modo più nitido.

Poteva sentire gli uccelli irrequieti nell'albero lì accanto. Poteva sentire il respiro di Paul farsi più vicino mentre scendeva al livello di John; poteva sentire il suo calore.

Per un lungo secondo, Paul non fece nulla, e il cuore di John accelerò a ogni momento che passava.

"Paul?" azzardò, a voce molto bassa.

Paul lo baciò.

Non con forza, non in maniera umida e sporca, così come i loro baci erano stati sino ad allora, con Paul conciato come una bambolina e John che gli palpava le cosce avvolte dalle calze. Solo delicatamente, così delicatamente che Paul si era allontanato prima che John capisse cosa stava succedendo.

Istintivamente, sollevò il viso per seguirlo, e Paul rise un po'.

"Ho un messaggio per te" disse Paul, e suonava teso e strano come se fosse sul punto di ridere, forse, o piangere. "Da parte di quella ragazza. Dice che sei un completo bastardo, ma che resterà con te se prometti di dare attenzione a lei, invece che a qualche squallida biondina. E se la chiamerai assiduamente. E – e se la porterai fuori". Liberò la propria risata. "E non essere fottutamente strano nel frattempo, quando lei vuole solo uscire e suonare la chitarra con te"

John rise di rimando, incredulo.

Voleva urlare. Voleva alzarsi e affondare le mani nei capelli di Paul e portarselo vicino, farselo direttamente sugli scalini di casa, ma aveva già insultato Paul una volta di troppo quella sera; Paul non era una checca, anche se John – fanculo. Anche se qualche parte di John doveva certamente esserlo.

Così tenne gli occhi chiusi.

Disse, "Abbiamo un patto" e la mano di Paul carezzò brevemente i capelli John prima di alzarsi. John fece del suo meglio per non allungarsi verso l'alto in risposta al tocco. Quasi funzionò.

"Lei dice anche" disse Paul, "Che puoi venirla a prendere domani sera". Poi la sua voce si alzò, diventando intenzionalmente chiassosa, e colpì con forza John sulla spalla. "Andiamo, alzati. Stai riducendo uno schifo il giardino di mio padre. Va' a casa"

Quando John si alzò in piedi – quando aprì gli occhi – la prima cosa che vide fu Paul che gli sorrideva, il viso per metà in ombra, la sua espressione tollerante e, allo stesso tempo, dolorosamente affettuosa.

John non era sicuro di come avesse potuto non notarlo prima. Certo che Paul era geloso di lui. Certo che John era la prima scelta per la squadra di Paul, anche se non lo era mai stato per nessun altro.

Neanche tutta la birra di Liverpool avrebbe potuto frenarlo dal sorridere in risposta.

****

Paul lo chiamò il pomeriggio seguente, verso le quattro.

"Quindi" disse, l'ultima vocale strascicata e cantilenata. John poteva praticamente vederlo cullare il telefono verso il suo volto, una delle gambe che oscillava avanti e indietro. Paul non stava mai fermo.

"Quindi" gli fece eco John. Sapeva di star sorridendo, senza motivo, per nessuna ragione; sorridere al solo suono della voce di Paul al telefono, oh Dio. Un caso perso, era. "A che ora devo venire?"

Paul soffiò un sospiro nel ricevitore, il sollievo al suo interno era palpabile.

"Oh, uh. Le sette? Ma volevo dirti, potrei dover fermarmi da qualche parte sulla strada e – cambiarmi, sai". Tossì. "Almeno Mike sarà qui, e probabilmente anche mio padre e il resto. Quindi non posso – sai"

Questa era una eventualità che John non aveva considerato.

"Va bene" disse velocemente. "Hai –"

"I tizi in fondo alla strada sono in vacanza" disse Paul. "E hanno un capanno. Che non si chiude a chiave". Rise, imbarazzato. "Quindi mi infilerò lì"

"Bene" disse John. Percepiva in entrambe le loro voci quanta cautela avessero, girando attorno all'argomento di ciò che Paul avrebbe fatto nel capanno; del perché non potesse semplicemnete uscire e incontrare John sotto gli occhi di suo padre e suo fratello. Girando attorno al fatto che ciò che stavano facendo, questo, era fottutamente strano e nonostante ciò avevano in qualche modo deciso che potevano continuare a farlo, perché fermare tutto non era più possibile, e fermare questo avrebbe... beh. Nessuno dei due voleva pensare a ciò che potesse significare. "Ci incontriamo lì, allora?"

"Al Pineapple?" disse Paul.

"No" decise John, sulla spinta del momento. "Quel posto è squallido. Voglio portarti in un posto carino"

Paul sbuffò una risata.

"In un posto carino? Tipo dove, Strawberry Fields con una coperta da picnic?"

"Uh, no" disse John, delicatemente. "Pensavo più a quel posto che fa il curry colorato in modo strano. Con i divani beige"

Ci fu una pausa.

Poi Paul disse, "Vuoi andare a cena?"

John scrollò le spalle, anche se Paul non poteva vederlo. Il suo viso era in fiamme.

"Voglio portare la mia ragazza in un posto carino dopo quel che ho fatto ieri, va bene? Forse voglio solo vantarla un po' in giro"

La voce di Paul era diventata strana, quasi spezzata.

"John" disse, e John poté sentire l'incredulità al suo interno, una nota a malapena repressa di speranza. "Quel posto è molto più luminoso del Pineapple. Sei sicuro –?"

"Ragazza più bella di Liverpool" disse John, con fermezza. Era un complimento, davvero, e questo era divertente, dato il numero di volte in cui lo aveva detto a Paul con l'intento di insultarlo. Ma era stato prima. Le cose erano diverse ora. "Te lo prometto. Truccati in maniera un po' più elegante e un po' meno volgare –"

"Oh, grazie" disse Paul.

"– e  andrà bene" proseguì John, parlandogli sopra, incurante dell'interruzione. "Davvero Paul. Sarà fantastico". Fece una pausa, l'impazienza che improvvisamente gli serrava la gola. "Sempre se vuoi"

"Sì" disse Paul, immediatamente, e non suonava esitante adesso. Suonava eccitato, come se fosse davvero una ragazza che aveva creduto di essere una delle tante sveltine di John e ora fossero qui, a uscire davvero. "Voglio" disse Paul, e John non poteva indugiare, ora, sul fatto che, davvero, c'era poca differenza tra Paul e quelle ipotetiche ragazze. Paul suonava troppo felice.

"Bene" disse John, sedendosi. "Ci vediamo lì?"

"Ci vediamo lì. Ciao, Johnny" disse Paul, e mise giù il ricevitore con un click.





Note

Tremendamente in ritardo, ma ancora qui <3

Nonostante John non capisca davvero un cazzo, questo capitolo resta adorabile.

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