FMA: For My Best Friend

By anJuJam

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Dal prologo: "Ora possiamo giocare insieme a nascondino?" Alaska Bakken. Figlia illegittima del Sergente Bakk... More

Alaska Bakken

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By anJuJam

“Che cos'è una trasmutazione umana?" Domandò una bambina dai capelli rossi mentre con l'indice indicava la pagina su cui era riportato tale titolo.
Il libro si trovava casualmente aperto sul tavolo della biblioteca dove i fratelli Elric, come d’abitudine, erano intenti a perseguire le loro ricerche.
I due si osservarono perplessi; un accenno di terrore era visibile nello sguardo di Edward. Si voltarono poi verso la bimba che li osservava coi suoi occhioni blu, impaziente di ricevere una risposta. Conoscevano bene Alaska e sapevano quanto fosse insistente; era sempre stata molto curiosa.
L'alchimista d'acciaio sospirò; non le si poteva nascondere nulla. Nonostante avesse solo 10 anni riusciva a capire, in qualche modo, quando qualcuno le mentiva.
Tanto valeva dirle la verità.
"Riportare in vita qualcuno. È possibile creare un corpo a partire dagli elementi costituenti, ma nessuno è mai riuscito ad introdurvi anche un'anima. Realizzare una trasmutazione umana è assolutamente vietato."
"E impossibile." aggiunse Alphonse allargando le braccia.
"Quindi non si può riportare in vita qualcuno?" ribadì Alaska.
"No, non si può." Edward guardò l'armatura del fratello, poi il suo braccio meccanico "...Anche se una volta ci credevo fermamente."
La rossa annuì doppiamente cercando di assimilare le nuove informazioni ottenute.
"Allora è per questo motivo che tu non hai né un braccio né una gamba e tuo fratello è un'armatura vuota?" chiese indicando prima Edward e poi Alphonse e spostando il dito da un soggetto all'altro.
Tempo prima i due, sotto richiesta della sua estrema curiosità, le avevano già spiegato quali fossero i principi dell'alchimia e dell’importanza del sacrificare qualcosa in cambio di qualcos'altro dell'ennesimo valore. Tuttavia rimasero spiazzati dalla sua perspicacia. Non le avevano mai raccontato la loro avventura. Il fatto che fosse arrivata da sola alla conclusione dimostrava quanto fosse intelligente nonostante l'ingenuità della sua età.
"Co…Come hai fatto a capire che sono un'armatura vuota?"
"Eccooo... Una volta, mentre ti alzavi dalla sedia, hai urtato il tavolo. Ho sentito un rumore tipo: BONK! È lo stesso rumore che fanno i gusci vuoti, sai?"
"WOW..."
Nonostante l'acutezza della ragazzina, il modo col quale giungeva a certe conclusioni era estremamente semplice e un po' infantile, motivo per cui i fratelli Elric non poterono fare a meno di sorridere.
La rossa fece per schiarirsi la gola come per attirare ulteriormente l'attenzione dei ragazzi:
"Ora possiamo giocare insieme a nascondino?"

-

Alaska Bakken. Figlia illegittima del Sergente Bakken, capo dell'Esercito Nordico, temuto da molti per via della sua maestosità, comparabile a quella della famiglia Armstrong. La madre di sangue era Aalina Hansen.
Da più di un mese Alaska e il padre si erano trasferiti a Central City: Bakken aveva stretto un patto di alleanza con King Bradley, il Comandante Supremo a capo dello stato di Amestris ed anche il grandissimo Sergente più temuto al mondo si trovava sotto il controllo di Wrath. Un'altra pedina da aggiungere alla sua collezione.
Naturalmente la famiglia Bakken non sapeva nulla del piano terribile che stavano escogitando gli homunculus, tanto meno della loro esistenza.
Alaska ormai era abituata ai continui spostamenti strategici del padre. Non era la prima volta che cambiavano abitazione. D'altro canto la madre, troppo legata alla sua terra di origine, per una volta decise di rimanervi, scelta che il marito accettò con rammarico e comprensione, portandosi con sé solo la figlia.
Per questo motivo Alaska non aveva molti amici e passava per lo più il tempo da sola. Ogni qualvolta decideva di uscire dalla magione, doveva farsi scortare da una guardia e lei questo proprio non lo sopportava. Voleva essere indipendente, anche se aveva solo 10 anni. Doveva sempre trovare un’escamotage per sgattaiolare via senza controllo.
Lei non se ne rendeva conto, o forse non ci dava troppo peso, ma la vera motivazione per cui il padre insisteva col farla accompagnare da qualcuno di fiducia, era dovuta alla rara malattia di cui era affetta: CIPA, Congenital Insensitivity to Pain with Anhidrosis, ossia insensibilità congenita al dolore con anidrosi. Sostanzialmente non avvertiva il dolore, né il calore o il freddo.
Tuttavia una bambina iperattiva come lei rischiava spesso di cadere o farsi del male senza nemmeno rendersene conto, a causa della patologia. Era molto rischioso uscire senza il suo guardiano, soprattutto se le fosse capitato qualcosa di grave, come per esempio una ferita mortale.
A Central City aveva iniziato a frequentare regolarmente la Biblioteca Nazionale Centrale (permesso datole in virtù del legame di sangue con il grande Sergente Bakken), principalmente da quando conobbe i due fratelli Elric.
 Ricordava perfettamente quell’occasione fortuita, durante la sua prima visita a quel luogo di studio e lettura…

"Non ci posso credere, sei l'alchimista d'acciaio!" Esclamò Alaska indicando il ragazzo armatura che si trovava dinnanzi a lei all'interno della biblioteca.
"Eh ecco…veramente non sono io. E’ mio fratello." Alphonse cercò di giustificarsi puntando verso un individuo dal mantello rosso vicino a lui. Era particolarmente basso e la bambina non si era accorta della sua presenza. Con lo sguardo cercò di capire a chi si riferisse portando la mano sulla fronte.
"Mh? Dov'è?"
Edward frustrato si piazzò davanti alla ragazzina, digrignando i denti dalla rabbia.
"Ooh ma sei tu!" Alaska ridacchiò divertita. "Scusami non ti avevo visto, sei così piccolo!"
"P- PICCOLO?! COME TI PERMETTI MOCCIOSETTA!"

Da quel momento in poi la bambina continuò ad infastidire i fratelli Elric ogni qualvolta li sorprendeva nella biblioteca. All'inizio i due trovavano particolarmente insistente il comportamento della rossa, poi capirono che in fondo aveva solo bisogno di amici. Infatti, nonostante la sua estroversione, Alaska era davvero molto sola.

Il giorno dopo: Biblioteca Nazionale Centrale
"Non ci posso credere! Sei proprio tu, l'alchimista d'acciaio!"
Un bambino dai capelli scuri e vestiti alquanto formali si approcciò ad Edward; i suoi occhi violacei sbrilluccicavano dall'entusiasmo.
L'alchimista sorrise soddisfatto.
"Esattamente, sono proprio io!" Esclamò infine.
"Wow, sei proprio un piccolo alchimista come si dice in giro!"
Nel momento in cui Edward sentì pronunciare la parola "piccolo", la calma che aveva fino a quel momento lasciò posto all'ira. Non sopportava che gli venisse affibbiato quell'aggettivo! Era una cosa che non riusciva proprio ad accettare.
Prima che potesse sfogare la sua collera sul povero ragazzino, ecco che un' Alaska molto arrabbiata si avvicinò al gruppo: portava tra le mani un libro all'apparenza molto pesante che, senza neanche pensarci, lanciò contro l'alchimista d'acciaio, procurandogli un prominente bernoccolo.
Vi fu qualche secondo di silenzio, tempo che il biondino si riprendesse dallo shock, poi feroci urla risuonarono nell'edificio:
"MA COSA FAI?! SEI IMPAZZITA? COME TI VIENE IN MENTE DI LANCIARE LIBRI IN TESTA ALLA GENTE MOCCIOSETTA?!"
"Shhh!" La rossa fece il gesto di zittirlo alzando un dito sulla bocca. "Non si grida in una biblioteca!"
Edward cercò di trattenere tutto il veleno che aveva dentro; avrebbe voluto rigettarlo contro Alaska, ma sapeva bene che in un edificio pubblico certe escandescenze non erano consentite.
Il fratello lo osservò preoccupato ripetendo tra un sospiro e l'altro "Oddio! Tutto bene fratellone?!", seguito a ruota dal giovane moro anch'esso rimasto ad osservare silenziosamente la scena.
"Ho le mie ragioni!" continuò la bambina. "Ieri mi avete lasciata tutta sola mentre giocavamo a nascondino! Non avete neanche provato a cercarmi! Umph!"
"Ci dispiace molto Alaska…Purtroppo avevamo alcune cose importanti da fare" si giustificò Alphonse genuinamente dispiaciuto per l’accaduto "Avevo detto al fratellone che non era una buona idea andarsene senza nemmeno avvisarti, ma lui non mi ha voluto proprio ascoltare..."
Edward lo maledisse per quest'ultima affermazione che, a detta sua, poteva tranquillamente risparmiarsi.
Alaska era lì lì per ribattere, ma fu sorpresa da una tenera voce maschile a lei ignota:
"Ma tu sei Alaska! La figlia del grande Sergente Bakken! E’ così?"
Nell'istante in cui la ragazzina si voltò verso la fonte di quella domanda, si trovò a un palmo di naso da un bambino apparentemente della sua stessa età. Per la prima volta dopo tanto tempo, le si presentò davanti la possibilità di parlare con un coetaneo.
"Sì, sono proprio io!" rispose Alaska con immenso orgoglio. Andava molto fiera del cognome che portava e, soprattutto, provava un'adorazione immensa per suo padre. "Con chi ho il piacere di fare la mia conoscenza?"
"Oh io sono Selim, Selim Bradley!"
I fratelli Elric reagirono sorpresi e un po' spiazzati alla sua presentazione:
"Selim... il figlio di King Bradley?!"
"Esattamente. Sono io!"

-

"Come siamo capitati in questa situazione?" sussurrò Edward al fratello, entrambi seduti su un comodissimo divanetto in pelle. Vicino ad Alphonse, la piccola Alaska sorseggiava allegramente una tazza di tea, gentilmente offerta dalla Signora Bradley, che si trovava davanti a loro su una larga poltrona assieme al figlio Selim.
Ormai era chiaro come l'acqua: i tre amici si trovavano nella magione di Bradley.
"Perdonate l'insistenza di mio figlio nel farvi venire qui…è un vostro grande fan. Poi non vedeva l'ora di conoscere Alaska, la figlia del Sergente Bakken…" spiegò la Signora Bradley sorridendo, "…D'altronde hanno la stessa età."
Alaska ricambiò il sorriso mentre lasciava dondolare armonicamente le gambe, troppo corte per arrivare a toccare il pavimento: "Anche io sono felice di fare la conoscenza di Selim! In realtà non pensavo che il Comandante Supremo avesse un figlio. Papà non me ne ha mai parlato!"
La signora ridacchiò divertita, mentre il figlio sorrise ingenuamente alle parole della bambina.
"In realtà Selim non è nostro figlio legittimo. Purtroppo io e mio marito non riuscivamo ad avere bambini... Lo abbiamo adottato, ma lo amiamo proprio come se fosse il nostro bimbo." La madre accarezzò dolcemente i capelli del figlio che a sua volta si ritrasse timidamente impacciato dal dolce gesto della donna in presenza di estranei.
Dall'altra parte i fratelli Elric, che erano a conoscenza del segreto di King Bradley e dell'esistenza degli homunculus, rimasero spiazzati dal breve racconto della Signora.
Il fatto che Selim fosse stato adottato confermava la teoria secondo la quale gli homunculus non potevano avere figli. Quei due poveri civili erano solamente “oggetti di retroscena” per i piani malvagi di Bradley, o almeno così credevano; ai due alchimisti si spezzava il cuore.
"Quindi tu, Selim, sei interessato all'alchimia?" Domandò Edward cercando di non pensare alla terribile realtà.
"Sì! Il mio sogno è quello di praticarla per diventare un'Alchimista di Stato, proprio come te!"
Il giovane acciaio si gonfiò d’orgoglio alle parole del ragazzino. "È un mio fan~☆", pensò entusiasta.
"Poi voglio aiutare mio padre con il suo lavoro!" Continuò Selim con un'espressione sorridente stampata sul viso. Al contrario Edward si rattristò: l'innocenza di quel figlio rendeva tutto ancora più straziante.
Alaska si accorse subito del cambiamento espressivo dell'amico e si voltò verso di lui con sguardo interrogativo. Alphonse per cercare di non insospettire la bambina, sempre troppo curiosa, cercò di rassicurarla dandole qualche leggera pacca sulla schiena.
Prima che l'alchimista potesse fare ulteriori domande, dalla porta del salone fece capolino il Comandante Supremo King Bradley.
Alla sua apparizione il figlio gli corse subito incontro riempiendolo di gioiosi saluti ed avvolgendolo in un tenero abbraccio: "Papà!"
Lui ricambiò il gesto scompigliando leggermente i capelli del bimbo con la mano, mentre una risata paterna riecheggiava nella stanza: "Ciao mio piccolo Selim."
"Sei tornato presto dal lavoro, come mai?" chiese la Signora Bradley mentre osservava felicemente la scena.
"Avevo un po' di tempo libero, così ho pensato di venire qui a salutare la mia famiglia" rispose il marito voltandosi successivamente verso i due fratelli Elric. "Poi ho saputo che avevamo una visita importante." Il suo sguardo freddo come il ghiaccio osservò gli alchimisti con disprezzo, che ricambiarono l'occhiataccia.
Alaska sospirò emozionata alla sola presenza dell'uomo di fronte a loro. "È proprio lui! Il Comandante Supremo!"
King Bradley portò la sua attenzione verso la bambina, cambiando repentinamente l'espressione in una più benevola.
"Tu devi essere la piccola Alaska…il Sergente Bakken mi ha parlato molto di te."
La bimba annuì ripetutamente; i suoi occhi blu brillavano dall'entusiasmo: sapere che il suo amato padre aveva parlato di lei ad una persona importante come King Bradley la rendeva più che lusingata.
"A proposito..." continuò il Comandante rivolgendosi alla moglie. "Domani sera ho invitato il Sergente Bakken e sua figlia a cenare qui da noi."
"Davvero?! Evviva!" Alaska esultò trasudando felicità da tutti i pori. Un susseguirsi di emozioni positive riempirono la ragazzina di allegria, mentre Edward e Alphonse iniziarono a preoccuparsi seriamente per l'incolumità della loro amica. Se le fosse successo qualcosa di grave non se lo sarebbero potuto perdonare.
"Certamente, per me non c'è alcun problema." rispose infine la moglie sorridendo dolcemente al marito.
Bradley avanzò verso il divanetto in cui si trovavano i fratelli Elric, seguito a ruota dal figlio che lo osservava pieno di ammirazione.
I due alchimisti si immobilizzarono sul posto; l'atmosfera allegra e pacifica che si era creata fino a poco prima aveva lasciato nuovamente spazio ad una più cupa. Il Comandante li guardava con aria di sfida. "Qualcosa vi turba fratelli Elric?"
Edward cercò di ribattere senza pensare alla situazione assurda in cui si trovavano. "Assolutamente no, solo che vede... come dire è strano sorprenderla all'interno di un contesto familiare. Siamo abituati ad un’immagine di lei sempre seria e…"
"Minacciosa." Interruppe Alphonse quasi sussurrando.
"Mh capisco. Magari a voi può sembrare strano, ma anche io ho una famiglia... Persino uno come me ce l'ha..." Continuò il Comandante mettendo maggiore enfasi sull'ultima frase. "Forse la mia famiglia è un po' diversa dalla vostra, ma rimane sempre la mia adorata famiglia."

Quel pomeriggio i due fratelli Elric sudarono freddo.

Il giorno dopo: 8.00 p.m
Alaska e suo padre, il Sergente Bakken, erano diretti verso la magione della famiglia Bradley, invitati a cena dal Comandante Supremo. L'autista guidava con i fanali accesi per via della scarsa luminosità, nonostante fossero solamente le 8 di sera. I due familiari si trovavano seduti sui divanetti posteriori dell'auto: la piccola Alaska osservava il paesaggio urbano, ripensando agli avvenimenti del giorno prima e soffermandosi in particolar modo a quello che le aveva detto in seguito il giovane alchimista.

La visita a casa Bradley si era ormai conclusa e i fratelli Elric avevano deciso di scortare la piccola amica, Alaska, verso casa sua.
Edward non riusciva a smettere di pensare a quello che era accaduto. King Bradley era un uomo, un homunculus, molto pericoloso, anche se era riuscito a interpretare magistralmente la tipica facciata della famiglia felice. Ciò che allarmava i due fratelli, era il sospetto che volesse coinvolgere anche la famiglia Bakken nei suoi progetti insani. Sapevano quanto fosse "impegnato" King Bradley; se era riuscito a trovare il tempo per invitarli a cena, proprio nella sua dimora, doveva esserci sotto qualcosa di grosso.
Purtroppo non conoscevano ancora i suoi piani per il futuro... Confidavano sul fatto che probabilmente non avrebbe inflitto nessun male ad Alaska, tantomeno al Sergente Bakken.  Wrath il furioso non agiva mai d'impulso: rimaneva sempre il Comandante Supremo e non poteva permettersi margine di errore. Considerato che aveva appena stretto un patto di alleanza con Bakken, non aveva motivo di assassinare né lui né la figlia.
"Alaska..." La voce di Edward richiamò l'attenzione della bambina; un accenno di preoccupazione risuonava nelle sue corde. "Sii prudente."

"Sii prudente..." Ripeté Alaska. Non capiva cosa stesse cercando di dirle Edward, ma era convinta che i due fratelli fossero a conoscenza di una verità più grande di loro e si fossero caricati di un peso enorme.
Il padre, sentendo le parole ripetute dalla figlia, la osservò attentamente: "Hai detto qualcosa mia piccola Alaska?"
La bambina sobbalzò alla voce del genitore, non aspettandosi che la stesse ascoltando. Ricambiò lo sguardo del padre, scuotendo la testa in tutta risposta: "No papà."
Il Sergente Bakken era un uomo robusto e ben piazzato, dai capelli rossi, più chiari rispetto a quelli della figlia e gli occhi celesti che ricordavano i ghiacciai del nord (molte persone faticavano ad avere un contatto diretto con lui per via della freddezza che sprigionavano). Sembrava sempre arrabbiato a causa delle sopracciglia costantemente corrucciate, ma Alaska sapeva bene che suo padre era un uomo benevolo e dai grandi valori. Lui adorava la sua famiglia e avrebbe fatto di tutto pur di proteggerla.
Naturalmente in battaglia era un Sergente temuto, molto severo e alle volte anche cinico, uno dei tanti motivi per cui Alaska lo ammirava: sapeva farsi rispettare.
"Papà" esordì la rossa, "Che tipo è King Bradley?"
La domanda inaspettata della figlia lo prese alla sprovvista. Dovette pensarci bene prima di dare la risposta più adeguata.
"King Bradley è un Comandante eccezionale che dà sempre la priorità alla salvaguardia del suo popolo." Bakken alzò lo sguardo al cielo stellato che si intravedeva dalla finestrella di vetro posta nel tettuccio dell’auto. "Però promettimi una cosa piccola mia..." Il Sergente chiuse gli occhi per qualche istante prima di riaprirli e voltarsi nuovamente verso la bimba. "Promettimi che cercherai di andare d'accordo con suo figlio Selim."
Bakken era il Sergente a capo del grandissimo Esercito Nordico, uno dei più temuti al mondo. Era un uomo severo, audace, temerario e ammirato da molti. Non c'era nulla che lo spaventasse. Tuttavia, per la prima volta, nelle sue parole trapelò un lieve timore.

-

La cena con la famiglia Bradley si rivelò particolarmente tranquilla: non vi fu nessun tipo di discorso politico o militare da parte del Comandante Supremo. Le uniche domande che si permise di porre al Sergente Bakken riguardarono la sua famiglia, ma nulla di troppo personale.
Alaska insistette con l'andare a giocare assieme a Selim dopo aver finito il pasto, cosa a cui la Signora Bradley acconsentì senza problemi, purché lasciassero la casa in ordine.
I due bambini andarono nel giardino, in modo da poter decidere cosa fare senza disturbare ulteriormente gli adulti.

"Giochiamo a nascondino!?" propose la rossa saltellando dall'entusiasmo. Era fiduciosa che Selim, avendo la sua stessa età, avrebbe accettato d’impulso e partecipato senza poi abbandonarla come avevano fatto i due fratelli Elric.
"Va bene!" acconsentì il moro sorridendo.
"Ti avverto" continuò Alaska "Sono molto brava a questo gioco, vinco quasi sempre!" concluse ridacchiando divertita.
"Oh davvero?" Domandò Selim sogghignando maggiormente, in un modo quasi sinistro "Anche io sono molto bravo, sopratutto a trovare le persone."
La bambina sospirò entusiasta per aver finalmente conosciuto un degno sfidante che potesse darle del filo da torcere. I pochi coetanei incontrati durante i suoi continui spostamenti col padre, quando si offrivano di giocare con lei, si arrendevano dopo solo poche ore di gioco senza riuscire mai a trovarla.
"Allora devi contare fino a 30. Perché non conosco bene casa tua e ho bisogno di tempo per trovare il nascondiglio perfetto!"
Nonostante Selim le avesse fatto fare un piccolo tour dell'abitazione prima di cenare, Alaska non aveva ancora memorizzato bene la piantina con le varie stanze e d'altro canto lui conosceva sicuramente più nascondigli di lei.
Una carica di adrenalina scosse  dall'interno la bimba che non vedeva l'ora di iniziare la sfida.
"Okay!" Concordò Selim.

Nel momento in cui il bambino cominciò a contare, Alaska iniziò a correre alla ricerca del pertugio perfetto: anche se era svantaggiata, doveva farsi furba e trovare un luogo poco frequentato...
'Oppure una stanza molto buia...'
Aprì piano una porta che conduceva dentro la villa, ritrovandosi in un lungo corridoio in cui si affacciavano diverse camere; alcune sembravano inaccessibili, chiuse a chiave.
La ragazzina si guardò intorno cercando di capire quale uscio avrebbe potuto aprire con facilità, finché non ne trovò uno socchiuso. Sbirciò nella stanza: era completamente buia all'interno, illuminata leggermente dalla luce fievole che proveniva dalla corsia.
'Potrei nascondermi qua dentro…non riuscirà mai a vedermi al buio!'
Entrò camminando a stento, per via dell’oscurità. Si appoggiò al muro per non rischiare di cadere e percorse i lati della parete fino ad arrivare in fondo.
"Uff è così buio! Non si vede praticamente nulla" sbuffò aggrappandosi a quello che pareva essere uno scrittoio.
D'un tratto percepì una strana presenza dietro di lei, come se una mano le si fosse appoggiata sulla spalla; si voltò di scatto, allontanandosi leggermente dal presunto intruso, ma non scorse nulla.
Rimase un po' turbata da quella sensazione bizzarra, ma non si spaventò. Come suo padre, anche lei era molto temeraria e non si lasciava intimorire facilmente.
Tirò un sospiro di sollievo.

Fu in quel momento che iniziarono a delinearsi, sulle pareti e nel soffitto in penombra, delle strane bocche, seguite da occhi scarlatti alquanto minacciosi.
Alaska sobbalzò alla vista di tale orrore e indietreggiò immediatamente verso il punto con più luce, nell'intento di uscire il prima possibile da quel luogo così sinistro.
Non credeva negli spettri, tantomeno nei mostri malvagi, ma quella visione le parve estremamente reale, misteriosa e inquietante. Era talmente esterrefatta che non riusciva nemmeno a gridare.
Riuscì ad indietreggiare cauta verso la soglia della porta, mentre "la cosa" continuava ad osservarla minacciosamente. Arretrò ancora di qualche passo, finché non urtò la schiena contro qualcosa o qualcuno.
Voltandosi frettolosamente verso la fonte, si trovò faccia a faccia con il giovane Selim.
"Trovata!" Il moro la sorprese sfoggiando un sorriso allegro; i canini erano appena visibili sul volto.
Alaska, ancora in stato di shock, osservò il compagno per poi girarsi nuovamente verso la stanza buia: di quella entità terrificante non vi era più traccia.
. . .
Riguardò Selim, poi la camera, poi di nuovo Selim.
È stata solo un'allucinazione?
"Hm?" il bimbo studiò attentamente lo strano comportamento della rossa con sguardo interrogativo. "Che succede?"
"N…Niente…Andiamo via da qui" rispose Alaska con riluttanza, poi afferrò il braccio di Selim, con l’intento di trascinarlo il più lontano possibile da quel posto.
Il ragazzino però non si mosse di un millimetro: "Perché?" domandò inclinando leggermente la testa da un lato.
La giovane si limitò a guardare verso la stanza, senza rispondere alla domanda; i suoi occhi trapelavano un misto di disgusto e terrore.
Selim, seguendo lo sguardo della compagna, si voltò leggermente verso la camera buia che pareva terrorizzarla: "Eh? Non sarà mica che..." sogghignò ulteriormente, fino ad assumere un tono macabro "Alaska ha paura del buio?"

La piccola Alaska gonfiò le guance e si voltò verso Selim corrucciando le sopracciglia: "Io non ho paura di niente!!!"
Appoggiò ambedue le mani sui fianchi, gonfiando leggermente il petto e continuò solennemente: "Io sono Alaska Bakken, intrepida come una bufera, forte come una valanga e..." si interruppe per cercare altri aggettivi adeguati a descrivere se stessa senza lasciare dubbi, "Ta... Tagliente! Come il ghiaccio!"
Selim la ascoltò alzando un sopracciglio, visibilmente confuso dal suo comportamento.
La ragazzina, accorgendosi dell'incredulità del compagno, capì che doveva dimostrare la sua temerarietà e, sfortunatamente per lei, l'unico modo era quello di rientrare nella stanza maledetta. Il solo pensiero la fece sospirare affranta.
Si avvicinò cautamente all'entrata, seguita dal curioso Selim. Arrivata sulla soglia, inspirò profondamente prima di rilasciare l'aria dalla bocca. Non era sicura di essere pronta per questa sfida, ma se non l’avesse compiuta il moro non l’avrebbe mai presa sul serio, etichettandola ingiustamente come fifona. Era una questione d’onore! Niente rimorsi: fece il primo passo verso la camera oscura, poi un secondo, un terzo, un altro, finché non arrivò al centro. Di quella "cosa" non vi era più traccia. Si guardò attorno, scrutando ogni angolo: era sicura di non essersi immaginata quel mostro dai mille occhi! Lo aveva percepito con ogni senso a sua disposizione. Eppure non c'era nulla.
Selim spinse l'interruttore per fare luce nella stanza, rivelando un semplice studio con una piccola libreria ed uno scrittoio. Nessun’ombra di mostro.
"Non c'è nulla...?" sussurrò sorpresa la rossa per poi voltarsi verso il bimbo "Prima c'era un'ombra gigantesca piena di occhi e bocche! Io l'ho vista!" Spiegò gesticolando freneticamente.
"Davvero?" domandò sorpreso Selim "Se è così, deve averti spaventata molto quella... cosa..." continuò mostrando nuovamente un sorrisetto divertito.
"Pff  per niente! Non ho nemmeno urlato!" rispose lei forzando una risata sprezzante. In realtà sapeva bene quanto avesse ragione, non mentiva a se stessa, ma mai al mondo l’avrebbe confessato al suo nuovo compagno di giochi.
Selim sbattè gli occhi ripetutamente prima di sorriderle goffamente. "Tranquilla, capita a tutti. Probabilmente era solo un'ombra."
Alaska non lo conosceva abbastanza bene da poter giungere a conclusioni, ma per un attimo le parve che il suo sorriso non fosse sincero. Non ci diede troppo peso e proseguì a perlustrare la stanza illuminata dalla lampada appesa al soffitto: sullo scrittoio c'era una foto raffigurante la famiglia Bradley, probabilmente scattata lo stesso anno, dal momento che Selim non sembrava cambiato molto. Sui muri intorno erano appese delle mappe raffiguranti lo Stato di Amestris ed altri continenti, rivelando l’ipotesi che la camera potesse essere uno degli studi del Comandante Supremo. La bimba spostò lo sguardo verso la libreria e avvicinandosi appena si accorse che vi erano molti libri riguardanti l'alchimia.
'King Bradley è interessato all'alchimia?'
Alaska ci pensò per un istante, ricordandosi che Selim aveva confessato proprio nell’incontro precedente di voler diventare un alchimista di stato.
‘Forse erano per lui?’
"Deve interessarti molto questo argomento" parlò Alaska afferrando uno di quei tomi dallo scaffale, "Ci vuole proprio un bel coraggio per leggere dei libri del genere!" Sgranò gli occhi studiando lo spessore colossale che aveva.
Selim, che fino a quel momento era rimasto dietro ad osservare silenziosamente, ribadì: "Sì, un giorno mi piacerebbe tanto diventare un alchimista di stato."
Si avvicinò sorridente verso la compagna, per poi osservare il volume che aveva tra le mani: "Però non ho ancora iniziato a leggere quello…E’ ancora un po' troppo complicato per me" confessò appoggiandosi con la schiena allo scrittoio che si trovava lì vicino.
La bambina annuì in accordo, mentre con un dito sfogliò accuratamente alcune delle pagine finché non ne adocchiò una con la scritta "trasmutazione umana", la stessa che aveva visto sulla scrivania dove studiavano solitamente i fratelli Elric.
"Trasmutazione umana..." mormorò rielaborando quello che le dissero Edward ed Alphonse in biblioteca.
"Oh, quello è un tabù" intervenne Selim sorprendendola.
"Hmm…tu faresti mai una trasmutazione umana?" domandò la curiosa Alaska, distogliendo lo sguardo dal libro ed osservando attentamente il moro.
"Assolutamente no! È proibito!" rispose in modo saggio e sapiente il ragazzo.
Alaska portò un dito sul mento pensando a come ribattere: "E se, per esempio, morisse tuo padre? Non lo faresti per riportarlo in vita?"
Questa domanda prese alla sprovvista Selim; dovette pensarci su per qualche istante prima di replicare: "...No. Perché mio padre è molto forte e non morirà!" concluse sfoggiando un dolce sorriso, mentre lo sguardo rivelava la grande stima che provava per lui.
Alaska manifestò la sua approvazione, grata che il suo nuovo amico non avrebbe mai lavorato ad una follia del genere.
"E tu invece? La faresti?" le chiese lui, anch'esso curioso di sapere come la pensasse la ragazzina al riguardo.
Alaska scosse la testa in segno di diniego, chiuse il libro e lo ripose sullo scaffale: "Non sono interessata all'alchimia."
Successivamente si voltò con rinnovato entusiasmo verso Selim, che continuava ad osservarla: "Possiamo giocare ancora? Voglio la rivincita!"

(Alaska Bakken. Disegno realizzato da me.)

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