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De _-sapphichaos

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os scritte da me per i contest o non. Mais

Avviso
II. Un angolo di paradiso

I. I don't know anything, but I know I miss you

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De _-sapphichaos

«Claire, io e tua madre dobbiamo parlarti, esci dalla tua stanza.» la chiamò il padre, ma Claire non usciva. Claire non usciva mai dalla sua stanza.

«Dite quello che volete farmi sapere a Vivianne, mi riferirà tutto.» rispose.

«Ti abbiamo trovato marito, possiamo parlati almeno di questo, senza avere bisogno di messaggeri?» sbottò la madre.

«Un marito? E perché mai dovrei avere bisogno di un marito?» la faccenda diventava interessante, oltre che scomoda, e la ragazza si alzò dal suo soffice letto completamente bianco.

«Tra poco avrai l'età per governare, ma sai bene che non puoi farlo da sola.»

«E se fossi un maschio potrei, vero?»

«Non è questo il punto, esci e ne parliamo.»

«Potete dirmi prima chi sarebbe lo sfortunato? Se ne varrà la pena uscirò.»

Sicuro che il pretendente avrebbe incuriosito la figlia, il padre disse: «Il principe del Regno d'Estate. È un giovane affascinante, colto e soprattutto potente. Il tuo perfetto futuro sposo.»

«Arrivo.» la ragazza uscì dalla stanza camminando in punta di piedi, quasi perdendosi tra gli infiniti e tortuosi corridoi che non attraversava ormai da tempo.

«La principessa arriverà a momenti.» assicurò intanto il re, preoccupato per la lunga attesa.

Ma la principessa non sarebbe arrivata.

La neve ruvida e piena di schegge ghiacciate le graffiava i piedi, il vento gelido le muoveva la veste e i capelli e l'aria invernale trasformava il suo respiro affannato in fumo denso e chiaro, ma lei continuava a correre via da quel matrimonio che la terrorizzava.

Non era la prima volta che i suoi genitori le facessero una proposta simile e non era la prima volta che lei la declinava, ma evidentemente non era stato abbastanza: questa fuga doveva far capire loro quanto detestasse l'idea di un matrimonio, per di più combinato con il solo scopo di unire i due regni. Le sembrava una gabbia e lei voleva scappare da questa ancor prima di venirvi rinchiusa.

«Quanto si farà ancora aspettare la mia futura genera?» sbottò il Re d'Estate, che certo non aveva tempo da perdere dietro ai capricci di una ragazzina.

«Papà, andiamocene. Troveremo una giovane principessa anche nel nostro Regno.» lo pregò per l'ennesima volta il principe Emilien, che cercava solo una buona scusa per evitare o rimandare il più possibile quell'incontro in cui gli adulti in quella stanza avrebbero deciso a tavolino il suo destino.

•°•°•

«Non posso credere che abbiamo sprecato tutto quel tempo per combinare un matrimonio...» esordì Emilien, una volta a casa, «almeno ora vi siete convinti a lasciar perdere questa storia assurda?»

«Perché mai? Oh Emilien, smetti di sognare il grande amore, hai dei doveri, delle responsabilità; la tua unione con la principessa è conveniente, necessaria.» rispose la madre, senza nemmeno guardarlo negli occhi.

«La mia felicità non conta forse più di uno dei vostri affari?»

«Non è solo uno dei nostri affari, è l'unione di due regni, di due corone. Non puoi opporti.» ribatté quella con fermezza.

"Ah no? Vedrete." pensò tra se e se, mettendo in moto la sua mente per escogitare qualcosa.

La mattina seguente, quando il palazzo d'Estate non si era ancora risvegliato, il giovane principe usciva silenziosamente dalle stalle con uno dei cavalli reali, pronto a scappare da quel Regno e, soprattutto, da quel matrimonio che tutto sarebbe stato, tranne che un atto di amore.

La fuga procedette spedita, senza intoppi né tantomeno ripensamenti: anche ne avesse avuti, in fondo, sarebbe stato ormai tardi.

Quando il Sole era nel punto più alto del cielo ed Emilien si trovava nei pressi del Bosco delle piogge, però, il suo cavallo iniziò a mostrarsi un po' stanco. "Sarà meglio fermarmi qui per un po'. Posso approfittarne anche per mettere qualcosa nello stomaco." pensò.

«C'è qualcuno? Chi siete?» sussurrò una voce soffice e cristallina, che sembrava provenire dagli alberi.

«Sono un fuggiasco, cerco riparo. Chi siete voi?» rispose, nascondendo una parte della verità.

«Scappo anche io, dai miei doveri.» si sentì dire, mentre la ragazza a cui apparteneva quella voce si faceva avanti: aveva i capelli chiari come la neve, gli occhi grandi e celesti come due pozze d'acqua limpida, i lineamenti e la corporatura delicata e la pelle che riportava i segni che le aveva lasciato la fuga, evidentemente ben più brusca e priva di mezzi della sua. «Mi chiamo Claire.»

«Emilien.»

Quel nome le suonava familiare, ma non ricordava dove lo aveva già sentito. Di una cosa era però certa: era un nobile. Impossibile non accorgersene, per il cavallo curato e docile, i vestiti raffinati, il portamentento sicuro e l'aspetto tutt'altro che trasandato. Gli occhi e i capelli color ambra, la carnagione abbronzata e l'odore inconfondibile del mare dell'animale le suggerivano anche che venisse dal Regno d'Estate.

«Seguitemi.» gli propose, facendogli strada in mezzo ai rami, conducendolo in un piccolo riparo nel quale si era rifugiata la notte prima, stremata dalla corsa che l'aveva portata tanto lontana da casa, ma tanto vicina alla libertà.

«Diamoci del tu, è più semplice.»

«Come preferisci.»

Arrivarono nel mezzo del bosco, davanti ad un laghetto ghiacciato circondato da alberi spogli e colmi di neve: sotto alcuni di questi, bruciava un fuoco che li avrebbe tenuti al caldo. «È il meglio che ho potuto fare.» disse Claire, sfregandosi le mani accanto alle fiamme.

Nessuno dei due aveva pensato di portare con se viveri di alcun tipo, per cui si arrangiarono per quel giorno con ciò che trovarono nei dintorni. «Non possiamo andare avanti così per molto.» osservò lei.

«Molto? Quanto pensi di rimanere qui tu, scusa?» le chiese, sorpreso.

«Visto il motivo per cui scappo, non so se mai tornerò indietro. Ma certo, non resterò qui quando avrò un posto migliore dove andare.»

A quelle parole, Emilien ebbe un'idea.

«Non molto lontano dalla mia vecchia casa, c'è una casupola abbandonata, ma ancora in buone condizioni. È vicina al castello reale, quel posto è pieno di buon cibo e rubarne un po' non sarà difficile.» propose il principe.

Claire accettò senza nemmeno pensarci e subito dopo erano entrambi in viaggio sul dorso del cavallo straordinariamente in forze, ma questa volta con una meta precisa. Rischiarono di sbilanciarsi più di una volta, nella frenesia della corsa del destriero, e la ragazza strinse le sue braccia pallide e gracili al torace dell'altro, in cerca di protezione, appoggiandosi completamente a lui.

Emilien venne colto alla sprovvista da quel gesto di fiducia, ma anche di affetto, e sorrise, voltandosi velocemente a guardarla, per poi tornare a concentrarsi sul percorso, con una strana sensazione da cui non riusciva a liberarsi.

•°•°•

Passarono nella dimora quasi un intero mese, vivendo in segreto, uscendo solo quando non sarebbero stati riconosciuti e procurandosi il necessario con piccoli furti nelle dispense del castello reale.

Non ci volle poco perché i due iniziarono a conoscersi davvero, ad affezionarsi l'uno all'altra. Gli iniziali muri ghiacciati che Claire aveva cercato di costruire tra loro per evitare di legarsi al ragazzo erano stati sciolti dai suoi sorrisi caldi e piano piano si era riuscito ad insinuare nel suo cuore gelido. Allo stesso tempo questa l'aveva ammaliato con la sua voce cristallina e i suoi occhi che sembravano due meravigliosi fiocchi di neve, di un azzurro così diverso da quello del mare a cui era abituato, da restare impressi nella sua mente.

Ad interrompere quest'atmosfera, arrivò, una mattina, una visita indesiderata. Era Nicolas, fedele servitore dei sovrani d'Estate, mandato da quest'ultimi a riprendere Emilien, di cui avevano finalmente scoperto il nascondiglio.

Le preghiere furono inutili, così come ogni altro tipo di resistenza e, a malincuore, fu costretto a lasciare sola la sua Claire, senza poterla prima salutare un'ultima volta.

«Emilien? Sei sveglio?» cercò di chiamarlo lei una volta in piedi; quando non ricevette risposta iniziò a preoccuparsi e a girare nervosamente per la piccola casa. «Emilien non fare scherzi, dove sei?» continuava a gridare sempre più forte, ma ormai si era arresa anche lei. Emilien se n'era andato, senza lasciarle altro che il suo cavallo.

Pianse come mai aveva fatto, le lacrime salate uscivano prepotentemente dai suoi occhi e i singhiozzi erano tanto forti da riempire tutte le stanze. Restare lì a quel punto non aveva più un senso e l'unica cosa che le sembrava di poter fare era fuggire. Di nuovo.

Prese il cavallo che le aveva lasciato Emilien e iniziò a cavalcare senza una vera meta, ma lontano, lontano da lì. Attraversò il confine del Regno d'Estate e vide in lontananza il palazzo in cui era cresciuta, con le torri tanto alte da sparire dietro le nuvole cariche di neve e le sembrava di sentire i suoi genitori bussare alla sua porta, pregandola per l'ultima volta di uscire, e di vedere Vivianne che la cercava disperata, senza dire al Re e alla Regina che la figlia fosse scomparsa. 

Fu lì che tornò, in quella camera dalla quale si era sempre rifiutata di uscire. Tornò a rifugiarsi nell'enorme e soffice letto, bagnando il cuscino con il suo pianto continuo e chiedendosi cosa avesse spinto quel ragazzo tanto dolce ad abbandonarla così.

«Sono stato costretto a fuggire, come potete non capirlo?» urlava quello ai genitori. «Volevate vendermi al migliore offerente come la più banale delle merci, e mi domandate perché sono scappato?»

«Il matrimonio si farà come programmato.» ribatté il padre, impassibile.

«Quando?» fece l'altro, quasi sussurrando; non ottenne risposta. «Vi ho chiesto quando!» alzò la voce, con le lacrime che gli rigavano il volto abbronzato.

«Tra due giorni.» rispose la madre.

«Due...due giorni?»

«Esatto. Ora tornatene in camera.»

Obbedì e una volta nella sua stanza, chiuse violentemente la porta, travolto dalle emozioni; non sapeva come esprimere tutto quello che provava, per cui decise di scriverlo, in una lettera. Una lettera per Claire, a cui sapeva che non sarebbe mai arrivata.

"Cara Claire,
Scusami, se ti sei svegliata e non mi hai trovato con te, se sono sparito senza dirti nulla, se ti sei sentita abbandonata. Non volevo andarmene, ma sono stato costretto a tornare nella prigione da cui ero scappato: la mia casa. E non solo; devo sposarmi, con una sconosciuta che so già non amerò mai, perché non è te. Dopo infondo così poco che ci conosciamo, sono pronto a consegnarti il mio amore e spero vivamente di ricevere il tuo in cambio. Oh, Claire, forse hanno ragione: sono ancora così giovane, non so niente; ma so che mi manchi.
Tuo per sempre,
Emilien."

Prendendo un altro cavallo dalla stalla, andò a portare la lettera nel bosco dove aveva conosciuto quella ragazza incantevole, nella speranza che lei potesse mai trovarla.

•°•°•

Passarono due giorni, era ormai il momento delle nozze e tutto era pronto, tranne i due futuri sposi: entrambi ancora profondamente contrari.

Il matrimonio si sarebbe tenuto nel giardino del futuro palazzo dei due, al confine dei regni dai quali provenivano, che era stato allestito maestosamente ed ospitava già tutti gli invitati, in trepidante attesa.

Emilien era lì già da un po' mentre, come consuetudine, Claire si stava facendo aspettare e attendeva con puro terrore il momento in cui avrebbe camminato verso l'altare e pronunciato quel tanto sofferto "Sì, lo voglio."

Sofferto, perché no, lei non lo voleva assolutamente ed era fermamente convinta di questo, così come lo era lui.

Ma questa convinzione abbandonò le loro menti nell'istante stesso in cui si guardarono e si riconobbero.

«Claire?» fece Emilien, pieno di stupore e meraviglia.

«Emilien?» fece Claire, piena di gioia e conforto: quel "Sì, lo voglio" tutt'a un tratto non sembrava più tanto sofferto e quel matrimonio non sembrava più tanto una prigione.

Andava tutto bene.

•°•°•

𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐬𝐭 𝐝𝐢 kjtsvne

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