ONE SHOTS, TAEGGUK

By topino1-2

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IL TUO STALKER, TAE HYUNG
MIA LADY

CENERENTOLA | SINDROME DEL SECOND LEAD

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By topino1-2

Jungkook è Anastasia Tremaine e Taehyung il principe che non avrà mai.

•••

C'era una volta un ragazzo di nome Jungkook che viveva con la madre, la signora Tremaine, la quale amava soverchiare i deboli (proprio come la sorella maggiore, Genoveffa).
Con loro, inoltre, viveva una fanciulla degna di essere contemplata, armonica sia per l'aspetto fisico che quello spirituale, Cenerentola.

Jungkook vedeva ogni sera Cenerentola la quale, imbrattatasi i vestiti di cenere del residuo di combustione del legno di cui usufruiva per la preparazione del pranzo e la cena, passava il tempo vicino al caminetto tra il mormorio dei piccoli roditori dal pelo grigio-avana. Altre volte questa sfregava la pentola con la pomice e altre volte ancora sedeva silenziosa a udire la scatola armonica datole.
Era la protagonista principale ed egli la detestava.

Sebbene vittima di crudeli imposizioni di lavori avvilenti, i quali si presentavano con rigore, questa era in grado di imporsi all'altrui attenzione.

In quei giorni accadde l'inaspettato.
Qualcuno aveva proclamato che il figlio del re, il principe erede al trono, avesse indetto un ballo a cui erano state invitate tutte le fanciulle del reame in età di marito.

«Il principe Taehyung.» farfugliò Jungkook.

«Dio, sì! Il mio marito mi attende, Jungkook!» esclamò euforica Genoveffa.

«Mamma! Mamma! Vieni ad aiutarmi! Chiama Cenerentola! Cenerentola!» soggiunse in seguito, modulando la voce in più grida.

Tuo marito, quindi mio cognato?

Jungkook si ricordava di lui.
Del principe.

•••

Era la stagione della coglitura dei frutti.
Grondava sudore nella fronte del ragazzo castano, il quale, poiché si fosse offerto di aiutare la famiglia reale con la raccolta delle mele, era in ottima compagnia del principe Taehyung.

Il fitto battito d'ali degli uccelli che d'improvviso si liberavano nell'aria interruppe il loro operoso lavoro.

Purtroppo non erano soli, a pochi passi da loro c'erano due guardie alla prese con il loro ciarlare a vuoto di politica.

«Stai attento! Ehm, il tuo nome?» proferì il principe, gettando lo sguardo sui polsi del giovanotto i quali si sfregavano con il ferro dei cassetti di legno.

«Jungkook, sua maestà.»

«Jungkook, me lo ricorderò.»

«Sei un bel ragazzo. Sono più che certo che troverai una gentile donna alla tua altezza.»

D'un tratto questi si fece un taglio sommario, cosa che destò l'interesse del principe, il quale si accinse a tirare fuori un fazzoletto dalla tasca anteriore e avvolgerlo alla ferita lungo la zona del polso di lui.

«Ti avevo detto di stare attento!»

«Le chiedo scusa...»
Il fatto aveva mortificato il castano.
E cercava di non guardare il principe negli occhi.

«Tranquillo.» gli sorrise ampiamente.
Alla fine, udendo il suonare a distesa delle campane, i due spensierati andarono a lavarsi le mani con un sapone muschiato a pochi passi dalla radura.

•••

Jungkook voleva andare a quel ballo.
Voleva trascorrere dell'altro tempo con il principe.
Ne aveva bisogno.

E anche Cenerentola.
Questa voleva provare quella novità.

«Vorrei partecipare anch'io al ballo!» esclamò Cenerentola.

«Che cafona! Con quei stracci che indossi! Vero, Jungkook?» la denigrò la sorella maggiore.

Il fratello minore annuì.
I suoi sospiri emessi furono pressoché lamentosi.

Era già tardo pomeriggio.
Genoveffa e la madre, dopo aver praticamente messo in subbuglio tutta la casa, si avviarono verso il castello con la carrozza di famiglia.

Jungkook non sapeva che fare in quelle ore e dunque con la tremula fiammella di una candela decise di fare una visitina alla sorellastra la quale era solita a starsene tra le ceneri e la grande pentola.
Si avviò in cucina sentendola prorompere in un dolce pianto.
Di sbieco e di sottecchi, guardò Cenerentola che piangeva desolata, abbandonata da ogni speranza di poter andare al ballo.

Qualche lacrima cadde su della cenere e da lì si erse la figura cicciottella di una fata.
Era la fata Madrina (inutile narrarvi cosa accadde in seguito).

All'abbandono totale delle persone che vivevano in casa, Jungkook pianse. Prima la madre e Genoveffa e ora pure Cenerentola.
Tutte le fanciulle al ballo ma il fanciullo che più di tutti loro lo desiderava piangeva a casa. Jungkook pianse a calde lacrime. Jungkook compianse l'ingiustizia del fato.
Perché non era anch'egli una fanciulla?
Perfino Cenerentola ci sarebbe andata.
Il volto del giovanotto arrivò ad inondare di lacrime quando d'un tratto su un petalo di bucaneve cadde una goccia perlata e da essa nacque una figura.
Una figura slanciata ed esile come quella di un felino, a differenza di quella della fata Madrina.

Quella sera la luna si ergeva opalescente con alone d'argento.
D'argento come l'abito sensuale della fata.

«Chi sei?» le domandò.

«Hai visto la fata Madrina?»

«Sì, Cenerentola era... bellissima grazie a lei. Com'è possibile una cosa simile?»

«Io sono qui per te. Caro mio, stasera si materializzerà il tuo più grande desiderio. Su non fare così, non ti sto mentendo.»

«Portami un abito di Genoveffa povero e consunto e io ti farò vedere.»

Col dorso delle affusolate falangi Jungkook si asciugò le lacrime.

«Ma──»

«Ragazzo mio, Cenerentola presto giungerà al Palazzo reale. Non desideri antecederla per poter ballare col tuo amato principe?»

«Tu, come fai a saperlo?»

«Sono la tua fata. La fata che ha sempre vegliato su di te e sui tuoi pensieri. Sono la fata Orchide.»

«Oh.»

«Sbrigati! Portami un abito! E anche un anello, sempre di tua sorella!» esortò ella.

Jungkook annuì.
Questa era una fata che si dedicava al suo lavoro con grande operosità.

Dopo un paio di minuti Jungkook giunse da lei, col respiro in affanno, con un abito simile a quello richiesto e un anello d'argento, che la sorella portava al dito come pegno o come emblema della dignità della famiglia.

Il poco realismo della situazione gli provocò non poco spavento.

Poi due o tre formulette magiche.
La fata Orchide sottoforma di cantilena pronunciò una frase e là avvenne la magia.

Un filo d'argento pioveva sul solco del seno eretto che palpitava soavemente. Jungkook aveva ora un corpo leggiadro distinto dalla vita esile ed inarcata, fasciato da un abito succinto, di velluto, orlato di merletti e dal candido strascico.
E il solo lambire quelle sinuose e sconosciute parti del corpo gli imporporò il viso.
Aveva lunghi capelli castani un poco diradati sulla tondeggiante fronte, due occhi gentili sotto agli archi delle sopracciglia e una fresca bocca ritoccata da un rosa sorbetto.

Era una fanciulla bellissima ora.

E infine delle scarpette, non quelle di cristallo di Cenerentola, bensì un paio di scarpette immacolate e candeggianti che avrebbe indossato con cura quella sera.
«È assurdo!» il sorriso le si andò ampliando.

«Stai attento alle norme cogenti del Palazzo! E ti auguro il meglio! Mi raccomando, divertiti con il principe Taehyung!»

«Lo farò, fata Orchide! Non finirò mai di ringraziarti.»
Applaudì colta da un lieve imbarazzo.

La fata la accarezzò con una sfumatura di delicatezza.

«Ultima cosa: lascia cadere il tuo anello tra le siepi del giardino, così che il principe si dimenticherà subito di te e potrà purtroppo entrare in scena Cenerentola.»

«Jungkook, cara. Questa sera avrai modo di ballare col tuo principe ma al rintocco delle nove di sera dovrai uscire dal palazzo, correre verso la carrozza e buttare via l'anello. Solo in questa maniera la fiaba di Cenerentola potrà andare avanti.»

«Dal momento in cui sono apparsa io il tempo di Cenerentola sta andando sei volte più lento, perciò avrai solo un'ora a partire dall'incontro col principe. Sei ancora disposto a incontrarlo?»

«Sì, sono piu che disposto a incontrarlo.»

Tra i verdi e gotici boschi, Jungkook giunse al castello. Così lussureggianti non li aveva mai visti.
Totalmente catapultata in tutt'altra dimensione, la oramai divenuta ragazza, fece il suo inopinato ingresso.
Tutte le donzelle si pavoneggiavano in abiti spumeggianti di trine ma solo questa splendeva.

Gli invitati trasognati inziarono a vociferare parole incomprensibili.
Le ragazze erano rose d'invidia. E le guardie, gli uomini dell'orchestra e i servitori infatuati.
Era tutt'altro che un amore platonico.

«Principe!» la melliflua voce le uscì sottoforma di un sussurro.

«Mi concedete questo ballo?»
Il principe Taehyung, un poco spasimante, che aveva promesso di ballare con tutte le fanciulle del reame là presenti, vedendo Jungkook nella sua sovrumana bellezza cambiò immediatamente idea.

Per il principe quella ragazza senza nome era una dea.
Il suo animo era come inebriato e il viso gli sfolgorava di serenità.
Sentiva come se quella bellezza fosse intangibile.

Con una tale grazie nei movimenti non poteva altro che essere una principessa di un regno perduto.

E di una tale bellezza non ne aveva mai visto una.

I loro occhi palpitavano brulicanti come fosse giusto in una fiaba.
La chimica di due protagonisti di una fiaba.
Ballarono, eseguirono passi lenti secondo i ritmi musicali dell'orchestra della sala.
Jungkook si sentì baciata dallo sguardo felino di lui.

Vivevano e palpitavano.

E così le nove si fecero presto.
E sua maestà non ebbe modo di baciare il suo nuovo amore.

«Sua maestà, io... io devo andare...!» provò a congedarsi ma il principe Taehyung le strinse il polso.
Mancavano solo dieci minuti alle nove di sera e Jungkook si sarebbe dovuta congedarsi al più presto.

Ma il principe non desiderava lasciarla.
L'avrebbe sposata, n'era certo.

«No, aspetta. Ti prego!»

«Non posso. Non posso, mio bel principe!»
Il tono affettato della voce di lei cagionò dispiacere al principe, il quale guardandola fu ricordato di un ragazzo.

«Aspetta!»

Solo allora Jungkook fu in grado di allontanarsi.

Corse via e si sottrasse alla vista del principe.

Il fondo del suo abito fu lacerato dal ferro della carrozza scoperta, la quale a momenti sarebbe scomparsa come tutto l'incantesimo.

Gettò via l'anello e da lontano scorse il volto confuso del principe.

Era tutto finito.

«Che ci faccio qui?» si chiese il principe, in piedi come un piolo, sulle scale all'esterno del Palazzo reale.

Così, sotto la coltre di stelle, a pochi passi dal Palazzo, una volta gettato via l'anello tra le siepi del recinto, Jungkook vide arrivare Cenerentola.
Questa che bellissima, dall'alone chiaro di gentilezza, sarebbe diventata la protagonista della fiaba.

Era giunta la sua ora di ritornare un semplice personaggio secondario.

Fu così che andò, con l'amena compagnia degli alberi, fischiettando tra le strade della campagna opulenta, le quali portavano alla città.
Là che era ricolmo di gente, la dove le distrazioni non mancavano, il ragazzo avrebbe potuto sviare l'attenzione dal principe. Mi svagherò dopo quel magico ballo continuava a ricordarsi, mentre abbassava lo sguardo su un brillante dell'abito che sfavillava sulla punta dell'indice.

La città era il suo posto, non il castello.

La mattina seguente, dal tempo balogio, la madre, Genoveffa ed egli furono svegliati dal canto del gallo.
Cenerentola era già sveglia tra i lavori dell'orto, invece.
Fu ciò quel che Jungkook capì prima dell'arrivo delle guardie del suo bel principe.

Assorto in pensieri, Jungkook sentì bisbigliare la madre: «Genoveffa, vai. Vai, tesoro. Fa' il possibile perché quella scarpetta entri.»

«Ha solo due figlie? N'è sicura?»

«Che domande sono, signori? Ho solo un altro maschio.»
Egli guardò un'ultima volta il fazzoletto datogli.

«È lei!» una guardia, dopo aver sentenziato che Genoveffa non era la ragazza della scarpetta di cristallo, esclamò lieto che Cenerentola fosse la fanciulla del ballo.

Avevano fatto provare la scarpetta di cristallo anche alla bella fanciulla.

Jungkook sorrise alla consapevolezza di quanto fosse accaduto. Sorrise all'invidia.
L'invidia che era propria dei personaggi secondari.

21062021

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