«Non ho intenzione di rimanere qui un minuto in più.»
Per la prima volta da quando lo avevo conosciuto, Dollarus sembrava aver perso il suo autocontrollo, parendo a tratti immaturo.
Quell'aspetto mi ricordò molto Gideon che, in questo momento, era appoggiato alla parete in sterpaglia secca con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo cupo.
«Principessa, non possiamo fidarci.» Continuò l'omino, gesticolando.
Era irritato.
«Sono d'accordo.» Ammisi.
Nei modi di fare di Thui, e in tutto quel suo essere così comprensivo, era sicuramente nascosto un secondo fine eppure non ero ancora certa che questo avrebbe potuto nuocerci in un qualche modo.
«Ma allo stesso tempo eravamo consapevoli che venire nel Regno dell'Altro Sole avrebbe comportato dei rischi.»
Con una smorfia, mi slegai la fasciatura in testa.
Così stretta, mi stava facendo sudare.
Anche l'alleanza con Dollarus, all'inizio, era risultata sospetta eppure, con il passare del tempo, si era rivelata essere un elemento chiave nella riuscita della mia missione.
«Non possiamo arrenderci alle prime difficoltà.» Conclusi
«Cos'hai intenzione di fare, Lyra?» Finalmente Gideon si decise a sollevarsi dal muro, intervenendo nella conversazione.
«Dargli una possibilità.»
Lo sguardo freddo di Gideon mi fece capire come fosse contrario a quell'idea e, proprio mentre stava per aprire bocca ed elencarmi tutti i motivi per cui sarebbe stato meglio andarcene, bussarono alla porta.
Fu lo stesso Gideon ad aprire, rivelando Thui sulla soglia. «Che vuoi, cerbiatto?»
Lo afferrai per il polso, tirandolo indietro.
Quello non era decisamente il piede giusto per cominciare a discutere di un possibile accordo ma, fortunatamente, l'essere dell'Altro Sole non trovò quel nomignolo di cattivo gusto e si limitò a ridere.
Tutta quella sua calma, se da un lato poteva apparirmi come una maturità a cui non ero abituata, dall'altra mi incuteva il terrore di una facciata perfettamente studiata.
«Cosa volevi dirci?» Intervenni, prima che Gideon potesse prendere parola.
«È oramai calata la sera.» Disse, il cielo chiaro tipico del Regno dell'Altro Sole alle sue spalle. «Avrete fame. Ho pensato di invitarvi a cena.»
Guardai Dollarus. Sul suo volto era dipinto un cristallino "no".
«Siamo apposto così.» Rifiutò l'omino ma, pochi attimi dopo, un forte brontolio invase la stanza, attirando l'attenzione di tutti.
«Va bene.» Accettai concentrandomi nuovamente su Thui, ma non riuscendo a nascondere un sorriso per la posa fiera ed impettita di Dollarus che, nonostante tutto, faceva finta di nulla.
Lieto della mia risposta, l'essere dell'Altro Sole ci fece segno di seguirlo.
«È un onore.» Disse, iniziando a incamminarsi, ma la mia attenzione venne attirata, ancora una volta, da Dollarus che, alle mie spalle, borbottava incessantemente.
«Irresponsabile. Pericoloso. Avventato.» Lo sentii dire. «Sono altamente contrariato.»
Rallentai il passo quanto mi fu necessario per raggiungere il suo fianco.
«Tranquillo.» Bisbigliai, ma in realtà anche io ero nervosa.
"Non dubitare delle tue scelte, mai", la voce di Rubyo mi rimbombò nelle orecchie.
Quella che avevo fatto, però, non era stata una scelta, ma una scommessa e, se qualcosa fosse andato storto, per colpa del mio tirare a sorte avrebbero rischiato la vita delle persone che mi erano care.
Tuttavia questa era una delle responsabilità che avevo accettato di prendermi in carico nel momento in cui avevo deciso di recidere qualsiasi legame. Non potevo più permettermi di nascondermi dietro alle altre persone, così come non potevo più permettermi di esitare, per timore che le cose andassero diversamente da quanto potessi sperare, lasciando il Regno in balia dell'incertezza.
Nonostante tutte quelle consapevolezze, però, un debole sorriso comparve sulle mie labbra al ricordo di Rubyo.
Erano passati a malapena una decina di giorni, ma era come se fosse trascorso un mese.
Nel corso di tutti quegli anni che avevamo passato insieme, più volte ci eravamo dovuti allontanare, ma quelle occasioni erano state diverse da ciò che mi affliggeva nel presente. In quei casi, si era trattata di una separazione momentanea, durante la quale sapevo che, a breve, ci saremmo rincontrati. Adesso invece, il non averlo più accanto era come se mi fosse stato strappato via un arto e ora dovessi abituarmi a vivere senza.
Difficile, ma non impossibile.
Ce l'avrei fatta.
Dovevo farcela.
Per il mio bene e per quello di tutte le persone a cui tenevo.
E così persa tra i miei pensieri, non mi accorsi di come avessimo raggiunto un punto della foresta ancora sconosciuto fino al quel momento.
Eravamo circondati da alberi giganti, molto più alti di quelli normali, ma nulla in confronto all'immensità di quello dove si trovavano le stanze di Thui.
In questo caso i tronchi, privi di corteccia e rami, erano così snelli e slanciati che non mi sembrava possibile potessero resistere al peso di tutta quell'altezza senza spezzarsi.
Eppure, con piante così alte e chiome altrettanto fitte, ci trovammo presto al buio.
Man mano, i nostri passi iniziarono a rallentare, sempre più cauti e incerti sul percorso.
Un paio di occhi gialli, brillanti dell'oscurità presero a fissarmi.
«Chiedo scusa.»
Thui si era improvvisamente girato nella mia direzione, rendendosi conto della nostra difficoltà nel proseguire.
«La mia tribù ci vede perfettamente al buio.» Dichiarò, facendomi ricordare come nelle sue stanze, poche ore prima, si muovesse perfettamente nonostante l'ambiente privo di luce.
E stavo quasi per abbassare nuovamente la guardia, tranquillizzandomi su come quella non fosse una trappola, quando, senza alcun preavviso, l'essere dell'Altro Sole scomparve con uno scatto nell'oscurità.
Il cuore mi si fermò in petto, mentre gli uomini di Dollarus, nonostante fossero stati altrettanto presi alla sprovvista, mi furono subito attorno, ancor prima che il loro Signore glielo ordinasse.
Nel buio, gli occhi di Gideon lampeggiarono d'oro.
Estrassi il pugnale.
I muscoli tesi.
Le orecchie fischiavano nel silenzio, scandito solo dai nostri respiri.
L'unica a sembrare indisturbata sembrava Aerin.
Poi, una dopo l'altra, nell'aria scura iniziarono a sollevarsi piccole scintille lampeggianti, fin quando il percorso non fu abbastanza chiaro per proseguire.
L'istante dopo, Thui era riapparso davanti a noi.
«Così dovrebbe andare meglio.» Disse, scuotendo un cespuglio e lasciando che altre lucciole iniziassero a illuminare l'aria.
Ancora increduli e con il cuore che cercava di rallentare la propria andatura, rimanemmo immobili per qualche altro istante finché, lentamente, un uomo dopo l'altro non abbassò le difese fino a quando tutta la ciurma di Dollarus lasciò il mio fianco.
Pensavo che anche Gideon avrebbe fatto lo stesso ma, al contrario, si trasformò in Kelpie, avvicinandosi al mio fianco.
Nell'istante in cui il suo corpo abbandonò ogni fattezza umana, vidi il suo manto iniziare a risplendere.
Nonostante tutto quel tempo passato assieme, quella era solo la terza volta che lo vedevo così.
Ipnotizzata a quella visione, allungai le dita verso di lui fin quando, prima le falangi e poi tutto il palmo, la mia mano non iniziò ad accarezzare contropelo il manto ispido del garrese.
«L-Lyra...»
Ritrassi l'arto.
Sentire la sua voce rimbombarmi nella testa fu come un violento pugno alla realtà.
«Scusa.» Bisbigliai, credendo di averlo messo a disagio.
«Sta' attenta.» Disse invece lui, contrastando ogni mia convinzione. «È così che noi... »
Ma non fu necessario che finisse la frase, perché l'esitazione nella sua voce fu sufficiente per farmi capire cosa davvero intendesse.
In passato mi aveva detto di come i Kelpie divorassero le loro prede dopo averle attirate, ed il fatto che io fossi rimasta incantata e stordita ogni qual volta il suo manto avesse iniziato a risplendere, mi fece capire come fosse proprio quella stessa luce il vero motivo, la vera causa, per cui le prede venissero soggiogate.
L'unico motivo per cui, nel lago di Ofelia, l'effetto non era stato così forte, era perché i poteri di quel mostro raccapricciante imponessero una limitazione su quelli di Gideon.
«Cerca solo di non fissare troppo.» Concluse Gideon, mentre un brivido mi percorreva la schiena.
Annuii e, consapevole che quella conversazione non avesse raggiunto le orecchie di nessun altro dei presenti, mi sforzai di fare buon viso a cattivo gioco e riprendere a camminare come niente fosse finché, pochi minuti dopo, non raggiungemmo i pressi di un grosso masso ricoperto di muschio.
Ai suoi piedi, pietre levigate a mano erano disposte a ferro di cavallo in modo da dare l'idea di piccoli tavoli ravvicinati a cui poteva prendere posto una sola persona.
Su ognuno erano disposte le stesse pietanze, in quantità identiche, ed una brocca accompagnata da un bicchiere, entrambi lavorati dalla roccia.
Quel dettaglio attirò la mia attenzione.
Mi ero già accorta di come i Rayag rispettassero la vegetazione circostante, nella quale vivevano in simbiosi, e per questo ancora faticavo a giustificare l'atteggiamento infantile che aveva spinto prima Gideon e poi Aerin a prosciugare degli alberi.
In quel momento però, ebbi la conferma di come non fosse tanto la natura generale ad essere messa in primo piano, quanto qualsiasi pianta, poiché essere vivente, tanto da spingere quella Tribù a ricavare gli strumenti necessari dalla pietra.
Eppure trovai quel loro comportamento ironico: così sensibili ed altruisti nei confronti della vita vegetale, ma abbastanza sfacciati da cibarsi di esseri umani.
«Da questa parte.» Continuò a scortarci Thui, facendoci avvicinare ancora di più a quelle sedute così peculiari.
Solo allora riuscii a notare, nonostante la parziale oscurità, come molti di quei tavoli fossero già occupati dagli altri membri della Tribù.
Erano avvolti in mantelli scuri, con il volto scoperto dalla maschera, e bisbigliavano con il vicino.
Nonostante la prorompente penombra di quel luogo, tutti ne parevano indisturbati e questo confermò le parole di Thui.
Avevamo oramai raggiunto i nostri posti quando una bambina ci venne incontro saltellando e rompendo il leggero bisbiglio.
Con due occhi gradi e colmi di innocenza, il cui riflesso delle lucciole li faceva assomigliare ad un cielo stellato, mi offrì una corona di fiori identica a quella che indossava già sul capo.
Rimasi positivamente meravigliata a quella calorosa accoglienza ma, non conoscendo i costumi della Tribù, rivolsi uno sguardo esitante a Thui.
Con un cenno del capo, mi fece segno di accettarla.
Sorridendo, mi piegai in ginocchio, lasciando che fosse la bambina stessa a depositarmela sul capo.
«Hai gli stessi capelli del fratellone!» Disse, mostrando i canini, ma un improvviso sguardo truce da parte di Thui le fece scomparire il sorriso in volto.
Mi accigliai a quello scambio di sguardi sospetto ma, non sicura del significato di quel gesto, preferii far finta di nulla per il momento.
Ma poi, proprio quando la bambina stava per andarsene e tornarsi a sedere al suo posto, i suoi occhi felini si depositarono su Gideon, al mio fianco.
Con la bocca semiaperta e le pupille ora dilatate, iniziò ad avvicinarsi agli zoccoli, mentre nei suoi occhi era riflesso, come in uno specchio, il bagliore del manto.
Per un istante cercai di illudermi che quella potesse trattarsi solo di curiosità infantile, ma quando vidi Gideon iniziare a indietreggiare, mi arresi alla consapevolezza che quell'attrazione tutto era fuorché curiosità.
Rapida, presi la bambina in braccio, forzandola a guardarmi e, in quello stesso istante, Gideon riassunse sembianze umane facendo scomparire una notevole quantità di luce.
«Grazie per i fiori.» Le sorrisi, per poi affidarla Thui che la rimandò velocemente a posto.
Dopo aver lasciato andare la sorellina, lo sguardo dell'essere dell'Altro Sole indugiò nel mio per qualche secondo.
Ne percepii emozioni contrastanti, ma nessuna alla quale avessi potuto dare con certezza un nome, un'identità.
Per un momento lo credetti sul punto di parlare, ma invece, senza aggiungere altro, Thui si limitò a farmi segno di proseguire.
Gli fui dietro finché, ad un certo punto, non lo vidi aumentare il passo e raggiungere una vecchia signora.
«Nai Nai.» La chiamò, abbracciandola.
Poi si girò verso di me, gli occhi gli brillavano.
L'emozione nel suo sguardo, questa volta, era più che chiara.
«Lei è mia nonna.» Disse, i canini scoperti. «Dopo la morte dei miei genitori, durante la Grande Vendetta, mi ha cresciuto come un figlio.» La aiutò a sollevarsi.
Stava in piedi a stento, sorretta da un bastone, mentre gli occhi le indugiavano nel buio.
Era la prima persona che, finora, usava uno strumento lavorato dal legno.
Non appena mi fu abbastanza vicina, iniziò ad annusare l'aria.
«Tu...» La voce gracchiante. «Sei umana?» La mano si muoveva a tastoni davanti a lei, mentre un ghigno compiaciuto le compariva sul volto.
Non risposi mentre, agghiacciata, guardavo Thui in attesa di indicazioni.
«No, Nai Nai.» Parlò lui per me.
La calma cristallina della sua bugia.
«Ma è stata a lungo nel loro Regno, è normale abbia il loro odore.»
La vecchietta allora annusò nuovamente l'aria, ma questa volta l'espressione sul suo volto cambiò radicalmente.
«Kelpie?» Disse colta da un improvviso fremito, più come un'esclamazione a cui non poteva credere che una domanda.
«Si.» Si limitò solo a dire Thui.
Mi accigliai, stupita.
Mi stava proteggendo?
Ma da cosa?
Stando alle sue stesse parole, i Rayag non si cibavano più di umani, quindi perché mentirle?
«Vorrei osare chiedere...» Iniziò la vecchietta, improvvisamente irrequieta. «Se, tra di voi, ci fosse anche colei a cui dobbiamo la vita.»
Guardava un punto indistinto davanti a sé, ma il suo corpo fremeva all'idea.
Guardai Gideon nella speranza che potesse dare un senso a quelle parole, ma, sempre più rigido, si limitò solo a ricambiare il mio sguardo perplesso.
Con mio stupore, fu Aerin ad avvicinarsi e porgerle la mano.
La vecchietta la strinse tra le sue ed improvvisamente i suoi occhi vacui si illuminarono.
«Nostra benefattrice!» Disse e, con le ginocchia scricchiolanti, si piegò al suolo.
Cosa stava succedendo?
Non potevo ancora dirlo con certezza, ma nella mia mente stava iniziando ad infiltrarsi un fastidioso presentimento...