Hurts Like Hell | Jily

By Petitcheri

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James Potter è arrivato al settimo anno con una maturità che sorprende i più. E' il solito sbruffone un po' t... More

0. Premessa
1. Seppellitemi con dei gigli
2. Nano da giardino.
3. Api frizzole e succo di zucca
4. Poppy, l'ha reso cieco.
5. Infame, questo è un colpo basso.
6. Come sono andate le vacanze, Evans?
7. Hai la mia benedizione
8. Io ho sempre il comando
9. Due chiacchiere, diciamo così
10. Sicura di non essere una Serpe?
11. Abbiamo fatto una scommessa
12. Doccia e confessioni
13. Passerà, in un modo o nell'altro.
14. Forse, Potter, forse.
15. Non ho mai
16. Fatevi avanti, fanciulli
17. Torna a dormire, Evans
18. Ho fatto un casino
19. Gli passerà mai?
20. Svegliato di buon umore, Pot?
21. Un'ultima volta
22. Fatevi gli affaracci vostri
23. Posso venire anche io?
24. Le sue preferite
25. Solo gli stolti non cambiano mai idea
26. Che sarà mai
27. Dimmi pure, Olsen
28. Sono qua con te, Anthony
29. È pieno di ragazzacci in giro
30. Sullivan a che ora arriva?
31. Stai buona, Evans
32. Torna da me
33. Respira
34. Io non volevo
35. Siamo tornati a Potter, ora?
36. Tutto il tempo
37. Genialità, studio e talento
38. Siamo una famiglia
39. Siamo noi... tutti noi.
40. Buongiorno, dormiglione
41. Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso
42. Bella, brava e bellissima
43. Terra chiama Lily
44. Bisogna crescere, James
45. Tre ore
46. Maledetto Potter
47. Che pensi, Evans?
48. Si fa quel che si può
49. Non provare a seguirmi
50. Passato, presente e futuro
51. Non posso lasciarti andare
52. Teglia di biscotti
53. Non potevi dire parole migliori
54. Elastico azzurro
55. Casa (I Epilogo)
56. 1978 (Parte I)
57. 1978 (Parte II)
59. 1979 (Parte II)
60. 1979 (Parte III)
61. 1980 (Parte I)
62. 1980 (Parte II)
63. 1980 (Parte III)
64. 1981 (Parte I)
65. 1981 (Parte II - Helium)
66. 1981 (Parte III - Hurts Like Hell)
Epilogo
Ringraziamenti
Fallin' All in You

58. 1979 (Parte I)

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By Petitcheri

| Eccomi! Bentornati a tutti! 

Vi annuncio che mancano 8 capitoli + l'epilogo alla fine della storia... mi sembra assurdo! 

In compenso, ho già in mente la prossima e no, non sarà così tragica, giuro! Anzi, molto meno dramma del previsto :') Spero di riuscire a iniziare a scriverla presto, così da pubblicarla poco dopo la fine di HLH! 

Detto ciò, godetevi il capitolo e, come sempre, lasciate commenti e stelline

~

Gennaio

~

C'era una sola cosa in grado di innervosire così tanto James Potter da farlo quasi ringhiare dalla rabbia: la sveglia.

Complice la sua naturale attitudine ad addormentarsi sempre per ultimo, nonostante la stanchezza della giornata e la fatica sopportata, alle più tarde ore della notte, il suono acuto di quell'aggeggio infernale gli faceva contrarre i muscoli dal nervoso sin da bambino.

Eppure, nel freddo glaciale dei primi giorni del primo mese di quel nuovo anno, James aveva imparato ad accettare quel suono, quasi ad apprezzarlo

Apriva gli occhi con uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, si voltava appena alla sua sinistra ed eccola lì. Quasi sorda al rumore, Lily dormiva beata, immersa nel piumone bianco che tanto risaltava il rosso dei suoi capelli. James passava qualche secondo ad osservarla, accarezzandole con lo sguardo ogni centimetro di pelle scoperta, dalle sopracciglia rossicce alle lentiggini sul naso, alla bocca rosea socchiusa in un sospiro. Si beava del calore che il suo corpo emetteva accanto al suo sotto le coperte, le sfiorava piano un fianco, o la schiena, o un braccio, incapace di smettere di pensare che quello, proprio quello, fosse il momento migliore della giornata.

In base ai turni di lavoro, James la svegliava con qualche bacio o la lasciava dormire, passandole semplicemente una mano sulla guancia in una lieve carezza di saluto. Scendeva le scale sbadigliando, entrava in cucina tra i miagolii e le fusa di Monet -Lily e la sua passione per l'arte avevano vinto contro il fallimentare tentativo di James di chiamarlo Puddle in onore della sua squadra del cuore- e beveva una grande tazza di caffè, mangiucchiando un biscotto e accarezzando il pelo arruffato del gattino guardandosi intorno con un sorrisetto tra i denti.

La casa di Godric's Hollow ancora lo sorprendeva, anche dopo giorni.

Presi dall'entusiasmo di quella nuova esperienza, i ragazzi avevano mandato all'aria il piano di aspettare almeno la fine di Gennaio per muoversi. Avevano provato a trattenersi, davvero, ma era bastato un incitamento di Euphemia e uno scambio di sguardi per farli ribollire dalla voglia di iniziare quella nuova avventura. E così avevano iniziato a organizzare pulizie e trasloco già dai giorni seguenti il Natale, aiutati dai loro immancabili amici -Alice era scoppiata a piangere disperata dall'essersi persa l'annuncio a Natale- e dai genitori, contenti di veder nascere il loro nido d'amore giorno dopo giorno.

James ridacchiò, ripensando a quanto avesse temuto un pugno dritto sul naso da Christofer Evans quando, la sera di Natale, Lily aveva comunicato loro la scelta di andare a vivere insieme. Sorprendendolo, Christofer aveva semplicemente stirato un piccolo sorriso, allungando una mano e afferrando quella di Lily.

"Mi fa stare più tranquillo", aveva detto, voltandosi poi verso James con uno sguardo serio ma addolcito, "sapere che hai sempre qualcuno al tuo fianco che ti proteggerebbe a ogni costo."

Marigold si era affermata entusiasma, aveva preteso di vedere la casa nell'immediato e di poterli aiutare, e James quasi si emozionava al ricordo di tutti i loro genitori in salotto, a ridere e scherzare insieme mentre -con magia e senza- aiutavano a spostare mobili o togliere la polvere.

"Dormi in piedi?"

James si voltò verso la porta della cucina, dove Lily lo osservava sorridente, le braccia incrociate sotto al seno e la spalla contro lo stipite. Aveva ancora i segni del cuscino sul volto, il pigiama stropicciato e i capelli disordinati quasi quanto i suoi, ma James non riusciva a immaginare nulla di più bello di lei.

"Non hai il turno del pomeriggio?" Le rispose lui, posando la tazza vuota nel lavandino e avvicinandosi.

"Vorrei dirti qualcosa di dolce come volevo salutarti o volevo vederti prima del lavoro, ma sarò brutalmente onesta: mi stava scoppiando la vescica"

James scoppiò a ridere, scuotendo la testa e raggiungendola con una falcata. Le posò le mani sui fianchi, si chinò in avanti e, finalmente, la baciò.

"Mmm" mugugnò, ancora fermo sulle sue labbra, "ringraziamo la tua vescica incontinente per una volta"

Lily ridacchiò, prima di stringergli le braccia al collo e approfondire il bacio.

Forse forse, un giorno, James avrebbe imparato ad apprezzare il suono della sveglia un po' di più.

-

Quando Marlene giunse all'indirizzo giusto, Sirius la stava già aspettando.

Poggiato contro una colonna, una gamba piegata e l'altra stesa a sostenerlo, teneva tra le dita una sigaretta babbana, l'altra mano nascosta nella tasca del mantello invernale, sicuramente a tenere la bacchetta pronta.

Marlene si avvicinò velocemente, osservando incuriosita il palazzo alle spalle del ragazzo. Era una costruzione piuttosto recente per gli standard della zona, in una traversa poco distante dalla via principale di Diagon Alley. Illuminata da altissimi lampioni scuri, sembrava piuttosto curata, nonostante il bruttissimo periodo che la zona stava vivendo, tra la paura della guerra e le voci di falsi -o meno- attacchi vicino.

"Cosa abbiamo fatto l'ultimo giorno ad Hogwarts?" Esordì il ragazzo, senza neanche guardarla.

Marlene sorrise, alzando gli occhi al cielo.

"Da quando in qua fumi, Black?"

Sirius la guardò con la coda dell'occhio, trattenendo una risatina.

"Non hai risposto, Mc"

"Abbiamo ballato. E mangiato cioccolatini, come..."

"...una vecchia coppietta sposata" concluse lui per lei.

Marlene, finalmente, percorse gli ultimi passi che la dividevano dal ragazzo. Allungò una mano e, senza fiatare, gli prese la sigaretta, facendola sparire con un veloce colpo di bacchetta.

"Ti fa male" lo sgridò.

Sirius le fece il verso, prima di chinarsi e stamparle un casto bacio sulle labbra. Le posò una mano sulla parte bassa della schiena, spingendola delicatamente verso il portone alle sue spalle, non mancando di osservare la strada, tanto per esser sicuri di non esser seguiti e osservati.

"Non fumo praticamente mai, Mc, che vuoi che sia. Moriremo comunque tutti, prima o poi"

Marlene entrò nell'enorme portone in legno scuro fulminandolo con lo sguardo.

"Facciamo più poi che prima, ok?"

Sirius rise, le afferrò la mano e iniziò a salire le scale, trascinandola con sé.

"Allora, sei pronta a vedere la grandissima e bellissima dimora del rampollo -quello sano- dei Black?"

Marlene rise, vedendolo superare un altro piano.

"Non avevi detto che era una sistemazione piccola, ma carina?"

Sirius ridacchiò, girando appena la testa per incrociare i suoi occhi, giusto il tempo di concederle un occhiolino divertito.

"Fidati, anche una catapecchia mi sembrerebbe una bellissima dimora in confronto allo schifo di Grimmauld Place"

Marlene sospirò, lasciandosi andare a una risatina, prima di vederlo salire ancora per un altro piano.

Si fermò, alzando un sopracciglio e guardandolo con uno sguardo allibito.

"Terzo piano, Black? Scherzi, spero, non c'è neanche un ascensore!"

Sirius rise nel vederla con il fiatone.

"Ah, la nobile Marlene McKinnon. Anni e anni di allenamenti con il Generale Potter e ancora ha il fiatone per due rampe di scale. Che poi, dalla prossima volta ti potrai smaterializzare davanti la porta, pigrona"

Marlene saltò in avanti, prendendolo alla sprovvista e riuscendo a dargli un sonoro scappellotto dietro la nuca.

"Potrei correre centinaia di metri, ma odio le scale!" Borbottò, arrivando, finalmente, sul pianerottolo del terzo piano.

Sirius si passò una mano sul punto colpito, le guance vagamente arrossate e un adorabile broncio da bambino stampato sul volto.

"Sei manesca, Mc, non smetterò mai di ripeterlo"

Marlene sorrise sorniona.

"Se avessi voluto farti davvero male, Black, adesso staresti piangendo"

Sirius alzò le mani in segno di resa, ma sul suo volto si aprì il solito ghigno malandrino.

"Io so come farti davvero male, Mc, e non dovrei neanche toccarti"

"E come, sentiamo?"

Sirius le indicò molto lentamente il soffitto, un sorriso sornione sul volto.

"Casa mia è al quinto"

-

Casa di Sirius si era rivelata effettivamente bellissima, seppur piccola.

Marlene aveva visto solo il divano per dieci minuti buoni, il cuore in gola e il fiato a mancarle. Vi si era lanciata sopra senza alcuna grazia appena varcato l'ingresso, una mano a reggersi la milza e l'altra sul cuore, gli occhi socchiusi in un'espressione sofferente.

Sirius aveva riso, sentendosi una strana morsa allo stomaco nel vederla già così a suo agio tra quelle mura -mura che, per la precisione, la ragazza non si era ancora degnata di guardare.

Si era tolto il mantello, appendendolo insieme alla sciarpa all'attaccapanni all'ingresso, aveva acceso le luci con un rapido movimento di bacchetta e si era avvicinato all'angolo cottura, accendendo il gas sotto una teiera già pronta.

Ci vollero letteralmente dieci minuti, prima che Marlene si tirasse su, ridacchiando.

"Godric, non mi alleno da qualche mese e guarda come mi sono ridotta. Non pensavo l'avrei mai detto, ma mi mancano gli allenamenti di James"

Sirius rise, vedendola alzarsi e, finalmente, togliersi il mantello blu notte che la avvolgeva. Allungò la mano, afferrandolo, e si diresse verso il breve corridoio per appenderlo accanto al suo.

"Allora, signorina McKinnon" decantò, raggiungendola al centro del piccolo salotto, "Questa è la mia umilissima nuova dimora"

Marlene gli passò una mano sulla guancia in una carezza, prima di voltarsi e guardarsi finalmente intorno. Il salotto, come Sirius l'aveva chiamato, era in realtà uno spazio aperto che comprendeva anche la cucina, semi-nascosta solo da un piccolo muretto su cui il ragazzo aveva posato qualche rivista di moto babbane e una pila di libri dall'aspetto antico. Le pareti dell'intera area erano chiare, di un bianco vagamente tendente al giallino, in perfetto contrasto con il grande divano blu che occupava il centro della stanza, accanto a un tavolo quadrato con già ordinate quattro sedie del medesimo colore. I mobili in legno chiaro occupavano una parete intera, ancora spogli per il poco tempo in cui Sirius era stato lì, e sul lato della strada si apriva una grande finestra che Marlene, da giù, non era riuscita a notare. Si intravedevano le luci della città -magica e babbana- in lontananza, dominate in quel momento da un bellissimo tramonto violaceo.

"É davvero bella, Sirius" sussurrò, sincera.

Quando lo guardò vide lo sguardo di Sirius farsi immediatamente più rilassato, come se, in qualche modo, aspettasse solo la sua approvazione.

"Ho ottimi gusti, Mc" ridacchiò lui, passandosi una mano tra i capelli.

"Vieni, ti faccio vedere il resto"

Marlene accettò di buona volontà la mano del ragazzo, divertita dallo sguardo quasi infantile che lo stava dominando, preda della felicità di condividere finalmente con lei quel momento. Aveva aspettato fino all'ultimo per invitarla a quella che, ormai, era la sua nuova casa -la sua vera casa sarebbe sempre stata Villa Potter, su quello non aveva mai avuto dubbi- e la frenesia lo stava facendo brillare come la stella di cui portava il nome.

"E questo è il bagno -che effettivamente è molto piccolo, ma alla fine ha tutto il necessario" stava blaterando, talmente veloce da farle quasi perdere qualche parola, mentre con fare sbrigativo le mostrava l'ambiente, anch'esso dalle piastrelle chiare.

Chiuse la porta, raccontandole con fare distratto di come ancora mancasse una scarpiera -Marlene era quasi inciampata su una scarpa caduta dal mobiletto in cui Sirius le aveva incastrate a forza- e di come volesse appendere qualche poster di qualche band babbana per riempire le pareti del corridoio.

"E ora, il posto che probabilmente vedrai di più" ridacchiò, aprendo con un ghigno malizioso la camera da letto.

Marlene non riuscì a frenare una risata consapevole, pur mascherata dal sopracciglio alzato.

"Dopo questa frase potrei quasi ripensarci, sai?"

Sirius le fece il verso, spingendola oltre la porta con le mani ben ancorate ai suoi fianchi.

Marlene capì immediatamente perché quella casa gli era piaciuta quasi all'istante.

Seppur minimal e ancora mezza vuota, la stanza brillava dei colori del tramonto, grazie a un'intera parete di vetro che rifletteva una vista ancora più grande di quella del salone. Le pareti erano totalmente bianche, il che spiegava come la luce violetta stesse riflettendo in quel modo assurdo, come se si trovassero loro stessi all'interno di quel tramonto, e un grande letto a baldacchino si poggiava con i piedi rivolti al vetro.

"Il letto prima era qui" disse Sirius, indicando la parete alla loro destra con un tono di voce basso, quasi spaventato dal poter disturbare quella quiete meravigliosa, "ma la prima notte ero stanco, appena tornato da una ronda, e mi sono dimenticato di tirare le tende. Mi sono svegliato perché avevo le luci dell'alba in faccia e... beh, chiuderò sempre le tende la sera, ma questa vista me la voglio godere al meglio" ridacchiò.

Marlene si avvicinò piano alla finestra, sfiorandola piano con la punta delle dita.

"Come... non..."

"È incantata. O, meglio, l'esterno del palazzo è incantato. Da fuori non si vedono finestre, ma il proprietario dell'immobile aveva previsto queste vetrate, vista la visuale che hanno. E ovviamente ho... stai piangendo?"

Marlene spostò lo sguardo su di lui, che la guardava accigliato e perplesso.

Si passò velocemente una mano sotto gli occhi, sorprendendosi nel sentirsi le gote bagnate.

"Non me ne sono neanche accorta, ti giuro. È che... è bellissimo, Sirius, davvero. E questa casa ti rispecchia a pieno, è..."

"Bianca"

Marlene lo vide trattenere una risatina.

"Sono cresciuto sentendomi soffocato da tutto il nero di casa dei miei. Pareti scure, letti scuri, mobili scuri. Era come se ogni angolo dovesse ricordare chi fossero i proprietari, capisci? Quando ho visto quanta luce c'era in questa casa... ho capito fosse mia, ecco"

Marlene annuì, prima di allungarsi e cingergli il collo con le mani.

"Sono fiera di te, Sirius. Davvero, davvero fiera" sussurrò.

Vide il ragazzo abbassare per un secondo gli occhi, quasi imbarazzato, prima che la sollevasse a sorpresa e si lanciasse di peso sul letto. Marlene urlò tra le risate.

"Godric, Black, hai la delicatezza e il romanticismo di un ippopotamo" ridacchiò, senza accennare minimamente a spostarsi da quella posizione.

Sirius la guardò maliziosamente.

"Che c'è, questo letto va inaugurato. E con questo tramonto..."

Marlene alzò gli occhi al cielo.

"James e Lily stanno arrivando a momenti. E sono sicura che anche Remus sarà qui a breve"

"Abbiamo tempo, Mc, che sarà mai" ridacchiò lui, scendendo a baciarle il collo scoperto dai capelli legati.

"Perché mi sembra di averla già sentita, questa?" Sospirò lei, socchiudendo gli occhi.

In quel momento, il campanello suonò.

Marlene scoppiò a ridere di cuore, facendosi quasi salire le lacrime agli occhi.

"Decisamente mi sembra di averla già sentita, ogni volta che dici questa frase ci interrompono" disse, alzandosi e sistemandosi velocemente i vestiti, divertita dallo sguardo scocciato di lui.

"Che pessimo tempismo che hanno quei due, davvero" borbottò, aprendo la porta di casa senza neanche chiedere le parole d'ordine.

Capirono subito che qualcosa non andava. 

James e Lily li guardarono con uno sguardo intimorito, i volti pallidi e i vestiti stropicciati addosso, come si fossero vestiti in fretta e furia.

"Che...?"

"Edgar è scomparso."

~

Febbraio

~

Remus sentiva le orecchie fischiare.

I membri dell'Ordine, riuniti nella solita catapecchia abbandonata, parlavano concitati tra di loro, chi riepilogando compiti e ronde, chi chiedendo informazioni.

Remus si alzò, necessitando di aria, si avvicinò all'unica finestra aperta e vi si poggiò con le spalle, sospirando. Emmeline, dall'altro lato della stanza, ricambiò il suo sguardo, preoccupata.

Il ragazzo non lo resse, spostandolo volontariamente per la stanza. 

James e Sirius parlavano a bassa voce con Malocchio, indicando una cartina aperta sul tavolo più grande, concentrati. Sull'altro lato del tavolo, Lily e Amelia Olsen versavano una pozione rimpolpasangue in diverse, piccole fiale, probabilmente da distribuire ai membri stessi in caso di necessità. Fleamont osservava fuori dalla finestra il paesaggio, lo sguardo preoccupato, in attesa che Euphemia e la McGranitt tornassero dal loro turno di ronda, mentre Matthew sedeva vicino a Marlene con le mani sul volto stanco, tornato da un doppio, massacrante, turno da auror.

"È preoccupato, signor Lupin?"

Remus sobbalzò, voltandosi verso il Professor Silente, apparso al suo fianco.

"Un po', sì" ammise in un sospiro.

"Oh, è normale, Signor Lupin. Non le ho chiesto una cosa da poco, ne sono pienamente consapevole"

Remus fece scorrere di nuovo lo sguardo sui suoi amici, sulla sua famiglia. Rivide per un attimo le loro espressioni terrorizzate, sentì nelle orecchie le grida furiose di James e Sirius.

"Non sono preoccupato per me, in realtà" sussurrò lui, aprendosi in un timido sorriso allo sguardo sorpreso del Preside, "Ho più paura di tornare e... beh, non trovare qualcuno di loro, ecco"

Silente annuì, posandogli una mano sulla spalla.

"Sono sicuro, signor Lupin, che i suoi amici faranno di tutto per difendersi. Esattamente come i signori Potter e Black hanno fatto con lei pochi minuti fa"

Remus annuì, abbassando lo sguardo pensieroso.

"In ogni caso, come le dicevo prima, non mi cambierà nulla aspettare un giorno o due la sua risposta. Ci pensi su, non sono scelte facili da prendere"

-

"Assolutamente no!"

Remus sospirò per la decima volta nell'arco di pochi minuti, passandosi una mano sul volto pallido e segnato.

"Emmeline, ancora una volta, non posso rifiutarmi" le disse, il tono calmo.

"Sì che puoi, dannazione!" Urlò lei, prima di dargli le spalle e stringere con le mani il tavolo in legno.

La dependance della famiglia Vance era passata all'unica erede al compimento dei suoi diciassette anni. Remus ricordava tutta l'euforia con cui, i primi giorni di Agosto, Emmeline lo aveva trascinato per l'immenso cortile della dimora di famiglia, dicendogli di volergli mostrare la sua piccola casetta.

Ecco, il fatto che quella piccola casetta fosse grande due volte la sua intera casa fece impensierire Remus sui suoi già forti complessi, come se anche quella dimora dovesse dimostrare la loro appartenenza a due classi sociali totalmente diverse.

Ma adesso, a distanza di appena qualche mese, tutti quei complessi sembravano quasi cosa futile, rispetto al mondo che li circondava.

"Non puoi farlo, Remus" sussurrò di nuovo lei, la voce tremolante.

Il ragazzo rimase in silenzio, seduto sul divano color crema che occupava lo spazio davanti al camino acceso. Al buio, i due erano illuminati solo dalle fiamme del fuoco, che rendevano l'atmosfera ancora più seria di quanto già non fosse.

Erano passate poche ore da quello.

L'Ordine si era riunito per la sesta volta, negli ultimi venti giorni. Le ricerche di Edgar continuavano a ritmo ferrato, seppur senza successo, e ogni aggiornamento poteva essere di vitale importanza. Eppure, se le riunioni precedenti si erano per lo più concentrate sul ragazzo scomparso, Silente quella sera li aveva sconvolti con un'ulteriore proposta.

"Abbiamo avuto una soffiata" aveva detto, il tono grave e serio, "Sul fatto che Lord Voldemort stia cercando alleati tra le creature magiche. Abbiamo un piano, ma sappiamo quanto sia pericoloso e, per questo, non insisteremo minimamente per avere una risposta affermativa"

A quel punto, nel silenzio totale, gli occhi di Silente si erano spostati su di lui. Sembrava preoccupato e addolorato, come se quella proposta gli stesse richiedendo una fatica fisica non indifferente.

"Remus, sappiamo che sta contattando i branchi di lupi mannari che vivono nelle foreste del Nord. Sono persone che hanno deciso di vivere più come lupi che come umani, non si fidano degli uomini e non vogliono..."

"No"

Silente si era fermato, sorpreso, quando James aveva parlato, il tono secco e gli occhi aperti in uno sguardo allarmato.

"Non se ne parla"

"Signor Potter, io credo che..."

"Non creda niente, Silente" si era aggiunto a quel punto Sirius, seduto alla sua destra, portandosi in avanti con il busto in una posa difensiva, "non lo farà, è un suicidio!"

Solo a quel punto Remus si era dato il coraggio di comprendere cosa il Preside gli stesse richiedendo.

Posò una mano sul braccio dell'amico, tirandolo indietro.

"Continui" disse secco, alzando gli occhi su Silente.

"Vorremmo cercare di portarne il più possibile dalla nostra. O, almeno, convincerli a rimanere neutrali, a non schierarsi con Voldemort. L'unico che può avvicinarsi sei tu"

James si alzò in piedi con uno scatto, facendo sobbalzare i presenti.

"Non se ne parla! Quei lupi si muovono in branco, cosa crede che faranno quando si avvicinerà parlando degli umani?"

Remus si sentì riempire ancora di più -se possibile- il cuore di affetto per lui. James guardava Silente da dietro le lenti degli occhiali, gli occhi assottigliati e la mascella tesa. Remus sentì Sirius imprecare tra i denti, vide le sue mani tremare nel tentativo di rimanere calmo.

"Non può trattarlo come carne da macello" aggiunse il secondo, che, seppur seduto, manifestava tutto il suo dissapore con la sola forza della voce.

Silente sospirò.

"Nessuno di noi vuole mettere a rischio la vita del Signor Lupin. Nessuno lo chiederebbe, se non fosse necessario. Ma pensiamo che questo possa darci un grande, grandissimo vantaggio su Voldemort"

"Lei è pazzo se pensa che n..."

"Qual è il piano?"

James si voltò così velocemente verso Remus che gli occhiali gli scivolarono lungo il naso di diversi centimetri.

"Stai scherzando, spero" gli chiese, paonazzo.

"Voglio sentire qual è il piano, James. Prima sentiamo di che si tratta, poi capirò"

Silente annuì piano, mentre James, furioso, si allontanava dalla sedia, poggiandosi con le spalle contro il muro, gli occhi socchiusi.

"Non dovrai andare lì manifestando subito l'intenzione di portarli da noi. Dovrai avvicinarti piano, fingere di essere solo, malmesso, in cerca di un branco. Fingi di odiare gli umani, se necessario. E quando avrai conquistato la loro fiducia, potrai parlare di tutto questo"

"Ci vorranno giorni" disse Sirius, alzando un sopracciglio.

Malocchio sospirò.

"Ci potrebbero volere anche settimane, Black. Non è una ronda, è una vera e propria missione"

E così, Remus aveva lasciato la catapecchia dell'Ordine con un peso immenso nel petto. Aveva chiesto ad Emmeline di avviarsi da sola, promettendole di raggiungerla poco dopo, e si era concesso una lunga passeggiata dal punto di smaterializzazione fino a casa sua.

Sapeva già cosa avrebbe fatto.

Lo sapeva mentre afferrava un vecchio zaino, riempiendolo dei pochi vestiti che possedeva e nascondendo in una tasca una foto del giorno del diploma. Lo sapeva quando aveva lasciato un biglietto a suo padre e sua madre, dicendo loro di non preoccuparsi e di non fidarsi di nessuno. Lo sapeva quando aveva bussato alla porta di Sirius, che, senza dire parole, lo aveva abbracciato come non succedeva da anni. Lo sapeva osservando gli occhi pieni di lacrime di Marlene, stretta in un maglione del ragazzo così grande da farla sembrare improvvisamente più piccola. E lo sapevano anche James e Lily, quando si smaterializzò davanti al loro Cottage e li trovò seduti sul portico, avvolti da una coperta, ad aspettarlo, i volti pallidi e arresi.

Eppure, l'unica che non lo sapeva -o, per meglio dire, che non voleva accettarlo- era proprio Emmeline, la sua Emmeline.

L'Ordine, le missioni, le morti... tutto sembrava mettere a dura prova il loro rapporto.

Non erano stati come Alice e Frank o James e Lily, che nella paura della guerra si erano stretti l'uno tra le braccia dell'altro. Non erano stati come Sirius e Marlene, che seppur a distanza trovavano sempre il modo di essere complici anche nelle situazioni peggiori.

Loro... erano semplicemente fermi.

Emmeline aveva iniziato ad avere dubbi sull'Ordine già dalla morte di Dorcas, ma con quella dei gemelli aveva raggiunto il picco di paura. Sapeva quanto fossero bravi, molto più di loro, e vederli sconfitti le aveva amplificato ancora di più l'idea di quanto fossero impreparati ad affrontare tutto quello. E così erano iniziati i dubbi, le discussioni, le incertezze. 

E, sebbene si ritrovassero sempre l'uno tra le braccia dell'altra, sapevano entrambi come tutto stesse rallentando contro la loro volontà.

"Non andrai, Remus"

La voce chiara di lei mise fine al flusso di pensieri di lui. Remus alzò gli occhi, incontrando quelli che tanto amava di lei, rossi e gonfi.

"Non puoi impedirmelo, Emmeline. Non posso tirarmi indietro"

Emmeline deglutì, sentendosi tremare in tutto il corpo. Se Remus riusciva, in qualche modo, a mantenere una calma apparente, Emmeline manifestava tutta la paura e l'ansia del momento.

"Silente ha detto che puoi scegliere"

"Silente sa che siamo liberi, Emmeline"

"È pericoloso"

"Proprio per questo devo andare, Em. Pensaci bene: Silente ci ha mai chiesto di intervenire, dove non fosse necessario?"

Remus la vide abbassare lo sguardo, mordicchiandosi un labbro.

"Se Silente me l'ha chiesto, sapendo quanto sia rischioso, è perché non sa come altro fare. Non ha altre alternative, lo sai bene anche tu. Io devo andare, Emmeline"

La bionda scosse la testa, lasciando andare un singhiozzo. Remus si alzò, sospirando, e si avvicinò circondandole la vita con le braccia.

"Non andare, Rem. Ti prego"

Remus si sentì sull'orlo delle lacrime. Ricacciando dentro un singhiozzo, si schiarì la voce, le afferrò il volto tra le mani e si chinò, lasciandole un bacio a fior di labbra, salato per via del pianto di lei.

"Mi dispiace, Em" sussurrò, prima di afferrare lo zaino e avvicinarsi alla porta.

"Mi lasci qui, così?"

Remus si voltò con la mano ancorata alla maniglia, incrociando il suo sguardo disperato un'ultima volta, prima di uscire definitivamente dalla casa.

"Se questo vuol dire aiutare a vincere la guerra... sì, Em... devo lasciarti qui"

-

Quando James varcò la soglia di casa, il profumo di arrosto lo fece sospirare. L'orologio sul muro batteva le ventitré appena, eppure si sentiva così fisicamente e psicologicamente distrutto che gli sembrava fossero passate molte più ore dall'inizio del suo turno.

"James?" Lo richiamò la voce di Lily dalla cucina.

Il ragazzo si tolse velocemente il cappotto, percorse il breve corridoio ed entrò nella stanza. Lily lavava i piatti a mano -abitudine babbana che continuava a mantenere e che strappava sempre un sorriso al ragazzo-, i capelli legati in una coda disordinata e il pigiama già indossato.

Le cinse la vita con le braccia, da dietro, poggiando la fronte sulla sua spalla.

"Vuoi mangiare qualcosa?" Sussurrò lei, chiudendo l'acqua e passandogli una mano tra i morbidi capelli scuri.

"Non ce la faccio, sono troppo stanco"

Lily sospirò, lasciandogli un bacio sulla tempia, senza spostarsi da quella posizione. Erano usciti insieme quella mattina, l'uno diretto al Ministero e l'altra al San Mungo. Ma se Lily aveva avuto la grazia di tornare a casa alla fine del proprio turno, James si era beccato anche una ronda in una vecchia casa abbandonata di appartenenza dei Malfoy, dove speravano di trovare indizi su Edgar.

"Novità?" Si arrischiò a chiedere lei, conoscendo già la stessa risposta che, da ormai tre settimane, James continuava a darle.

"Niente di niente. Sembra solo sparito nel nulla" sussurrò lui, alzando finalmente la testa e chinandosi a baciarla dolcemente.

"Oggi è venuta Amelia al Ministero"

Lily lo guardò accigliata.

"Malocchio ha avuto l'ordine di sentirla di nuovo. È una tortura, ma non può rifiutarsi" sussurrò lui, lanciandosi di peso sulla sedia, distrutto.

"Come sta?" Sussurrò Lily, agitando la bacchetta e facendogli volare davanti un piatto con arrosto e patate ancora caldi, "mangia un pochino, poi andiamo a letto" aggiunse, guardandolo con un fare quasi materno.

James addentò un pezzo di carne, scuotendo le spalle.

"Male. Edgar... le era rimasto solo lui, ecco. È disperata, continua a dire che è colpa sua"

"Come può essere colpa sua?" Chiese Lily.

James sospirò, mandando giù un altro boccone, incentivato dalla bontà del piatto e sorpreso, ancora, da quanto stessero entrambi migliorando in cucina.

"Dice che doveva convincerlo a non uscire con nessuno di sconosciuto. Lo sai, lo dice da mesi. Ma Edgar..."

"...voleva viversi la sua vita" sospirò Lily.

James annuì, finì la cena e spedì tutto nel lavandino con un colpo di bacchetta, incantando una spugna per pulire i piatti rimasti. Si chinò su Lily, rimasta seduta al suo fianco in silenzio, pensierosa, e le lasciò un bacio rumoroso.

"Era delizioso, comunque. Stiamo migliorando, Evans" ridacchiò, allungandole una mano.

Lily si fece tirar su, divertita, mentre, mano per la mano, salivano le scale.

"Sopravvivenza, Potter! In qualche modo dobbiamo pur campare"

James rise, aprendo la porta della stanza, socchiusa.

"E tu? Non dovresti dormire, non so, nella tua cuccia?"

Lily scoppiò a ridere nel vederlo avvicinarsi a Monet che, innamorato perso di lui, si era già lanciato a pancia all'aria miagolando e facendo le fusa. Neanche a dirlo, James si lanciò in un'intensa, seppur breve, sessione di coccole.

"Giuro, sei più innamorato di lui che di me!" Rise Lily quando, diversi minuti dopo, James uscì dal bagno, il pantalone del pigiama bordeaux e una maglia bianca a mezzemaniche che usava per dormire.

"Sarà che vi assomigliate" rise lui, sedendosi nella sua parte di letto, il gatto ancora sdraiato in mezzo a loro, "se volete le coccole, le pretendete; mentre se non vi vanno, graffiate"

Lily gli tirò un pugno scherzoso contro il braccio, ridendo.

"Domani che orari fai?"

James sospirò.

"Abbiamo la notte, ma per l'ora di pranzo andiamo con Malocchio e Matthew a cercare altri indizi"

Lily lo guardò, cupa.

"Com'è possibile che non si trovi niente? Non può essere scomparso nel nulla, James"

James si avvicinò al suo fianco e, allungando un braccio, la fece stendere con la schiena contro il suo petto.

"Penso sia questa la nuova quotidianità. Un giorno ci sei, quello dopo sparisci senza lasciare traccia. È per questo che ci sentiamo così sicuri di fare tutto, no? Stare insieme, vivere insieme... e non parlo solo di noi, ma di tutti. Non sappiamo se domani ci saremo e..."

"Acceleriamo i tempi" concluse Lily per lui, sospirando.

"Lo capisco, però. Non vorrei morire sapendo di essermi perso tante cose"

Lily si alzò con la schiena, sciogliendosi la coda e sorridendogli intenerita.

"Potrai dire di aver vissuto con Lily Evans, no?" Ridacchiò, facendolo sorridere.

James arrossì vagamente sulle gote.

"Mi piacerebbe arrivare a poter dire di aver vissuto con Lily Potter, un giorno"

Lily si sentì stringere lo stomaco in una dolcissima morsa. Allungò una mano, lasciandogli una carezza sulla guancia.

"Fidati, Potter. Se c'è una cosa che vorrei arrivare a fare prima di morire... beh, è proprio quella"

James deglutì, e Lily vide il suo sguardo illuminarsi di emozione.

Imbarazzata da quell'ammissione, si voltò verso il proprio comodino, posandovi sopra l'elastico e la bacchetta.

"Potrei accettare di sposarti anche adesso, se solo avessi l'anello" rise poi, cercando di smorzare la tensione e stendendosi nuovamente sui cuscini.

James rimase stranamente in silenzio. La guardò per diversi secondi, prima di voltarsi lentamente e aprire il cassetto del proprio comodino. Quando si voltò nuovamente, Lily sobbalzò alla vista di un piccolo cofanetto di velluto rosso, grande quanto la propria mano. Si tirò a sedere di scatto, il cuore impazzito nel petto e gli occhi a cercare quelli di James, che teneva lo sguardo fisso alla scatolina rosso in volto.

"Quando siamo venuti a vivere qui, io... è l'anello di fidanzamento dei Potter. Passa di generazione in generazione, mia madre me l'ha dato mesi fa dicendo che avrei capito da solo quando sarebbe stato il momento. Lo so che è presto -credimi, lo so benissimo-, ma non ho potuto fare a meno di pensare di portarlo qui con me" sussurrò, incapace di guardarla in faccia.

Lily si portò una mano sulla bocca, improvvisamente sull'orlo delle lacrime. Sentiva ogni fibra del proprio corpo tremare, il cuore battere furiosamente, l'amore per quell'uomo sprigionarsi in ogni angolo del suo essere.

"Quello che è successo ad Edgar... Lily, potrebbe accadere a chiunque di noi. Domani, tra una settimana, tra qualche mese" aggiunse lui, riuscendo finalmente a puntare lo sguardo in quello di lei, serio e deciso ma non perdendo la dolcezza, "Non voglio andarmene senza far sapere al mondo intero che ci apparteniamo. Che ho amato solo te e amerò solo te per il resto della mia esistenza. So che noi lo sappiamo già, ma... Non voglio rischiare di non vederti mai con l'abito bianco, di non scambiarci mai le promesse o di non vedere Lumacorno dare fior di galeoni alla McGranitt per le loro stupide scommesse su quanto sarebbe durata la nostra storia"

Lily ridacchiò tra le lacrime che, improvvisamente, avevano iniziato a scenderle dagli occhi luminosi.

"È totalmente da pazzi sposarsi dopo così poco tempo, lo so, ma... so anche che non amerò nessun altra oltre a te. E sono abbastanza convinto sia lo stesso per te, ecco"

Lily cercò inutilmente di asciugarsi gli occhi, quando James aprì il cofanetto mostrando un delicatissimo -seppur brillante- anello in oro bianco, con un intreccio sul davanti a circondare un diamante dalla forma a goccia, incastonato tra tanti più piccoli. Era così bello che, se non fosse stata già priva di fiato, le avrebbe tolto il respiro.

"È da folli" sussurrò Lily, avvicinandosi carponi verso il ragazzo.

Alzò le mani, afferrandogli le guance e avvicinando la fronte contro la sua.

"Ma noi siamo sempre stati totalmente folli, Potter"

James sobbalzò vistosamente, sorpreso. Lily gli lasciò un bacio a fior di labbra, prima di allontanarsi di qualche centimetro e porgergli una mano.

E quando quella notte si addormentò, con Monet a ronfargli tra le ginocchia e la mano di Lily poggiata sul suo petto, l'anello a brillare sotto i raggi della Luna, James seppe che avrebbe amato sempre un po' di più il suono della sveglia, se avesse avuto sempre quella visione.

~

Marzo

~

Il mese di Marzo stava scivolando via tra le loro dita con una velocità assurda.

Nell'immenso castello dei McKinnon, seduti intorno all'enorme tavolo di legno scuro del salone più piccolo, James, Lily, Marlene, Sirius e Matthew si apprestavano a sistemare il tavolo al meglio per il pranzo concordato con i loro amici.

"Quindi Villa Potter, è definitivo?" Chiese Matthew, passando una pila di piatti a Lily.

La ragazza annuì, radiosa.

"È abbastanza grande per tutti -anche troppo grande, effettivamente- e, soprattutto, è un posto sicuro. Nessuno correrà rischi, ecco"

Matthew le sorrise, vedendola così contenta.

Erano passate appena un tre settimane da quando James e Lily avevano bussato alla loro porta, la mano di lei alzata e un bellissimo anello a brillarle sull'anulare.

Margaret aveva cacciato un urlo così forte alla sua vista che Matthew, Marlene e Sirius, seduti sui divani dall'altra parte della casa, erano accorsi in due secondi netti all'ingresso, le bacchette in mano e gli sguardi terrorizzati. Avevano trovato Margaret in lacrime, le braccia strette al collo dei due ragazzi, che ridacchiavano imbarazzati ed emozionati. Alla vista dell'anello -che Lily aveva accuratamente sbattuto in faccia a Marlene con un sorrisetto soddisfatto- Sirius si era lanciato in una serie di epiteti molto poco carini per l'infarto preso, prima di guardare commosso il fratello e stringerselo tra le braccia, incapace di fingere indifferenza davanti alla sua felicità. Marlene era scoppiata a piangere tra le braccia di Lily, blaterando su quanto fosse felice che finalmente suo fratello e sua sorella sarebbero diventati una vera famiglia, lasciando perplesso Matthew, allibito da tali reazioni e ancora tremante per lo spavento.

"In più mia madre ha già preteso di avere più potere decisionale di noi" aggiunse James, alzando gli occhi al cielo divertito, "ha già deciso i tavoli, vi dico solo questo"

Sirius lo guardò con la bocca storta.

"Non so se mi lascia più perplesso sapere che entro un paio di mesi sarete sposati, o sapere che ha più entusiasmo Euphemia di voi due" commentò, facendoli ridere.

"Euphemia ha passato gli ultimi diciotto anni convinta del fatto che sarebbe morta prima di vedermi anche solo fidanzato, figurati sposato" borbottò James, memore delle strigliate della madre su come si conquistassero le ragazze -anche se provava ancora una certa vena di soddisfazione nel sapere di aver conquistato Lily totalmente a modo suo.

"C'è nessuno?"

La voce di Alice arrivò alta e gioiosa come sempre dal corridoio. 

Sirius si nascose velocemente dietro la porta e, quando quella entrò, le saltò davanti con un grido. Alice urlò, facendo scattare subito una gamba in avanti e colpendolo forte sullo stinco, facendolo piegare in due dal dolore.

"Oh, Merlino, Sirius! Scusa, ho reagito di istinto" commentò Alice, portandosi una mano alla bocca dispiaciuta.

"Ottimi riflessi, Prewett, Moody sarà fiero di averti in squadra con questa prontezza" commentò Matthew tra le risate di tutti.

Emmeline superò Frank, piegato in due dalle risate, e avanzò verso il tavolo, posandovi sopra un vassoio quadrato.

"Ho fatto una crostata" commentò, sorridendo appena.

Lily le sorrise gentile, prima di richiamare tutti.

"Venite a tavola, ragazzi?"

"Gli altri?" Chiese Alice, togliendosi la sciarpa e il mantello.

"Amelia ha il turno in ospedale, finisce tra un paio d'ore e poi ci raggiunge. Abbiamo provato a dirlo anche a Ami, ma... beh, lo sapete" commentò James, prendendo un posto al tavolo.

"Le avrebbe fatto bene stare qui, si sarebbe distratta un po'" commentò Frank, dispiaciuto.

"Gliel'abbiamo detto, ma è ancora a pezzi. Non si dà pace" aggiunse Sirius, versandosi un bicchiere di vino con sguardo pensieroso.

"Non si darà pace finché non si troverà, ragazzi. È normale, lo farei anche io" disse Marlene, passando una mano sul polso di Matthew, seduto al suo fianco.

"Nessuna novità, eh?"

Matthew negò con un cenno della testa alla domanda di Emmeline.

"No, ancora nulla. Entro qualche giorno il dipartimento bollerà il caso non più come scomparsa ma come morte presunta. Purtroppo sono le tempistiche, sono già passati due mesi senza un briciolo di prove"

"Ovviamente come auror abbiamo l'obbligo di fermarci" aggiunse James, passando il vassoio con la carne a Sirius, "ma con l'Ordine non ci fermeremo finché non avremo risposta"

Ci furono alcuni attimi di silenzio pesante, come se la mancanza di Edgar aleggiasse su di loro.

"Cambiamo argomento, per una volta che riusciamo a stare qui quasi tutti insieme. Peter?"

Sirius sbuffò.

"Non lavorava, ma ha detto di avere da fare. Lo vediamo quasi solo alle riunioni, quando viene" borbottò.

"È un peccato, però" commentò Lily, "Prima si vedeva più spesso con Remus, ora rimane troppo solo. Dovremmo riorganizzare quando abbiamo la certezza che ci sia o, che so, andare a trovarlo a lavoro"

"Ci sono passata qualche giorno fa e non mi è parso troppo entusiasta" disse Marlene, storcendo impercettibilmente il naso, "continuava a guardare la porta come se si aspettasse entrasse Voldemort in persona, alla fine sono andata via perché pensavo avesse paura di esser beccato a chiacchierare dal capo"

Alice sospirò pesantemente.

"Non vedo l'ora di avere un'intera giornata di totale riposo, tutti insieme, da passare in giro come ai vecchi tempi"

James ridacchiò.

"Abbiamo strappato a Moody e Silente la promessa di lasciarci tutti liberi per il matrimonio. Quindi sicuro quella giornata ce la godremo tutti insieme"

Alice cacciò un urletto emozionato, tra le risate e le affermazioni di gioia degli altri.

"Io e Frank abbiamo già preso i vestiti. Saremo coordinati, ovviamente"

Lily la guardò allibita.

"Neanche noi che siamo gli sposi abbiamo preso i vestiti, e tu sì?" Commentò, facendo ridere il ragazzo al suo fianco.

"Tesoro, sai quanto è difficile trovare completi coordinati oggi giorno? Vi conviene sbrigarvi, coppiette, prima di rischiare di non trovarli" rispose lei impettita.

Sirius fece un verso di disperazione.

"Lene, non metterò mai un completo coordinato, sappilo"

Marlene alzò un sopracciglio.

"Mi stupisce che tu possa anche solo pensare che io voglia qualcosa del genere, Black" aggiunse lei, con una faccia schifata.

Sirius le lanciò un bacio con la mano, facendo ridere Matthew e brontolare Alice.

"Oh, come siete poco romantici! Fortuna che ci siamo noi altre coppie a risollevare il morale"

"Parla per te" sussurrò quasi Emmeline, guardando con un sorriso malinconico il piatto, "dubito di potermi ritenere ancora in coppia"

Gli altri rimasero per qualche secondo in silenzio.

"Mi... mi dispiace, tesoro, io..."

Emmeline sorrise dolcemente ad Alice, scuotendo la testa.

"Non ti preoccupare. È solo una situazione da definire, ecco"

"Silente ti ha permesso di sentirlo?" Chiese James, delicatamente.

Emmeline scosse le spalle.

"Niente. Dice che è pericoloso e lui sarà l'unico a mettersi in contatto con Remus. In ogni caso, sono piuttosto sicura di essere single, ormai, solo che dovremmo parlarne con più calma. Quando ci siamo parlati la notte prima della sua partenza eravamo... beh, non eravamo calmi, ecco"

I ragazzi rimasero in silenzio per un paio di secondi. Lily allungò una mano, afferrando quella della ragazza e facendole un sorriso mesto.

"Si risolverà tutto, vedrai"

Emmeline annuì.

"In un modo o nell'altro"

Nel riprendere a mangiare con un'atmosfera più rilassata, Emmeline sollevò lo sguardo appena in tempo per vedere Alice e Frank scambiarsi un'occhiata preoccupata. Alice abbassò di colpo entrambe le mani, ignorando di essere osservata, ed Emmeline la vide sfilarsi velocemente un anello dal dito, riponendolo altrettanto velocemente nella tasca del pantalone.

"Oh, Merlino" quasi urlò, facendo scattare verso di lei tutte le facce perplesse degli altri.

La bionda alzò la forchetta, puntandola verso Alice.

"Non dirmi che è quello che penso"

Alice arrossì violentemente.

"C-cosa?"

"Alice!"

"Che mi sono perso?" Commentò Sirius, dall'altro capo del tavolo.

"Ti sei sfilata un anello. Alice, ti-sei-sfilata-un-anello!" Quasi urlò Emmeline.

Tutti gli sguardi si voltarono in contemporanea verso i due ragazzi, rossi in volto e imbarazzati.

Frank guardò la fidanzata per un secondo, prima di sbuffare.

"Ok, va bene, volevamo dirvelo con più calma, ma... abbiamo deciso di sposarci, tra qualche mese. Diciamo che ci siamo fatti ispirare da voi, ecco"

Emmeline, stupendo i più, fu la prima ad alzarsi, gli occhi lucidi di commozione e un sorriso enorme sul volto. Strinse subito Alice tra le braccia, saltellando sul posto come una bambina.

"Oh, Merlino, Ali! Lo sogni da una vita, oh, Merlino!"

"Scusami, abbiamo capito dopo che non fosse proprio il momento giusto, mi dispiace, Em" sussurrò la Prewett, tra le urla di gioia e le congratulazioni di tutti.

Emmeline le posò entrambe le mani sulle spalle, stringendogliele piano e guardandola con tutto l'amore e la dolcezza che sapeva provare.

"Ali, non ci pensare neanche. In questo periodo orribile, sapere quanto tutti state bene e siete felici è la mia gioia più grande"

Alice scoppiò a piangere, stringendosela contro e venendo poi a sua volta stretta tra le braccia di Marlene e Lily.

Emmeline aveva ragione, dopotutto.

Tra la guerra, le battaglie, le sparizioni e la morte, l'amore era l'unica cosa che li teneva tutti ancora a galla.

~

Aprile

~

Amelia sbadigliò sonoramente, poggiata su una brandina vuota nel mezzo del corridoio semi-deserto. Lily, al suo fianco, le posò la testa sulla spalla, godendosi quei pochi minuti di riposo.

"Giuro, non pensavo sarebbe stato un lavoro così sfiancante" mormorò la Olsen, ricacciando indietro un ulteriore sbadiglio.

Lily gemette di dolore contro la sua spalla.

"Diciamo che l'altro nostro lavoro ci toglie il triplo delle energie, ecco. Pensassimo solo a questo, staremo decisamente meglio" ridacchiò, stanca.

Le ragazze rimasero nella medesima posizione per pochi minuti, prima che la voce stanca di Emmeline le raggiunse.

"Aprile dolce dormire?" Chiese, saltando sulla brandina e occupando l'altra spalla della Olsen.

"Aprile è iniziato da tipo tre giorni, Em" commentò la bruna, "e sono per caso diventata la vostra poltrona? So di essere irresistibile, ma insomma!"

Lily soffocò una risata.

"Somigli sempre di più a Sirius, inizi a rispondere come lui"

Amelia sorrise, divertita.

"Che ci vuoi fare, quando due sono tosti, sono tosti insieme"

Emmeline sbadigliò, chiudendo gli occhi azzurri e godendosi lo strano silenzio che le circondava.

"Scusi, Medimago Evans?"

La voce dell'Infermiera Joyce risuonò dall'inizio del corridoio, facendole voltare in sincrono.

"È arrivato un pacco per lei. Non c'è mittente, ecco qui"

Lily si sentì drizzare i peli sulle braccia. Afferrò quasi a rallentatore la scatola di cartone spesso che l'infermiera le stava porgendo, ringraziò gentilmente e aspettò di vederla allontanarsi, prima di voltarsi verso le altre.

"Non c'è mittente e non conosco nessuno che possa volermi spedire qualcosa"

Emmeline e Amelia si alzarono con lo stesso balzo.

"Em, vai a vedere se Benjy è libero. Andiamo nella stanza libera al secondo piano, quella in fondo al corridoio"

Emmeline annuì velocemente alle parole di Amelia, iniziando a correre verso l'ufficio di Benjy, unico altro membro dell'Ordine presente al San Mungo.

Camminando piano, cercando di non muovere troppo il pacco né di risultare sospette, Lily e Amelia si avviarono per le scale, raggiunsero il secondo piano e occuparono la stanza scelta, lasciata solitamente libera per i tirocinanti che svolgevano turni notturni.

"Quanto pesa?" Chiese la Olsen, sfilandosi il camice e rimanendo con la divisa verde menta.

Lily sospirò, posando la scatola sulla scrivania centrale.

"Poco. Non penso ci sia solo qualche fattura, qualcosa dentro c'è sicuro, sento il peso. Ma..."

La porta si aprì di scatto, facendole sobbalzare.

Emmeline e Benjy entrarono in silenzio, chiusero la porta alle loro spalle e isolarono la stanza.

"Allora" disse il ragazzo, dopo aver posto un muffliato lungo tutto l'ambiente, "Che succede?"

"É arrivato quel pacco a nome di Lily. Nessun mittente, nessun messaggio"

Benjy annuì, avvicinandosi al pacco. Lo studiò senza toccarlo per qualche secondo.

"Pesava?"

Lily annuì.

"Qualcosa di materiale dentro c'è sicuro, sentivo qualcosa. Ma è comunque leggero"

Benjy si allontanò, annuendo.

"Ognuno a un lato. Pronte con incantesimi di protezione, io lo faccio scattare e voi proteggete. Se c'è qualche fattura la bloccheremo ancora prima che riesca a colpire"

Si disposero ognuno su uno dei quattro lati, le bacchette alte davanti al viso. Le ragazze fecero subito un protego, tenendosi pronte ad amplificarne la potenza.

Quando Benjy, dopo qualche segnale, fece scattare l'apertura della scatola, non accadde nulla.

Si guardarono l'un l'altra con espressioni perplesse.

"Mi avvicino io" sussurrò Lily, avanzando piano verso la scatola.

Allungò una mano e ne alzò il coperchio.

Amelia, davanti a lei, la vide impallidire improvvisamente, prima di guardarla indietreggiare di colpo e voltarsi verso il cestino più vicino. Benjy non fece in tempo a chiedere nulla, che Lily si chinò sul secchio, rimettendo.

"Che diavolo..." commentò Emmeline, avanzando.

"No! Non vi avvicinate!"

I tre si voltarono verso Lily, trovandola pallida e ancora scossa.

"C'è... c'è una..." provò a dire, prima di rigettare nuovamente.

Benjy si avvicinò di corsa alla scatola, confuso.

Quando alzò il coperchio, capì. Sentì un conato salirgli in gola, le gambe tremare.

Al suo interno, una mano mutilata giaceva insanguinata tra fogli di giornale appallottolati.

-

Lily bevve a fatica un altro goccio d'acqua. Ancora chiusi nella stanza, Emmeline si era seduta a terra, lontana dalla scatola, mentre Amelia cercava di far riprendere Lily in qualche modo.

"Pensi... pensi che sia..." provò a dire Emmeline, guardando il proprio mentore con gli occhi lucidi.

Benjy alzò le spalle, muovendo piano la bacchetta sulla mano, cercando un qualsiasi indizio.

"Non lo so, Emmeline. Potrebbe essere di chiunque, serve un esame del dna. Certo, il sospetto è quello"

Emmeline si strinse un labbro tra i denti, trattenendo un singhiozzo.

Sobbalzarono quando un cinghiale argentato entrò con un balzo dall'unica finestra della stanza, fermandosi proprio di fronte a loro. La voce di Moody risuonò tra le pareti.

"A tutto l'Ordine. A più membri sono arrivati pacchi sospetti contenenti resti umani. Chi può, raggiunga Amelia Bones a casa sua, immediatamente. Sospettiamo arrivi qualcosa anche a lei"

Lily e Amelia si scambiarono un'occhiata veloce.

"Andiamo noi, dovremmo finire il turno tra mezz'ora"

"Andate, io ed Emmeline vi copriamo. Sbrigatevi"

Benjy chiuse la scatola con un colpo di bacchetta, facendola evanescere nel luogo di ritiro dell'Ordine.

Lily e Amelia non si cambiarono neanche: corsero senza sosta fino al piano terra, schivando medimaghi e infermieri. Arrivarono velocemente nel punto di smateliazzazione del San Mungo e, tenendosi per mano, si materializzarono a pochi metri dall'abitazione dei Bones. Corsero verso l'ingresso, vedendo uscire dalla porta un Sirius pallido e provato.

"Sirius!" Urlò Amelia, raggiungendolo con Lily alle spalle.

Indossava ancora la divisa da auror e allargò immediatamente le braccia per fermarle.

"Ferme, ferme. Non potete entrare"

Dall'interno della casa si alzò un urlo disperato.

Lily fece uno scatto in avanti, ma Sirius la tenne per la vita, impedendole di entrare.

"Lily, Lils, ferma, ferma. C'è James con Amelia, non puoi entrare"

"Cosa?" Fece lei, agitandosi tra la presa ferrea del ragazzo, "Amelia ha urlato, Sirius, dobbiamo entrare, è nostra amica!"

Sirius la inchiodò al posto con uno sguardo.

"Lils, non potete entrare. James sta provando a far uscire Amelia, non potete entrare"

"Perché?" Urlò la rossa, sentendo già di sapere la risposta.

lui, vero? I pezzi... sono suoi?" Sussurrò la Olsen al suo fianco, la voce tremante.

Sirius sospirò.

"Non potete entrare, perché non vogliamo che vediate quello che abbiamo visto noi lì dentro" sussurrò, fissando gli occhi grigi in quelli verdi della sorella.

Lily si lasciò andare a un singhiozzo.

"Cosa...?"

Edgar, Lils" iniziò a parlare lui, schiarendosi la voce tremolante, "ad Amelia hanno spedito la testa."







| Doveva arrivare anche questo momento, purtroppo! 

So che è canon che fosse Benjy ad esser fatto a pezzi, ma molto banalmente vi dirò che quando ho scritto tutte le trame di questi capitoli l'avevo semplicemente confuso con Edgar, e quando me lo sono ricordato ho deciso di concedermi questa licenza poetica ahah 

Ci vediamo Sabato prossimo che, sono allucinata dal dirvelo- sarà il primissimo compleanno di questa storia! Piango già... ❤️

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