Cherry tea - TAEKOOK

Galing kay KM_2026

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[COMPLETATA] L'inizio non fu certo dei migliori e mai Jeon Jungkook avrebbe pensato di passare uno degli an... Higit pa

CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20
CAPITOLO 21
CAPITOLO 22
CAPITOLO 23
CAPITOLO 24
CAPITOLO 25
CAPITOLO 26
CAPITOLO 27
CAPITOLO 28
CAPITOLO 29
CAPITOLO 30
CAPITOLO 31
CAPITOLO 32
CAPITOLO 33
CAPITOLO 34
CAPITOLO 36
CAPITOLO 37
CAPITOLO 38
CAPITOLO 39
CAPITOLO 40
CAPITOLO 41
CAPITOLO 42
EPILOGO
SPECIALE 1
Nuova storia ❀

CAPITOLO 35

848 81 28
Galing kay KM_2026

Quella frase così innocente era scivolata fuori dalla bocca di Jin con una semplicità incredibile. La stessa semplicità con cui Jimin aveva fatto scivolare quel bicchiere. La stessa che mi aveva frantumato il cuore.

Ospedale.

Cosa ci faceva Taehyung in ospedale? Perché mi aveva mentito? Perché non me lo aveva detto? Cosa mi stava nascondendo?

L'attenzione dei ragazzi tornò presto su di me, aspettandosi una reazione da parte mia, una risposta, un'azione. La mia faccia però parlava abbastanza chiaramente. Non ne sapevo nulla. E anche gli altri se ne accorsero. I loro sguardi si cercarono per capire come comportarsi e se fosse il caso di dire qualcosa. Nessuno parlò. Quel silenzio mi stava soffocando, mille pensieri si stavano affollando nella mia testa, uno sull'altro, logorandomi.

Dovevo andarmene.

"Io vado, scusate, ci vediamo" e, detto ciò, uscii. Non corsi fuori, non feci grandi scenate. Salutai e me ne andai.

Mi sembrava tutto così irreale, come se stessi vivendo in un gioco di ruolo e avessi appena parlato ad un npc. Solo che, invece di sentirmi dire una qualsiasi frase inutile e totalmente priva di senso, quello che avevo ascoltato aveva appena cambiato totalmente le regole del gioco.

Io amavo lui, lui amava me. Eravamo sempre stati onesti l'uno con l'altro. Sinceri e diretti.

Ma ora lui mi aveva mentito, cancellando in questo modo ogni certezza che avevo riposto nella nostra relazione.

C'erano state altre bugie in passato? Ce ne sarebbero state altre in futuro? Ma soprattutto, ci sarebbe stato un futuro per noi?

Basta un solo errore per far crollare il più bello dei castelli di carta. Ma noi eravamo questo? Non era ciò che volevo che fossimo. Volevo costruirlo con lui il nostro castello, mattone dopo mattone. E mi ero sempre ripromesso di ricostruire insieme quel castello se mai fosse caduto. Perché ne valeva la pena. Per lui ne valeva la pena.

Ma ora? Ora che mi trovavo in mezzo a quelle macerie ne valeva ancora la pena?

Sentivo di star pensando troppo. Infondo non sapevo nulla. Sì, era vero, mi aveva mentito, aveva sbagliato, ma forse non era corretto dargli la colpa di tutto. Forse lo aveva fatto per un motivo. Certo, qualsiasi sarebbe stata la ragione, una menzogna è sempre sbagliata.

Dovevo parlarne con lui. Era la cosa più giusta da fare, no? No.

Lui mi aveva tenuto all'oscuro di tutto, mi aveva fatto soffrire. Non era l'unico che era stato male per questa situazione. Ero stanco anche io, facevo fatica a dormire, avevo perso l'appetito e non riuscivo a concentrarmi durante le lezioni. E questo perché lui aveva deciso di non parlarmene, perché evidentemente io non ero sufficiente. Evidentemente secondo lui noi non saremmo stati in grado di superare quella cosa.

La preoccupazione e la comprensione si tramutarono in rabbia.

Ero arrabbiato con lui. Perché se ora mi trovavo in quella situazione era solo colpa sua. Era così, vero? O era il risentimento a parlare? Non lo sapevo, non riuscivo a pensare lucidamente.

"Ho finito, ti raggiungo? - KTH"

Hai finito cosa? La riunione con il professore? Non sapevo che professore fosse un sinonimo di ospedale.

Ero furioso. Per quanto aveva intenzione di continuare a mentirmi? Chiusi la chat con rabbia e cercai il suo numero tra le chiamate recenti. Stavo sbagliando, lo sapevo, ma ciò non mi impedì comunque di premere quella cornetta verde.

"Ehi amore, ora arrivo, tutto bene?"

Come faceva a fingere così bene? Mi avrebbe detto la verità se lo avessi messo all'angolo?

Non mi premurai neanche di salutarlo. Andai dritto al punto cercando di vedere se si sarebbe tradito da solo.

"Come mai è durato così tanto l'incontro? Il prof ti ha dato nuovo materiale?"

"Sì, è stato un pomeriggio stancante, siamo stati tutto il tempo a disegnare e a sistemare il progetto."

"Hai finito ora?" provai di nuovo.

"Sì, sono appena uscito, ma tutto bene? Hai una voce strana."

Ma ero stupido secondo lui? Capita di dire delle bugie, ma evidentemente lui pensava di star parlando con un coglione.

"No, non sto bene" risposi secco.

"È successo qualcosa?" mi chiese preoccupato, ignaro del fatto che sì, qualcosa mi era successo: avevo scoperto che il mio fidanzato mi mentiva. E siccome lui mentiva a me, perché io non potevo farlo con lui?

"No, ho solo mal di testa. Sto andando al dormitorio, non venire al bar."

"Ormai mi sono avviato, vengo da te e stiamo un po' in casa insieme? Così ti riposi."

"No, ho bisogno di dormire. Ti scrivo quando sto meglio."

Chiusi la chiamata senza neanche dargli il tempo di rispondere. Non mi ero meritato una risposta in tutti quei giorni, quindi perché riceverne una ora che per di più non volevo?

Ero arrabbiato, ma soprattutto ero deluso.

D'improvviso il sole non mi solleticò più la pelle, ma mi diede un fastidioso prurito. Ogni boccata d'aria che mi entrava nei polmoni mi dava un senso di malessere generale. Accelerai il passo. Volevo solo arrivare al dormitorio e mettermi a letto.

Infilai la chiave fredda nella toppa e la girai lentamente. Avevo avuto così tanta fretta di arrivare che, una volta veramente arrivato davanti a quella porta, tutto mi sembrò rallentare. Il fiato corto che avevo avuto fino a quel momento si stava regolarizzando, ed in realtà anche i miei pensieri, sovraffollati e caotici, stavano cercando un angolo della mia testa in cui ammucchiarsi disordinatamente, in attesa di essere studiati e districati uno alla volta.

Ero stanco, avevo dormito poco e male la sera prima, così come in realtà molte altre sere. Sbuffai, aprii la porta ed entrai in quella camera in penombra. Mi sdraiai sul letto senza neanche togliermi le scarpe o cambiarmi, avvicinando le ginocchia al petto. Ed eccolo il freddo. Quel freddo che ti assale quando l'oscurità di avvolge, che ti penetra nelle ossa partendo dal cuore.

Avevo freddo. Avrei solo voluto che Taehyung potesse abbracciarmi. Lo volevo veramente? Nonostante mi avesse mentito? Sì, la risposta purtroppo era sì. Sapevo di dover essere arrabbiato con lui, e lo ero, solo che ero anche tanto stanco. Stanco di tutto, della situazione che andava avanti da giorni, dagli incubi, dall'università.

Ero così stanco che alla fine, un paio di ore più tardi, il sonno ebbe la meglio sui miei incubi e pensieri.






Mi svegliai la mattina dopo, avvolto nella stessa oscurità dell'incubo che mi aveva tanto segnato e che sembrava essere ora diventato realtà. Però questa volta ero solo, non c'era nessuno ad abbracciarmi. Ci sarebbe stato in futuro? Scossi la testa cercando di scacciare via quei pensieri. Non volevo ricominciare a pensare.

Solo una decina di minuti dopo realizzai di trovarmi senza scarpe e sotto alle coperte. Sorrisi guardando il mio compagno di stanza dormire nel suo letto. Non avevo la minima idea di come avesse fatto a spostarmi e coprirmi, ma sicuramente avrei dovuto ringraziarlo perché altrimenti mi sarei sicuramente svegliato con un bel febbrone. Anche se, a dirla tutta, non mi sentivo comunque benissimo.

Faticai ad alzarmi, mi girava la testa e sentivo sempre più caldo. Barcollai fino al bagno. Non mi specchiai nemmeno, non volevo vedere le condizioni pietose in cui mi trovavo. Afferrai il provino, un'aspirina, e tornai nel letto.

Come sospettavo: febbre. Presi l'aspirina e mi rigirai nel letto sperando di riaddormentarmi. Avere la febbre significava essere confinato lì senza avere la forza di studiare né fare qualsiasi altra cosa che non implicasse il letto. Ero bloccato con i miei pensieri.

Cosa avrei dovuto fare? Per quanto avrei ignorato Taehyung? Sentivo la testa farsi sempre più pesante. La temperatura stava salendo nonostante l'aspirina. Meglio, almeno sarei stato così male da non riuscire neanche a pensare. Non ricordo altro della giornata, solo qualche momento confuso in cui JianPu mi venne a dare da bere per non farmi disidratare, a provarmi la febbre e darmi qualche medicina.






"Jungkook, come ti senti?"

"Mmh" risposi tirandomi la coperta fin sopra alla testa nascondendomici sotto.

"Lo so che ti è passata la febbre, quindi non fare mmh."

Non dissi nulla.

"Hai saltato le lezioni ieri, se ti senti meglio oggi dovresti andare o resterai troppo indietro" continuò JianPu, sperando in una mia risposta che però non arrivò.

"Senti...Taehyung mi ha scritto. Vuole sapere come stai..." mi disse incerto sulla questione.

"Non rispondergli."

"Come stai facendo tu da due giorni?"

"Non sono affari tuoi" risposi freddamente girandomi verso il muro.

Sentii la coperta venirmi tolta con uno scatto e quel tepore in cui mi ero crogiolato fino a quel momento sparire.

"Non sono affari miei? Seriamente? Secondo te com'è stato vederti preoccupato per lui senza sapere cosa fare per aiutarti? Cercare di non invadere i tuoi spazi, di sviare l'argomento ogni qualvolta poteva diventare pericoloso per te? Credi mi sia divertito a vederti soffrire? Anzi, a vedervi soffrire entrambi. No, non è stato piacevole neanche un po'. Eppure sono stato qui pronto per te se ne avevi bisogno, a provarti la febbre ogni quattro ore per vedere se ti si abbassava. Hai passato tutto ieri pomeriggio a leggere i suoi messaggi senza aprirli, non hai neanche le palle di fargli vedere apertamente che lo stai ignorando. Jeon ti devi svegliare. Devi andare a parlare con lui. Non puoi restartene qui per sempre lo capisci?"

Non me lo aspettavo sinceramente. Ero stato così concentrato su di me e su Tae che non avevo pensato che anche le persone intorno a noi potessero risentire di ciò che stava accadendo. Aveva ragione lui, lo sapevo. Ma era difficile reagire.

Rimasi in silenzio qualche secondo prima di alzarmi dal letto e mettermi in piedi di fronte a lui. Non sapevo cosa dire, per cui semplicemente feci un passo verso di lui e lo strinsi in un abbraccio sperando che quel gesto potesse valere come mille parole.

"Sì, lo so che mi vuoi bene, ora mettiti le scarpe ed esci di qua" disse lui stringendomi più forte.

"Devi sempre rovinare tutto vero?" chiesi sciogliendo l'abbraccio.

"Chiaramente" rise lui.

Avevo alzato un muro nei confronti di tutti quando in realtà ce l'avevo con solo una persona, e non ero neanche sicuro chi fosse quella persona. Taehyung o me?

Però JianPu era riuscito ad aprirsi un varco per darmi un meritato schiaffo morale. Aveva ragione, come sempre. Dovevo parlarne con Tae, non potevo continuare ad ignorarlo.

Ormai avevo saltato le lezioni il giorno prima e sicuramente il coraggio che avevo tirato fuori in quel momento non sarebbe durato a lungo, per cui l'università avrebbe aspettato di nuovo. Mi misi le scarpe ed uscii più veloce che potevo. Non potevo aspettare ancora, dovevo chiarire quella situazione.

Le mie gambe si muovevano velocemente e senza che me ne rendessi conto ero già arrivato sotto al suo appartamento. Non gli avevo detto che sarei passato, e conoscendolo, dato l'orario, stava probabilmente dormendo, o almeno speravo date le sue ormai persistenti occhiaie.

La porta del condominio, fatiscente come il resto della struttura, era già aperta, come per dire "non abbiamo paura dei ladri, tanto qui non c'è nulla da rubare". Entrai lasciandola socchiusa dietro di me, feci un respiro e salii le scale.

Non mi aspettavo certamente di suonare il campanello e di essere accolto immediatamente, generalmente Tae ci metteva secoli ad aprire. Eppure la porta si aprì subito davanti a me. Probabilmente, data la sua espressione, Taehyung era sorpreso tanto quanto me, non si aspettandosi di vedermi lì.

Rimase in silenzio senza sapere cosa dire, semplicemente mi guardò. Il mio sguardo invece vagò su tutta la sua figura fino a fermarsi sulla mano, in cui stringeva una lettera. Riconobbi subito il logo giallo e rosso che svettava sulla carta bianca.

Ero andato lì con tutte le più buone intenzioni, ma una volta vista la lettera dell'ospedale tutta la mia lucidità sparì. La rabbia e la preoccupazione si mischiarono in uno stato di inquietudine. Dovevo sapere.

"Ora basta" dissi supplicandolo con gli occhi.

"...Jungkook."

"Ti prego, basta. Devi dirmi cosa c'è che non va."

"Non c'è nulla che non va, è solo che...non...io..." la sua voce si abbassava ad ogni parola, le mani torturavano i polpastrelli. Lo faceva sempre quando era agitato o quando mi mentiva.

"Basta cazzate Tae. Voglio la verità" dissi freddamente.

Gli afferrai le mani bruscamente. Ero arrabbiato, non con lui, ma per essere arrivato a questa situazione senza riuscire a risolverla prima.

"Perché mi hai mentito? So che sei andato in ospedale" dissi fissando i miei occhi nei suoi sfuggenti. "Ti ho creduto fino ad ora. Mi sono preoccupato, ho sofferto vedendoti stare male. Dimmi cosa c'è, ti prego" mi tremò la voce. Non volevo cedere, non volevo piangere, ma ogni emozione che avevo tenuto dentro sembrava star cercando di uscirmi dal petto in quel momento.

Ero al limite, così come lo era lui.

Fu il tremolio della mia voce a convincerlo a guardarmi negli occhi. Era spaventato, triste. Non sapevo cosa pensare, l'ansia iniziò a salirmi nel petto.

Ebbi paura a pronunciare quelle parole, ma il mio cervello riuscì ad elaborare solo quel pensiero che nei giorni precedenti avevo cercato di eliminare.

Lo chiesi con la voce ancora tremante, gli occhi velati da lacrime salate che minacciavano di uscire da un momento all'altro.

"Sei malato?"

Una lacrima solitaria trovò la sua strada lungo la mia guancia. I suoi occhi, che fino a quel momento erano stati pieni di paura, si riempirono di dispiacere. Mi prese il volto tra le mani e mi guardò dritto negli occhi.

"No, Jungkook, sto bene...scusami io...non pensavo... Sto bene. Jungkook sto bene te lo giuro."

A quelle parole sentii un peso in meno sullo stomaco, come se tutte quelle preoccupazioni che avevo accumulato mi avessero finalmente abbandonato. Quella felicità che mi pervase per una frazione di secondo venne però soppiantata presto dalla cruda realtà.

"Kook...devo partire."

Lo sussurrò, pronunciò quelle parole in un soffio. Sperai che fosse stata la mia immaginazione tanto aveva pronunciato quelle parole impercettibilmente. Ma le aveva dette e io le avevo sentite. Improvvisamente il tocco delle sue mani sul mio volto si fece freddo. Non lo percepivo più accanto a me, non sentivo più nulla, come se il tempo si fosse fermato.

Le ticchettio delle lancette dell'orologio rimbombò nella stanza. Il tempo alla fine scorre sempre. Non puoi tornare indietro, non puoi rallentare il futuro e non puoi fermare il presente. E quel presente ora mi era piombato addosso come una doccia gelata, quel presente mi aveva fatto sentire la terra sgretolarsi sotto i piedi.

Avevo la gola completamente secca, così come i miei occhi che, se fino a poco prima minacciavano lacrime, ora guardavano il vuoto davanti a me in cerca di risposte.

"Partire? Non capisco."

"A giugno partirò per il servizio militare."

"Quando lo hai deciso?" chiesi spostando le sue mani dal mio viso.

"Due settimane fa."

Non dissi nulla. Non riuscivo a dire nulla, non riuscivo neanche ad elaborare quello che mi stava dicendo. Non era vero. Era tutto un sogno.

"La lettera dell'ospedale...Erano i test di idoneità fisica."

Allungò una mano verso di me, ma mi spostai evitandola. Non volevo che mi toccasse, non volevo sentire la sua voce o le sue spiegazioni, perché avrebbero reso tutto reale quello che speravo fosse solo un brutto incubo.

"Jungkook, dì qualcosa per favore."

Ma io non dissi nulla. Non lo guardai nemmeno negli occhi. Mi voltai ed uscii da quell'appartamento, che in quel momento mi parve più piccolo del solito.












***** spazio autrice *****

In realtà non so che dire, ma spero di leggere tanti commenti.

Ecco cos'è successo. Non preoccupatevi perché spiegherò meglio il punto di vista di Taehyung quindi, anche se si è comportato male, siate clementi nei suoi confronti ahahah

Diciamo che non lo ha proprio "deciso due settimane fa", è un po' più complesso di così, ma Jungkook non gli ha dato la possibilità di spiegarsi e sinceramente spero riuscirò a spiegarvi meglio io nei prossimi capitoli.

Altro da aggiungere non so, le interazioni tra Koo e P per me sono sempre molto importanti perché in realtà riporto frasi e cose che ho detto / pensato veramente in una mia specifica relazione. Scrivendo il loro dialogo mi sono resa conto che questa persona mi vuole molto bene anche se io continuo a pensare che non sia vero. Invece è vero, quindi nulla, ci tenevo a farvi sapere che i miei personaggi mi aiutano a capire tante cose di me stessa e spero potrà essere lo stesso per voi.

E nulla, spero di ricevere dei feedback da voi, grazie per essere sempre qui a leggere questa storia. E grazie a quelle persone che mi hanno aiutata per il dubbio che avevo ieri sera, siete state gentilissime.

Ipagpatuloy ang Pagbabasa

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