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By akvtagawx

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By akvtagawx

❦︎

Ad accompagnare i due ragazzi oramai morenti, c'era Sakusa.
Privato di ogni movimento per via delle alte fiamme, il ragazzo si ritrovava seduto sul terreno; non aveva scampo, e di questo era ben consapevole.
Si abbandonò ai propri pensieri, lasciò che quel fumo potesse ucciderlo ancor prima che lo facessero le fiamme: era stanco.
Era esausto di quel mondo nutrito da sangue e cattiveria, di quel mondo alimentato da assurdi, fatali e distruttivi game.
Nel frattempo, Atsumu era sparito dalle iridi di tutti: sfuggiva al campo visivo di ognuno, pareva quasi essersi materializzato di punto in bianco. Ciò ferí Sakusa.
Lieto al pensiero che il ragazzo potesse essere in salvo, i suoi ultimi momenti di vita furono caratterizzati della mancanza, quella mancanza che il biondo aveva causato in tutti quei mesi.
Tuttavia, narreremo più tardi la loro storia.

Al di fuori dell'edificio, invece, regnava il silenzio.
Lo scoppiettare delle fiamme ardeva nelle loro orecchie, senza però disturbare lo stato di quiete che si era creato.
Volti rilassati, contrapposti al loro attuale sentimento: ogni individuo che fosse ancora in vita non poté che sentirsi perso, vedendo la propria casa bruciare. L'ultimo briciolo di speranza, di luce a cui aggrapparsi durante le battaglie future era andato distrutto. Bruciato. Incenerito assieme ai corpi dei loro cari, dei loro amici, dei loro amori.
E mentre quel fuoco ardeva ingoiato da quel rosso acceso, il mondo ai loro occhi diveniva sempre più grigio: grigio, scuro talmente tanto da non poter neppure percepire il senso di colpa nelle loro azioni, quello sarebbe giunto più tardi.

Ciò nonostante, uno dei primi a dar corda alla propria voce fu Yamaguchi, profondamente ferito dagli eventi della serata; non parliamo di dolore fisico in sé, bensì era la sua mente a far ardere il suo stomaco, ad incatenare la sua gola in un eterno stato di delusione, angoscia ed ansia.
"Sono tutti morti..." sussurró immobile, lasciando che piccoli singhiozzi potessero uscire dalle sue labbra; tremolanti, si sfogarono senza paura, portandolo a sedersi sul terreno arido a causa delle gambe altrettanto instabili.
Negli sguardi privi di sentimento, il primo ad avvicinarsi fu Tsukishima, che, riluttante, non poté fare altro che poggiare una mano sulla sua spalla: continuó ad osservare l'edificio in fiamme, le quali si riflettevano in lievi ombre arancioni sul volto serio.

Percependo i lievi rumori causati dall'incendio, tuttavia, Kei percepí il ragazzo avvicinarsi: la delicata pacca sulla spalla si trasformò in un abbraccio in cerca di conforto, il quale venne poco a poco da lui ricambiato. Lo strinse a sé, proteggendo i suoi singhiozzi.

Nel frattempo, la rabbia di Goshiki ardeva sovrana tra quelle emozioni provate.
Lette da Tendou, esse esprimevano disprezzo, rabbia e desiderio di vendetta nei confronti dei pochi Lottatori rimasti, causa del gran numero di morti effettuati quella notte.
Lanciò una veloce occhiata in loro direzione, simbolo di un desideroso attacco verbale bloccato sul nascere.
Il rosso portó la mano sul polso del corvino, cominciando il discorso con le poche forze rimaste.
"Basta, Tsutomu. - esordí in roca voce, attirando l'attenzione del più piccolo - Tutti noi siamo ancora vivi, è questo che conta adesso."

Facendo incrociare i loro sguardi, quest'ultimo parve deciso dalle proprie parole.
Esausto a causa delle sofferenze fisiche e lo stress provato, si limitò poi ad un sorriso a malapena accennato: percepí le proprie gambe farsi deboli, lasciando che Tsutomu potesse avvicinarsi a lui in tentativo di sostenerlo. Lo abbracciò, fece in modo che Satori potesse riposarsi un poco nel calore delle sue braccia.
"Va bene." si limitò a dire.

Rimasero là, loro e gli altri; chi stretto in un abbraccio, chi impassibile dinnanzi alle fiamme, chi contemplando la propria esistenza, questo non importava.
Ciò che li accumunava tutti, però, era il peso di quella notte, il crudele pensiero che, dopo essa, nessuno avrebbe più vissuto nella tranquillità dei primi game effettuati assieme ai propri amici.

Nel frattempo, all'interno della struttura non vigeva solo morte e distruzione. Difatti, tra le sale colme di fiamme ardenti, sostava la hall: essa, ancora non del tutto invasa dall'esito della serata, ospitava i lenti e soddisfatti passi di Kenma; privo di rimorsi si avvicinava al piccolo tavolo presente.
Bramandola da tutta la sera, era là, il dieci di cuori era apparso proprio sotto le sue iridi.
Il medesimo, lieve sorriso in volto, le mani nelle tasche, i lunghi capelli sostenuti dalla presenza delle orecchie: allungó un braccio, privandolo dal calore della felpa.
Stringendola tra le dita, ebbe così tra le mani la tanto desiderata carta, ormai considerata simbolo di salvezza da parte di tutti i giocatori.

"Certo che sei ostinato." si intromise Kuroo, lasciando che il biondo potesse voltarsi in sua direzione: egli si avvicinò a passo fiacco, fermandosi poco distante da lui.
Quest'ultimo riportó il proprio sguardo sulla carta, accennando un mezzo sorriso.

"Inizio a pensare che sia inutile raccoglierle."

"Ne sei sicuro?" domandó Tetsuro incrociando le braccia, il volto inclinato in segno di grande incredulità.

"Tuttavia, - continuó il compagno - con questa le abbiamo raccolte tutte, ad eccezione delle figure."

Oramai deciso nel suo intento, abbassó un poco la carta: sotto le cupe iridi scrutatorie del ragazzo, egli la ripose nella propria tasca, continuando a ornare il proprio volto con un sorrisetto azzardato.
"Mi chiedo cosa voglia farci fare il Game Master, adesso."

❦︎

"Sta registrando?"

"Sì, sì la videocamera sembra funzionare."

Provenienti dal piccolo telefono che, lasciato da Akaashi, veniva sostenuto da Tendou, due familiari voci si disperdevano tra l'aria circostante.
Quest'ultimo e Goshiki, si trovavano seduti su uno dei marciapiedi della città, su di loro ancora ben evidenti i segni della battaglia da poco vissuta.
Ad accompagnare, il Sole splendeva rigoglioso nel cielo chiaro, il quale sovrastava tutti i vicoli di Tokyo.
"Che cos'è?" domandó il corvino, avvicinandosi un po' di più al nuovo proprietario.
Assieme guardarono quel telefono con sguardo assai perso, assimilando tutte le scene che si susseguivano.

"Un video che ci ha lasciato Akaashi." affermó Satori.

In esso le voci ripresero luogo, Keiji si mostrò intento nell'esplorare la città deserta.
Confuso, difatti attraversava la strada, lasciando che Bokuto lo riprendesse silenziosamente.

"La città è disabitata, tutti gli abitanti di Tokyo sono spariti." esordí il corvino, lanciando un breve sguardo preoccupato al ragazzo posto dietro alla videocamera.

I due spettatori, sorpresi nello scorgere il frame cambiare, si ritrovarono ad osservare i due ragazzi scambiarsi di ruolo: adesso era Keiji a sostenere il cellulare, inquadrando sé stesso e il poco distante Koutarou.
"Poco dopo essere arrivati qui, abbiamo incontrato una persona. - affermó sospirando sonoramente; le iridi bluastre caratterizzate dal suo nervosismo, la sua confusione - Questa persona ci ha portato in un posto segreto, informandoci che avremmo dovuto lavorare lì." scorgendo Bokuto avvicinarsi un poco, si voltò in sua direzione, quasi a chiedere la sua approvazione.
Ricevendola, la sua attenzione cadde nuovamente sul telefono. Rilasció un altro lieve sospiro prima di continuare.

"Dovevamo aiutare ad organizzare e monitorare tutti i game, ci hanno costretto a farlo." esordí, lasciando altrettanto sorpresi e confusi coloro che adesso stavano guardando il video.
Ciò nonostante, furono privati di ogni possibilità di commentare le scene ritrovatosi davanti: il frame cambiò nuovamente, lasciando che l'entrata di una metropolitana potesse apparire di fronte ai due.
"Vuoi davvero andare là sotto?" domandó Akaashi in direzione del fidanzato, inquadrandolo nell'intento di scendere le scale. Questo si voltò impercettibilmente, continuando poi nella sua impresa.
Man mano che i due si avvicinavano al termine di quella scalinata, il buio della galleria iniziava a sovrastare la luce ed i cartelli posti vicini a loro.
Si ritrovarono immersi da esso, combattendolo tuttavia con l'aiuto di una torcia: Bokuto, posto dinnanzi ad Akaashi ed avanzando di conseguenza, la sosteneva.

"In questo mondo i Dealer aiutano a gestire i Game. - documentó Keiji, nervoso ed intento nel seguire il più grande scendere sui binari di un treno; polverosi ed aridi, parevano essere rimasti inesplorati per mesi - A volte partecipiamo attivamente come avversari, oppure fingiamo di essere dalla parte dei player per ingannarli, creare confusione e farli perdere."

I due ragazzi proseguirono per la loro strada, i loro passi rumorosi e causa dell'eco presente attorno a loro.
"Tuttavia, durante i Game, anche noi Dealer siamo monitorati. - un piccolo sospiro ornó l'aria - Inoltre, chiunque tenti di rivelare la propria identità viene ucciso."

"Stai ancora registrando, Keiji? - si voltó Bokuto, l'espressione in viso priva di accusa: essa era solamente inondata da un lieve velo di preoccupazione - Che cosa farai se dovessero scoprirti?"

Scuotendo impercettibilmente il capo, il ragazzo interpellato prese a sorpassare il più grande.
Lasciò che i propri passi inondassero le pareti attorno a lui, allungando poi la propria mano in direzione di un piccolo sportello: grazie ad una maniglia posta sopra di esso, egli fu capace di aprirlo, trovandosi dinnanzi un piccolo sistema necessitante di un codice.
Distese il proprio indice, prendendo poi a digitarlo. 269525, questi furono i numeri da lui selezionati.
Un lieve suono di accesso inondó le loro orecchie, lasciando che Bokuto potesse farsi spazio nello spazio inquadrato dalla videocamera.
Anch'egli, a sua volta, allungó il braccio in direzione di un'ennesima maniglia. Una porta si aprì, portandoli in un corridoio altrettanto buio.

Dall'altro lato dello schermo, Satori e Tsutomu si avvicinarono curiosi al telefono: tentando di comprendere le scene che imperterrite si susseguivano dinnanzi a loro, essi ragionarono, cercarono di accumulare tutte quelle informazioni.
"Credi che sia la base dei Dealer?" domandó il primo, assottigliando un poco le palpebre.

Continuando il loro viaggio per delle scale ornate da fioca luce, Keiji e Koutarou giunsero in stanze medesimamente buie, attraversandole tutte.
Ansia, sospiri pesanti ed incerti caratterizzavano i loro passi, accompagnandoli sino a dove la luce si fece più decisa.
Dinnanzi a loro era apparsa una struttura simile ad una torre, essa creata e distinta dalla miriade di schermi che, rivolti verso l'interno, la formavano.
Ai suoi piedi, si trovava una porta: da essa e dalle piccole fessure situate tra i vari computer, i ragazzi potevano scorgere la luce bluastra inondare l'edificio.
Al fianco della torre, ne erano situate altrettante di medesima natura.

I due spettatori misero a fuoco la loro vista, tentando di comprendere ciò che il video stava mostrando.
Da esso, poterono infatti scorgere come i due ragazzi si avvicinavano lenti, titubanti in direzione della struttura.
Quando riuscirono ad oltrepassare l'entrata ed a trovarsi all'interno, quello che videro sorprese assai i due ragazzi seduti su quel marciapiede: decine di uomini erano nella stanza, chi seduto davanti alla propria scrivania, chi in piedi.
Migliaia di schermi riflettevano gli altrettanti game che, in quel momento, avevano luogo a Tokyo. Sangue, morte, urla, grida di dolore alimentavano il divertimento di quest'ultimi, facendoli esultare ad ogni Game Over o morte assistita che fosse. Quasi parevan delusi, quando un gruppo di persone riusciva a vincere il Game assegnato.
Esultavano, godevano del dolore altrui rendendone proprio spettacolo ed intrattenimento: ciò fece rabbrividire Satori.

Come se non bastasse, difatti, questi avvenimenti venivano ripetuti in ognuna di quelle strutture.
Gente in foga, soddisfatta nel vedere tutto ciò che stava accadendo a quei poveri partecipanti.

"Questo significa che non esiste solo un Game Master?" domandó presto Goshiki, ancora sorpreso quanto disgustato dalla visione che i suoi occhi stavano subendo.
Quella rabbia, quel desiderio di vendetta arse ancor di più nel suo stomaco, nella sua gola e nel suo cuore: sentiva il bisogno di vendicare quelle morti, di farla pagare a chiunque avesse preso il loro dolore e ne avesse fatto un circo, materiale da intrattenimento.

Il frame cambiò, privando nuovamente Tendou del tempo per rispondere.
Questa volta, Keiji lasciava che la videocamera inquadrasse sia lui che il compagno: il flash dell'apparecchio illuminava i loro volti, rendendo ancora più evidente il dolore, la disperazione presente nelle iridi di ognuno dei due.
Kuotarou se ne stava a testa china, torturandosi le dita a causa del senso di colpa e dell'ansia provata.
Si trovavano probabilmente in quella medesima, buia galleria, nascosti dal resto dei Dealer.

"Sono morte tante persone, - esordí Akaashi, affranto - c'era persino un ragazzo della nostra età."
Si fermó, le labbra tremolanti lo costrinsero a fare una piccola pausa: sospiró, riprendendo poi a parlare con le lacrime che già da poco minacciavano di sgorgare dai suoi occhi.
"Noi abbiamo organizzato i Game seguendo gli ordini e abbiamo partecipato facendo di tutto perché gli altri morissero. - sospiró, lasciando che un'amara goccia attravarsasse il suo volto - Per colpa nostra, ogni giorno muoiono tante, tantissime persone."

"Ne ho abbastanza... - piagnucoló Koutarou, posto poco dietro di lui; la voce spezzata da quei frequenti e, per quanto possibile, repressi singhiozzi - Noi uccidiamo le persone e vinciamo i Game per allungare il nostro visto. Adesso possiamo vivere per altre due settimane, ma quante persone abbiamo ucciso, Keiji?" pianse, lasciando finalmente che quelle lacrime potessero sgorgare libere, "Io non ce la faccio più...".

"Presto finirà tutto." tentó di consolarlo il corvino, voltando un poco la testa in sua direzione: asciugó la propria lacrima fuggita, avvicinandosi poi a lui in tentativo di accoglierlo in un abbraccio.
Abbandonandosi ai singhiozzi, i due si sfogarono l'uno nella braccia dell'altro, senza reprimere alcuna lacrima: non ce n'era bisogno, entrambi si sarebbero capiti, avrebbero sostenuto l'altro in quel terribile destino che il fato gli aveva riservato.

E così, il video terminò, Tendou e Goshiki presero una decisione: si sarebbero diretti nel posto illustrato da Bokuto ed Akaashi.

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