Quello che siamo diventati

Par ElsaGiannini

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[COMPLETA] Marina Benedetti, trentacinquenne dottoressa di ricerca in Filosofia Morale alla Sorbonne, sta per... Plus

Premessa e nota dell'autrice
Epigrafi
"Ma guarda chi si vede" - Scheda personaggi & Public Relations
1. Parigi è per gli innamorati
2. Ogni famiglia infelice è infelice a modo suo
3. A la guerre comme à la guerre
4. Must be funny, in the rich man's world
5. Somebody that I used to know
7. Almeno tu, nell'universo
8. Giudizi universali
8.1 Vieni a vedere perché
9. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma
10. Tell me what you want, what you really really want
11. L'amore non va in vacanza
12. La vie en rose
13. In direzione ostinata e contraria
14. There is a light that never goes out
15. Senza smettere di pensarci
16. Today is the day
17. Gioco di specchi
18. Blondegate
19. Profondo rosso
20. Le cose che abbiamo in comune
21. Perfetti sconosciuti
22. La descrizione di un attimo
23. Happily ever after
24. Quel che resta del giorno
25. A little party never killed nobody
26. Nessuno si salva da solo
27.If it's wrong to be so mad about you
28. La storia può ricominciare
29. La legge di Murphy
30. Tea Time
31. Armageddon
32. Divenire
33. Ti amo così tanto ma non mi piaci più
34. Happy or sad?
35. Dream a little dream of me
Epilogo - Parigi non è per cambiare aerei, è per cambiare vita
Playlist
Ringraziamenti
Country Club Chronicles - La nascita di Virginia Elena Brancia Testasecca
Natale a New York - Un racconto prequel di "Quello che siamo diventati"
Annuncio - Clair de Lune, la storia di Georgiana e Thomas, è online

6. London calling

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Par ElsaGiannini

Troppo cerebrale per capire che si può star bene senza calpestare il cuore.

Ci si passa sopra almeno due o tre volte i piedi come sulle aiuole.

Leviamo via il tappeto e poi mettiamoci dei pattini per scivolare meglio sopra l'odio.

Torre di controllo, aiuto, sto finendo l'aria dentro al serbatoio.

Samuele Bersani, Giudizi universali

Londra mi accoglie con la pioggia, come a ricambiare la velata antipatia che nutro verso di lei. Questo, però, non mi scoraggia dal rispettare il programma che mi sono prefissata.

Deposito i bagagli al Ritz, dove Georgiana mi ha prenotato una suite sebbene abbia a lungo insistito per un alloggio più modesto, poi approfitto del pomeriggio libero per fare la turista, con tappa conclusiva in libreria.

Proprio lì, grazie a una libraia sul pezzo, apprendo diverse notizie sul mondo dell'editoria. Sembra infatti che sia in uscita un nuovo romanzo di Elizabeth Jane, autrice bestseller amatissima da mia madre e da tutte le sue amiche, accomunata spesso a Elena Ferrante per l'assenza di notizie circa la sua reale identità nonostante l'enorme successo di vendite.

Come mi capita spesso, tra gli scaffali perdo la cognizione del tempo, ragion per cui rischio di tardare all'appuntamento che Georgiana e io ci siamo date un po' prima dell'ora prevista per il concerto.

Salto la cena pur di essere puntuale, dopodiché mi imbarco nell'ardua impresa di fermare un taxi che, all'ora di punta, mi porti dall'albergo alla Royal Albert Hall. Giunta dinnanzi alla sala concerti, esibisco un pass fornitomi dall'entourage della mia migliore amica per poter avere libero accesso dietro le quinte, dove Gigì sta provando da ore.

Seguo la musica fino a una stanzetta laterale, imbattendomi per caso in Thomas Bertrand. La sua apparizione mi coglie di sorpresa, nondimeno un'occhiata all'Ordine di Gran Croce appuntato sul petto, sopra una camicia bianca cucita su misura, perfettamente coordinata con uno smoking di ottima fattura, chiarisce la faccenda.

Il nominativo del CEO di Bertrand Company, infatti, figurava nella lista delle personalità insignite dell'onorificenza da parte della casa reale britannica questo pomeriggio, ragione che giustifica la presenza del novello baronetto all'interno dell'edificio, poiché questa serata è stata organizzata a beneficio di coloro che hanno preso parte alla cerimonia d'investitura, ma non, specificatamente, nel backstage.

‹‹Si è forse perso, sir?››

‹‹Potrei rivolgerle la stessa domanda, miss›› ribatte, con notevole faccia tosta, però non sembra davvero interessato a conoscere la risposta, perché imbocca un corridoio laterale che porta alla platea senza concedermi diritto di replica.

Busso alla porta da cui provengono le note di un piano ben accordato, trovandomi di fronte una Georgiana parecchio nervosa. Vorrei indagare circa i motivi della comparsa non preventivata dell'amministratore delegato di Bertrand Company ma lo stato in cui versa la mia amica mi fa subito cambiare idea. Ho assistito ad altre sue esibizioni prima d'ora, però l'agitazione di cui la scorgo preda mi pare decisamente eccessiva, nonostante la levatura dell'evento.

‹‹Guardami, Gigì›› le intimo ‹‹Fai un bel respiro profondo insieme a me››.

Esegue, innervosendosi di più anziché calmarsi.

L'espressione corrucciata fa il paio con l'abito da sera scuro e i capelli acconciati in morbide onde strette in un raccolto basso.

‹‹È successo qualcosa di cui dovrei essere messa al corrente?››

‹‹Non è quello che è accaduto a preoccuparmi, ma quello che succederà›› esclama la mia amica. ‹‹Dovrò soltanto suonare davanti alla famiglia reale e i suoi ospiti, alcuni dei quali conoscono la musica molto più di quanto potrò mai fare in tutta la mia vita›› Sembrerebbe una crisi derivante da ansia di prestazione, eppure intuisco ci sia qualcos'altro che la mia migliore amica non mi sta confidando. Mi chiedo se questo silenzio possa davvero essere collegato alla sospetta presenza di Bertrand da queste parti.

Provo di nuovo a rassicurare Gigì, riuscendo però soltanto a indispettirla di più, per cui mi arrendo, salutandola e augurandole in bocca al lupo prima di andare a prendere posto.

La sala si sta riempiendo in fretta.

Thomas Bertrand spicca in bella vista eppure pare piuttosto turbato. Mi riprometto di non perderlo di vista durante tutto il corso dell'evento. Chissà se il rosso si inchinerà al loro prossimo incontro, data l'acquisizione del titolo onorifico. Immaginare la scena mi provoca un moto di ilarità.

‹‹Mi fa piacere vederti sorridere, Marina›› mi apostrofa una voce alle spalle ‹‹Gianna l'ultima volta che ci siamo viste al circolo, mi ha confidato che fossi parecchio giù di corda››.

Abbinamenti vistosi, trucco pesante, abito oversize rendono Carolina Monti la personificazione del termine esagerato. Mi chiedo se sia passata davanti a uno specchio, prima di presentarsi qui.

‹‹Ce l'hai fatta, quindi›› constato ‹‹Georgiana non era certa della tua presenza, stasera››.

‹‹E invece eccomi qua›› replica la rossa, con un sorriso autentico quanto una moneta da tre euro. ‹‹Ho saputo che hai trovato lavoro nello studio legale di famiglia››.

‹‹Pare che un dottorato alla Sorbonne giovi al curriculum›› ribatto.

‹‹Fosse solo quello›› prosegue, con un'occhiata carica di sottintesi.

‹‹In realtà lo è›› tengo il punto ‹‹Conoscendo tuo fratello, dovresti sapere quanto sia contrario a ogni forma di nepotismo››. Ottengo l'effetto sperato, cancellando ogni traccia di burla dalla faccia della Moira Orfei wannabe.

‹‹Sei con lui stasera?›› domanda ancora ‹‹Mi aveva parlato di una capatina qui a Londra, nel weekend››.

‹‹No, sono qui a titolo personale, per supportare la nostra comune amica›› dichiaro ‹‹Come te, del resto››.

Carolina vorrebbe continuare questo scambio ma le luci, che si affievoliscono pian piano fino a spegnersi, non glielo consentono. Ho giusto il tempo di registrare, con sommo fastidio, che siede nel posto accanto al mio prima di accomodarmi a mia volta.

Georgiana sta al pianoforte, un occhio di bue solitario illumina in pieno il suo profilo esile mettendo in luce un'espressione altrimenti trasfigurata da una forza interiore, ingovernabile, derivante dalla potenza della musica durante tutto il concerto.

Per un momento, vengo colta da un moto di sana invidia: è così che ci si sente, dunque, quando la propria vita è governata da una passione totalizzante.

Il concerto si chiude sulle note di Clair de Lune di Debussy mentre la mia attenzione viene catturata da un impercettibile scambio di sguardi tra la mia amica e sir Thomas Bertrand, tanto rapido da poter essere frutto della mia immaginazione.

Seppur distante, però, riesco a leggere un'emozione indescrivibile negli occhi del novello cavaliere di The Queen, il quale scompare rapido alla vista subito dopo la fine dell'esibizione.

Approfitta del buio che avvolge la sala per un attimo, sir Thomas, giusto prima che gli astanti omaggino la pianista con una standing ovation, tributata persino da chi si trova nella loggia reale.

Probabilmente la mia amica aveva ragione e questa sera coronerà il sogno di conoscere dal vivo la duchessa di Cambridge.

Guadagno in fretta l'uscita anche io, ché ci sarà modo e tempo per le congratulazioni a Georgiana.

Giunta in albergo, però, lo stomaco comincia a brontolare senza sosta, ricordandomi di aver saltato un pasto.

Data la spossatezza, opterei volentieri per il servizio in camera, tuttavia la curiosità di gustare la cena nella splendida cornice della sala ristorante del Ritz ha la meglio, così mi incammino in quella direzione, sedendo a uno dei tavoli rotondi, per lo più vuoti.

Un cameriere in livrea mi assicura che le cucine sono ancora aperte nonostante l'ora tarda, ergo mi viene servita una Caesar Salad, accompagnata da un calice di bordeaux, al posto di un bianco che avrei preferito ma pare non sia disponibile.

‹‹La dottoressa Marina Benedetti, paladina di porzioni abbandonanti e bettole di quart'ordine, si ciba di insalata nel ristorante di un hotel a cinque stelle. Sono impressionato da tanta incoerenza, dico davvero››.

Sollevo gli occhi dal piatto, a incrociare quelli di ghiaccio del mio capo. Non è la stanchezza a giocare brutti scherzi, purtroppo.

‹‹Chiamasi adeguamento alle circostanze›› gli faccio presente, pur sapendo che si tratta di un'apologia piuttosto debole ‹‹Nel caso in cui non lo avesse notato, stanno per chiudere››.

Il rosso continua a prendersi gioco di me: ‹‹E ovviamente non esiste il servizio in camera››.

Non ho voglia di ingaggiare l'ennesima schermaglia verbale con lui, perciò continuo a mangiare, ignorandolo.

Mi auguro che se ne vada, invece Alberto chiede se può sedersi e, senza attendere risposta, esegue, allentando pure il nodo della cravatta blu notte abbinata a un completo della stessa tonalità.

‹‹Sua sorella le manda i suoi saluti›› lo informo ‹‹Credeva sarebbe intervenuto anche lei al concerto di Georgiana Mattei alla Royal Albert Hall››.

‹‹Appassionata di musica classica?›› replica lui ‹‹Una volta amava il jazz quasi quanto me››.

‹‹I gusti musicali cambiano›› ribatto‹‹Perché è qui? Ha forse smarrito la strada per Grosvenor Square?››

Bertrand, infatti, in un insolito atto di generosità, ha invitato i nuovi legali ad alloggiare presso la propria residenza in città, riscattata da un Pari del Regno finito sul lastrico.

‹‹Aspetto che Malaguti sia in grado di percorrerla insieme a me›› mi rivela ‹‹Abbiamo cenato qui insieme ad alcune comuni conoscenze››. Seguo il suo sguardo fino al tavolo incriminato, riconoscendo l'altro associato dello studio legale in compagnia, tra gli altri, di Charles Blaise, l'editore, della cui crisi aziendale si parlava stamane in libreria. ‹‹Al contrario di me, Alvaro è un vero animale sociale, non soffrirà per la mia assenza››.

Impegnata a elaborare le informazioni in mio possesso circa l'enigma editoriale Blaise & Faraday, non colgo subito il sottotesto della conversazione in corso.

Quando lo faccio, mi affretto a rassicurare il mio interlocutore: ‹‹Neppure io››.

‹‹Lo so›› rilancia il mio ex ‹‹Neanche la mia presenza ha mai fatto la differenza, per te››.

‹‹Potrei dire lo stesso›› gli faccio notare ‹‹A giudicare dalla velocità con cui mi rimpiazzasti, anni fa››.

I suoi occhi gelidi vengono attraversati da emozioni che, per una volta, lo rendono umano e, all'improvviso, le lancette tornano indietro, al tempo in cui non eravamo altri se non Marina e Alberto, prima che gli dei giocassero a dadi con il nostro destino e ci portassero a compiere le scelte che ci avrebbero condotti a quello che siamo diventati.

Saremmo stati persone diverse, forse, se solo avessimo avuto il coraggio di scrivere una storia differente.

Una tale consapevolezza ha il potere di schiacciarmi, ancor di più considerando l'assenza di smentita da parte dell'altro diretto interessato.

D'istinto mi metto in piedi, urtando pericolosamente il calice pieno di rosé che finisce per buona parte sul mio Victoria Beckham scovato in saldo su Zalando. Poco male, la macchia non si vedrà nemmeno sulla stoffa nera, ma lo stesso non può dirsi della pelle sopra la scollatura, chiazzata da un alone molto simile a sangue. Che viene subito coperto da un fazzoletto da taschino, cifrato con le iniziali del mio ex, che lo sta utilizzando a mo' di tampone per fronteggiare il disastro.

Le nostre dita si sfiorano, dando vita a un'energia statica che provoca una piccola scossa, come accade con i capelli elettrizzati dopo lo shampoo. Si crea così un contatto stranamente intimo, dal quale mi ritraggo d'istinto, come se mi fossi scottata davvero.

‹‹Buonanotte›› farfuglio, con le guance in fiamme e il cuore in subbuglio, caracollando sui tacchi troppo alti verso il termine di questa lunghissima giornata.

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